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Autore: _Pulse_    09/07/2009    5 recensioni
Questa è la storia di due gemelli, Ale e Dave, che hanno seguito il loro sogno e per caso incontrano i Tokio Hotel… Da lì in poi nulla sarebbe stato uguale e Dave si troverà di fronte ad una dura scelta: amare incondizionatamente la sorella oppure no? Leggete e scoprirete! Un bacio, danke Ary!
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Eccomi qui con una nuova ff! Spero sia di vostro gradimento, sempre se qualcuno la leggerà XD No, dai, cercate di buttare giù anche questa per me! Qualche recensione sarebbe il massimo! Danke 1000!!!
I Tokio Hotel non mi appartengono (purtroppo) e questa storia non è scritta con scopo di lucro.
Grazie infinite a tutti, vi voglio bene! Ary
PS: Buona lettura! XD

 

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1. Una sigaretta come inizio

 

«Che meraviglia!»

Si mise le mani nei capelli e urlò per sfogarsi, come faceva sempre. Ormai ci era abituato lui, che la conosceva e la sopportava da una vita.

«Ma perché ti comporti da pazza isterica?», le chiese sorridendo.

Si girò sulla sedia e guardò suo fratello seduto sul letto, le mani sotto il mento, i gomiti sulle gambe incrociate, un’espressione assorta, ma accompagnata dal suo immancabile sorriso.

«Insomma, se non lo sapessi che sei fatta così ti manderei in un manicomio», scherzò ancora.

«Vaffanculo!»

Il fratello alzò la testa il sopracciglio, com’era solito fare, con il suo sorrisetto strafottente, come per dire: “Che hai detto?”

«Scusa, non ce l’ho con te», sbuffò arresa.

«E chi ha mai detto il contrario?», rise soddisfatto.

«Non sono in vena di scherzare.»

Ebbe appena la forza di alzarsi e di lasciarsi cadere sul letto, soffocando il viso dentro al cuscino morbido.

«Ti stai facendo troppi complessi.»

«Certo, chissà come mai sono sempre io quella che si fa i complessi. Vorrei essere come te, a volte.»

«Devi solo rilassarti, è questo il segreto.»

«Ma non riesco a rilassarmi!», scalciò sul letto, poi si rigirò e guardò il soffitto bianco.

«E per quale assurdo motivo, si può sapere?»

«L’assurdo motivo è che sono mesi che non riusciamo più a fare una coreografia decente!»

«Sei una stupida. Non puoi, perché solo tu lo fai, importi di inventare una nuova coreografia!»

«Ma non si va più avanti!»

«Pazienza! Siamo esseri umani, non macchine! Noi balliamo perché ci piace, non perché siamo obbligati o qualcos’altro, e abbiamo bisogno dei nostri tempi.»

Si alzò e le lanciò un’occhiata fulminante, era il colmo.

«E dai, Dave, ti sei arrabbiato con me?»

«No, vado a fumarmi una sigaretta. Sai dove ho messo l’accendino?», si controllò le tasche, guardando anche dentro al pacchetto.

Lei sorrise e tirò fuori dalla propria tasca dei jeans il suo accendino, glielo porse e lui le sorrise appena prima di uscire.

Cavolo, ma perché sempre a noi le situazioni complicate?, si chiese scendendo le scale.

Non sapeva nemmeno perché si trovava in un hotel così lussuoso, non era da loro, eppure eccolo lì, a fumarsi una sigaretta nel locale fumatori del piano bar.

«Questa sera ci sarà una festa, ci sei?», chiese il barista ad una ragazza seduta al bancone, ammiccandole e non risparmiandosi un’occhiata all’abbondante scollatura.

«Non so…»

«Ci sono anche i Tokio Hotel.»

David sorrise, si era fregato da solo quel poveretto. Così aveva decretato la sua fine.

Mai presentare un nemico, soprattutto se i nemici sono quattro e complessivamente formano i Tokio Hotel. 

«Oddio, davvero?», gridò eccitata la ragazza.

«Ebbene sì», deglutì.

«Ci sarò sicuramente! Devo correre a prepararmi!»

«Sì, certo…», disse a bassa voce mentre la ragazza correva di sopra. Non l’avrebbe più vista.

Però, potrei portare Ale, così si svaga un po’…, rimuginò fra sé David. L’idea di andare ad una festa lo allettava, era molto che non si godevano una serata di puro divertimento, loro due. Non avrebbe potuto fare altro che bene.

