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Autore: 50shadesofLOTS_Always    26/08/2018    4 recensioni
Dal terzo film della saga: “Si comincia con qualcosa di puro, di eccitante. Poi arrivano gli errori, i compromessi. Noi creiamo i nostri demoni.”
I demoni - e non solo - incombono su Tony Stark, che ha appena dichiarato al mondo di essere Iron Man...
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[probabile OOC di Tony/dosi massicce di Pepperony con una spolverata di zucchero a velo/perché amo Ironman]
Genere: Azione, Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Tony Stark
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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THE BEGINNING

“Do you feel the same when I’m away from you?
Do you know the line that I’d walk for you?
We could turn around or we could give it up.
But we’ll take what comes, take what comes.”
- Walking the wire, Imagine Dragons

“Oh, the storm is raging against us now.
If you’re afraid of falling, then don’t look down.
But we took the step and we took the leap
And we’ll take what comes, take what comes.”
- Walking the wire, Imagine Dragons


Lasciò la maniglia e sorrise verso l’ultima dei dipendenti rimasta per il turno.
« Quell’ammiratore è decisamente fortunato » esordì Hannah quando la vide uscire.
« Anche Dave  – rispose Virginia con fare allusivo, accennando al tubino senza spalline della ragazza – Se ti serve un passaggio, posso chiamare Happy »
« Grazie, ma non occorre. Dovreb… – un clacson le interruppe – Oh, eccolo! ».
Si volsero e in strada, videro un’auto da cui si affacciò un altro dipendente. Normalmente il regolamento non permetteva le relazioni tra colleghi, ma a lei era bastato promuovere Hannah e spostare il compagno, il Signor Dave Kalahan in un settore più vantaggioso. Il tutto a discrezione dei due che pur sapendo chi fosse l’artefice, continuavano a dire che fosse merito di Stark cosicché il Consiglio non avrebbe potuto dire un’acca.
« Ci vediamo più tardi » le disse prima di uscire dall’edificio.
Virginia li osservò partire insieme e sospirò, girandosi per dare un’occhiata agli opuscoli che di solito davano agli studenti in visita. Bambi le organizzava anche ad L.A e questo aveva permesso loro di assumere anche alcuni tirocinanti che si erano dimostrati all’altezza.
Li rimise a posto. Non si aspettava certo che per una volta si degnasse di comportarsi da adulto e arrivare puntuale, ma fu ben disposta a sorpassare sui dieci minuti di ritardo quando l’indice di Tony fece dondolare uno degli orecchini pendenti – che non aveva indossato finora in mancanza dell’outfit giusto – come un bambino dispettoso. L’aveva visto in tutte le mise possibili, anche quelle non propriamente adatte ai minori. Eppure ancora non riusciva a capire come un uomo, Tony, potesse passare dalla tuta da meccanico allo smoking e risultare comunque sexy e irrestibile.
« Ho azzeccato le misure » mormorò, scannerizzandola da capo a piedi.
Non aveva mai visto donna più bella perciò credeva di poter esser scusato per quella défaillance.
« Ma è in ritardo » rispose lei, mettendogli un dito sotto il mento perché la guardasse in faccia.
« Elegantemente in ritardo » si difese, mostrandole l’orologio mentre intanto, dall’altra parte della città – ovvero nella zona più sperduta di Rhode Island – un’Acura di un atipico nero rossastro si fermò davanti ad un uomo in smoking e alla sua accompagnatrice dai tratti orientali, in piedi su un marciapiede.
Un lampione a trenta passi rischiarava ad intermittenza la strada, che serpeggiava tra gli edifici di vecchie fabbriche in disuso. In uno di essi, era stato parcheggiato il quinjet.
Il finestrino del passeggero anteriore si abbassò e chinandosi, Crossbow potè vedere un paio di occhi verdissimi che lo fissavano in un misto di severità e malizia.
« Agente Romanoff »
« Signor Crossbow, Agente May… – salutò la siberiana mentre i due salivano a bordo – Mi sono assicurata che foste sulla lista degli invitati speciali » li avvisò, guardando gli specchietti.
« Abbiamo ordini del Direttore di restare in disparte il più possibile » rispose Melinda, accomodandosi impettita sui sedili posteriori.
« Meglio così – mormorò Natasha, aprendo un piccolo scomparto sotto la leva del cambio – La Signorina Potts non è stupida e se si accorgesse di voi, potrebbe insospettirsi ».
