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Autore: hollien    16/08/2018    3 recensioni
Era passato un mese da quando l’Universo era stato dimezzato con uno schiocco di dita e l’unica cosa che Thor riusciva a pensare mentre osservava la distesa stellata dalla finestra della sua stanza dal ciglio del suo letto, sorseggiando un forte liquore midgardiano, era che il suo, di Universo, gli era stato portato via molto prima di raggiungere il Wakanda.
[Post-Avengers: Infinity War Part 1]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Scleri pre-capitolo: Sarò sincera. Credo sia dal lontano 2014 che volevo scrivere qualcosa su Thor e Loki, but per un motivo o per un altro non ho mai trovato l’ispirazione, quindi oggi per me è un giorno da segnare sul calendario. (?) Ringrazio Thor: Ragnarok (immensamente) e in parte Infinity War (seppur mi abbia fatto soffrire come un cane e nonostante io sia ancora in lutto per Loki *crying in the club*) per avermi dato la spinta a scrivere questa fanfiction. Spero che possiate gradire! Qualsiasi recensione, positiva o negativa (possibilmente costruttiva), è ben accetta.    
P.s: Probabilmente pubblicherò la seguente fanfiction su Ao3, aggiungendo descrizioni di natura erotica che in questo sito non mi è concesso fare.
Enjoy!  






 
Nothing can tear us apart
 




Era passato un mese da quando l’Universo era stato dimezzato con uno schiocco di dita e l’unica cosa che Thor riusciva a pensare mentre osservava la distesa stellata dalla finestra della sua stanza dal ciglio del suo letto, sorseggiando un forte liquore midgardiano, era che il suo, di Universo, gli era stato portato via molto prima di raggiungere il Wakanda.
Poco per volta, tutti i tasselli che componevano il suo mondo erano stati fatti a pezzi, disintegrati con una brutalità tale che gli venne spontaneo chiedere silenziosamente alle Norne che cosa avesse fatto di così atroce nella sua esistenza per meritarsi di perdere tutto.
Se gli avessero predetto un finale simile una decina di anni precedenti, Thor avrebbe riso e ribattuto con spavalderia che era impossibile che tutte le persone che erano state dei pilastri nei suoi millecinquecento anni di vita fossero scomparse senza che lui potesse fare niente per evitarlo.
Perché lui era Thor.
Il figlio degno del Padre degli Dei.
Principe e futuro re del regno eterno.
Dio del tuono.
Nessuno dei suoi cari avrebbe mai dovuto temere per la propria incolumità con lui al loro fianco.
Sei un ragazzo avido, crudele e arrogante” lo aveva accusato suo padre poco prima di bandirlo, e solo in quel momento si rendeva realmente conto di quanto le sue parole fossero state vere.
Dissentiva unicamente sulla connotazione di crudele: non conoscere pietà non era mai stato nella sua indole, e se in passato aveva commesso atti di pura crudeltà lo aveva fatto credendo erroneamente di rendere orgoglioso il Padre degli Dei. Suo padre. Un uomo che aveva preso consapevolezza di non aver conosciuto affatto, non da quando aveva appreso la verità sul come avesse massacrato e assoggettato i popoli dei Nove Regni insieme ad Hela.
Odino non gli aveva mai posto un freno in altre occasioni, anzi: di fronte alle sue vittorie nei confronti dei nemici di Ásgarðr aveva sempre fatto imbandire le tavolate reali con così tante leccornie da poter festeggiare per mesi; ma quando si era introdotto su Jötunheimr come il ragazzo prepotente e stolto quale era, abbattendo parte della sua popolazione, Thor era stato punito con quelle che aveva creduto le peggiori delle condanne e delle umiliazioni.
Nella sua permanenza su Miðgarðr aveva avuto il tempo necessario per riflettere sulle sue azioni, e pur avendo compreso di aver scatenato una probabile guerra tra il suo regno e quello dei giganti di ghiaccio, si era domandato se non ci fosse stato qualcosa di più. Qualcosa che solo il Padre degli Dei poteva sapere grazie alla sorveglianza costante di Huginn e Muninn.
Ancora oggi Thor non poteva affermarlo con assoluta certezza, tuttavia quando i suoi genitori gli avevano rivelato il motivo per cui Loki era uscito di senno e perché avesse gridato con disperazione di non esser mai stato suo fratello, aveva pensato istantaneamente: “Era per questo che Padre non voleva che andassi a Jötunheimr. Sapeva che avrei portato Loki con me e avremmo scoperto entrambi la verità.”   
Ma cosa sarebbe successo se la sua irruenza non lo avesse guidato sul mondo dove l’inverno regnava incontrastato?
Con ogni probabilità lui non sarebbe stato bandito e sarebbe divenuto re. Loki non avrebbe mai saputo delle sue origini e Thor non avrebbe vissuto il trauma di vederlo precipitare nell’abisso con la consapevolezza che suo fratello aveva scelto il suicidio alla redenzione. Loki non avrebbe tentato di governare sulla Terra e gli Avengers non si sarebbero uniti. Non conoscendo Jane Foster, l’Aether non sarebbe mai giunto ad Ásgarðr, decretando la morte di sua madre. Suo fratello non sarebbe mai salito sul trono con l’inganno e suo padre non sarebbe stato bandito da Loki su Miðgarðr, indebolendosi al punto da morire e lasciare che Hela si liberasse dalla sua prigionia. Il suo popolo non avrebbe mai dovuto soffrire il massacro, né tanto meno avrebbe dovuto assistere alla deflagrazione del loro regno.   
Sì: molteplici avvenimenti non sarebbero accaduti se non avesse preso la decisione sbagliata ancora una volta.
Ma quel bastardo di Thanos sarebbe giunto comunque.
In un modo o nell’altro, sarebbe riuscito ad impossessarsi delle gemme dell’Infinito e metà dell’Universo avrebbe smesso di esistere.
Vigliaccamente Thor pensò che lo avrebbe preferito alla realtà dei fatti: Frigga non sarebbe stata trafitta a morte dalla spada di Algrim. Odino non lo avrebbe lasciato prima del tempo. Fandral, Volstagg e Hogun non avrebbero dovuto subire una morte così spietata. Il suo popolo non sarebbe andato incontro ad un destino tanto crudele. Heimdall non si sarebbe dovuto sacrificare per mandare Hulk sulla Terra e suo fratello…
Thor trangugiò la bevanda e il gusto energico di alcol lo aiutò a trovare la forza per non crollare di fronte a quei pensieri bui.
