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Autore: Danail    15/08/2018    1 recensioni
[Raccolta di one shots di breve lunghezza]
La vita di Guzma e Plumeria, Bardo Umano e Predatrice Tiefling, non è mai stata gran che semplice.
Né da bambini, né da adolescenti, né da giovani adulti.
Forse aggregarsi con i loro "simili" può rivelarsi utile.
Perché, nella buona e nella cattiva sorte, si può trovare conforto anche in una famiglia malassortita come la loro.
Cap. 1:
Ciò che la vestiva s'era quasi ridotto a una massa di stracci. I capelli, che prima lo avevano colpito, erano arruffati e pieni di foglie e chissà cos'altro. E la sua pelle leggermente scura era piena di tagli, cicatrici, lividi. Ovunque.
A quel punto, abbassò lo sguardo verso la ferita.
Non era un semplice folletto, sentiva che era qualcosa ancor più terribile e meraviglioso allo stesso tempo. Qualcosa legato a mondi lontani.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Life
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-Life.-

Theme

Ricordava bene il momento in cui si erano conosciuti, lui e lei.
Lui era un marmocchio di appena quattro anni, rintanato in un anfratto roccioso nella foresta, che piangeva a dirotto perché aveva paura di non tornare più a casa e perché la caviglia gli faceva così tanto male.
Lei aveva già visto la primavera della foresta per sei volte. Ed era già una buona cacciatrice per la sua età, veloce e intelligente.
Restare al confine della civiltà, l'aver passato solo tre anni anni nel calore di una famiglia Garuda non avevano certo giovato nella sua conoscenza dei rapporti umani: per questo lei, quando il pianto incessante di lui fece fuggire una bella preda su per qualche strano sentiero, si diresse veloce come un fulmine verso la fonte del disturbo, infuriata come solo una bambina affamata poteva esserlo.
Chissà perché, mentre la sentiva urlare furibonda in una lingua che lui non conosceva, il bambino aveva smesso di piangere e si teneva soltanto la caviglia ferita.
E mentre lui la guardava, con le ultime lacrime che scendevano dalle guance, notò quelle cose.
Piccole corna grigie sulle tempie, lunghi capelli fra il rosa e il giallo, una coda grigiastra che terminava a mo di punta di freccia e che fendeva l'aria, come se qualcosa la inquietasse.
E poi le ali.
Il bambino neanche la sentiva più: asciugandosi gli ultimi residui di lacrime, non riusciva a distogliere lo sguardo da quella parodia di alucce dalle piume nere come l'inchiostro.
-Sei tu lo spirito della foresta?- le chiese di colpo, senza preavviso, senza un perché.
A sentire quelle parole lei s'immobilizzò e si zittì subito: non si era nemmeno accorta di star parlando a quel bimbo sconosciuto in Abissale, e non nella lingua comune.
-Sai, ti cercavo da un po'. Forse ti avrei trovata prima, ma poi sono caduto e mi sono fatto questo. Fa male... - mormorò lui, tirando su col naso e guardando la caviglia gonfia.
La bambina non disse nulla: spostò lo sguardo prima sulla ferita, poi di nuovo su di lui, palesemente a disagio.
Solo in quel momento lui notò gli occhi.
-Ehi, hai gli occhi come quelli del nostro gatto! Completamente gialli, sembra oro liquido... sono belli, sai?- continuò con tono ammirato.
Di tutta risposta lei abbassò lo sguardo e si strinse fra le braccia, come se si vergognasse.
-Sei bella per essere uno spirito. Non è che sei una fata o qualcosa del genere? Perché i tuoi capelli hanno i colori della Plumeria Rubra quando fiorisce- osservò lui, anche se qualcosa cominciava a non tornare.
Perché lei non gli rispondeva?
Tuttavia, sebbene continuasse a non spiccicar parola, la bambina a quelle parole mosse qualche passo verso di lui e, una volta raggiunto, si mise in ginocchio per poter controllare la sua apparente storta.
A quel punto, il bambino mise a fuoco in maniera definitiva le sue condizioni.
Ciò che la vestiva s'era quasi ridotto a una massa di stracci. I capelli, che prima lo avevano colpito, erano arruffati e pieni di foglie e chissà cos'altro. E la sua pelle leggermente scura era piena di tagli, cicatrici, lividi. Ovunque.
A quel punto, abbassò lo sguardo verso la ferita.
Non era un semplice folletto, sentiva che era qualcosa ancor più terribile e meraviglioso allo stesso tempo. Qualcosa legato a mondi lontani.
-Sai... potresti venire a casa mia. A mamma farebbe piacere, così saremo in tre. Potresti essere mia sorella, così possiamo giocare assieme. Sempre se a te va. Comunque, io mi chiamo Guzma Cardinalis. Come il fiore!
E tu, ce l'hai un nome?- le domandò infine, rialzando lo sguardo verso di lei.
E si accorse che lei lo stava fissando con occhi lucidi.
Per un momento esitò, per una frazione di secondo sembrò che il suo labbro inferiore tremasse.
-Plumeria- disse infine, chiudendo gli occhi e raggomitolandosi accanto a lui.
-Mi chiamo Plumeria. Come il fiore-.






Note Autrice:

Tutto questo è partito mentre ascoltavo “Life” di Einaudi.
Sarà una di quelle botte d'ispirazione e voglia di scrivere che capita una volta ogni morte di papa.
In realtà, tutto doveva essere compresso in questa one-shot, che doveva essere una sorta di background di un paio di personaggi, legati a una campagna di Pathfinder e a un mondo tendente al dark fantasy.
Vedendo poi la lunghezza che la cosa stava imboccando, ho pensato di metter su una raccolta di vari momenti della loro vita fino a poco prima dell'inizio della suddetta campagna.
Ergo, la lunghezza di ogni capitolo sarà più o meno questa qui, quindi all'incirca mille parole.
E... boh, nulla. Al prossimo capitolo (?)
-Dana

   
 
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