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Autore: BluAvis    16/08/2018    5 recensioni
Kaminari e Jiro, a causa di un contrattempo logistico, sono costretti a passare la notte in un motel, il quale, guardate un po’ il caso, riserverà loro un paio di cliché “impegnativi”. Una One Shot pura e semplice, dedicata alla mia otp di My Hero Academia.
-BluAvis
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaminari Denki, Kyoka Jiro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutta Colpa di Trenitalia
My Hero Academia

Erano passati vari minuti dall’annuncio dello speaker. Kaminari e Jiro correvano a perdifiato, facendosi largo tra la folla con non poca veemenza.
- Merda… merda… merda…
- Mi scusi! Mi scu… permess… e che diamine, spostatevi!
Troppo tardi. Il treno era già in corsa, lo squillante stridio delle rotaie sentenziò la triste realtà. I due si piegarono sulle ginocchia, ansanti e sfiniti.
- È tutta colpa tua… anf anf… perché hai insistito a voler prendere un’altra piadina… anf anf… adesso sei contento, caricabatterie della mia ceppa?
Kaminari assunse un’aria colpevole, ma non rinunciò ad ostentare una timida difesa.
- Sei tu q-quella con l’orologio, no? Avresti dovuto avvertirmi!
I lobo-jack della ragazza si alzarono a mezz’aria, in segno di minaccia. Kaminari sospirò, sconfitto.
- Comunque, non posso credere che Ashido e Kirishima abbiano preso il treno senza di noi. Adesso come facciamo a tornare a casa?
- E che ci vuole, basterà prendere il prossimo.
Jiro alzò la testa, in direzione del grande tabellone digitale, sul quale erano scritte le varie partenze e arrivi. Le iridi scure di Earphone Jack scorsero la lista degli orari, poi tornarono in cima e ripeterono la cosa una seconda volta. Dopo la terza lettura, si spense anche l’ultima speranza.
- Non c’è…
- Eh? Come?
- Non c’è un altro treno. Quello che abbiamo perso era l’ultimo.
- Quindi v-vuoi dire che…
- Siamo bloccati a Tokyo.
*
I due studenti stavano lì, impalati e silenziosi. A causa del giorno festivo, non erano riusciti a trovare un autobus di tardo orario; in quella zona non vi era la possibilità di chiamare taxi; i rispettivi genitori erano stati avvisati dell’imprevisto, ma nessuno di loro poteva andarli a recuperare. Insomma, le stelle si erano allineate in modo da far capitare quelle povere anime in quella situazione. L’insegna al neon del motel lampeggiava con scarso entusiasmo, accompagnata dal tipico rumore di scarico elettrico. La pacchiana scritta in corsivo recitava “Il Sedano Assonnato”, nome che faceva ben immaginare il numero di clienti mensili.
- Ma perché siamo qui?
- Mi sa che ci tocca.
Erano passati dal non trovare un modo per rincasare, a trascorrere la notte in un motel mezza stella. Rassegnati, entrarono nella hall. Non era granché, ma almeno non rifletteva l’aspetto da stamberga che desse dall’esterno. Si annunciarono al bancone della reception, vennero accolti da un nonnino sguincio e stempiato.
- Buonaseeeeeeeera, come posso esservi utile, giovanotti?
- Ehm, salve. Vorremmo prendere due camere per questa notte.
- Ma ceeeeeeerto. Fatemi controllare un secondo.
Il vecchietto diede loro le spalle ed ispezionò la piccola bacheca dietro la postazione. In ognuna degli caselle era piantato un chiodo arrugginito, al quale erano appese le chiavi delle varie “suite”. Jiro era ottimista, chi mai avrebbe potuto alloggiare in una catapecchia simile? Quel simpatico signore avrebbe afferrato due chiavi a caso e gli avrebbe assegnato le camere. Il nonnino girò nuovamente i tacchi, il suo volto segnato dall’età tradiva un preoccupante disagio.
Nella testa di Kyoka ridondavano numerosi pensieri, tra loro analoghi.
“Dai, su, non posso essere così sfigata… non siamo mica in un manga, non deve succedere per forza… in fondo è impossibile che noi…”
- Sono spiaceeente, ma molte delle nostre singole sono in ristrutturazione. Posso chiedervi di dividere una stanza? Ve la faccio pagare a metà prezzo, per scusarmi.

 
“………...MA PORCA PUTT………...”