Il suo Loki.   
Se solo lo avesse ascoltato in quell’unico istante in cui avevano avuto modo di confrontarsi mentre Hulk lottava contro Thanos…
Loki era riuscito ad allontanarli dal campo di battaglia e aveva fatto leva affinché lasciassero la nave, ma Thor aveva desistito.
Non avrebbe mai abbandonato la sua gente. Nemmeno i loro cadaveri.
«Mettiti in salvo insieme agli altri asgardiani» lo aveva intimato, spingendolo nella direzione che gli avrebbe favorito la fuga, sputando una dose cospicua di sangue sul pavimento crepato. «Vi raggiungerò non appena mi sarà possibile.»
Loki era indietreggiato di qualche passo a causa della pressione, dopodiché si era appressato nuovamente a lui, la fronte corrugata e la rabbia che vibrava nelle vene. «Che idiozie vai vaneggiando, Thor? Non ti ho salvato per permetterti di tornare da quel pazzo e farti uccidere! Non puoi fare assolutamente nulla contro di lui, non nelle condizioni in cui versi.»
Loki era sempre stato bravo a persuaderlo, e seppur quella volta lo avesse fatto realmente per il suo bene e non per uno dei suoi loschi scopi, Thor non aveva demorso.
«Vattene, Loki» aveva ribadito a tono seppur i suoi polmoni reclamassero pietà. Il Titano gli aveva sconquassato parzialmente la cassa toracica quando lo aveva atterrato al suolo.
Loki aveva scosso spasmodicamente il capo. «Sei un folle se pensi che lo farò.»
«Fratello-»
«No.»
«Sono il tuo re, maledizione! Obbedisci
Thor non avrebbe voluto ricorrere a parole tanto tiranniche, tuttavia non si era mai sentito così tanto debole prima di allora. Nemmeno Hela dopo aver distrutto la sua fedele compagna Mjölnir era riuscita a suscitargli quel senso di inadeguatezza. Di impotenza. Perciò avrebbe detto di tutto, qualsiasi perfidia pur di convincere Loki a scappare.
Il silenzio di suo fratello lo avevano portato a levare lo sguardo su di lui, e le Norne solo sapevano quanto avrebbe voluto avere più tempo per deliziarsi di quel viso che, nonostante la fuliggine e le ferite, riusciva ad essere di una regalità senza eguali. Di quelle cascate di capelli corvini che gli incorniciavano il volto spigoloso ma aggraziato al medesimo tempo. Di quei vispi occhi smeraldo, che gli avevano sempre ricordato le vaste radure di Ásgarðr dove insieme avevano intrapreso un’infinità di avventure. Di quelle labbra fini e taglienti che avevano sempre avuto la mania di proferire menzogne e sputare sentenze animose, ma che riuscivano ad essere incredibilmente morbide e vere se coinvolte in un bacio.          
Aveva sorriso dolorosamente, Thor.
Lo aveva appena ritrovato. Erano appena riusciti ad imboccare la retta via per risolvere un millennio di incomprensioni e risentimenti, solo per perdersi di nuovo.
Che fato avverso. 
«È così che finisce dunque? Con te che fai valere la tua supremazia su di me, ordinandomi di rimanere al mio posto come hai sempre fatto?»
In una situazione differente Loki avrebbe intriso quelle provocazioni di veleno, tuttavia in quel momento le sue istigazioni avevano preso la forma di una preghiera. La supplica verso un ripensamento che il Dio del Tuono non ebbe mai; difatti aveva annuito con il capo, pronunciando: «È così.»
Preferisco raggiungere il Valalla perseguitato dal tuo rancore piuttosto che vederti perire per l’ennesima volta, fratello mio”, avrebbe voluto aggiungere Thor. Si era costretto a soffocare quell’impulso per non mandare all’aria il risultato che stava ottenendo.
Loki lo aveva fissato con uno sguardo indecifrabile prima di scuotere la testa e sussurrare: «Patetico.»
Thor non aveva potuto ribattere perché Loki gli aveva dato le spalle e se ne era andato.
Lo aveva convinto che se ne fosse andato, ma Thor avrebbe dovuto saperlo che quello stupido testardo di suo fratello non lo avrebbe ascoltato nemmeno sul letto di morte.
Quando Loki era riapparso nella sala principale della nave, dichiarando di essere il principe di Ásgarðr, il figlio di Odino, il legittimo re di Jötunheimr e il Dio degli inganni con una fierezza degna di un grande sovrano, un’emozione immensa aveva travolto l’animo di Thor, specialmente quando aveva riconosciuto di essere figlio del suo stesso padre dopo anni di rigetto, ma non appena aveva adocchiato il pugnale nel suo palmo Thor avrebbe voluto gridare così forte da svenire.
Non aveva potuto farlo a causa di quella sottospecie di museruola che uno dei figli di Thanos lo aveva costretto a indossare, così come non aveva potuto gettarsi contro quel miserevole Titano a causa delle travi di ferro che avevano circondato il suo corpo.
E così era accaduto: per la terza volta non si era dimostrato abbastanza forte per evitare che succedesse.
Per la terza volta aveva visto Loki morire davanti al suo unico occhio – avrebbe preferito di gran lunga che gli avessero strappato anche l’altro dal bulbo oculare per non dover assistere a quella scena.
Delle tre volte in cui aveva assistito alla sua morte, quella era stata sicuramente la peggiore.
Lo scricchiolio del collo di Loki mentre veniva frantumato, le sclere dei suoi occhi insanguinate, le sue ultime lacrime, il suo cadavere scagliato ai piedi di Thor come se fosse stato cibo per pentapalmi erano il suo incubo ricorrente oltre che la causa del suo costante senso di nausea.
Non riusciva a trovare pace.
Nessuno di loro riusciva a farlo.
Lui e i pochi Avengers rimasti riuscivano a trovare uno sprazzo di conforto solo quando rimanevano uniti, la maggior parte delle volte condividendo il loro dolore nel silenzio.
Thor aveva trovato comprensione e sollievo specialmente in compagnia del buon Capitano Rogers. Era grazie a lui se aveva appreso tutto quello che era accaduto sulla Terra in sua assenza: gli aveva spiegato come gli accordi di Sokovia avessero diviso i Vendicatori, di come fosse passato dall’essere un patriota a non credere più nella nazione che aveva plasmato i suoi ideali; poi gli aveva raccontato di Bucky, di come lo avesse creduto morto per poi scoprire che lo avevano tramutato in un assassino, assoggettato ad un’organizzazione terroristica chiamata Hydra, di come avesse dovuto combattere contro di lui e di come fosse riuscito a farlo rinsavire, solo per vederlo dissolversi come cenere nell’atmosfera, tra le labbra il nome di Steve per l’ultima volta. 