Spense la sigaretta nel posacenere e si alzò dal tavolo. Cercò le chiavi della stanza nelle tasche, senza guardare dove andava, così andò a sbattere contro un ragazzo.

«Scusa», disse distratto, trovando le chiavi.

Alzò lo sguardo e vide Bill, Bill Kaulitz, il primo nemico del barista, di fronte a lui.

«Senti, non è che hai una sigaretta, per caso?»

Sembrava frustrato, non era la serata giusta. Indossava un paio di occhiali da sole anche se erano dentro all’hotel, il che non era molto astuto, visto che anche se il loro scopo era quello di mascherarlo attiravano ancora più attenzione.  

«Ahm… sì», rispose David con un sorriso, che Bill ricambiò semplicemente.

Tirò fuori il pacchetto e gliene offrì una, gliel’accese pure e poi lo guardò sedersi al tavolo dove poco prima era stato lui.

David era sempre stato un tipo curioso, ma si chiese se quella volta gli fosse andata bene se avesse chiesto spiegazioni riguardo lo strano comportamento del frontman dei TH.

«Ehm… ti disturbo se mi siedo qui?», gli chiese.

«No no, fai pure.»

«Grazie. È successo qualcosa?»

Alzò le spalle facendo un tiro alla sigaretta.

«Non sono affari miei, però…», continuò fino a quando Bill non lo guardò negli occhi e spense la sigaretta nel posacenere.

«Sembro un idiota con gli occhiali da sole in un luogo chiuso?», gli chiese con un piccolo sorriso.

«Ahm… più che altro attiri ancora più attenzione.»

«Lo sapevo», sbuffò e se li tolse.

Aveva un’espressione stanca, forse afflitta più che altro, e la cosa veniva accentuata dal fatto che non era truccato. Doveva essere successo qualcosa di grave, perché anche lui quando litigava con sua sorella era in quelle pessime condizioni.

«Hai litigato con qualcuno, per caso?», ipotizzò David.

«Sì, con mio fratello.»

«E perché, se posso saperlo?»

«Troppo complicato», sospirò muovendo la mano. «E non capiresti, sono cose fra gemelli.»

David sorrise e scosse la testa, poi incominciò a ridere abbandonandosi allo schienale della panchina imbottita dov’era seduto.

«Che ci trovi di tanto divertente?», chiese irritato il cantante.

«Anche io ho un gemello.»

«Un fratello gemello? Pure tu?»

«Una sorella», precisò.

«Oh, wow. Che coincidenza.»

«Già. Oh, non ci siamo presentati! Io sono David.»

«Piacere, io sono Bill.»

Si strinsero la mano e nemmeno il tempo di scambiare qualche altra parola che sentirono qualcuno scendere abbastanza incazzato giù dalle scale, sbraitando, accompagnato da altri due ragazzi, dicendo che era lui ad avere ragione, come sempre.

«Avrai l’onore di conoscere anche il mio gemello, a quanto vedo», sussurrò Bill. David ridacchiò.

Stavano bene insieme, anche se si conoscevano da pochissimo David sentiva che sarebbero diventati amici, forse solo per un giorno, però amici.

«Eccoti qua Bill! Che fine avevi fatto?!», urlò ancora il gemello.

David rimase a fissarlo: così a prima vista, e se li avesse visti in separata sede, non si sarebbe mai accorto della somiglianza fra i due, non sembravano davvero fratelli gemelli! Uno era biondo con i rasta, l’altro era moro con una capigliatura degna da re della giungla, uno vestiva in modo molto hip hop e l’altro con magliette attillate e accessori originali. Erano agli antipodi! Però se faceva attenzione poteva accorgersi che avevano gli stessi identici occhi nocciola, gli stessi tratti del viso e le stesse labbra, nonostante il rastaro avesse un piercing sul labbro inferiore.

«Che hai da fissare tu?», sbottò il chitarrista, che odiava chi lo guardava così, tranne le ragazze, e l’incazzatura non l’aiutava a tenere i nervi saldi.

«Tom! Perché devi essere sempre così scontroso?!», lo difese prontamente Bill.

«Non ti preoccupare Bill, sono abituato a questo tipo di acidità!», rise. «Mia sorella quando è incazzata è pure peggio di lui!»

«Acidità? Peggio? Ma chi cazzo sei?!», gridò ancora Tom.

«Si chiama David. David, lui è Tom, il mio adorabile fratello gemello, e loro sono Gustav e Georg.»

