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Autore: Elle Douglas    05/08/2018    0 recensioni
We don’t meet people by a c c i d e n t.
They are meant to cross our path for a r e a s o n
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‘Nell’istante stesso in cui ti ho incontrata, in un caso del tutto fortuito e inaspettato, ho sentito che in te c’era qualcosa di cui avevo bisogno. Ma non era un qualcosa. Eri tu. Sin dall’inizio ho capito che tu eri una parte di me, ed e’ per questo che non ho piu’ intenzione di lasciarti andare. Io senza te sono incompleto e non voglio più esserlo.’
La ragazza non poteva credere a simili parole, a un simile sentimento tutto per lei.
Lei a cui era stato tutto negato.
Sorrise con gli occhi lucidi e il cuore che dentro il petto sembrava avere finalmente vita. Sorrise e sprofondo’ il viso nel suo petto e si ritrovo’ a sentirsi completa, dopo lunghi, estenuanti secoli.
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Seconda parte di ‘I thought I’d lost you forever.’ | Gli avvenimenti narrati avvengono dopo la 4x11.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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NOTE AUTRICE:
Hello everyone! Come procede la vostra vita in queste caldissime giornate estive? Spero al meglio perché io sto lentamente morendo.                                                    L'estate non è decisamente la mia stagione preferita, anzi! Sono tipo Elsa di Frozen: "Cold never bother me anyway!"
Ma bando alle ciance ed eccomi arrivata al fatidico - e faticato! - ventunesimo capitolo.  Ci ho messo un po', e non perché non avessi in mente le vicende da narrare, ma perché a volte è difficile trascrivere ciò che hai in mente nero su bianco dandogli una forma coerente con il resto. Il problema è che tendo ad essere un po' troppo perfezionista e se una cosa, un determinato momento non rende come voglio tendo a starci per un bel po' di tempo fin quando non mi quadra tutto. Che ci volete fare? Ho cercato di rendere al meglio ogni cosa: un legame celato, ma non del tutto e un segreto meschino che nessuno si sarebbe mai aspettato di conoscere. Spero possiate inoltrarvi nel capitolo e che vi prenda almeno come ha preso me nel momento in cui l'ho scritto e immaginato ogni cosa. E' un po' lungo, lo so, ma ho cercato di racchiudere tutto in poco per non creare capitoli immensi. 

Io sono sempre qui ad aspettare le vostre reazioni/opinioni. Un bacione immenso a chi è ancora qui. ♡

Alla prossima.

- Elle.

CAPITOLO XXI
 

 

« E io combatterò ancora, e ancora, e ancora, e ancora per farlo cedere. Per renderti mia. Non ti lascerò andare a nessuno. Non accetterò nulla in cambio perché nessuna ricchezza vale una vita con te.» Quelle parole esplodevano dentro il cuore di Esmeralda come una bomba appena innescata. Sentiva il cuore pompare così fino a farle temere che sarebbe esploso per davvero per tutta quella felicità che in lei veniva compressa.
Di certo non poteva mostrarsi facilmente agli occhi del padre, ma quanto diamine era faticoso?

Durante il giorno non doveva pensarci, non doveva pensarlo.

Doveva evitare di ricordare i suoi occhi, e quei sorrisi che le dedicava. Doveva dimenticare il modo in cui le parlava e anche tutte le carezze che di tanto in tanto si scambiavano.

Ma quanto diamine era difficile non esprimere il tutto e non poterne parlare e cantare liberamente in ogni dove e persino in casa.

E per quanto si sforzasse al massimo di restare in silenzio sembrando sempre uguale agli occhi del padre, a volte proprio non ce la faceva.

A volte il cuore prendeva il sopravvento sulla ragione, sulla calma e la normalità che doveva dimostrare e allora la tradiva mostrando sorrisi e facendola canticchiare in modo sdolcinato canzoni che mai aveva osato canticchiare.

Maledetto cuore! Perché non zittisci una buona volta?” Si chiedeva Esmeralda quando si rendeva conto di essersi concessa troppo al pensiero di lui.

Il padre, in quei momenti, la scrutava attentamente cercando di capire il nesso di quegli atteggiamenti un po’ insoliti. Perché sì, Esmeralda era sempre allegra e solare. Soleva cantare di tanto in tanto, ma mai in quel modo. Mai con quella luce. Mai con quell’amore che pareva sprigionarsi e invadere la casa.

