Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    28/07/2018    1 recensioni
Spin off che scaverà in profondità nei personaggi di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark; un'ipotesi, o meglio, una mia versione, di come potrebbero essere andate le cose al tempo, una storia che non tratterà strettamente solo l'amore scoppiato tra i due, ma anche l'intero contesto in cui il nostro eroe e la nostra eroina vivevano, nonché gli anni del regno del Re Folle. Potrebbe esserci qualche piccola modifica rispetto alle informazioni rivelate nei libri.
Appartenente ad una saga, ma non è necessario aver letto le altre due storie per iniziarla.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Arthur Dayne, Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il drago nato dal fuoco e dal sangue di Sala d’Estate
 
Le fiamme dilagavano.
Una donna dai capelli d’argento urlava in preda ai dolori di parto.
- Resistete, principessa Rhaella! Ci siete quasi! – esclamò una delle dame di compagnia, allargando maggiormente le gambe della giovane donna e intravedendo una testolina colma di sottilissimi fili chiari.
“Il principe che è stato promesso nascerà dalla discendenza di Rhaella e di Aerys Targaryen.” Quelle funeste parole rimbombarono nella testa della principessa in preda alle urla e alle contorsioni. – Dove sono mio padre e i miei fratelli … ? – chiese con la voce rotta e roca, mentre riprendeva fiato e intravedeva i fiotti di luce rossa come il sangue riflettere sull’erba, provenienti dalle sue spalle.
- La Guardia Reale li sta portando in salvo, principessa, non temete per loro! Ora concentratevi solo sul principe drago che state mettendo al mondo!
Forgiato dalle fiamme e dal sangue, da una tragedia, da una maledizione, pensò Rhaella mentre percepiva la testa del piccolo miracolo sfondare la sua apertura.
Mio inestimabile tesoro, già da neonato sarai costretto a portare un tale fardello?
- Le fiamme hanno facilitato il suo risveglio, il suo desiderio di venire al mondo, mia signora! Costui è realmente un drago in tutto e per tutto! – esclamò ancora la dama, sorridendole sudata e cercando ancora di aiutare il nascituro ad uscire dal corpo della principessa.
Altri tremendi rumori di mattoni crollati, di fiamme che divoravano voracemente tutto ciò che era sulla loro strada, si innalzarono, riuscendo a sovrastare le urla di Rhaella.
La principessa strinse le dita sottili sull’erba sottostante, mordendosi le labbra chiare e carnose fino a farle sanguinare.
Avanti, Rhaegar. Coraggio, amore mio, non risucchiare via da me ancor più forze, altrimenti rischierò di non sopravvivere abbastanza a lungo per vederti e stringerti a me.
Se il prezzo da pagare per averti, per far nascere un principe drago, è questo, dunque rinuncerò alle persone a me care, strappatemi via dal fuoco divino che ha deciso di punirci quest’oggi.
Immersa in quei pensieri, la giovane donna levò al cielo un ultimo urlo stridulo e atroce, sentendo letteralmente la carne lacerarsi per quell’ultimo sforzo che avrebbe permesso al suo bambino di aprire gli occhi sul mondo. Tutto divenne appannato dinnanzi a lei mentre il dolore si attenuava e sentiva un cocente e abbondante flusso uscire fuori dalle sue gambe.
- Rhaegar … - niente più che un lieve sussurro nel momento in cui i suoi occhi d’indaco puro si chiudevano e la testa leggera si accasciava completamente sulla roccia alla quale era appoggiata, mentre gli scompigliati capelli argentati e ondulati, seguendo l’andamento delle loro radici, ricadevano su quel viso più bello e luminoso dell’incanto stesso, donandole l’aspetto di una dea morta.
Un pianto energico si alzò al cielo, mentre la dama smuoveva intensamente il corpo molle della principessa con la mano libera. – Mia signora! Mia signora, rispondetemi!! Mia signora!