« Adesso dove andiamo? » chiese Crossbow, pettinandosi i baffi mentre con la mano libera afferrava il badge che la spia porse a lui e all’altra agente.
« Al St. Regis. E’ lì che si svolgerà la cena d’inaugurazione – li osservò – Potrete seguire la cerimonia sul palco da alcuni schermi ».
 
*
Il rotore scattava rumorosamente e le pale fendevano l’aria notturna, elevando il Bell 429 – rivisto per le proporzioni, il peso e quindi il trasporto di un’armatura – come una libellula sulla scintillante New York. Il volo si stava rivelando più stabile e gradevole del previsto. Al contrario dell’apparato digerente del proprietario del mezzo.
Virginia si spostò la frangetta dagli occhi, che sollevò verso gli altoparlanti da cui il pilota li informò che si trovavano proprio sopra il Flushing Meadows.
« Non capisco cosa c’entri io in questa messa in scena! » disse, alzando la voce per farsi sentire.
Tony si portò una mano all’addome corazzato, all’altezza dello stomaco vuoto che aveva deciso di contrarsi. Da quando era tornato all’appartamento quel pomeriggio si era sentito agitato e quella sorta d’incontinenza era peggiorata quando, facendo un veloce controllo del sangue, aveva appurato che l’antidoto era ancora in circolo. Ma doveva essere l’avvelenamento perché lui era Ironman e Ironman non soffre d’ansia da prestazione.
« Gliel’ho detto: ho bisogno di un incoraggiamento » sminuì, adottando l’approccio sfrontato.
« Credevo che il suo ego fosse sufficiente » rispose Virginia, arcuando un sopracciglio.
« Le ho fatto qualcosa? »
« Mi ha trascinata su questo trabiccolo sapendo benissimo »
« Non si agiti »
« …che soffro di vertigini » gli rammentò, puntando i pugni sui fianchi mentre cominciava a preoccuparsi per quell’accesa rimostranza del miliardario nei confronti del proprio canto del cigno.
« Sì, lo avevo notato… a Natale » la canzonò e non poté riprenderlo perché la pancia del velivolo venne aperta.
Il vento che penetrò la costrinse a riparare il viso con un braccio mentre Tony la osservava divertito col casco sotto braccio, tenuto come un pallone da basket. L’orlo inferiore della gonna svolazzava scompostamente scoprendole le gambe, i capelli ramati sfuggiti all’acconciatura frustavano l’aria a causa delle raffiche d’alta quota e le gote erano accese di cremisi per la temperatura bassa.
« Stia calma! E’ in compagnia di un supereroe »
« Lei non è un supereroe, credevo di averglielo già detto » puntualizzò lei, abbassando il braccio per coprirsi meglio con la giacca in pelle che le aveva prestato una volta saliti a bordo.
« Sempre puntigliosa, Potts – mormorò, sollevando l’elmo per poi calzarlo – Allora, come sto? » chiese con la maschera ancora sollevata, fermo sul bordo del trampolino.
Rimase fermo ed ebbe appena la possibilità di realizzare il tutto. Virginia abbassò la piastra sul suo volto, gli stampò un bacio sulla fessura delle labbra e gli diede una spintarella. Lui la assecondò e si lasciò cadere con un sorriso da ebete, abbandonandosi alla gravità per i primi cinque secondi, poi attivò i propulsori.
Piroettò diverse volte su sé stesso per poi schizzare verso il padiglione principale mentre mano a mano che si avvicinava, il volume degli AC/DC aumentava. Atterrò su un ginocchio al centro del palco, evidenziato dai riflettori e all’attacco di batteria, delle fontane pirotecniche esplosero creando alle sue spalle una parete di scintille. La folla esultava e agitava le braccia al cielo con la chitarra assordante, che dettava il ritmo delle Ironettes. Stava procedendo tutto secondo i suoi piani.
Non dovette sforzarsi di sorridere seppur qualcosa di tutta quella situazione lo infastidisse, come un sassolino che resta nella scarpa. Non appena i bracci robotici gli tolsero l’armatura e la pedana rotante si arrestò, fece un inchino e salutò le migliaia di persone che urlavano il suo nome.
Era abituato a tanto clamore e a mettersi in mostra nonostante fosse passato del tempo dall’ultima volta…
La musica terminò e le ballerine sparirono dal palco per lasciarlo solo al centro della scena.
« Siete qui per me? – chiese, spalancando le braccia – Vi sono mancato »
« Fa’ saltare in aria qualcosa! » gli gridò qualcuno da sotto il palco.