Il Dio del Tuono aveva ascoltato l’accaduto in silenzio, ma sin dall’inizio non aveva potuto fare a meno di rivedere suo fratello nel nobile amico del Capitano.
Sapeva bene che al contrario di Loki era stato una vittima sotto ogni aspetto, e mai avrebbe giustificato le azioni ignobili compiute da suo fratello; tuttavia anche Loki, a suo modo, lo era stato.
Era stato vittima delle menzogne dei loro genitori.
Era stato vittima di sé stesso.
Ma era stato anche la sua, di vittima.
Thor si era lasciato accecare così tanto dalla superbia e dalla sua brama di gloria da non essersi reso conto dell’oscurità che era germogliata nell’animo di suo fratello, del complesso di inferiorità che nutriva nei suoi confronti, di come Loki si sentisse schernito quando si faceva beffa del suo aspetto così poco asgardiano – e mascolino - o della sua predisposizione al seiðr piuttosto che all’arte della guerra.
Loki era il Dio degli Inganni. Non avrebbe mai potuto essere buono del tutto a causa della sua natura, ma se solo fosse stato realmente al suo fianco a supportarlo, a non evidenziare la sua diversità, ad amarlo tanto quanto aveva dichiarato più volte di fare...
Rimembrava perfettamente il giorno in cui Loki si era ritratto dal suo tentativo di cingergli i fianchi dopo che avevano discusso per l’ennesima volta per quella che Thor aveva ritenuto una futilità, sibilando: «Smettila di toccarmi come più ti aggrada.»
Thor aveva ridacchiato, provando nuovamente a creare un contatto. Aveva creduto erroneamente che Loki stesse giocando a fare il difficile. Dopotutto gli era sempre piaciuto farsi desiderare.
«Non era mia intenzione offenderti, fratello.»
Loki si era voltato di scatto verso di lui, fulminandolo con lo sguardo. «Invece lo hai fatto, come sempre» aveva proferito velenoso, i pugni serrati. «Ti consiglio lasciare le mie stanze prima che ti faccia del male.»
A quella minaccia Thor si era messo in allerta, lo sguardo perplesso mentre le mani che avevano cercato di raggiungere suo fratello erano rimaste a debita distanza dalla sua figura. «Non capisco...»
Loki aveva assottigliato le iridi malachite, fissandolo con la stessa avversione con cui era solito osservare la maggior parte delle persone. «Cosa esattamente non comprendi, Thor? La parte in cui ti dico di andare via o il fatto che stanotte la tua virilità non troverà conforto? Deve essere dura sentirsi negati.» Il tono di voce aveva preso una piega canzonatoria. «Mi rammarica informarti che non sono una delle tue sgualdrinelle da quattro soldi a cui basta una parolina dolce o un gesto d’affetto per aprirti le cosce.»
Ricordava di essere divenuto un fascio di nervi di fronte al suo scherno.
Un Loki sull’offensiva era una cosa che nessuno si auspicava di sfidare, tuttavia Thor aveva sempre cercato di farsi valere seppur con le parole non avesse mai eccelso.
«Non ho mai creduto né preteso che lo fossi. E perché devi assumere che volessi fare l’amore con te? Io non-»
Era stato costretto a interrompersi perché Loki si era messo a ridere. Una risata irrisoria, agghiacciante, che gli aveva penetrato ogni fibra del corpo come un ago acuminato.
«L’amore, Thor? Davvero?» Aveva interrogato, le labbra affilate che vibravano chiaramente di malcelata ira. «Hai il coraggio di definirlo amore solo perché riesco a nascondere le nostre attività incestuose allo sguardo vigile di Heimdall.» A quel punto era stato Loki ad appressarsi a lui, emanando una pericolosa aura da predatore. «Ma cosa succederebbe se abbassassi il velo?» minacciò mentre Thor, per la prima volta da quando aveva ceduto al desiderio che nutriva per Loki, aveva percepito la forte necessità di porre una distanza tra loro. «Saresti disposto ad ammetterlo con questa disinvoltura, consapevole che il Padre degli Dei verrebbe a conoscenza di questo nostro “piccolo” peccato in un battito di ciglia?»
Avrebbe voluto dimostrare di non essere un vigliacco e replicare che non gli importava, ma avrebbe mentito.
Ci aveva pensato Loki a dare voce alla verità.
«No» lo aveva imitato, carezzandogli una gota con le dita longilinee. Erano fredde, così come lo era il suo timbro di voce. «Se Padre sapesse sarei rovinato per il resto della mia esistenza.»
«Loki», lo aveva chiamato Thor quasi con imploro, ghermendogli un polso. «Io non vorrei dovermi tormentare di quello che accadrebbe se quello che c’è tra noi venisse allo scoperto, però devi capire che-»
Loki si liberò dalla sua stretta con urgenza, indietreggiando di qualche passo. «Io capisco benissimo, Thor. Non ho bisogno di spiegazioni da parte tua. Sei il principe ereditario. Tra meno di un anno diverrai re e avrai bisogno di una moglie che sarà in grado di mettere al mondo la tua valorosa prole. Io, come tuo fratello e come uomo, non posso darti nulla di tutto questo.»
“No, ma lo vorrei”, aveva pensato istantaneamente Thor, ma prima che potesse enunciare quel pensiero Loki lo aveva anticipato.
«Perciò non parlarmi mai più di amore, fratello. Se scaldare il mio letto è il massimo che puoi fare per me, per noi, allora lascia che ti dica una cosa.» Lo aveva osservato mentre gli angoli della sua bocca prendevano la piega di un sorriso. Un sorriso che urlava pena. «Del tuo amore mediocre non me ne faccio nulla.»         
Di fronte a quell’asserzione, Thor si era incollerito così tanto che Ásgarðr non aveva conosciuto il Sole per due settimane intere.
Non erano bastati i rimproveri di suo padre o le gentili rassicurazioni di sua madre, né tanto meno gli allenamenti con Sif e i Tre guerrieri a placare la sua furia, e il fatto che Loki fosse rimasto a debita a distanza da lui, senza rettificare ciò che aveva dichiarato non aveva aiutato a migliorare il suo umore. 