E Rafael cercava, allora, di far mente locale: ‘Chi aveva incontrato pochi giorni prima? Chi le aveva propinato?’ Perché era da tempo che il padre cercava di accasarla con qualcuno che potesse darle  anche ricchezza.
Che fosse la volta buona? Che qualcuno, tra tutti quegli uomini, avesse fatto breccia nel suo cuore? Rafael non vedeva l’ora di sapere. Perché sicuro qualcuno c’era.
L’amore che emanava la figlia era palese come il sole al mattino e Rafael doveva solo capire chi fosse il fortunato che se la sarebbe presa e avrebbe dato a lui qualcosa in cambio.
Esmeralda era tutta un sorriso e canti, non solo a chiunque la incontrasse, ma al padre che iniziò sempre più a fare domande ad Agnese, sua moglie.
"Vedo Esmeralda più spensierata." Osservava con un certo orgoglio, mentre in Agnese un certo stato d'ansia iniziava a farsi strada.
La donna conosceva il motivo di tanta felicità - ella stessa ne era complice e spettatrice ogni sera - e nonostante avesse avvertito la figlia riguardo a certe esternazioni davanti il padre, ella non riusciva a tenere quel sentimento per sè. Perché da che mondo è mondo non è mai stato facile nascondere la gioia di un sentimento ricambiato.
Di un amore appena nato.
Di due cuori che esplodono e vivono insieme in cerca dell’altro in modo costante.
Agnese lo sapeva, ma in presenza del marito, a quelle osservazioni, ella smetteva di mangiare e quasi respirava a fatica con il timore di essere scoperta. Di essere scoperte.
S’irrigidiva come un tronco e la lingua si allappava in cerca di parole utili a spostare ogni probabile sospetto su quello che poteva arrovellarsi nel cervello dell’uomo.
Alzava piano lo sguardo oppure, meglio ancora, non lo incrociava per niente. Come se dal solo contatto il marito potesse scoprire.
Sudava freddo.
Quasi come se le due fossero complici di un omicidio e stessero nascondendo il cadavere sotto il pavimento o chissà dove.
Agnese viveva con il timore che potesse fiutare ogni cosa. Che potesse venire scoperta e che potesse intuire il “tradimento” delle due. Perché Rafael faceva questo.
A volte sembrava possedere qualche tipo di stregoneria che la intimoriva alquanto.
Era difficile nascondergli tutto, anche se non ti comportavi come Esmeralda.
"Credo che questa volta ci siamo: forse si è convinta di quel Sir. Richard." Esultava Rafael alla moglie con una certa fierezza per essere stato complice di quel fortuito incontro.
E i polmoni sembravano riattivarsi di fronte a quell'ingenuità.
Agnese tirava un sospiro di sollievo, limitandosi ad un: "Già!" appena accennato. Quasi strozzato. Senza il minimo trasporto.
Se solo Rafael avesse scoperto, o avesse avuto il minimo sospetto, quell'aria tronfia sarebbe svanita e sarebbero stati guai amari. Per tutti.
Ogni sera i due amanti solevano sedere in fondo alla bettola in cui Agnese lavorava. Estraniati dal mondo. Nella loro bolla di sentimenti, sorrisi ed effusioni timide che ella soleva osservare con un certo rammarico. Agnese viveva costantemente in un limbo di emozioni: felice, da una parte, quando guardava la figlia essere felice come non lo era mai stata.
Quando vedeva quell’uomo guardarla come se la figlia fosse una delle cose più preziose al mondo - ed Agnese sentiva di accettarlo anche di più per questo. La guardava con quell’amore immenso che la rassicurava del fatto che l’avrebbe protetta e amata davvero per il resto della vita.
Finalmente vedeva la figlia spensierata e questo non poteva che farle bene perché ogni madre desidera solo questo.
E dall’altra viveva con il terrore di essere scoperta.
Se Rafael avesse scoperto chi era davvero colui che occupava il cuore della figlia, se avesse scoperto chi era colui per cui canticchiava per ore senza rendersene conto, e colui per il quale era illuminata da una luce diversa le cose avrebbero presa una piega ben diversa. E volente o nolente,  Agnese sapeva che prima o poi sarebbe successo ma taceva. Taceva sulla verità, perché non avrebbe mai fatto un torto alla figlia, ma si contorceva.
Si contorceva ogni sera cercando di dormire mentre quell’ansia prendeva il sopravvento sulla sua vita.
Ogni volta che chiudeva gli occhi lo stesso incubo: Esmeralda e Killian torturati nella maniera peggiore. Carnefice: Rafael.
A ciò si svegliava di soprassalto e non chiudeva più occhio.
Sarebbe successo. Sussurrava una voce nella sua testa. Tutto si distruggerà. Ne vale davvero la pena? Agnese ingurgitava un bicchiere d’acqua convinta di affogare ogni cosa in esso.