Kaminari sedeva curvo sul letto, i polsi che poggiavano sulle ginocchia e la testa penzolante all’ingiù. Nonostante i sui sforzi, non riusciva ad ignorare il suono proveniente dal bagno contiguo. A pochi metri da lui, nell’unica altra stanza che quella piccola camera offrisse, Jiro stava facendo una doccia. Non avrebbe mai immaginato di dover passare una notte insieme a lei, per giunta costretti a condividere lo stesso letto. Quella situazione aveva un che di immorale, ma anche di eccitante. Era pur sempre un uomo, nel bel mezzo della sua fase ormonale, non poteva non pensare a quelle cose.
Una flebile pioggerella rinfrescava il volto di Kyoka, alcune gocce d’acqua gelida scivolavano lungo il corpo esile, percorrendo il petto acerbo fino alla vita snella. Le piaceva quella sensazione, le era sempre piaciuta, ma ciò non la distoglieva da tutto il contesto. Fuori da quel bagno c’era Kaminari, probabilmente steso sull’unico letto, nel quale avrebbero dormito “insieme”. Riflettendoci, in quel momento era nuda, a pochi metri da un ragazzo. La giornata aveva riservato non poche sorprese, bisognava ammetterlo.
*
Il silenzio regnava sovrano, non si sentiva neanche il frinire dei grilli di città.
- Stai dormendo?
- No, è che dalla piastrella si sentono le onde del mare.
- Scemo, non fai ridere. E comunque non ti ho chiesto io di stare sul pavimento.
- Sono un gentiluomo, devo pur comportarmi come tale.
- Sì, certo, come no.
Vista dall’alto, la scena si presentava così: Jiro era stesa di fianco sul materasso rattoppato, l’avambraccio sinistro inarcato dietro la testa e le gambe leggermente piegate; Kaminari era prono sul terreno, la scomoda posizione confortata soltanto dal cuscino di pezza, gentilmente concesso dalla compagna per alleviare la sofferenza causata dalla rigidità delle mattonelle in terracotta scadente. Il ragazzo tentava di fare il figo, ma la schiena stava già urlando pietà. L’audace richiesta spiccò il volo, sospinta dalla brezza notturna.

Vuoi stenderti accanto a me?

Kaminari inarcò un sopracciglio e lanciò un’occhiata al letto. Voleva vederla dritta in faccia, così da capire se stesse scherzando o meno. Niente da fare, Jiro si era rigirata dall’altra parte e gli dava le spalle. Il ragazzo si mise in ginocchio, le gambe incrociate.
- Sei sicura?
- N-non metterti in testa strane idee. Lo faccio s-solo per non farmi rinfacciare il fatto di averti costretto a dormire sul pavimento.
Kaminari fece per sedersi ai piedi del materasso, non potendo fare a meno di sorridere con malizia.
- Ti prego, risparmiami la scenetta da tsundere. Chi sei, Bakugou?
- Se mi sfiori anche solo con un dito ti ammazzo.
- Oh sì, mi sembri proprio Bakugou.
Si stirò per il lungo, piazzando il cuscino esattamente al centro, in modo da condividerlo equamente con la compagna.
Le loro schiene erano a pochi centimetri l’una dall’altra. Il letto era ad una sola piazza, quindi era molto difficile evitare il contatto fisico.
Kyoka non riusciva a perdonarsi quell’attimo di debolezza, ma ancor di più non riusciva ad accettare il fatto che quella situazione non le dispiacesse. Si ritrovò addirittura a pensare che l’aver perso il treno non fosse stata neanche tutta quella gran sfortuna. Pensieri contrastanti scorrevano a gran velocità, era la pena per essere una persona introversa. Non riuscire ad esprimere i propri sentimenti non l’aiutava a chiarirli. Quanto ad essere onesta con sé stessa, neanche a parlarne. Si era chiesta molte volte perché non fosse tutto più semplice come suonare la sua chitarra. Era così bello avere il completo controllo delle proprie emozioni, farle sgorgare attraverso le vibrazioni delle corde e sentirsi libera. Era come se, senza quello strumento nelle mani, lei non riuscisse più a comunicare. Perché non poteva essere più propensa al dialogo come Kaminari? Era da quando si fosse stirato al suo fianco, che quel ragazzo non la smetteva di parlare. Le chiedeva le cose più inutili, da cosa avesse comprato quella mattina con Ashido ad informazioni circa l’ultima canzone che avesse provato a scrivere. In mezzo a quel fiume in piena, una domanda in particolare sembrò congelarle il cervello.
- Mi sono sempre chiesto una cosa. C’è un ragazzo che ti piace?
- Che razza di domanda è? Così all’improvviso, poi.
- Sai com’è, ora come ora non riesco a prendere sonno.
Un test a bruciapelo, non c’era che dire. Era una questione spinosa, ma Jiro sapeva benissimo come districare quella matassa. Bastava rigirare la frittata, un ottimo metodo di auto-difesa contro le domande scomode.
- Beh, se vuoi che te lo dica, dovrai prima rispondere alla tua stessa domanda.
Kaminari, a differenza di lei, non sembrò esitare. Si girò sul fianco opposto e avvicinò le labbra all’orecchio di Kyoka. Quelle poche parole, sussurrate di sfuggita, suonarono alla ragazza come le corde della sua chitarra, chiare e dirette.

Ora il braccio di lui le cingeva la vita, il viso abbandonato sulla sua nuca.
- Ehi, Kyoka, stai dormendo?
- No, è che dal cuscino si sentono le onde del mare.

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Grazie per aver letto fino alla fine! Ho deciso di alternare alla mia “serie” principale tutte le One Shot che mi vengano in mente. Jiro e Kaminari mi ispirano sempre, quindi eccoci qui. Il tema della “notte passata in albergo” è trito e ritrito, ma sappiamo tutti quanti com’è impostato My Hero Academia: passeranno 500 capitoli prima che qualcuno si guardi anche solo negli occhi. Ma è giusto così, in fondo è un Battle Shonen, quello che deve fare lo fa e anche bene. Un ringraziamento speciale a Fibiro, per il suo costante supporto. Un ringraziamento anche ad Engel, per tutte le sue fanfiction dedicate alla mia "best girl" Kyoka. Detto questo, vi auguro un buon proseguimento.
E ricordate tutti: PLUS ULTRA! 
                                                                                                                           - BluAvis
   
 
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