Il bambino pianse ancora più violentemente in braccio alla ragazza, la quale prestò attenzione completamente a lui, osservandolo con gli occhi lucidi e cullandolo mentre con le parole intonava una dolce melodia improvvisata. – Calmo, calmo, mio giovane principe … non piangere più …
Gli accarezzò la pelle morbida del visino mentre lo guardava calmarsi e rilassarsi sotto il suo amorevole tocco. Continuò a contemplarlo finché il piccolo non chiuse gli occhi socchiudendo la boccuccia. Sorrise. – Sei un meraviglioso dono degli déi, Rhaegar – disse baciandogli la fronte, venendo poi riscossa dai rumori assordanti della Sala d’Estate crollata e caduta quasi completamente in pezzi, mentre le altissime lingue di fuoco sembravano arrivare fino al cielo e la illuminavano più di quanto riuscisse a fare il sole, anche da quella distanza. – Gli dèi si sono scomodati così tanto per te – sussurrò stringendolo a sé mentre continuava ad osservare il conturbante quanto affascinante spettacolo dinnanzi ai suoi occhi. – Sono certa che non ci deluderai, mio principe.
 
Le spade cozzavano tra loro imperterrite e anche dinnanzi agli intensi raggi del sole riuscivano ad inondare il campo da combattimento della loro luce.
Il torneo era quasi giunto al termine e tutti i presenti erano impazienti di sapere quale sarebbe stato il suo esito.
Il duellante che più spiccava tra i due riuscendo a mettere in ombra lo sfidante, così come riusciva a farlo con chiunque altro, possedeva un’armatura di uno scarlatto intenso e lucido che rifletteva i raggi solari, incastonato sul petto vi era un drago nero a tre teste, una composizione di divina eleganza e di perfetto equilibrio che riusciva a risaltare magistralmente solo grazie alla regale corporatura e all’elevata statura del giovane uomo che tanto nobilmente la indossava. I suoi movimenti scattanti, minuziosamente precisi, vigorosi e sciolti quanto quelli di una meravigliosa danza, non annoiavano mai gli occhi di chi lo osservava combattere anche per ore intere, non permettendo mai a nessuno di distogliere l’attenzione da lui.
Dandosi lo slancio con i piedi, saltò verso lo sfidante con tale impeto da atterrarlo.
Dall’elmo dello stesso rosso del pettorale, con una forma sofisticata che riprendeva lievemente quella della testa di un drago, i suoi occhi svettavano come due preziosi diamanti infuocati incastonati all’interno dell’elmo, il naso nascosto poiché coperto dalla punta di metallo, lo stesso che avvolgeva anche le sue mascelle, lasciando scoperti solamente pochissimi lembi della pelle chiara di guance e zigomi, oltre alle labbra. I capelli d’argento sbucavano dovunque riuscissero, alcuni ciuffi vicini agli occhi, e la maggior parte dalla nuca, fino a cingergli collo e spalle.
Lasciò il tempo di rialzarsi al suo avversario, poiché era solito fare così, come fosse una legge interna dettata dal suo animo. Sentì il suo stesso respiro schiantarsi come un rimbombo dentro l’elmo, mentre le gocce di sudore solcavano il suo viso, bruciate dalla pelle calda.
Si mosse verso lo sfidante, camminando con decisione e tranquillità allo stesso tempo, fronteggiandolo ancora e terminando quegli ultimi minuti di duello con un risultato già noto ai numerosi spettatori.
Le grida di acclamazione e di fierezza si innalzarono per in tutta la platea, la quale si alzò in piedi quasi in totalità, con l’unica eccezione di re Aerys. Ognuno di loro lodava e applaudiva il loro principe con una gioia e un’energia che non avrebbero mai usato per il loro re.
Rhaegar si tolse l’elmo, dandosi finalmente la possibilità di lasciarsi invadere dai raggi inebrianti, e porse la mano al suo nobile sfidante, aiutandolo ad alzarsi e congratulandosi con lui. – Siete stato un eccelso avversario, ser Brynden Tully.
- Non lo sarò mai quanto lo siete stato oggi voi, principe Rhaegar – ricambiò il giovane uomo.