Esmeralda volteggiava allegramente, completamente presa e piena dei suoi pensieri. La sua mente, come il suo cuore, erano via, rivolti con un certo trasporto e impazienza a colui che dalla prua della sua nave non faceva che ricambiare la cosa.
Avrebbe voluto precipitarsi da lui in quei lunghi pomeriggi invece che star lì dov'era. Aspettare una giornata intera per vederlo era un supplizio enorme da sopportare, e ormai erano mesi che si trovava in quella situazione.
Quell’amore relegato alla sera, come due amanti che devono vergognarsi di provare un sentimento così bello e puro.
Più volte aveva pensato di fuggire.
Di prendere quelle poche cose che aveva, scrivere una lettera e salpare con il suo capitano dovunque per essere libera di amarlo alla luce del sole.
Più volte aveva impugnato il calamaio e aveva cercato di scrivere qualcosa, più volte l’aveva proposto a Killian.
« Portami ovunque. Portami lontano da qui! » gli aveva sussurrato una volta fuori dalla locanda, l’unico luogo dove negli ultimi tempi si erano spinti.
Esmeralda non ce la faceva più a stare relegata con lui su quella panca in quella locanda. Voleva respirare. Voleva baciarlo sotto la luce della luna per avere una parvenza di libertà. Per sentire come fosse, e pur stando nascosti dietro un muro appena fuori le cucine, Esmeralda voleva sapere che sapore avesse un amore “libero”. 
Killian l’aveva guardata ridendo. Non sapeva se crederci o meno.
« Dici sul serio? Lo faresti? »
Esmeralda annuì, convinta. « Non credo di poterlo più fare. » Esclamò. « Lo vedi questo? Lo senti? » Disse protraendosi verso le sue labbra e dandogli un bacio furtivo. « Voglio farlo alla luce del sole. Voglio poterti abbracciare, baciare, parlare anche con il sole. Sono stanca della luna. Sono stanca di questa locanda. Sono stanca di questo angolo nascosto dietro la cucina. » sbottò.
Killian sorrise ancor di più di fronte a quelli che sembravano i capricci di una bimba piccola, in special modo quando arricciava le labbra e lo guardava con sguardo esausto.
« Anche per me è lo stesso, lo sai. Se fosse per me ti porterei via oggi stesso. Adesso! » azzardò divertito e speranzoso di farlo sul serio.
Esmeralda annuì ancora più felice di vedere il suo desiderio condiviso dal suo amato e annuì entusiasta prima di prenderlo per mano e incitarlo a farlo davvero.
«Andiamo allora! » Esclamò facendo sul serio.
Killian restò fermo lì dov’era e la tirò a sé guardandola con sguardo dispiaciuto. Lei non capì e quasi ne uscì adirata. « Non potrei mai farlo. Non potresti mai farlo. » spiegò.
« Credi che non ne sia capace? Che le mie siano solo parole? »
« No, è questo il punto. Ne saresti capace, ma saresti anche capace di pentirtene poi e pensare a tua madre e ai tuoi fratelli per tutto il tempo. »
Nello sguardo di Esmeralda quel guizzo, quella fervida idea svanì di colpo spegnendosi. I suoi muscoli tesi si ammorbidirono constatando la realtà che le aveva propinato. Ormai la conosceva.
Ormai sapeva tutto di lei.
E sapeva che per quanto Esmeralda fosse animata da quell’amore che gli donava, e per quanto l’amasse, diventava triste alla sola idea di allontanarsi dalla madre e i fratelli.
« Già. » Esclamò Esmeralda mesta sedendosi su uno degli scalini che erano lì vicino. Killian fece lo stesso.
« Troveremo il modo di stare insieme. » Le promise.
« Rapiscimi! » disse scherzando facendolo scoppiare a ridere di gusto.
A quel punto anche quell’idea, conoscendo come andò la loro vita, la considerarono uno scherzo del destino.
« Così dopo non mi ameresti più. Mi odieresti. » le fece notare.
« Non è vero! »
« Lo faresti. » La fece ragionare.
Esmeralda ne uscì davvero sconfitta moralmente di fronte a quegli empisse che continuavano a spuntare. Non ne sarebbe mai uscita.
Sarebbe stato per sempre un’amore nascosto come la peggior peste e la cosa non le andava giù per nulla.
« … E se… mi presentassi a tuo padre? » Azzardò Killian quasi sussurrando e in attesa di una sua reazione.
« TU SEI PAZZO! » quasi urlò, guizzando in piedi come se qualcosa l’avesse punta.
« Potrei fingermi facoltoso. Potrei mostrargli parte delle ricchezze che… non ho guadagnato onestamente, e fingermi qualcuno che non sono. » Killian le andò dietro.
« NO! » disse Esmeralda senza la possibilità di controbattere. « Se poi ti scoprisse, sarebbe ancora peggio. » e incrociò le braccia al petto.
« Mi potrei presentare a lui. Gli darò ogni ricchezza voglia e poi andremo via una volta che avrà accettato la cosa. »
« Come puoi esserne certo? Non accetterà mai, Killian. Non permettergli di scoprirci e rovinarci. »
« Perché credi voglia presentarmi? »
« Perché credi voglia evitarti un simile incontro? Scoprirebbe l’inganno e anche tutto il resto. Non ne vale la pena. » lo implorò quasi.
L’idea che Killian potesse presentarsi a lui con l’inganno la fece tremare.
L’idea che suo padre potesse scagliarsi contro di lui, contro di loro, per il doppio inganno che avrebbe scoperto quasi le causò uno svenimento.
Il timore che il padre esercitava su di lei, in special modo ora dopo quel segreto tenuto per mesi in modo egoista per essere felice, era talmente forte da farla raggelare al sol pensiero.
« Ti prego. Non farlo. » Lo implorò con un filo di voce.
Killian, vedendola abbastanza provata, annuì rassegnato. La tirò a sé e l’avvolse in un’abbraccio in cui ella si rifugiò.
« Troveremo un’altro modo. » esclamò.
E l’avrebbe fatto perché non avrebbe rinunciato a lei per nessun motivo al mondo. Doveva solo riflettere su come fare, ed era difficile.
Fu solo un momento di tranquillità prima del peggio.
Dalla locanda una voce arrivò alle orecchie di Esmeralda pronta a farle venire i brividi. 
Era una voce che sembrò di conoscere a menadito come una di quelle note stonate che s’intromettono in melodie altrimenti perfette, come uno stridio sordo che ti fa accapponare la pelle.
Esmeralda sciolse l’abbraccio con il suo amato in maniera brusca e violenta.
« Mio padre! » disse con visibile paura guardando Killian che era rimasto lì senza capire cosa fosse accaduto.
Esmeralda era diventata nuovamente un fascio di nervi.
« Esatto, Rafael è qui! Le abbiamo detto che sei in cucina per prendere tempo. Ora muoviti e seguimi! » era Marine che, dopo un cenno di Agnese, era volata ad avvisare Esmeralda della visita in locanda del padre. Esmeralda inghiottì un boccone amaro constatando che ci aveva sentito giusto e facendosi mille domande nel contempo: Sospettava qualcosa? Perché era venuto in locanda? Lui non veniva mai in locanda a trovare la moglie e la figlia. Doveva aver capito qualcosa. E se qualcuno avesse parlato? Qualcuno che la frequentava assiduamente. Lo stomaco le si aggrovigliò.
« Tu! » fece Marine indicando il capitano. « Aspetta un po’ fuori, poi entra in locanda come tuo solito. » le aveva impartito. Non tanto perché tenesse a Killian. Marine non vedeva di buon occhio i pirati da tempo immemore, ma quello teneva ad Esmeralda e questo bastava a volerlo salvare proteggendo entrambi.
Killian non era abituato a prendere ordini, non lo era mai stato, ma quella volta ubbidì. Resto fermo dietro quel muro giusto il tempo per non smuovere sospetti pericolosi.

