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Autore: cabin13    30/07/2018    2 recensioni
|Modern!AU|
Era il senso di vuoto dentro di lui che lo spingeva a peregrinare senza meta tra i quartieri: voleva trovare qualcosa. Chi o che cosa o di che genere fosse questo qualcosa era sconosciuto persino a lui.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Zuko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Somewhere I belong

"I want to find something
I've wanted all along,
somewhere I belong"
– Linkin Park
Il volume della musica era al massimo, eppure non copriva il clangore che producevano le ruote del treno contro il metallo delle rotaie. Soffocò uno sbuffo infastidito contro il palmo della mano, beandosi del piacevole effetto che produsse la pelle del viso contro il tessuto pesante dei suoi guanti.

La città appariva ancora più cupa quando si rannuvolava. Una sfilza di enormi grattacieli seriosi e tutti identitci, con le finestre a specchio per illudere gli abitanti di riuscire a vedere davvero la luce del sole nei giorni di cielo sereno, quando in realtà ne ammiravano ammiravano soltanto il riflesso. Almeno la sopraelevata forniva un panorama migliore di quello dal marciapiede troppo affollato.

Zuko mandò avanti una canzone. Gettò uno sguardo annoiato alle persone presenti nel suo stesso vagone, squadrandole una per una. C'era una ragazza poco più grande di lui che leggeva un libro con un'espressione serena, una mamma che teneva per mano un bimbo elettrezzato per chissà cosa, un anziano signore con le buste della spesa, un giovane studente che reggeva sottobraccio dei tomi mentre cercava di prepararsi una sigaretta da sé.

Non era un tipo sentimentalista, non si reputava nemmeno quel genere di persona che passava tutto il giorno a riflettere sul senso della vita oppure sul suo destino nell'universo, ma forse stare così tanti anni a contatto con suo zio era riuscito a cambiare qualcosa in lui.

Arricciò le labbra in una smorifa. Che stronzata, era sempre la stessa persona, sempre il solito ragazzo scontroso e perennemente imbronciato – a detta di Azula.
Ma Azula mentiva sempre, e Zuko non la vedeva da una vita.
Scacciò quel pensiero con un ennesimo sospiro, stavolta contro la lana della sciarpa rossa che lo avvolgeva, un regalo dello zio per un Natale di chissà quanti anni fa.
 Non aveva idea di quante fermate mancassero al capolinea e francamente nemmeno gli importava; all'ultima stazione sarebbe sceso e poi avrebbe pensato al da farsi. La sua destinazione era sconosciuta persino a lui stesso, in realtà non credeva nemmeno di averne davvero una.
Quando il negozio di té di zio Iroh era chiuso, lui i suoi giorni liberi li trascorreva così; prendendo una linea della metro a caso e lasciandosi guidare dall'istinto. Cercava gli angoli più misteriosi e isolati dell'intera New York, ma non per curiosità. Lo faceva per noia.
Era il senso di vuoto dentro di lui che lo spingeva a peregrinare senza meta tra i quartieri: voleva trovare qualcosa. Chi o che cosa o di che genere fosse questo qualcosa era sconosciuto persino a lui.
Zuko era vuoto, era perso. Tutto ciò in cui aveva creduto fin da bambino si era sgretolato come un castello di carte anni prima, quando suo padre e sua sorella gli si erano rivoltati contro, l'avevano lasciato indietro con unicamente il supporto dello zio Iroh.
Alcune volte, finché era in metro o camminava per i marciapiedi con le cuffie nelle orecchie, si trovava ad invidiare le altre persone che aveva accanto. Erano visi sconosciuti che probabilmente non avrebbe mai più rivisto in vita sua, ma Zuko li invidiava comunque. Loro avevano una meta ben precisa e sapevano con esattezza quale e dove era, ne erano sicuri e vi si dirigevano a passo spedito, con decisione. Leggeva i loro volti cercando di immaginarsi le loro esistenze; a volte capitava che incrociasse lo sguardo di un'anima smarrita come la sua, e allora distoglieva subito gli occhi per non perdercisi dentro. Non aveva bisogno anche dei dubbi di qualcun altro, gli erano già sufficienti le grane nella sua mente che riguardavano lui e il suo destino.
Zio Iroh storceva il naso e diceva che le sue "scampagnate" – chiamava così il suo vagabondare – servivano solo a confonderlo ancora di più e a fargli buttare via soldi del biglietto. In realtà non pagava nemmeno, si recava nelle stazioni più malfamate (quelle dove non c'erano funzionari a controllare) e semplicemente scavalcava i tornelli.
Il vagone ripartì alla volta dell'ultima fermata; perso com'era nei suoi pensieri, il ragazzo non si era nemmeno accorto che mancava poco al capolinea.
L'altoparlante annunciò la stazione. Zuko si alzò senza alcun entusiasmo e, lento, si avvicinò lentamente alle porte. Attese che queste si aprissero; dopodiché schizzò fuori dal mezzo come un missile, ansioso di allontanarsi dalle persone e pronto ad evadere dalla città perdendosi tra le sue stesse mura.


 


Hola gente
Questa piccola os non ha molto senso, me ne rendo conto anch'io, e non so perché mi sia cimentata con un qualcosa di così introspettivo (su un personaggio complesso come Zuko tra l'altro) quando so benissimo che non è il mio forte... Sarò masochista, boh
Quello che mi preme e che spero, è di essere riuscita a rendere per iscritto il senso di inspiegabile apatia e insofferenza che prova Zuko e il suo smarrimento
RIngrazio chi recensirà e chi leggerà e basta
Alla prossima gente

Adios
   
 
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