Da quel momento in poi si era incrinato qualcosa che non erano più riusciti ad aggiustare.
Avevano smesso di fare affidamento unicamente l’uno sull’altro.
Avevano smesso di essere amanti.
Avevano quasi smesso di essere fratelli.
Un barlume di speranza si era fatto spazio nel suo animo quando Loki aveva scelto di seguire il loro popolo dopo che, sull’ascensore di Sakaar, Thor aveva annunciato di aver preso coscienza delle loro diversità e che lo avrebbe lasciato andare.
Suo fratello era così: più si cercava di imporgli delle catene, più lui si dimenava per liberarsi; più lo si allontanava, più lui sarebbe stato disposto a percorrere oceani e radure pur di rendere nota la sua presenza.
Ma Thanos era sopraggiunto, sopprimendo l’idea di un futuro con suo fratello ancora prima che realizzasse di averci sperato.
In un moto d’ira scagliò contro la parete il bicchiere che aveva tenuto tra le falangi fino a quel momento, frantumandolo in mille pezzi. Affogò poi il viso sciupato nei palmi callosi delle sue mani, cercando di regolarizzare il battito del suo cuore tramite respiri profondi.
«So che non hai mai brillato in quanto rispetto per le tue stanze, ma non conoscere riguardi per l’arredamento altrui? Questo è troppo, persino per te.»
Dopo qualche secondo Thor riemerse dall’oscurità, adocchiando la figura che si stagliava davanti alla sua finestra.
«Devi perseguitarmi con le tue buone maniere anche qui?»
«Si chiama educazione, barbaro che non sei altro.»
Thor si grattò la nuca, abbozzando un sorriso. «Per essere il frutto di un inganno della mia testa, parli esattamente come lui.»
L’allucinazione esibì un sorrisetto compiaciuto, le braccia conserte al petto. «Hai vissuto 1500 anni della tua esistenza con me. Mi riterrei terribilmente offeso se la tua immaginazione non mi rappresentasse com’ero.»
Thor annuì con il capo. «Già, com’eri…» reiterò, come se quel tempo verbale al passato risultasse estraneo alle sue corde vocali.
Erano ormai tre settimane che il suo cervello gli stava giocando quei brutti scherzi, e se all’inizio se ne era preoccupato, ora come ora desiderava solo arrivare all’imbrunire per poterlo vedere.
Non gli importava che fosse un’illusione. Aveva sperimentato troppo dolore sulla sua pelle, e se il suo inconscio faceva fronte alla sofferenza permettendogli di vedere Loki come se fosse realmente lì con lui allora andava bene.
Si chiedeva come mai solo adesso e non quando lo aveva creduto morto le due volte precedenti.
«Non avresti dovuto essere tu, Loki. Avrei dovuto essere io.»
Loki fece ruotare gli occhi in direzione della volta celeste. Era un gesto così tipico da lui che per poco Thor non azzardò una risata. Sarebbe stata amara, ovviamente.
«Non essere sciocco, Thor. Ne abbiamo già discusso» lo rimproverò l’allucinazione, ma dal suo tono non trasparì alcuna traccia di irritazione. «Erano anni che Thanos mi stava cercando, e il Titano mantiene la sua parola quando promette di infliggerti le peggiori delle sofferenze.»
«Avresti potuto vivere di più.»
«Non è vivere se non fai altro che fuggire» replicò, chinando lievemente il capo verso il basso. «Sarei morto comunque.»
«Non davanti a me.»
Seguì un istante di silenzio in cui l’unica cosa udibile erano i loro respiri.
«Mi stai dicendo che sarebbe andato bene se non fosse accaduto…davanti a te?» domandò Loki incredulo, gli occhi verdi che avevano già cominciato a lampeggiare di afflizione. «Contava così poco la mia vita per te?»
Era vero. Thor aveva dato voce ad una viltà, però era quello che pensava. E aveva un estremo bisogno di liberarsi del macigno che stagnava sul suo stomaco da secoli.
Si era levato in piedi di scatto, facendo un passo verso il suo interlocutore. Non aveva senso riversare la propria disperazione contro chi non era realmente presente, eppure non riuscì a contenersi.
Sarebbe impazzito se non lo avesse fatto.
«Tu non hai la più vaga idea di quanto darei per riaverti con me, fratello. Se fossi stato un essere senza limite di tempo, ti avrei donato la mia immortalità pur di salvarti», sputò fuori dai denti, le unghie conficcate nelle carni dei suoi palmi. Lo meritava, quel dolore. «Ma se avessi dovuto scegliere, sì: non avrei voluto assistere alla tua morte. Ti ho visto precipitare nell’abisso dopo che ti avevo pregato di non lasciare la presa. Di non lascarmi. Ti ho visto venir trafitto dalla spada di Algrim dopo avermi protetto. Puoi biasimarmi, Loki?» Era un fiume in piena e le lacrime stavano bussando insistentemente alla sua porta. «Non sai cosa vuol dire perderti ripetutamene senza riuscire ad impedirlo.»
Vide i muscoli facciali di Loki distendersi, ma la sua espressione tradiva ancora dell’inquietudine.
«L’ho provato invece.»
Thor non riuscì a ricondurre a quale momento stesse facendo riferimento. «Quando?»
«Nelle due settimane precedenti al tuo arrivo su Sakaar» rispose con un filo di voce, allontanando lo sguardo dal Dio del Tuono. «Credevo che nostra sorella ti avesse ucciso.» Il solo ammetterlo gli fece digrignare i denti. «Non ho fatto altro che pensare come avrei voluto strapparle il cuore dal petto e farlo bruciare nelle fiamme ardenti di Múspellheimr. E il mio subito dopo.»
Thor lo fissò scioccato.
Non era da Loki abbassare le difese in quel modo. Non al punto da esternare, anche se in maniera raccapricciante, quanto tenesse a lui in realtà.
È una tua allucinazione, gli rammentò perfida la vocina nella sua testa. Stai proiettando quello che vorresti sentirti dire su un miraggio. Quanto puoi essere patetico?
Quel pensiero colpì Thor in pieno volto come un gancio destro ben assestato.
Stava perdendo la connessione con la realtà. Si stava aggrappando al niente per non rischiare di affogare nella sua disperazione. Stava parlando da solo e stava ottenendo delle risposte che nessuno gli stava realmente fornendo.
Come aveva potuto anche solo pensare che non fosse un problema?  
Loki non era lì.
Loki non sarebbe mai più stato lì.