« Ciao padre! » salutò Esmeralda, forse con troppa enfasi mentre si allacciava il grembiule in vita.
Aveva usato troppa enfasi? Anche quell’atteggiamento le pareva ora essere di troppo. Cercò di far finta di nulla. « Posso servirvi qualcosa? »
Con lui c’erano i fratelli: Ray e George, che salutò con un cenno della mano e un gran sorriso.
« Dato che me lo chiedi portami una birra. » aveva ordinato l’uomo sorridendo di quel sorriso che prospetta un nuovo incontro da propinarle. Un nuovo pollo da farle incontrare.
Da una parte la consolazione che non sospettasse di nulla e che fosse lì perché non poteva attendere oltre per annunciarlo, dall’altra la solita solfa a cui lei non voleva partecipare.
Sperò di sbagliarsi.
« Cosa ci fai qui, Rafael? » chiese Agnese ferma dietro il bancone con il cuore in gola. 
In quel momento Killian entrò nella locanda, del tutto inosservato.
Esmeralda si voltò e poggiò la birra straripante sul bancone per darla al padre. Uno sguardo fugace e incolore lo dedicò al suo pirata che si sedette ad un tavolo poco lontano da loro fingendosi indifferente.
« Sono qui perché ero impaziente di dirlo ad Esmeralda e non potevo aspettare domattina come mio solito. Per stasera ho dato via il mio vino per questo. » Disse credendo di suscitare curiosità in chi l’ascoltava.
Esmeralda alzò lo sguardo per niente interessata a cosa stava per dirle.
« Domani c’è Sir Richard che vorrebbe incontrarti. Ti ricordi di lui? » chiese con una certa letizia ricordando come la figlia fosse felice dopo il loro ultimo incontro e ignorando il vero motivo che si trovava alle sue spalle. Iniziò facendo smuovere in Esmeralda quella solita rabbia che le montava a quel punto mentre fingeva di ascoltarlo. Annuiva e sorrideva in punti casuali del discorso fatto di descrizioni approfondite e di come si sarebbe dovuta comportare a riguardo.
Da dietro anche qualcun altro ascoltava attentamente il tutto mentre serrava la mascella fingendo disinteresse.
« Non mi pare il momento di approfondire qui il discorso Rafael. » Si era intromessa Agnese, facendosi coraggio. « Esmeralda ha molti tavoli da servire stasera. E come vedi Marine, da sola, non ce la fa. »
« Va benissimo. Siccome son passato di qui, ho pensato di accennarlo. Ho notato che ne sei rimasta colpita dall’ultimo incontro.» Si difese l’uomo.
« Ti ringrazio per questo, padre. » Disse la fanciulla che celò lo zero entusiasmo con un sorriso finto mentre s’incamminò verso i tavoli vuoti da servire, lasciando volutamente per ultimo quello di chi - era sicura - avesse origliato tutto il discorso.
Il padre si fermò giusto un momento in locanda per poi andare via con i bambini.
Fu in quel momento che Esmeralda ebbe il via libera per avvicinarsi a Killian, sempre con il taccuino in mano nel caso tornasse, e parlargli.
« Desideri qualcosa? » chiese, attirando la sua attenzione.
« In questo momento mi ci vorrebbe un barile di rum, se è possibile. »
Le strappò un sorriso, a cui conseguì il suo tirato e carico di nervosismo.
« Hai sentito tutto, come immaginavo. » Constatò Esmeralda.
« Ero proprio qui! » le fece notare indicandole la distanza tra il bancone e il tavolo a cui era seduto.
« E sai anche che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Tu lo sai che di tutti quelli che mi propina non mi interessa nulla. »
« E tu sai anche che a me da fastidio lo stesso. » dibatté, ancor di più.
Sapere che Esmeralda avrebbe incontrato un altro uomo lo faceva ingelosire alquanto, inutile dirlo. Era un sentimento nuovo per lui già da un po’ e a cui non sapeva tener testa.
Se solo avesse potuto presentarsi.
Se solo avesse potuto averla solo per sè.
« Fuggirò via non degnandolo del minimo interesse, come sempre. » le sussurrò Esmeralda all’orecchio. Anche lei sapeva farci quando voleva.
Ma in Killian quel pensiero continuava ad avanzare prepotentemente. Sarebbe stato un’inganno, è vero. Magari lei si sarebbe adirata inizialmente, ma poi sarebbero andati lontano e allora perché non ne valeva la pena?
Non valeva la pena vivere la vita con lei alla luce del sole, baciarla e amarla senza doversi più nascondere? Anche lui era stanco della luna, della notte, di quell’angolo dietro la cucina della locanda in cui si relegavano.
Con lei avrebbe voluto passeggiare per i regni, solcare i sette mari e sposarla per farla definitivamente sua. Non le avrebbe dato una vita agiata, ma ci sarebbe stato il loro amore a salvarli e allora perché non tentare? Doveva almeno provarci.