« In aria qualcosa? No, non sono qui per questo né per dirvi che il mondo goda del suo periodo più lungo di pace ininterrotta dopo anni, grazie a me – avanzò con la bocca increspata – Così come non voglio dire che, dalle ceneri di una barbara prigionia, non si sia mai personificata metafora più grande della fenice nella storia dell’uomo ».
Un’altra ovazione si sollevò e Tony dovette concentrarsi su qualcosa che non fossero le centinaia di pupille puntate come fari verso di lui. Verso il reattore ad arco…
< Che cosa mi hai fatto?! > aveva chiesto a Yinsen.
« Non voglio dire che lo zio Sam possa starsene sprofondato in una poltrona, a sorseggiare un thè freddo, perché finora non ho incontrato nessuno abbastanza uomo da competere con la mia forza e potermi sfidare – disse e alzò le palme, esibendo un segno di resa e lasciando che l’applauso scemasse – Vi prego, vi prego… Non si tratta di me, di voi e nemmeno di noi. Piuttosto è il retaggio. O meglio, ciò che noi scegliamo di lasciare alle generazioni future » dichiarò, facendo spaziare gli occhi sugli spettatori che sparivano per divenire una massa scura e informe. Come i cadaveri davanti alle mura sabbiose di Gulmira.
‘Stai calmo. Li hai in pugno, è tutto sotto controllo’, si ripeté per poi nascondere le mani nervose dietro la schiena.
« In molti si sono chiesti perché abbia abbandonato la direzione della mia azienda. Non è così. Ho scelto di fare un balzo in avanti, eleggendo una nuova figura che ha uno sguardo attento alle necessità del momento e dotata di una lungimiranza a dir poco geniale » indicò con un dito la foto di Pepper, intenta a discutere con Bambi durante un giorno qualunque alle Industries, proiettata sul megaschermo dietro di sè.
Poi riprese a passeggiare.
« Ecco perché per il prossimo anno, per la prima volta dal 1974, gli uomini e le donne più in gamba di società e nazioni di tutto il mondo metteranno insieme le loro risorse, condivideranno la loro visione per gettare le basi di un futuro più roseo – annetté con un gesto a cui seguì una lunga serie di applausi – Quindi non si tratta di noi, ma se c’è una cosa che voglio dire… se proprio devo dire qualcosa, è bentornati, alla Stark Expo! » annunciò, lasciando che il pubblico lo acclamasse ancora un po’.
« E ora voglio presentarvi un ospite speciale dall’al di là che vi esporrà il tutto: mio padre, Howard » disse, battendo in ritirata dietro le quinte, dove Happy lo stava aspettando in religioso silenzio come una statua.
« E’ pronto? Là fuori è un circo » lo ammonì quando Tony lo superò, scendendo le scalette.
« Ho affrontato dei terroristi, Happy – rispose, voltandosi indietro per guardarlo mentre l’amico si avvicinava alla maniglia a spinta – Andiamo ».
Lo scortò fuori, facendosi spazio tra i fans appostati lì in mezzo ai giornalisti da ore fino alla limousine. Gli aprì la portiera e Tony scivolò dentro, richiudendola. Davanti ai propri occhi si defilavano i volti dei cronisti armati di telecamere che tentavano di strappargli quanti più segreti possibile. Con sollievo incontrò il volto sereno di Virginia, seduta a pochi centimetri da lui.
« Dove ha preso quella foto? » gli domandò mentre Happy si metteva alla guida.
Tony unì il pollice e l’indice, passandoli sulle labbra con fare esplicativo e mentalmente, Virginia scosse il capo rassegnata.
« Comunque  ha dimenticato questi » esordì, mostrandogli i fogli su cui gli aveva preparato il discorso.
« Oh, ecco dov’era finito! Visto? Per questo l’ho portata sull’elicottero, il mio istinto aveva ragione » rispose lui, in accordo con le proprie parole.
« Non aveva bisogno di me »
« Io ho sempre bisogno di te » mormorò e Virginia ringraziò il buio dell’abitacolo.
Se c’era una cosa su cui avrebbero dovuto lavorare era quel suo vizio di uscirsene con frasi come quelle.
Era sleale, le impediva di organizzare una controffensiva.