 Dopo di che, Rhaegar alzò lo sguardo sulla platea che ancora lo applaudiva entusiasta, riuscendo ad individuare prima Elia illuminata da uno splendido sorriso mentre lo guardava affiancata da qualche ancella; poi, al suo fianco, vide sua madre con quel suo solito sguardo colmo di un amore indescrivibilmente intenso che riservava solo a lui; e, per finire, suo padre, seduto sul posto riservato al sovrano, una statua immobile, con il suo sguardo cupo e gli occhi glaciali puntati su di lui.
Come di consuetudine per ogni vincitore di un torneo, si avvicinò alla postazione nel quale era accomodato il re e si inchinò educatamente al suo cospetto, mostrando riverenza nei gesti, ma odio negli occhi e nello sguardo.
Dopo ciò, si voltò e uscì dal campo.
 
Udì la porta aprirsi alle sue spalle, dei passi delicati e familiari lo riscossero dai suoi pensieri e dal paesaggio di Roccia del Drago che si espandeva dalla finestra della stanza.
- Sempre con lo sguardo troppo lontano per vedere davvero qualcosa? – gli chiese la donna affiancandosi a lui e osservando anche lei il panorama.
- Non è troppo lontano. Non sarà mai troppo lontano. È sempre solo una tua convinzione.
- Sarà, ma quando io ammiro un paesaggio, per quanto possa essere incantevole, resto a guardarlo per alcuni minuti, non per ore intere, oltre a spostare gli occhi su ogni particolare che attira il mio interesse. I tuoi occhi, invece, perdono liquidità – ribatté la dorniana spostando lo sguardo sul profilo di suo marito.
Egli accennò un lieve sorriso, non allontanando mai gli occhi dalla traiettoria che stavamo mantenendo da quasi un’ora. – Non posso fare a meno di sentirmi ancora a disagio di fronte alle tue spaventose doti da osservatrice.
- Le ho affinate standoti accanto, mio principe – detto ciò, la donna spostò l’attenzione su alcuni rivoli di sangue che solcavano la pelle chiara del braccio del giovane principe. Posò la mano olivastra sul taglio ormai secco. – Non ti sei fatto ancora medicare, vedo.
- È solo un graffio.
- È stato un torneo lungo e sfinente, nel quale hai combattuto sempre senza mai riposare, facendoti valere nel migliore e più nobile dei modi, lo capisco, Rhaegar. Ma tuo padre ti sta aspettando di sotto già da parecchio. Essendo i padroni di casa, ed essendo lui il re dei sette regni, abbiamo il dovere di accoglierlo degnamente.
- Non mi diserederà se è questo che temi – nel suo tono non vi era acidità, ma solo freddezza e stanchezza.
Elia ritrasse la mano e rimase a guardarlo, cercando di leggergli dentro come era abituata a fare. – So che questo non sei tu a parlare e che tra qualche secondo ti scuserai per quello che hai detto, dato che conosci benissimo la natura della mia totale indifferenza nei confronti di quell’ammasso di metallo nel quale tutti si aspettano di vederci seduti, come regnanti. Tu e Rhaenys siete il centro dei miei pensieri, delle mie preoccupazioni, del mio amore e di tutta la mia vita. Nient’altro.
Il Principe drago si voltò finalmente a guardare la sua consorte, la quale possedeva uno sguardo determinato a rimanere immune a qualsiasi eventuale o involontario attacco psicologico. – Mi dispiace, Elia. Non era quello che intendevo. Sono molto stanco e non per il torneo. Sono stanco di vedere quel volto contratto, marcio e spregevole, sono stanco di vedere quel volto in generale. Vivendo qui a Roccia del Drago mi ero illuso di poter scampare a quelle sudice fauci che mi artigliano ogni volta che i suoi occhi si posano su di me. Da bambino riuscivo a sopportare quello sguardo colmo di odio e di rabbia verso chiunque, compreso me, poiché il tutto era colmato dall’amore totalizzante che mia madre era in grado di donarmi. Tutti quei neonati nati morti le toglievano ogni volta un pezzo di sé, pezzi che io puntualmente raccoglievo e rimettevo insieme, facendole credere che potessi bastarle io per andare avanti nel condurre una vita che l’ha sempre vista schiava e vittima di tiranni e infausti eventi. E lei ci credeva. Ci crede ancora, erroneamente. Sono riuscito a sopportare la vista del volto di mio padre, la nausea della sua presenza al mio cospetto fino al compimento di quindici anni. Poi ho smesso.