Dopo che l’incontro, il secondo, con Sir Richard era stato un buco nell’acqua le ire del padre erano di poco inimmaginabili. Lui che aveva creduto sin dall’inizio in quel possibile sviluppo - date la felicità che aveva mostrato la figlia con i segni che tutto l’amore può dare - ora vedeva tutto a terra, per l’ennesima volta. Cosa doveva fare per accasare la figlia, tanto incantevole quanto ribelle? Che dilemma immane. Il fatto che partisse già prevenuta verso tutti gli uomini non lo faceva mai sperare per i nuovi incontri, e fu per questo che per l’ennesima volta, ci andò con i piedi di piombo nel presentarle quel nuovo giovane. Questa volta era senza speranze. Ormai sapeva che Esmeralda avrebbe mandato tutto all’aria dopo poco.
Si era presentato a pochi giorni dall’ultimo incontro, facendosi avanti da sé perchè - a suo dire - gli era capitato di vedere Esmeralda, gli era giunta voce che cercasse marito e voleva fare la sua conoscenza. Ne era rimasto incantato.
Che fortuna sfacciata!
Pensò Rafael adocchiandolo nel migliore dei modi, pur mantenendo un certo distacco. 
Il giovane era aitante e di bell’aspetto, pareva quasi un mascalzone a prima vista, e dichiarava di essere il principe di un regno lontano il cui nome era James. Un principe interessato a sua figlia!
Rafael si chiese quale fosse la sua buona stella quel giorno, e sperò davvero per il meglio.
Questa volta l’uomo non annunciò alcunché alle due donne che solevano essere avvisate prima degli incontri. Egli, impaziente e timoroso che il reale cambiasse idea a riguardo, prese la palla al balzo e si presentò nella locanda quella sera stessa in sua compagnia.
Se aveva visto la figlia già prima e ne era rimasto colpito, che effetto poteva mai fargli il vederla in abiti da lavoro, o comunque al suo solito?
Cosa ci faceva una persona di quel rango in quella insulsa e sporca bettola? Egli entrò seguendo l’uomo con apparente disgusto malcelato. Agnese nel vederlo sbiancò di colpo. Cosa stava accadendo e perché quell’uomo era al suo seguito?
« Rafael, cosa succede? » chiese titubante non togliendo gli occhi di dosso all’uomo vestito di tutto punto e in maniera insolita per il posto.
« Succede che questo gentiluomo ha dichiarato di voler fare la conoscenza di Esmeralda, e io non posso che esserne onorato tant’è che non ho saputo attendere per esaudire una simile richiesta. » iniziò del tutto entusiasta. « Potresti chiamarla per venire a presentarsi al principe James? »
« Sono onorato nel fare la vostra conoscenza, milady. » disse l’uomo con fare autorevole.
La donna a stento trattenne una risata.
« Sono io ad essere onorata di un simile privilegio da parte vostra, mio signore. » e quasi sembrò stesse recitando. E diamine se era brava!
Anche l’uomo, che nel frattempo le aveva dedicato un baciamano, sembrò dedicarle un sorriso complice. Agnese arrossì e prima di congedarsi ad avvertire l’interessata, fece un piccolo inchino in suo favore che l’uomo ringraziò con un cenno del capo.
Agnese era riuscita a stento a trattenere le risate davanti ai due. Stava esplodendo.
Esmeralda nel mentre di tutto ciò era indaffarata nel conservare alcuni piatti nei propri ripiani quando si vide la madre alle spalle, e quasi trasalii.
« Madre! » quasi urlò per lo spavento.
La madre, dalla sua, scoppiò in una risata contenuta per non rovinare nulla alla figlia in prossimità di quell’incontro che l’avrebbe cambiata.
« C’è tuo padre! » tagliò corto, senza troppi preamboli inutili.
« E ridi cosa allora? » disse con una nota più alta nella voce e guardando oltre la tenda della porta che dava sul locale, senza riuscire a scorgere nulla.
Ogni volta la presenza del padre in giro le dava sui nervi e quasi le mancava il respiro.
« E non è solo. » continuò la madre attirando il suo sguardo ancora più atterrito.
« Che significa? » e la domanda fu quasi un sussurro.
La madre le mise le mani sulle spalle e cercò di calmarla. « Non ti devi preoccupare di nulla stavolta. »
« Non mi stai calmando per niente se il tuo intento è quello! » disse la fanciulla ancora più sulle corde di filo spinato.
« Ha portato con sé qualcuno che vorrebbe conoscerti. »
Sbarrò gli occhi in modo più pronunciato, sbiancando.
« Che significa? Anche qui? E se arriva Killian? Dì che non voglio conoscere nessuno… che non mi sento bene, perché in effetti non mi sento bene ora! » e fece per fuggire quando Agnese la riprese. « Vedrai che stavolta andrà meglio, te lo assicuro. » e cercò di infonderle quel coraggio di cui presto si sarebbe riappropriata. Appena l’avrebbe visto.
Esmeralda cercò aiuto in un maniera disperata e respirò a fondo prima di accettare che anche la madre era d’accordo. Diceva che sarebbe andata meglio e non ne capiva il senso, ma voleva fidarsi. Agnese non le aveva mai mentito, e l’aveva sempre protetta quindi magari stavolta sarebbe andata davvero meglio. Magari quell’uomo lì fuori aveva qualcosa che ispirava fiducia nella madre.
Ma Killian? Il suo pensiero, il pensiero di perderlo per qualcun altro le attanagliava il petto e si trovava pietrificata al suo posto.
« Non preoccuparti di Killian. Capirà! » Fece dolce la madre.
In che modo avrebbe dovuto capire? E cosa? Anche la madre dava per scontato che questa volta era quello giusto? Ma chi diavolo era?
La confusione si aggiunse a tutto il resto di sensazione che le aggrovigliavano il petto. Aveva la nausea.
Agnese la spinse ad andare avanti con un sorriso pieno di fiducia e pace.
Esmeralda respirò a fondo ed andò verso la tenda che la separava da quel mistero che aveva conquistato persino la madre, senza nemmeno interessarsi a chi fosse per intortare entrambi così.
Che ammaliatore era? Avrebbe ammaliato anche lei? Non voleva.
Si diede una sistemata alla gonna sgualcita che portava addosso e, con un gesto, sport la tenda davanti a sé mentre la madre la seguiva. L’uomo che era oltre il bancone insieme al padre e che sorrideva con il sorriso più bello di tutti i regni la spiazzò togliendole il fiato.
Agnese dietro sorrise ancor di più alla sua reazione.
Il reale non attese nemmeno che arrivasse che si precipitò a presentarsi come si deve: « Non posso aspettare oltre per presentarmi ad un simile incanto: Sono il principe James e mi è capitato di incontrarvi quasi per caso in questo giorno mentre eravate con vostro padre, e sin da quel momento non sono riuscito a pensare ad altro se non ai vostri occhi e alla vostra incantevole bellezza. Mi avete stregato. Ho pregato vostro padre di venire subito qui per questo, perciò non gliene vogliate. E’ tutta colpa mia. » Non le aveva nemmeno il tempo di fiatare mentre ella lo guardava del tutto conquistata e divertita dalla scena. Lui le dedicò il suo più bel sorriso mentre non faceva che tenerle la mano. « Mi volete fare l’onore di fare la vostra conoscenza? » Uno sguardo in più all’uomo che, dinanzi a lei, la guardava con tutta la speranza del mondo e si sentì spiazzata dalla decisione che doveva intraprendere e alle conseguenze che avrebbe portato e a cui aveva pensato solo lei.
Poteva sempre non accettare poi, come aveva sempre fatto con tutti, ma rifiutare significava rinunciare a qualcosa che poteva essere un sogno.
I dilemmi e la valutazione di tutto la faceva sempre cadere e restare con i piedi per terra. Che doveva fare? Tutti sembravano fiduciosi mentre lei non faceva che vedere il negativo di quella situazione e quello che avrebbe portato se…
Quando realizzò il tutto dedicò uno sguardo al padre del tutto intimorita da quella cosa improvvisa.
Con un cenno Rafael la incitò a guardare il suo interlocutore e dargli una risposta. Esmeralda era confusa e non riusciva a capire che doveva fare esattamente.
Il divertimento iniziale lasciò posto alla paura e si aggiunse a tutto il resto perché le sembrava un gesto azzardato.
« Dai piccola, dai una possibilità a questo gentiluomo. » la incoraggiò la madre.
Esmeralda guardò il suo pretendente dritto negli occhi cercando il coraggio anche da quel mascalzone e titubante come sempre rispose con un « Sì. » facendo esultare il padre che già vedeva un futuro brillante per i due, anche per il modo in cui la figlia aveva reagito.
Il principe era più felice che mai alla risposta positiva della ragazza.
« Potremo andare da qualche parte per conoscerci meglio. Magari al molo o dove più ti aggrada. »
« Io non so… » non sapeva come muoversi in quella situazione. Come un’elefante che cammina tra bicchieri di cristallo con la paura che da un momento all’altro tutto vada in pezzi.
Che azzardo immane!
« C’è una sala privata dietro quella porta. Potrei portarvi qualche cibaria mentre voi potete parlare con calma. » suggerì Agnese per non farli allontanare e allo stesso tempo tenerli sotto controllo.
« Direi che per me va benissimo! » James assecondò quell’idea di buon grado.