Non ci volle molto per raggiungere l’hotel sulla cinquantacinquesima strada, lato east. Happy fermò l’auto proprio all’inizio del tappeto rosso, disteso davanti all’ingresso del locale dove ogni anno venivano solitamente organizzate le feste più sontuose. Stavolta però l’evento era ben diverso e per certi versi ancora più regale. Gli invitati erano ovviamente dipendenti, collaboratori, affiliati e i membri del Consiglio di Amministrazione, ma finirono per imbucarsi anche magnati, esperti di ogni campo scientifico, celebrità e giornalisti. Quindi non poterono mancare le Stark fans, ostacolate da transenne e una squadra di gorilla, muniti di ricetrasmittenti. Virginia ne restava indifferente nonostante le occhiatacce che riceveva da quando era stata assunta. Le bastava vedere in diretta la lievitazione dell’ego di Tony, che in quel momento era andato in brodo di giuggiole pur essendo stato il primo a proporre di tenere rigorosamente segreto quel loro nuovo stadio di relazione. Se così si poteva definire…
Rassicurando Happy, il miliardario aprì lo sportello e fu allora che Virginia, mentre si toglieva il giubbotto, si accorse della tensione che permeava il suo corpo. Poteva vedere la mascella serrata e le mani grandi scosse da un invisibile brivido, come se fosse restio a lasciare la sicurezza della Rolls Royce. Fu un dettaglio che la sconcertò perché lui, il suo eccentrico ex boss Tony Stark non si era mai fatto alcun problema di esibizionismo dinanzi agli obbiettivi. Adesso sembrava un pesce fuor d’acqua.
Non appena mise un piede fuori, si sollevò una standing ovation così fragorosa da sovrastare i suoni della città. Si sistemò la giacca, rivolgendo la più becera faccia da schiaffi che aveva, poi porse una mano a Virginia, che fece attenzione a scendere per non inciampare. Stabile sui suoi tacchi dodici, il miliardario si chinò per sistemarle la parte posteriore della lunga gonna ed evitare che rimanesse impigliata. Lei si sistemò una ciocca di capelli sfuggita alle forcine, pensando che non potesse essere più esplicito mentre faceva segno allo chaffeur di raggiungerli dopo. Le fans continuavano a reclamarlo a gran voce, ma Tony si limitò a salutare con una mano e un ampio sorriso da copertina. In un gesto spontaneo, avvolse un braccio attorno ai fianchi della donna e insieme si avviarono lungo il red carpet, dove vennero presi d’assalto.
« Signor Stark! Signor Stark, una foto » gridò uno dei giornalisti.
Tony strinse Virginia maggiormente a sé e sorrise, prestandosi a qualche scatto. Un po’ per puro diletto e un po’ per salvaguardare la propria parvenza di disinvoltura, attese che si fosse rilassata abbastanza da schioccarle un bacio sulla guancia. Il tempo necessario perché quel momento fosse immortalato così da garantirgli l’intero giro del mondo entro quella stessa notte. Poi si lasciarono alle spalle la confusione per entrare in un’atmosfera più pacata, fatta di un confuso chiacchiericcio e musica dal vivo. Molti invitati si volsero nella loro direzione con diverse reazioni: stupore, riverenza, arroganza, superficialità.
Virginia però era ancora intenta a tornare ad un colorito normale.
« Era necessario baciarmi in pubblico? » chiese da un angolo della bocca, ancora stesa in un sorriso.
« Se avessi voluto baciarla come si deve, non saremmo qui – lei lo fulminò con un’occhiataccia quando colse il riferimento alla spiaggia – A ore dodici, chi è? »
« Il Signor Young del settore informatico » bisbigliò, un istante prima che i due uomini si stringessero la mano. Ancora un sorriso poi proseguirono nella traversata, incontrando qualche celebrità del mondo musicale e televisivo.
« Io ho assunto tutta questa gente? » domandò Tony quasi disturbato di dover dare così tanti stipendi.
« Sono lieta che lo abbia notato dopo vent’anni » mormorò lei ironica, sorridendo più apertamente quando la fissò in tralice. Poi aggiunse in un sussurro il nome dell’uomo – di media statura, un po’ sovrappeso ma con un volto piacevole – che li stava raggiungendo.
« Signor Campbell » salutò mentre l’altro si abbottonava la giacca.
« Signor Stark, è un onore incontrarla di persona »
« Lo è per tutti » rispose, ricambiando la stretta.
« E lei dev’essere la formidabile Virginia Potts » mormorò il Signor Campbell con un sorriso fin troppo sincero a detta di Tony, che poteva chiaramente sentire un conato di vomito a metà esofago.
Si morse la lingua quando avvistò l’attaccatura del parrucchino.