- Conosco bene tutti i tuoi tormenti, mio caro. Ho deciso di prendermeli a carico io stessa e non mi pento di una tale decisione. Non devi scusarti. Sarò io ad aiutarti a restare al suo cospetto e a rimanere calmo dinnanzi a lui, come è sempre stato da quando ci siamo sposati.
- Lui non deve vedere né te, né Rhaenys.
- Rhaegar …
- Ti considera una cagna morente, “una sporca cagna dorniana che cade a pezzi e che non sarà mai in grado di concepire neanche un verme”. Queste sono le parole che ha usato molto amorevolmente il giorno del nostro matrimonio e che rimarranno incise nella mia mente fino alla fine dei tempi. Devo ricordarti anche cosa ha detto sulla nostra bambina quando l’ha tenuta in braccio appena nata?
- No, Rhaegar, lo ricordo bene … non ripeterlo … - rispose addolorata al solo ricordo. – Sono abituata ad udire tali discorsi da quando ho scoperto di essere promessa a te. Nessuno mi considera degna del Principe Drago, il futuro erede al trono, figlio della pura e incontaminata stirpe Targaryen. Persino ora, a causa della mia salute cagionevole e della mia apparente morte subito dopo aver partorito Rhaenys in seguito a quei quattro giorni di doglie infernali, mi parlano dietro e dicono che non sarò mai in grado di darti un erede maschio. Ormai, né le parole di tuo padre, né quelle di qualsiasi altro mi toccano. Smentiremo tutte quelle voci – gli assicurò stringendogli le mani, gli occhi grandi e scuri luminosi di determinazione.
- Elia, ne abbiamo già parlato. Non ti metterò ancora in fin di vita. Mai più.
- Non sei tu ad uccidermi, Rhaegar, ma è il mio debole corpo, un fardello col quale devo imparare a convivere e che sopporto da quando sono nata. Io voglio questo bambino. Non solo per metterlo su un trono e perché tutti lo attendono. Lo voglio e basta. Inoltre, so che è anche il tuo desiderio.
- Non te l’ho mai detto.
- Mi hai parlato della profezia. “Il drago ha tre teste”.
- Il fatto che io ti abbia parlato della profezia che disturba la maggior parte dei miei sogni, non presuppone che io pretenda un altro bambino da te. Ti ho vista sputare letteralmente sangue durante quei quattro giorni e non ho nessuna intenzione di assistere nuovamente ad una tua quasi – morte.    
A ciò, la giovane donna gli pose le mani sulla vita e si avvicinò maggiormente a lui, guardandolo dal basso e sorridendogli mentre la lieve fossetta sul suo mento si accentuava e donava al suo splendido sorriso un’aria più fanciullesca. – Con la calma e la pazienza di cui sono regina, riuscirò a convincerti prima o poi, testardo di un drago.
Lui accennò un lieve sorriso, volgendo nuovamente lo sguardo fuori dalla finestra e ricambiando il gesto intimo, appoggiando delicatamente le braccia intorno alle spalle della sua consorte.
In pochi potevano godere del privilegio di vederlo aperto e disposto ad abbandonarsi in gesti d’affetto, seppur spesso fugaci,  dato che il suo atteggiamento e la predisposizione glaciale lo rendevano lontano da chiunque incrociasse il suo cammino. Elia era una dei pochi graziati, insieme alla piccola Rhaenys, a Rhaella, al giovanissimo Viserys e ad Arthur Dayne.
- Sai cosa vorrei fare? – disse il Principe drago cominciando a dondolarsi lievemente in quella posizione, guidando anche la principessa dorniana.