Il tavolo all’interno della piccola sala un po’ tetra e con un forte odore di muffa non era decisamente il meglio che si potesse desiderare per un incontro del genere con una persona di quel rango, ma tutto era stato del tutto inaspettato e… finto.
Quando i due restarono soli nella sala adibita alla meglio e la porta alle loro spalle si chiuse Esmeralda si avvicinò all’uomo sferrandogli un pugno leggero all’altezza del petto.
« Si può sapere cosa ti passa per la testa? » era totalmente adirata con lui. La rabbia che le montava in petto insieme a quel senso di nausea non l’abbandonava nemmeno ora.
Cosa c’era di sbagliato in lui da voler rischiare così? Perché doveva rovinare tutto? Voleva liberarsi di lei? Perché sì, in quel modo ci sarebbe riuscito benissimo!
Esmeralda le diede le spalle e incrociò le braccia al petto per evitare di fargli ancora più male.
« Esm. Ascoltami. » la pregò il pirata incitandola a voltarsi.
L’uomo che si era presentato come il principe James e si era vestito di tutto punto sistemandosi a dovere per passare come tale altri non era che Killian Jones: il suo pirata. Lo stesso uomo per cui si era preoccupata e a cui aveva detto di non fare nulla di pazzo per lei quando le aveva accennato quell’idea malsana.
A che serviva mostrargli le sue preoccupazioni e le sue paure se poi lui se ne beffava altamente?
Esmeralda restò immobile al suo posto. Non voleva guardarlo.
« L’ho fatto per te. Per noi. Lo hai detto tu che non vuoi più vivere tutto clandestinamente. E nemmeno io. Non potevo dichiararmi a tuo padre da pirata. »
« E dimmi, ora che ricchezze gli darai. Ora cosa gli dici se io accetto di passare la mia vita con te? Dov’è il tuo castello, i tuoi averi, le tue terre e il tuo regno. Ci hai pensato? Ora io dovrò rifiutarti mentre ti amo e tu non potrai più mettere piede nemmeno qui perchè se ti vede capirà l’inganno e sarà peggio. TU hai messo fine alla nostra storia e io non potrò più averti in nessun modo! » Si era voltata nel modo più rabbioso possibile e Killian non l’aveva mai vista in quello stato.
Perché non ci aveva pensato? Perché era sempre così avventato nelle cose?
« E’ vero. Lo ammetto, non ho pensato a tutto il resto di cose che sarebbero avvenute poi. Ma puoi stare certa di una cosa: io non ti abbandono. » Lei stava per ribattere e probabilmente gli avrebbe detto che il padre lo avrebbe messo in condizioni di farlo senza nemmeno fregarsi della sua versione. L’aveva ingannato, preso in giro, e il padre gliel’avrebbe fatta pagare. Non importava altro.
« Dimentichi che sono un pirata e non sarà tuo padre a intimorirmi e farmi scappare. Non ho altra ragione al mondo se non te. Come puoi anche solo pensare che io possa andare avanti senza quella parte di me che sei tu? Quando dico di amarti, non intendo che ti amo più di quanto tu ami me. Ti amo più dei giorni bui che ci ritroveremo davanti. Ti amo più di ogni battaglia che dovremmo mai affrontare. Ti amo più di ogni distanza. Ti amo più di qualsiasi ostacolo che potrei mai trovarmi davanti e tra noi. Ti amo più di tutto questo. Ti amo come non ho mai amato niente e nessuno nella mia vita. » e il suo cuore si sciolse insieme alle sue braccia serrate al petto che mollarono la presa cadendo lungo i fianchi. Non voleva perderlo e ciò che le aveva dichiarato in quel momento era lo specchio dei suoi sentimenti per lui. Averlo accanto ogni giorno era per lei una benedizione e una forza. Non aveva mai conosciuto l’amore sino ad allora e mai nella vita avrebbe immaginato di darlo ad un pirata, ma era successo e ora lei temeva costantemente che tutto quello finisse. In quel momento ancora di più.
Li aveva messi alle strette e lo sapeva, lo sentiva, che era stato quel sentimento a spingerlo a tanto e l’amava ancora di più per questo ma… c’era un ma che gravava pesantemente sulle loro teste e la faceva sentire in pericolo.ù
« Dirò tutto a tuo padre. La verità. » annunciò avvicinandosi a lei e prendendole le mani in modo cauto. L’aveva sconvolta abbastanza.
Lei sobbalzò. « No! Cosa?! NO. » vociò con ancora più impeto.
« Lo scoprirebbe comunque, prima o poi. L’hai detto anche tu. E poi voglio essere sincero voglio rivelare il mio amore per te senza fingere di essere qualcun altro. » annunciò con decisione. « Dev’essere Killian Jones a chiedere la mano di sua figlia, e non questo… » con la mano indicò l’abito che si era messo e in cui si sentiva fortemente a disagio. « … coso. Non sono io. »
« Non sei tu. » ripetè Esmeralda scuotendo il capo. Forse era la decisione migliore e sì, le conseguenze ci sarebbero state e si sarebbero riversate funeste su di loro, in qualsiasi modo andasse. Pensò.
Era inevitabile.
Era inevitabile come sperare che il padre capisse il gesto e si sciogliesse di fronte a quell’amore dichiarato come si era sciolta lei. Che accettasse che anche senza alcuna ricchezza la felicità della figlia bastava così com’era e fosse più accomodante nei confronti di quell’uomo che le sarebbe stato accanto. Esmeralda sperava, perché quel modo di essere non l’abbandonava e pensò che forse accanto al suo pirata quella battaglia sarebbe stata più facile, meno sanguinosa. Avrebbe avuto quell’uomo a darle man forte e tutto sarebbe andato per il meglio, come aveva detto la madre.
Forse era un segno.
Esmeralda ci sperava mentre Killian la guardava cercando il perdono per un gesto del tutto non calcolato appieno, perché l’amore per lei quasi lo tramortiva, e perché l’amore per lei gli rendeva difficile pensare pienamente alle conseguenze.
« Non ti devo perdonare di nulla, anzi ti amo anche di più per questo, solo che ho paura. E questa cosa mi blocca. L’idea di non averti più con me, ma forse combattendo insieme… forse se tu sei al mio fianco in tutto questo sarà più facile. Sarà più efficace. Voglio sperarci davvero. »
Entrambi si sorrisero di un sorriso carico di ogni emozione possibile.
Quel momento stava arrivando.
Esmeralda lo guardò per poi avvicinarsi e in un punta di piedi raggiungere le sue labbra e gettarsi nell’abisso.