« Finalmente ho l’opportunità di conoscerla personalmente, non solo di sentire la sua incantevole voce » aggiunse, prendendosi del tempo per un antiquato baciamano.
« La ringrazio, Signor Campbell. E’ un piacere anche per me conoscerla – Virginia s’interruppe quando i suoi occhi catturarono l’immagine di qualcuno che sapeva di aver già visto – …dal vivo »
Quando ritornò sullo stesso punto, in prossimità del bancone col pressante bisogno di controllare, scosse il capo e archiviò quella svista come uno semplice sbaglio, dovuto allo stress e al disagio che la coglievano ad ogni gala. Fu distratta dall’avvicinamento di Natalie in un sobrio abito monospalla lungo e nero.
« Il vostro tavolo è pronto. Fra pochi minuti la cena sarà servita » annunciò prima di invitarli a seguirla.
‘Ci è mancato poco’, pensò.
Quando indicò loro il tavolo, Virginia sentì qualcuno afferrarla per il gomito e nel volgersi, lo stupore le fece sgranare gli occhi.
« Sam? »
« Vedo che ti ricordi di me » rispose la giovane donna sopraggiunta.
Tony la studiò, cercando di capire perché gli desse l’impressione di averla già incontrata. I capelli lisci e biondissimi, pettinati con una riga centrale, le ricadevano su una spalla e risaltavano sull’abito verde smeraldo che le fasciava le forme senza risultare volgare.
« Oh mio Dio! » esclamò felice la rossa, stringendo l’amica in un lungo abbraccio.
« Ti ho colta di sorpresa? »
« Un po’, devo essere sincera. Non mi aspettavo che venissi, ho saputo solo l’altro ieri che eri in Svezia » rispose Virginia mentre continuavano a tenersi per le braccia con confidenza.
Tony ebbe un’illuminazione: era Samantha Myers, la modella strapagata da Vogue.
« All’inizio quando ho aperto l’invito non ci credevo. Poi ho visto il tuo biglietto extra e ho pensato ‘Cosa mi metto?!’ » mormorò con aria teatrale.
« Non sei cambiata di una virgola » commentò Virginia quando l’altra le diede un’occhiata più analitica.
« Tu invece sembra che hai fatto un salto a Beverly Hills. Hai sbagliato il lavaggio di quei noiosi tailleur? » la schernì affettuosamente.
« E’ un regalo » rettificò lei e le guance le divennero purpuree.
« Sei uno schianto. Dirò al mio agente di metterti con me sulla copertina del prossimo numero – sollevò una mano, come per stendere uno striscione – Sam e Ginny alla riscossa »
« Suona bene » notò con un sorriso sincero mentre Tony le fissava alternativamente.
« Ora che sei una boss, puoi permetterti qualsiasi cosa » disse Samantha, rivolgendo gli occhi plumbei verso di lui.
« Mi perdoni, credo di averla già vista » bofonchiò senza schiodarsi dal fianco di Virginia, che dovette staccare la spina alla propria vena velenifera per non ridere di fronte all’espressione defluita del miliardario quando l’amica gli rispose gelidamente
« Dieci anni fa per l’esattezza, nella sua camera da letto ».
Tony deglutì sonoramente.
« Nessun rancore? – recuperò un minimo di forze per non svenire quando la modella assentì col capo – Qualcosa da bere, Signore? » domandò poi con fare cerimonioso.
« A posto così » rispose Samantha e fu sollevato dal poter rivolgersi a Pepper, che sorrise quasi compassionevole.
« Lo sa – gli ricordò, allungando il collo quando lo lasciò scappare – Sei stata crudele » mormorò quando rimasero sole.
« Lo avresti fatto anche tu » le rinfacciò Samantha.
« E’ vero » ammise dopo qualche attimo.
« Dovremmo ricominciare a vederci seriamente io e te » la riprese e non poté far altro che corrispondere. Era da troppo tempo che non parlavano davvero, se non di sfuggita per posta elettronica.
Gli amici che poteva contare le avanzavano su una mano. Il suo carattere schivo l’aveva sempre isolata dai suoi coetanei e le vicende familiari non avevano giovato così come il lavoro, che pure amava con tutta sé stessa. Le Enterprises – e il loro possessore – erano la gioia della sua vita e tanto le bastava.
« Hai ragione. Sembra passata un’eternità dalla Empire »
« Già… E poi devi aggiornarmi » gongolò Samantha, facendole gomito gomito.