Cercò di mantenere la calma. «Potresti andartene?» chiese all’allucinazione, perché quella non era suo fratello. Non avrebbe mai dovuto considerarla tale.
L’illusione si fece irrequieta. «Perché? Ti ha spaventato sapere quanto in realtà io tenga a te? Di come io sia disposto ad uccidermi piuttosto che vivere sapendo che nel mio mondo non esisti?»
«Smettila di parlare come se fossi lui. Tu sei solo l’effetto della mia immaginazione, sei solo quello che vorrei che lui mi dicesse» sibilò, infilandosi urgentemente le mani tra le corte spighe dorate. «Se adesso desiderassi che tu mi dicessi di amarmi lo faresti, ma non voglio vivere in una bugia. Non posso farlo.»
Finì per accucciarsi sul pavimento come faceva da bambino quando non voleva accettare le punizioni di Frigga, le palpebre serrate per non dover più vedere e le mani sulle orecchie per non dover più udire.
Per un millesimo di secondo credette di essersene liberato, ma quando riaprì gli occhi trovò l’allucinazione a pochi centimetri dal suo volto, le bocca increspata in un sorriso malinconico. «A quanto pare non ero l’unico a sottovalutare il tuo affetto. Anche tu hai sottovaluto il mio.» 
Thor non fece in tempo a controbattere o ad allontanarsi che l’allucinazione gli aveva incorniciato il viso e lo aveva guidato verso di sé, accostando la fronte alla sua mentre il respiro si infrangeva sul suo derma. 
Quest’ultimo era caldo.
Era…vero.
Non poteva essere solo un’illusione.
Le sfiorò una guancia quasi con timore. «Sto…sognando?»
Loki depositò la mano sulla sua con urgenza, scuotendo la testa. «No, Thor. Sei più sveglio che mai.»
Per un’abitudine che non aveva mai dimenticato, Thor gli sistemò una ciocca di capelli corvini dietro l’orecchio. Erano setosi, proprio come ricordava. Dopotutto la cura per la sua chioma era sempre stata una priorità per suo fratello.
«Com’è possibile che non sia un sogno? Riesco a sentirti. Riesco a toccarti. Io non dovrei-» Quando mise a fuoco l’espressione allusiva di Loki e l’ombra di segni violacei che facevano contrasto sul suo collo marmoreo, a Thor gelò il sangue.
«No.»  
«Thor» tentò di chiamarlo Loki, ma la furia colpì lesta l’animo tormentato del Dio del Tuono.   
Thor si tirò su in piedi, scuotendo assiduamente il capo mentre i suoi occhi eterocromi si riducevano a due fessure. «No, no, no, no dimmi che non lo hai fatto di nuovo…»
Loki si alzò allo stesso modo, sporgendosi verso di lui. Era una mossa che in condizioni ordinarie non avrebbe mai compiuto. «Fratello, lasciami spiegare-»
«No!» Il boato potente di un tuono fece vibrare il suolo. «Non c’è nulla che tu mi debba spiegare perché tu sei morto! Thanos ti ha strangolato davanti ai miei occhi. Ha gettato il tuo cadavere ai miei piedi. Tu non puoi essere…» Non riuscì nemmeno a concludere la frase talmente aveva la gola riarsa.
Si distanziò da suo fratello quanto più possibile. Se non lo avesse fatto non avrebbe risposto delle sue azioni e si sarebbe trovato Stormbreaker tra le mani ancora prima di rendersene conto.
Loki si era messo nella stessa posizione di allerta che aveva assunto quando il corpo di Odino si era dissolto nell’atmosfera, raggiungendo le porte del Valalla e l’umore instabile di Thor aveva fatto annerire il cielo con le sue nubi.
«Hai tutte le ragioni di essere arrabbiato.»
«Oh, no. Qui siamo ben oltre la rabbia. Tremendamente oltre!» Ringhiò, piccole saette che volteggiavano lungo le sue dita mentre fuori aveva già cominciato ad innalzarsi il principio di una tempesta.
Con un po’ di fortuna nessuno degli Avengers sarebbe accorso. Aveva chiesto esplicitamente ad ognuno di loro – specialmente al Capitano e Banner - di non impensierirsi se saltuariamente capitava che sfogasse la sua frustrazione provocando un temporale.   
«Quante volte hai intenzione di farmi soffrire ancora? Quante volte ancora pensi di farmi piangere la tua morte?»
Loki era rimasto fermo al suo posto. Si era ben ragguardato dall’avvicinarsi. «Non volevo farlo, Thor. Non ho avuto scelta» affermò con un’onestà tale che fu difficile pensare che stesse mentendo. Ma Loki era il Dio delle Menzogne, no? Chi meglio di lui poteva eclissare la verità con una bugia studiata a tavolino?
«Perché dovrei crederti?»
«Perché sono qui.»
Thor digrignò i denti. «Lo avevi detto anche quando ti eri introdotto nelle mie stanze sulla nave e guarda a cosa mi ha portato.»    
Loki inspirò ed espirò profondamente. Stava combattendo contro l’istinto di rispondergli per le rime. «Sono qui con la consapevolezza che potresti non credermi. Potevo evitarlo. Potevo lasciarti con il ricordo di me che mi sacrificavo per te. Per il nostro popolo. Invece sono tornato.»
Nelle parole che proferì successivamente Thor non si riconobbe neanche. La rabbia lo aveva accecato a tal punto da non riuscire a collegare la lingua al cervello. «Sei tornato perché sei un maledetto egoista. Ecco perché» asserì, ridacchiando sommessamente. «Non so come ho potuto pensare che potessi essere più di quello che sei in realtà.»
Loki aveva bruciato così rapidamente i pochi metri che li distanziavano che Thor non fece in tempo a difendersi dallo schiaffo che lo colpì in pieno volto.
Fu così forte che retrocedette, sbattendo le gambe contro la struttura del letto e cadendo quasi all’indietro.
«Come osi?» soffiò Loki letale come un serpente in procinto di stritolare la sua vittima in una presa mortale.
Thor si dovette coprire la parte lesa, e solo dopo aver realizzato che suo fratello lo aveva schiaffeggiato rilasciò un verso animalesco e lo colpì a sua volta con un pugno sul suo prezioso viso.
Cominciarono a picchiarsi come non facevano da secoli, con la voglia da entrambe le parti di farsi del male. Quando Thor si era scontrato con Loki su Ásgarðr e a New York non aveva mai avuto veramente intenzione di combatterlo nonostante le provocazioni di quest’ultimo.
