-Life.-
Ricordava bene il momento
in cui si
erano conosciuti, lui e lei.
Lui era un marmocchio di appena quattro
anni, rintanato in un anfratto roccioso nella foresta, che piangeva a
dirotto perché aveva paura di non tornare più a casa e perché la
caviglia gli faceva così tanto male.
Lei aveva già visto la primavera della
foresta per sei volte. Ed era già una buona cacciatrice per la sua
età, veloce e intelligente.
Restare al confine della civiltà,
l'aver passato solo tre anni anni nel calore di una famiglia Garuda
non avevano certo giovato nella sua conoscenza dei rapporti umani:
per questo lei, quando il pianto incessante di lui fece fuggire una
bella preda su per qualche strano sentiero, si diresse veloce come un
fulmine verso la fonte del disturbo, infuriata come solo una bambina
affamata poteva esserlo.
Chissà perché, mentre la sentiva
urlare furibonda in una lingua che lui non conosceva, il bambino
aveva smesso di piangere e si teneva soltanto la caviglia ferita.
E mentre lui la guardava, con le ultime
lacrime che scendevano dalle guance, notò quelle
cose.
Piccole corna grigie sulle tempie,
lunghi capelli fra il rosa e il giallo, una coda grigiastra che
terminava a mo di punta di freccia e che fendeva l'aria, come se
qualcosa la inquietasse.
E poi le ali.
Il bambino neanche la sentiva più:
asciugandosi gli ultimi residui di lacrime, non riusciva a
distogliere lo sguardo da quella parodia di alucce dalle piume nere
come l'inchiostro.
-Sei tu lo spirito della foresta?- le
chiese di colpo, senza preavviso, senza un perché.
A sentire quelle parole lei
s'immobilizzò e si zittì subito: non si era nemmeno accorta di star
parlando a quel bimbo sconosciuto in Abissale, e non nella lingua
comune.
-Sai, ti cercavo da un po'. Forse ti
avrei trovata prima, ma poi sono caduto e mi sono fatto questo. Fa
male... - mormorò lui, tirando su col naso e guardando la caviglia
gonfia.
La bambina non disse nulla: spostò lo
sguardo prima sulla ferita, poi di nuovo su di lui, palesemente a
disagio.
Solo in quel momento lui notò gli
occhi.
-Ehi, hai gli occhi come quelli del
nostro gatto! Completamente gialli, sembra oro liquido... sono belli,
sai?- continuò con tono ammirato.
Di tutta risposta lei abbassò lo
sguardo e si strinse fra le braccia, come se si vergognasse.
-Sei bella per essere uno spirito. Non
è che sei una fata o qualcosa del genere? Perché i tuoi capelli
hanno i colori della Plumeria Rubra quando fiorisce- osservò lui,
anche se qualcosa cominciava a non tornare.
Perché lei non gli rispondeva?
Tuttavia, sebbene continuasse a non
spiccicar parola, la bambina a quelle parole mosse qualche passo
verso di lui e, una volta raggiunto, si mise in ginocchio per poter
controllare la sua apparente storta.
A quel punto, il bambino mise a fuoco
in maniera definitiva le sue condizioni.
Ciò che la vestiva s'era quasi ridotto
a una massa di stracci. I capelli, che prima lo avevano colpito,
erano arruffati e pieni di foglie e chissà cos'altro. E la sua pelle
leggermente scura era piena di tagli, cicatrici, lividi. Ovunque.
A quel punto, abbassò lo sguardo verso
la ferita.
Non era un semplice folletto, sentiva
che era qualcosa ancor più terribile e meraviglioso allo stesso
tempo. Qualcosa legato a mondi lontani.
-Sai... potresti venire a casa mia. A
mamma farebbe piacere, così saremo in tre. Potresti essere mia
sorella, così possiamo giocare assieme. Sempre se a te va. Comunque, io
mi chiamo Guzma
Cardinalis. Come il fiore!
E tu, ce l'hai un nome?- le domandò
infine, rialzando lo sguardo verso di lei.
E si accorse che lei lo stava fissando
con occhi lucidi.
Per un momento esitò, per una frazione
di secondo sembrò che il suo labbro inferiore tremasse.
-Plumeria- disse infine, chiudendo gli
occhi e raggomitolandosi accanto a lui.
-Mi chiamo Plumeria. Come il fiore-.
Note Autrice:
Tutto
questo è partito mentre
ascoltavo “Life” di Einaudi.
Sarà una di quelle botte
d'ispirazione e voglia di scrivere che capita una volta ogni morte di
papa.
In realtà, tutto doveva essere
compresso in questa one-shot, che doveva essere una sorta di
background di un paio di personaggi, legati a una campagna di
Pathfinder e a un mondo tendente al dark fantasy.
Vedendo poi la lunghezza che la cosa
stava imboccando, ho pensato di metter su una raccolta di vari
momenti della loro vita fino a poco prima dell'inizio della suddetta
campagna.
Ergo, la lunghezza di ogni capitolo
sarà più o meno questa qui, quindi all'incirca mille parole.
E... boh, nulla. Al prossimo
capitolo (?)
-Dana