Quando i due attraversarono il corridoio verso la sala ormai spoglia di gente ormai rincasata o chissà dove, per andare incontro a chi attendeva con ansia l’esito di quell’incontro durato una serata, ci andarono mano nella mano come chi combatte insieme e cerca di darsi forza.
Anche se era più Killian a dar forza alla fanciulla.
Lei, all’apparenza una roccia, per poco non cadeva frantumandosi. Killian invece no.
Killian era sicuro di sé, pronto e con le migliori intenzioni per non far crollare nulla.
Alla vista dei due, Rafael sobbalzò mostrando gaudio per quel mano nella mano che sembrava gridare ‟ci siamo, papà, ho trovato l’amore della mia vita!
E in effetti così era, ma non nel modo in cui sperava il padre.
Agnese, seduta accanto al marito, non sapeva bene come reagire alla cosa. Se lo sentiva che qualcosa non andava. Sentiva da lontano implodere la tempesta, glielo leggeva benissimo in faccia ad entrambi e si preparò all’impatto che avrebbe avuto.
« E’ fatta! » gioì l’uomo battendo le mani in segno di festa. Dall’altra parte i due non ne avevano nessuna voglia.
« Aspetta a festeggiare, Rafael. » e il battito di mano insieme al suo enorme sorriso cessarono di colpo immaginando il peggio.
Ecco, Esmeralda aveva di nuovo rovinato tutto. Pensò.
« Non ritenete mia figlia degna di voi? » avanzò l’uomo cercando di capire.
« Assolutamente no, anzi, vostra figlia è la cosa più incantevole e più amorevole che possa esistere su questo regno e conoscendola meglio non posso che affermarlo ancora di più ed esserne - se è possibile - ancora più invaghito di prima, ma… » E Rafael restò in attesa con il fiato sospeso attendendo il resto come un bimbo che ascolta una favola e vuole scoprire il resto. « Ma… ? » proferì invitandolo a continuare.
« Ma voglio essere totalmente sincero con voi, perché lo meritate. Meritate di sapere ogni cosa e meritate di sapere che amo vostra figlia più di quanto abbia mai amato chiunque nella mia vita. Che per lei sono pronto a cambiare vita e starle accanto. E voglio renderla felice, in ogni modo possibile. Voglio restare al suo fianco perché sento di appartenere solo a lei in questa vita, e lei a me. Non c’è cosa che non farei per lei e voglio che sappiate non mi arrenderò mai di fronte ad un rifiuto. Che combatterò se fosse necessario. »
Rafael continuava, durante quel discorso, a non capirne il nesso. Mentre Agnese, poco dietro di lui, ingoiava bocconi amari e presagiva l’imminente arrivo dell’ira del marito.
Esmeralda, più visibile, non era da meno.
« Combattere perché? » azzardò l’uomo con fare confuso.
« Perché non sono stato totalmente sincero con voi, e non sono chi ho detto di essere. »
Silenzio.
In tutta la sala e nei quattro presenti cadde un silenzio tetro e freddo capace di ghiacciare ogni cosa intorno. Esmeralda strinse ancora più forte le dita intorno alla mano di Killian, lui rimarcò la presa.
Per nulla cosa al modo l’avrebbe mollata.
Rafael restò interdetto, attendendo il resto per reagire.
« Sono Killian Jones, capitano della Jolly Roger. Sono un pirata e amo vostra figlia. » bastò quella presentazione a far iniettare di sangue gli occhi di Rafael. L’uomo parve scoppiare mentre in tutta la veemenza possibile si girò verso la moglie additandola.
«Tu! TU LO SAPEVI! » disse additandola. « Ti ho vista tremare come una foglia più di una volta, anche quando LEI» e indicò la figlia come se volesse staccarle la testa e il cuore. «LEI canticchiava per casa con l’amore nel cuore. ERA PER LUI. PER QUESTO SPORCO PIRATA. » Sbraitò a pieni polmoni avvicinandosi ai due che continuavano ad essere uniti.
« VOI ERAVATE COMPLICI ALLE MIE SPALLE. PER QUESTO RIFIUTAVI TUTTI. PER QUESTO ADORAVI STARE QUI IN QUESTA BETTOLA. » urlò con tutto il fiato e il disprezzo che aveva in corpo senza che accennasse a sbollirsi.
« E TU, TU, SPORCO PIRATA DIMENTICA TOTALMENTE IL TUO AMORE PER LEI E TUTTE LE TUE BAGGIANATE. Non potrai mai averla! Non ti darò mai il permesso di starle accanto. MAI PIU. Non ho fatto una figlia per darla ad un corsaro maledetto! » e con una forza tale sciolse le loro mani intrecciate e puntò Killian con un coltello lasciato lì accanto.
Esmeralda volò al suo fianco per ritirarlo da quel contatto. Agnese fece lo stesso con il marito che però la strattonò e la gettò a terra.