Aveva creduto di potergli far ritrovare il senno. Di poterlo salvare; ma adesso l’ira e il senso di tradimento gli stavano impedendo di trarre un briciolo di gioia da quella situazione.
Loki era vivo e l’unica cosa che Thor riusciva a pensare era che voleva prenderlo e fargli sperimentare sulla pelle tutta la sofferenza che era stato costretto a sopportare in quell’ultimo periodo.
«Le tue parole valgono così poco per te, figlio dorato?» strillò Loki mentre con il pollice si asciugava un rivolo di sangue che stillava da una delle sue narici. «Quando hai dichiarato di volermi al tuo fianco per il resto dei tuoi giorni, dimmi: anche quella era una menzogna?»   
«Sai bene che non è il mio campo di competenza quello, ma il tuo!» berciò Thor a sua volta, difendendosi tempestivamente quando Loki sguainò due pugnali nel vano tentativo di conficcarli nelle sue carni.
All’avanzare di Loki, Thor si era abbassato sulle ginocchia e come una molla si era scagliato contro di lui. Finirono entrambi per ruzzolare al suolo, Loki con la schiena addossata sul pavimento e Thor a cavalcioni sopra quest’ultimo.
Quella realizzazione portò il primo ad appressare la punta della daga alla carotide del Dio del Tuono mentre il secondo gli agguantò la trachea con il palmo della mano.
Thor percepì il corpo di Loki tremare nella sua stretta ferrea mentre le sue pupille si rimpicciolivano a causa di un sentimento che rare volte aveva scorto negli occhi di suo fratello.
Terrore. 
Quando comprese da cosa fosse derivato, Thor indebolì con effetto immediato la presa e tentò di scostare le dita da quella porzione di pelle.
Loki fece svanire il pugnale e lo ostacolò, ghermendogli il polso.
«Avanti», sibilò perfido, riconducendo i polpastrelli di Thor alla sua gola dove i segni purpurei lasciati da Thanos, seppur fievoli, erano ancora evidenti. «Stringi di più.»
Thor sbarrò le palpebre. «Che idiozie vai delirando?» Cercò nuovamente di scostare la mano, ma Loki gli conficcò le unghie nella pelle con rinnovato vigore, impedendogli la fuga.     
«Fallo» lo incitò, le labbra increspate in un sorriso privo di contentezza. «So che lo vuoi anche tu.»
Quella scena gli ricordò la volta in cui lo aveva pregato di tornare ad Ásgarðr insieme a lui. Anche in quel frangente Loki aveva sorriso, ma era ben lontano dal dimostrare un’emozione che fosse anche solo vagamente riconducibile a gioia.
«Smettila, Loki!»
«No!» gridò suo fratello di rimando, le lacrime che avevano iniziato a zampillare dagli angoli dei suoi occhi. Gli rigarono le tempie e gli zigomi cesellati, per poi dissiparsi nei suoi capelli.
A Thor si strinse il cuore in una morsa di rammarico mentre la rabbia che aveva tastato nella sua bocca sino a quell’istante iniziava lentamente a svanire.
Non importava quale torto gli avesse recato precedentemente: quando scorgeva Loki piangere dimenticava qualsiasi risentimento conservasse nei suoi confronti e la voglia di precipitarsi a confortarlo prendeva il sopravvento.
Era sempre stato così. Sin da quando sua madre – loro madre - gli aveva mostrato il suo fratellino in culla per la prima volta. Thor rimembrava come fosse accorso a congiungere la sua mano con quella da neonato di Loki quando era scoppiato a piangere e di come quest’ultimo si fosse acquietato immediatamente di fronte a quella pressione.
La Madre di tutti gli Dei era rimasta talmente colpita da quella scena che non aveva potuto che enunciare con un sorriso orgoglioso: «Voi due siete destinati a fare grandi cose insieme.»
Non era da Thor attribuirsi dei meriti che non gli appartenevano, tuttavia era cosciente di esser sempre stato l’unico a riuscire a calmare Loki – almeno in parte -, così come Loki era sempre stato l’unico a riuscire a placare l’animo irruente del Dio del Tuono quando la rabbia annebbiava la sua capacità di riflettere.            
Thor fece per aprire bocca, per domandargli il motivo.
Loki lo precedette.
«Voglio dimenticarlo, Thor» gli sentì confessare in un bisbiglio mentre rinnovate lacrime gli inumidivano il volto spigoloso. Era assurdo come l’espressione di Loki fosse impenetrabile nonostante queste ultime. Possibile che fosse talmente assuefatto dal dolore da non riuscire nemmeno a mostrare la sua sofferenza?
«Continuo a vederlo. Continuo a sentire quella presa su di me. Mi sembra di soffocare ogni maledetta volta.»  
Non appena Thor ragionò su ciò che suo fratello aveva appena detto sgranò gli occhi. «E cosa vorresti fare? Sostituire la sua immagine con la mia?»
Quando Loki rimase in silenzio Thor comprese che, suo malgrado, aveva fatto centro.
«Lascia andare la presa, Loki.»
«No.»
«Loki.»
Suo fratello negò con il capo.
Non poteva fargliene una colpa. La testardaggine era sempre stata una cosa di famiglia.
«Se mi lasci andare ti darò quello che vuoi.»
Le pupille del Dio degli Inganni si dilatarono simultaneamente di fronte a quell’affermazione, dopodiché una risata canzonatoria sgorgò dalla sua glottide. «Mi credi così stolto da crederti? Non saresti mai in grado di farlo.»
«Non sfidarmi, fratello» mormorò Thor, serrando la presa al suo collo per dargli prova che non stava scherzando. «Non lo hai detto anche tu? In fondo vogliofarlo» proseguì, ostentando una sicurezza che ormai non gli apparteneva più. Non da quando aveva fallito miseramente nei suoi propositi di vendetta.
A quel punto percepì l’impugnatura di Loki al suo polso attenuarsi e la sua espressione mutare in un misto fra mestizia e sollievo.
Lo addolorò leggere del conforto negli occhi di suo fratello. Non sarebbe dovuta esistere un’emozione simile nelle sue iridi, non quando Thor aveva promesso di esaudire quella necessità di esser soffocato da lui per non dover ricondurre quell’evento a Thanos.
Appena fu libero di muoversi, Thor levò istantaneamente la mano dalla giugulare di Loki e la sostituì al tocco lieve e caldo delle sue labbra.  
