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Autore: Federica20000824    03/08/2018    0 recensioni
Secondo classificato al premio nazionale di scrittura "Che Storia!"
Germania, anni '90 dell'Ottocento. Fritz Haber e Clara Immerwahr studiano chimica. Sono giovani, hanno grandi ideali, grandi quasi quanto le loro ambizioni. Ma mentre la loro Patria si avvia alla Grande Guerra, le loro vite si trovano a doversi misurare con un conflitto molto peggiore di quello bellico, irrisolvibile, nel quale nessuno detiene la Verità, tantomeno la Giustizia.
" È notevole la capacità di sintetizzare in poche pagine alcune rilevanti problematiche del Novecento, dal rapporto fra scienza e potere alla responsabilità dell'intellettuale nei confronti della società, dall'uso indiscriminato delle scoperte scientifiche non a scopo salvifico ma come armi di distruzione di massa al tema delle donne scienziato, che nel primo Novecento cominciano con fatica a conquistare posizioni nel mondo della ricerca e ad assumere il giusto ruolo che loro compete. Le "anime di gas" - ed è questo uno dei significati principali che il racconto vuole tramandare - non appartengono soltanto alla storia più drammatica dei due terribili conflitti mondiali che hanno insanguinato il Novecento, ma sono parte della nostra storia attuale, della nostra cronaca quotidiana, in cui spesso il sogno di Prometei impazziti scavalca irragionevolmente i confini dell'ovvio e del reale".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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Non posso sopportare il trionfo della distruzione. Ha ucciso cinquemila uomini solo nei primi dieci minuti.
Cinquemila figli, padri, mariti, fratelli, amici, studenti. In dieci minuti.
-No, Clara, la scienza è progresso. È ciò che ci renderà grandi. Non dubitate di me.-
Ho fondato la mia vita su promesse che non hai fatto altro che tradire.
E ora non sono nemmeno più in grado di amare.
Di amare te, o nessun altro.
Ti sei costruito un muro di patriottismo, di megalomania. Ti ci sei nascosto dietro.
Non ho più la forza.
Sono stanca.
È quella sensazione di disagio che mi perseguita.
È il desiderio di dormire, per fuggire dalla difficoltà di respirare.
È la mente che si annebbia, e poi è risucchiata dal vortice di terrore e di pensieri di morte.
E tu continui a non guardare. Non me, non tuo figlio, non il lume della ragione che da tempo ha abbandonato la mia mente sconvolta.
Non posso sopportare di averti sposato. Non ce la faccio più.
Hermann. 
Come posso lasciarti in un mondo del genere, sconquassato dalla guerra? 
Bambino mio. 
Ti porterò con me, così che tu possa essere libero da questo dolore, dall’indifferenza, dalla realtà grigia e cruda.
Angelo della mia vita. 
È proprio questo dolore che mi impedisce di amare te fino in fondo. Posso sottrarmi a tutto questo, ma come posso salvare anche te? 
Come posso rivolgere l’arma contro di te?
Come posso vedere i miei occhi in te, mentre si spengono? 
Come posso ucciderti? 
Un pensiero tale non avrebbe mai dovuto attraversare la mia mente.
Via da me.
Apro il cassetto della scrivania.
Prendo la rivoltella.
Esco nel giardino. Mi siedo sulla panchina.
La porto al cuore.
Hermann.
  
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