« Va’ da tua madre. » le sussurrò Killian pieno e in modo calmo. Esmeralda scosse fermamente il capo, contraria. «Devi andare da lei. Io me la cavo. » E la invitò a fare come le aveva detto.
« Certo che te la caverai. Andando via di qui adesso. Prendi la tua insulsa nave e lascia questo regno, ORA. »
« Mai. » e Killian sorrise spavaldo. « Sono stato sincero con voi e ho cercato di mostrarvi che il mio sentimento è vero, e VOI invece di essere un padre felice per la propria figlia. Di volere per lei l’amore, volete mandarvi via. Volete negare ad Esmeralda la felicità che ha con me. »
« Voi pirati siete tutti così: abbindolate le vostre prede, le ingannate facendo credere loro che l’amate, ma non è così. Siete delle persone spregevoli e io ti allontanerò da mia figlia prima che questo accada. »
« La vostra poca fiducia mi offende insieme ai vostri pregiudizi per la mia gente, ma sapete cosa? Vi ho detto che sarei stato pronto a combattere se non avreste accettato le cose come stanno e così farò. » E sfonderò la spada puntandogliela al petto. «Siete sicuro di voler iniziare così a volermi bene? » e la sua insolenza si accentuò facendolo scattare ancor di più.
«Ti faccio vedere io cosa sono capace. »
La moglie, che nel frattempo si era messa in piedi, si era nuovamente avvicinata al marito per farlo ragionare. Per fargli capire quanto in realtà ciò che diceva il pirata fosse vero e che lei ne era stata testimone per lunghi mesi, anche se questo avrebbe voluto dire più guai per lei, ma poco importava. Il danno era fatto e la felicità della sua bambina valeva ogni cosa. Ma non ne ebbe il tempo.
Rafael lanciò il coltello a terra e con un gesto della mano scaraventò la moglie oltre la porta d’ingresso della locanda. Dopo tutte ogni possibile via di fuga fu bloccata.
Agnese continuava a bussare come una forsennata per entrare, ma niente.
I due rimasti all’appello rimasero spiazzati.
Da quando il padre di Esmeralda possedeva la magia? Chi era quell’uomo?
« Credevi davvero che non avrei combattuto anche io? » Disse con un sorriso beffardo mentre con un gesto altrettanto semplice lo disarmò della spada con cui l’aveva minacciato. « Certo, sono un po’ arrugginito ma per metterti a posto rispolvero volentieri le mie vecchie armi anche a costo di venire scoperto.» E lo teneva in pugno mentre Killian temeva i suoi gesti. Non tanto nei suoi confronti, avrebbe sopportato ogni male pur di salvare lei che nel mentre avanzava correndo per impedire al padre ogni possibile gesto.
Killian ebbe il tempo di urlarle un « NO! » contro prima che venisse scaraventata con forza al muro dall’altra parte della stanza. Era inchiodata lì mentre cercava di divincolarsi e salvare il suo lui, ma non ci riusciva e delle lacrime sgorgavano copiose dai suoi smeraldi.
Avrebbe voluto correre da lei e prenderla con sé, e fuggire sulla sua nave lontano da quell’uomo immondo ma era nella sua stessa situazione e non poteva fare altro che osservarla inerme.
« A te penserò dopo, cara figlia. Ti farò pentire di esserti presa gioco di me come se fossi uno sciocco. » 
«NON OSARE TORCERLE UN CAPELLO! » minacciò il pirata digrignando i denti.
« Altrimenti cosa? Cosa potrai farmi poi? Tra un momento per te tutti questi momenti svaniranno nell’oblio e non ricorderai nemmeno più chi siamo. »
« Cosa vuoi dire? »
« Non te ne curare. Da questo momento non sono più affari che vi riguardano. Nè te, né lei vi ricorderete dell’altro. »
« Lei non svanirà mai da me. Potrai eliminare ogni ricordo e ogni momento passato insieme ma non potrai mai levare il sentimento che entrambi proviamo per l’altro. Io l’amerò sempre e per sempre. NON CI RIUSCIRAI! » imperterrito Killian continuava a dargli contro.
Il pensiero di dimenticare tutto, di perderla, si stava facendo reale e anche lei dall’altra parte della sala e di fronte ai suoi occhi urlava disperata cercando di non permetterlo.
Killian, inconsapevolmente, aveva creduto di poter far cambiare idea ad un uomo privo di cuore. Ad un uomo freddo. Ed ora inconsapevolmente stava rendendo reali le paure di entrambi.
Rafael rise di gusto. « Non hai mai provato la mia magia. C’è un motivo se non posso più usarla, ma ora basta con tutte queste ciance. Addio capitano! » e Killian s’addormentò contro il suo volere rimuovendo ogni cosa di ciò che era stato. Rimuovendo ogni cosa di lei in memoria, ma non nel cuore.

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