Sotto di lui Loki trasalì, ma non cercò di scansarlo né tanto meno minacciò di aggredirlo, perciò Thor proseguì depositando piccoli baci su tutta la lunghezza della sua gola.
Loki non era l’unico che desiderava rimuovere dalla mente quella maledetta scena che da un mese a quella parte tormentava i suoi sogni. Ogni notte si svegliava tra grida soffocate e occhi colmi di lacrime, il sudore che gli imperlava la fronte e i muscoli tesi mentre il temporale infervorava nel cielo del Wakanda come stava accadendo in quell’istante.
«Thor…» Il suo nome vibrò nelle corde vocali di Loki in un tono che alle sue orecchie assomigliò ad una supplica. “Non è abbastanza” Era il messaggio implicito.
Il Dio del Tuono tentennò per un breve momento, dopodiché gli agguantò con poca grazia la mandibola e la spinse verso l’alto per potergli succhiare con vigore il pomo d’Adamo.
Loki rilasciò un verso che non avrebbe dovuto essere estasiato, ma lo fu. Lo sentì artigliare le sue ciocche di capelli con le dita, appressandolo il più possibile verso i punti sensibili del suo collo.
«Lo farò ogni giorno, Loki» sussurrò Thor, tracciando ogni millimetro di quelle pelle rovente con la lingua, alternando dei morsi con i quali marchiò ogni singolo angolo che presentava ancora i segni lasciati dal Titano pazzo. «Lo farò fino a quando quell’immagine non sparirà dalla nostra testa. Lo farò fino a quando non potrai fare altro che pensare a me. Se solo lo vorrai. Se solo resterai con me.»
Suo fratello replicò alla sua proposta con un gemito, e per quanto questo provocò una stretta non indifferente alle sue viscere perché, per tutte le Norne, Loki era ciò che di più bello ed eccitante esistesse nell’intero Universo, per Thor non fu sufficiente.
Si obbligò ad arrestare il suo tragitto per poterlo fissare negli occhi.
«Dillo, Loki»
Dopo un istante di quiete, suo fratello chiese: «Se ti promettessi di restare, mi crederesti?»
«Non lo so.» 
«Non impari mai, Thor» proferì il Dio degli Inganni, ma senza ammonimento. «Sarebbe tutto più facile se tu mi odiassi come tutti gli altri.»
«Tu mi odi, Loki?»
Loki soffocò malamente un riso amaro. «Dimmi come potrei odiarti, Figlio Dorato? Tu che sei l’unico che nonostante tutto quello che ti ho inflitto, nonostante tu sia la persona a cui ho procurato più male, continui ad amarmi?»
Thor scosse il capo. «Non ho sempre avuto cura di te come avrei dovuto.» “Del tuo amore mediocre non me ne faccio nulla”. Quelle parole ardevano ancora come un marchio sulla sua pelle. «La prima volta che ti ho perso è stato per colpa mia.»  
Con un colpo di reni Loki gli si catapultò contro e fece invertire le loro posizioni. Thor non glielo impedì seppur lo avesse colto impreparato.
«Finiscila di attribuirti la colpa per le mie azioni!» inveì collerico. «Mi ero perso da tempo, Thor. Ero accecato dall’odio e dall’invidia, ed è stato quando ho scoperto le mie vere discendenze che tutto ha acquisito un senso. Perché non ero nato come Odino avrebbe voluto. Perché non ero nato come te.» Thor cercò di intervenire, ma il Dio degli Inganni non glielo permise. «Avrei mollato la presa anche se fino a quel momento mi avessi dimostrato tutto l’amore dei Nove regni, perché al contrario del pensiero comune non ho scelto il suicidio solo a causa di nostro padre o a causa tua, ma perché colui che odiavo più di tutti ero io.» Serrò le palpebre, sibilando: «non potevo immaginare che ciò che mi aspettava sarebbe stato anche peggio della morte.»
«Oh Loki» esalò Thor, circondandogli il volto con le mani. «Come può esserci di peggio di quello che Thanos ti ha fatto sulla nave?»
Quando lo sguardo di Loki si riscontrò con il suo uno strato umido gli velava gli occhi. «Ha cercato di uccidere te» pronunciò con sofferenza. «Non glielo avrei mai permesso, anche se questo significava perire.»
Le palpebre di Thor si allargarono simultaneamente. «Ma tu sei…?»
«Vivo? Sì, lo sono; ma quello che hai visto era tutto vero: Thanos mi ha ucciso» disse Loki, toccandosi la giugulare. «Sono state le Norne a decretare che la mia ora non fosse ancora giunta, che tu avevi bisogno di me per compiere il tuo cammino.»
Quando Thor comprese ciò che suo fratello gli aveva appena rivelato non riuscì più a trattenersi e le lacrime gli solcarono il volto consumato dal rimorso. «Oddio, oddio…» bisbigliò con voce spezzata, ogni fibra del suo corpo che vibrava come corde di un’arpa.
«Thor» lo chiamò Loki, asciugando quelle preziose gocce perlacee con la bocca.
«Tu sei morto davvero.»
«Fratello, calmati.»
«E io prima, io-»
Le labbra di Loki sulle sue lo zittirono.
Fu un bacio che rasentò tutta la disperazione, tutta la rabbia e tutta la passione che da anni non erano più riusciti a portare alla luce a causa delle incomprensioni che li avevano allontanati l’uno dall’altro.
Senza ragionare, Thor lo aveva afferrato dai glutei e lo aveva tirato su con sé mentre Loki aveva circondato le braccia al suo capo e con le gambe si era agganciato ai suoi fianchi.   
Si scagliarono sul letto, quello stesso letto su cui Thor più notti aveva fantasticato come sarebbe stato se ci fosse stato Loki con lui invece che quell’orribile vuoto.
Loki sprofondò con la schiena nel materasso e divaricò le gambe mentre Thor lo raggiunse un istante dopo, reclamando il calore della sua cavità orale con la lingua rovente.
Con l’ausilio del seiðr di Loki riuscirono a sbarazzarsi dei vestiti con rapidità e gemettero l’uno nella bocca dell’altro non appena i loro corpi nudi entrarono in contatto dopo anni in cui si erano negati al magnetismo che esisteva tra loro sin dalla pubertà.
«Mi dispiace» mormorò tra i mille baci che si scambiarono, ancorandosi a Loki il più possibile. Fino a quando avrebbe avuto lui, tutto il resto poteva scomparire. «Mi dispiace così tanto, Loki.»