«Piacere di conoscervi», sorrise.

«Sì, beh, andiamo?!», disse Tom fissando Bill con aria di sfida.

«E dove dovremmo andare?»

«A fare due chiacchiere!»

«Ok, andiamo. Ciao David, è stato bello conoscerti.»

«Anche per me, ciao Bill. Ah, ma tanto devo salire anch’io da mia sorella!»

«Oh, ok!»

I gemelli si incamminarono su per le scale ancora litigando, mentre David si trovò a chiacchierare con Georg e Gustav, che gli spiegarono che era sempre meglio non intromettersi fra i gemelli Kaulitz in fase di liti o incazzature varie, per la propria sanità mentale, e che lui aveva avuto abbastanza coraggio ad affrontare Tom in quel modo. David non si era sorpreso molto, visto che sua sorella quando era incazzata era davvero peggio di lui.

«Ci sei questa sera alla festa? Magari ci becchiamo lì!», propose Georg.

Erano un bel gruppo, e da quanto aveva visto, Tom escluso per ovvi motivi, erano tutti molto simpatici. Ci sarebbe stato da divertirsi quella sera.

«Sì, e cercherò di portare anche mia sorella.»

«Ok, così vedremo chi è davvero peggio fra lei e Tom!»

«Ok! A stasera allora!»

I ragazzi raggiunsero i Kaulitz nella loro stanza, per evitare che si ammazzassero a colpi di chitarra e anfibi, e Davi tornò da sua sorella.

«Sei rimasto fuori tanto», gli disse appena lo vide rientrare in camera.

E non lo diceva così per caso, visto che lei aveva avuto il tempo di farsi una doccia. Era stato fuori davvero tanto, ma non se n’era accorto. Era stato così bene in compagnia dei quattro che non aveva badato al tempo che scorreva.

Aveva un asciugamano avvolto intorno al corpo ancora bagnato e con un altro si stava tamponando i capelli, gocciolando sulla moquette della loro lussuosa suite.

«Ahm… sì», annuì cercando di restare lucido.

«E… come mai?»

«Eh?», scollò gli occhi dal corpo perfetto da ballerina di sua sorella, deciso a controllarsi una volta per tutte.

«Ti senti bene?», gli chiese avvicinandosi, lui fece un passo indietro.

«Sìsì, sto bene, sto benissimo, non ti preoccupare!»

«Uhm, come vuoi», disse dubbiosa, tornando in bagno per cambiarsi.

David fece un respiro di sollievo, si abbandonò al proprio letto, affondò la testa nel cuscino e restò a guardare il soffitto sovrappensiero. 

«Ah, Ale!»

«Eh?»

«Stasera c’è una festa, ci andiamo?»

«Non sono molto dell’umore per andare ad una festa.»

«Ma dai sorellina! Quello che ti serve è solo un po’ di svago, e questa festa ti sta dando l’opportunità.»

«Non lo so, Dave…»

«Per favore!»

«Ok, ok! Smettila di lagnarti.»

«Grazie!»

Si alzò dal letto e la raggiunse in bagno. La trovò con addosso solo la biancheria intima: il suo corpo era così perfetto, leggermente abbronzato, muscoli definiti sotto alla pelle delicata, gambe da sogno, ventre piatto piatto come piaceva a lui e all’ombelico un piercing argentato.

La sua prima reazione a quella visione fu quella di sobbalzare, poi diventò tutto rosso e dopo ancora si trovò a leccarsi le labbra. Scosse la testa e chiuse gli occhi: era una cosa assurda!

«Dave? Sicuro di star bene?», gli chiese ancora la sorella, guardandolo preoccupata.

«Sì, ti ho detto che sto benissimo!», si concentrò solo sui suoi occhi, ma anche quelli avevano effetti ben poco piacevoli su di lui.

Quel blu elettrico era così profondo che non riusciva mai a controllarsi del tutto, come quando era andato a sbattere contro un palo, perso in quel mare, nonostante i loro occhi fossero praticamente identici.

«Ho capito, ci vuoi andare perché vuoi rimorchiare, eh?», sogghignò la sorella, prendendolo per la nuca e portando le sue labbra sulla sua guancia.

David era rimasto immobile, gli occhi chiusi, sperando un qualcosa da lei che non sarebbe mai arrivato.

«Sì, certo», mormorò distratto, mentre sospirava e tornava sul suo letto, stavolta con il viso immerso nel cuscino, ad evitare di urlarle tutta la verità.

   
 
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