- Cosa?  
- Scendere di sotto ad accogliere mio padre, esattamente come sono ora: ferito, sudato e con l’armatura ancora addosso. Mi inchinerei a Sua Maestà e poi me ne andrei, ordinando alle guardie di ricondurlo via.
Elia rise divertita prima di rispondergli. – Non sarebbe affatto coerente con l’immagine di perfezione e nobiltà divina che i sette regni hanno di te, mio principe! Tuttavia, temo che riusciresti comunque a risultare più regale di tutti i presenti.
- Tu credi?
- Per solidarietà, io farei il mio ingresso al tuo fianco con questo pregiato abito strappato alla maniera dei bruti, l’acconciatura sfatta e i capelli arruffati.
- Sarebbe uno spettacolo che rimarrebbe nelle bocche delle dame di corte per mesi e mesi.
- Solo delle dame di corte??
Sorrisero ancora entrambi continuando a dondolarsi semi abbracciati.
- Sai … - continuò la principessa dorniana. – Durante il torneo io e tua madre abbiamo conversato un po’. Mi tratta sempre come una figlia – disse abbassando lo sguardo velato di fierezza. – Mi ha detto che ha notato i miei occhi mentre ti guardavo gareggiare. Li ha osservati a lungo e ha avuto la conferma.
- Di cosa?
- Del legame che mi unisce a te. Talvolta l’amore non è folgorante, né così palese come si crede che lo sia. Il nostro matrimonio è stato combinato, la nostra unione stabilita da altri, per necessità. Tuttavia, ti amo. Ti amo come uomo, come marito, come padre di nostra figlia, come principe, come condottiero. E se ciò non è corrisposto, non avrà importanza.
- Ti amo anche io.
- Cosa? – chiese ella credendo di non aver udito bene.
- Ho detto che ti amo anche io, Elia – rispose accennandole un sorriso, spostandole una ciocca di capelli ricci e scuri sfuggiti dall’acconciatura elaborata, e abbassando il volto per donarle un leggero e dolce bacio sulle labbra.
I due vennero interrotti dal bussare alla porta.
- Miei signori – esordì una dama, entrando nella stanza. – Mi spiace interrompervi, ma il re e la regina stanno attendendo da molto nella sala principale. Sono venuta a riferirvi di affrettare i tempi, possibilmente. Se lo desiderate, posso condurvi dai sovrani, principessa – disse la ragazza, notando che la donna fosse già pronta e agghindata.
- Ti raggiungo tra un minuto, Ashara – la rassicurò Elia, non allentando la presa sull’abbraccio, vedendola poi uscire dalla stanza.
- Evita di farti trovare in abiti che non siano quelli regali di consuetudine dalle mie dame, dato che ogni volta scappano via come se avessero commesso un peccato mortale nel posarti gli occhi addosso – lo rimbeccò sconsolata la dorniana.
- Queste sono anche le mie stanze, nel caso te ne fossi dimenticata – controbatté lui finto indispettito. – Ad ogni modo, dato che non sono Rhaenys, dunque sono capace di cambiarmi, lavarmi e rivestirmi anche da solo, e tu, oltretutto, sei già pronta e impeccabile, raggiungila e aspettami al piano di sotto. Ci metterò pochissimo – le garantì sciogliendo l’abbraccio e cominciando a spogliarsi, togliendosi la parte superiore dell’armatura.
Elia puntò le mani sui fianchi e alzò un sopracciglio dubbiosa. – Sono solo i capelli che mi preoccupano. Non hai tempo di legarli in modo decoroso, perciò ti conviene lasciarli sciolti. Pettinali parecchio però.
- Elia. Lo so. Grazie per la fiducia.
- Fosse per me …
- Elia – la interruppe Rhaegar rivolgendole uno sguardo finto esasperato mentre ella si decideva ad abbandonare la stanza.
Una volta essersi accertato che la porta fosse definitivamente chiusa, il Principe drago aprì uno degli immensi scaffali presenti in camera e vi tirò fuori tre tomi.