«Sono stato io ad insegnarti a dubitare di me» sospirò quest’ultimo, tracciando il contorno dei lembi rosei e gonfi di Thor con la punta della lingua. «Smettila di colpevolizzarti.»
Thor aveva avuto numerosi amanti nella sua vita tra donne e uomini, più per dimostrare la propria virilità che per reale affetto, ma solo Loki lo aveva sempre completato sotto ogni aspetto.
Dopo il loro distacco e il suo esilio sulla Terra aveva creduto erroneamente che Jane Foster fosse la persona giusta per rimpiazzare chi non avrebbe più potuto avere, tuttavia quando Jane lo aveva lasciato non aveva provato in alcun modo ad opporsi alla sua scelta.
In cuor suo Thor aveva sempre saputo che non avrebbe mai potuto essere presente o amarla come lei desiderava.  
Improvvisamente si sentì ghermire la mandibola. «A chi stai pensando, Dio del Tuono?»
Thor si fermò, fissandolo sbigottito. «Come sai che…?»
Loki indurì lo sguardo e cercò di scansarlo immediatamente da sé. «Non voglio che mi sfiori mentre pensi a quella mortale.»
Thor lo afferrò immediatamente per le anche per non farlo fuggire. Loki non oppose resistenza. «Se riesci a leggermi la mente sai perché ho pensato a lei» si affrettò a controbattere. Il solo pensiero che suo fratello potesse allontanarlo con sdegno gli faceva mancare il fiato. «Non è Jane quella che voglio.»
«Non voglio udire il suo nome» sibilò Loki con sprezzo. «Non importa se non è lei quella che vuoi. Non è stata una delle tante che ti ha accolto tra le sue gambe. Ha avuto anche questo.» Addossò una mano al suo pettorale sinistro, all’altezza del suo muscolo cardiaco, il quale stava battendo nella sua cassa toracica ad una velocità considerevole. «Il tuo cuore deve appartenere solo a me» imperò, facendo scorrere poi la mano disoccupata in mezzo alle cosce di Thor, accarezzando ciò che vi era in mezzo ad esse. «E d’ora in poi anche questo sarà solo mio
D’istinto Thor spinse il bacino contro quel tocco, ansimando nell’orecchio di Loki. «Nessuno è mai riuscito a gestirli meglio di te.»
Loki sorrise compiaciuto. «Nessuno conosce come me quello che vuoi davvero.» Fece scivolare le falangi tra le sue natiche. «Dimmi, fratello: com’è vivere in una relazione in cui puoi possedere ma non puoi essere posseduto?»
Thor fremette, dopodiché puntellò i gomiti sul materasso per riuscire a guardare Loki negli occhi. Il suo sguardo malachite stava ardendo all’idea di poterlo avere e Thor gli avrebbe concesso tutto quello che voleva.
«Mi sentivo terribilmente vuoto» confessò con le gote lievemente arrossate, baciando più volte le labbra di Loki mentre quest’ultimo aumentava la pressione dentro di lui. «Ammetto di aver ceduto alla tentazione di colmare quel vuoto da solo.»
Sotto di lui Loki tremò. «Un giorno voglio vederti darti piacere da solo con le tue dita» disse in preda all’eccitazione, mordendo e succhiando il derma dorato della sua gola. «Riesco già ad immaginarti in ginocchio, le cosce divaricate mentre ribadisci che non è abbastanza e m’implori di scoparti.»
Dopo un attimo di sgomento, Thor ghignò in un misto di lussuria e aspettativa. «Avevo dimenticato le oscenità che riesce a dire la tua lingua sciolta, fratellino.»
Loki di risposta lo schiaffeggiò sul suo fondoschiena scolpito, ottenendo un mugolio più entusiasta. «E io avevo dimenticato quanto ti piacesse essere dominato da me, fratellone.»
«La cosa non può che compiacerti, vero?»
«Come potrebbe essere il contrario?» domandò retorico Loki, incrementando il ritmo. «Il Re di Ásgarðr, il figlio degno di Odino, il simbolo della virilità che si fa sottomettere da uno Jötunn deformato, il figlio rinnegato di Laufey, nonché nemico giurato del Padre degli Dei.» Lo udì ridere quasi con isteria. «Una storia degna delle migliori soap opere.»
«S-sei il legittimo Re di Jötunheimr, Loki; e niente di te è deformato» mormorò Thor, affondando il volto nella capigliatura corvina e assaporando il suo inconfondibile odore di lavanda. «E anche se non avessi avuto un titolo, o se anche fossi stato un Vanir, o un Svartàlfar o un Ljósálfar, non sarebbe cambiato l’amore che nutro nei tuoi confronti.»
A quelle parole, quasi con urgenza, Loki gli avvolse la schiena ampia e muscolosa con un braccio. Si erano promessi un abbraccio sulla nave che a causa dell’arrivo di Thanos non erano riusciti a concedersi.
«Perché sei uno sciocco, e un inguaribile sentimentale» proferì, probabilmente più a sé stesso che a Thor.
«Lo so» affermò Thor con una risata calda e avvolgente. Una risata che aveva accompagnato l’infanzia del Dio degli Inganni e che mai si sarebbe stancato di udire. «Ma esattamente…che cosa sarebbe una soap opera?»
Loki arcuò gli occhi al cielo, chiedendosi come fosse possibile che lui sapesse più cose di Miðgarðr rispetto a Thor che ci aveva vissuto per alcuni anni; ma dopotutto suo fratello non era mai stato attento ai dettagli come Loki.
Se gli avessero domandato quante cicatrici Thor avesse riportato durante le innumerevoli battaglie che aveva combattuto, Loki avrebbe saputo non solo il numero esatto ma anche la loro collocazione.    
Quella situata nel suo interno coscia era la sua preferita.
«Te lo spiegherò in un secondo momento, ma ora…» Artigliò le mani alle sue spalle e sbatté Thor sul materasso in un batter d’occhio. Poteva non eguagliarlo in campo di battaglia, tuttavia a letto la storia era ben diversa. Si posizionò in ginocchio, legando le gambe di Thor ai suoi fianchi. Inclinò poi il capo da un lato, ciocche di capelli corvini scombinati che ricadevano sulla fronte, sfoggiando un sorriso pregno di desiderio. «Voglio solo poter divorare tutto ciò che avete da offrirmi e sentirvi ululare il mio nome, Vostra Maestà
Un fulmine illuminò d’improvviso la stanza e il potente boato che ne seguì fu solo un eco impercettibile rispetto a quello che accadde tra loro fino all’alba. 

       
   

       
   
 
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