Dopo di che accese una candela e li bruciò uno per uno, tenendo i suoi occhi fissi sulle pagine che divenivano cenere secondo dopo secondo.
 
La prima volta che si erano toccati, il misto di paura, diffidenza, dolore e disagio aveva completamente prevalso sul resto, inizialmente.
“La vostra unione è consolidata dinnanzi agli dèi” aveva detto il Maestro ponendo la mano calda e affusolata del Principe drago su quella tremante, piccola e scura della principessa dorniana. Solo per un attimo i loro occhi si erano incrociati, il gelo contro l’ardore scontrati e già scossi solo da quel primo e fugace contatto.
La diversità era un concetto fin troppo blando per esprimere il baratro che li divideva.
La prima notte dopo le nozze non si erano neanche sfiorati, e così anche la settimana avvenire.
Poi, una sera, Rhaegar era tornato in camera dopo una spedizione che l’aveva tenuto due giorni lontano da Roccia del Drago. Il suo volto che sembrava sempre divinamente intagliato su pietra, era più spento e vuoto del solito.
Si sedette sul grande letto, quasi lasciandosi cadere sulla superficie morbida, e rimase fisso con lo sguardo rivolto alla porta.
Elia gli si era avvicinata cautamente, quasi come se avesse a che fare con un felino pronto a scattare e a scappare via al minimo contatto, era salita anch’ella sul letto e gli si era posta alle spalle. Sciolse i suoi capelli d’argento lasciandoli liberi, poi gli sfilò il mantello lentamente.
A quel punto, Rhaegar fece qualcosa che ella non si sarebbe minimamente aspettata: quasi senza accorgersene, come fosse naturale, appoggiò la testa all’indietro, sulla spalla della donna. Non seppe mai se lo avesse fatto perché troppo stanco e sfinito per pensare, oppure per dimostrarle di volersi fidare di lei a suo modo.
Il principe era sempre stato un enorme enigma da comprendere e da decifrare, per chiunque.
Pian piano, quei lentissimi movimenti si trasformarono in qualcosa di più.
Alla luce soffusa delle numerose candele, Rhaegar aiutò Elia a spogliarlo di quegli asfissianti vestiti zuppi di pioggia, poi vi fu un bacio, dal sapore amaro e voglioso allo stesso tempo, che ne fece seguire subito un altro e un altro ancora, sempre più intensi, profondi e bagnati; ai quali susseguirono i tocchi decisi e continui, quasi vertiginosi per quanto rivelatori.
Quella prima notte, capirono altre innumerevoli sfaccettature della loro diversità: Elia, come ogni dorniana che si rispetti, era una donna ardente ed estremamente passionale nonostante qualche segnale di debolezza fisica, il quale non la frenava dalla necessità impellente di toccare e toccare continuamente durante quei momenti di piacere e di solenne intimità, curiosa, focosa, intraprendente e fisica, in ogni significato possibile.
Rhaegar, invece, per quanto disposto a lasciarsi andare per la necessità che richiedeva un contatto e un rapporto come quello, non era mai completamente coinvolto, come se parte della sua mente rimanesse comunque altrove,  oltre alla costante meccanicità in gesti e movimenti, come se la sua natura e ogni fibra del suo corpo non potessero concedere altro. Solo con la bocca, con i baci, riusciva a trasmettere quel qualcosa in più che assumeva un valore inestimabile solo per il fatto che provenisse da lui.
Ma nonostante tutto, quella notte, quando la luna piena si alzò in cielo illuminandoli e destandoli dal loro placido sonno, si guardarono, avvicinarono nuovamente i loro corpi da sotto le coperte fino a farli toccare e fecero unire ancora le loro bocche in baci suadenti, alternandoli con sguardi e carezze, per Elia anche alcuni sorrisi.
Fu in quel momento che compresero che, a dispetto di tutto, i loro corpi sarebbero potuti rimanere uniti insieme in quel modo per i secoli avvenire.   
 
 
 
 
 
 
   
 
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