« Su cosa? » domandò, massaggiandosi il braccio quando le rivolse un’espressione trasecolata.
« Il più grande playboy d’America, detentore della nomina di sex symbol dal 1998 si presenta con l’unica donna che abbia mai portato a braccetto in pubblico » sentenziò con un cenno del capo verso il bancone, che Virginia guardò di sottecchi.
« Sono cambiate molte cose… »
« Per questo dobbiamo rivederci » disse prima che Tony tornasse con il cocktail in una mano.
« Ecco il suo Martini. Con tre olive » presentò e Virginia lo prese, assicurandosi che le loro dita si sfiorassero mentre Samantha frugava nella propria pochette.
« Non sparire » disse, porgendole fra due dita il proprio biglietto da visita.
« Neanche tu – replicò Virginia, osservandola raggiungere quello che doveva essere il suo manager – Tutto bene? » domandò, girandosi verso Tony che stava tornando ad un colorito più… vivente.
« Lei… Conosce… »
« Samantha Myers? E’ una delle modelle più pagate al mondo – mormorò, bevendo un sorso del proprio Martini – E la mia migliore amica dal liceo » rincarò.
« D-dal liceo? » tartagliò con un singulto.
« In realtà la conosco da molto più tempo. Sognavamo di aprire un’agenzia per modelle d’alta moda, ma l’unico fondo che avevamo finì con mio padre »
« Quindi… quando è venuta da me… ».
« E’ stato grazie a lei, ma non si agiti – gli porse il cocktail che ancora non aveva finito per farlo smettere di gesticolare – Tenga ».
 
La cena fu all’altezza delle aspettative degli invitati. I piatti ricercati avevano riacceso l’appetito di Tony per sommo sollievo di Virginia. Entrambi si stavano annoiando, anche se in misura minore. Lui non fece nulla per nasconderlo mentre lei stava conversando col Signor Jennsen, uno dei capi del consiglio. Rise in modo contenuto ad una pessima battuta, attenendosi ad un copione che già sceneggiato per evitare di dar troppo peso a quell’ambiente che in realtà la detestava. Era un’abilità insegnatale nel corso di quel decennio da Tony, il solo dentro a quelle mura che non la considerava alla stregua di una strega, che in cambio di “favori” aveva scalato la vetta. Ma la sua rabbia svanì quando proprio Tony, sentendosi in disparte, allungò una mano sotto la tovaglia per posarla sulla sua coscia.
Il contatto, tenuto accuratamente celato alle invasioni, le fece avvampare le orecchie. Si sforzò di indirizzare il flusso sanguigno al cervello, ma la mano dell’uomo rimase lì come a rivendicare la sua attenzione alla pari di un infante trascurato. Fu salvata da un altro conviviale che distolse il suo interlocutore in un altro dialogo, permettendole così di volgere lo sguardo verso di lui.
Scrutandolo, si accorse che aveva perso la maggior parte di quel nervosismo che lo aveva reso il protagonista meno loquace di quel tavolo.
« Ti infastidisce? » le chiese con un tono bassissimo.
« Non siamo soli » gli rammentò lei e Tony sorrise per quella non risposta.
« Che peccato… » commentò quando notò di sfuggita Hammer spostarsi fra gli astanti intenti a ballare e/o conversare, come se avesse qualcosa di urgente da sbrigare.
Virginia seguì la direzione del suo sguardo, ma non vide niente. Frugò fra la gente, alla ricerca di qualunque cosa avesse potuto attirare il genio quando se lo ritrovò in piedi con una mano tesa e un sorrisetto obliquo.
« E’ solo un ballo, Pep » ridimensionò lui quando la vide incerta.
Virginia avrebbe voluto obiettare che non si trattava mai solo di un ballo, ma accettò l’invito perché sapeva a priori che non avrebbe contemplato un rifiuto. Lanciò un’occhiata all’orologio sul suo polso – il suo regalo – e per fortuna, trovò un pretesto in più.
« Solo perché me ne deve ancora uno » borbottò, assicurandosi di non incespicare e consapevole che in fondo, non avrebbe mai potuto negarglielo.
Tony la portò in pista, tenendo la sua mano sollevata con la stessa riverenza che si riserva ad un’opera d’arte. Strinse un po’ di più la presa sulle sue dita e con delicatezza, la strattonò verso di sé.
Virginia inclinò la testa di lato e lui reagì al muto rimprovero con un’espressione sorniona, aprendo la mano libera sulla sua schiena nuda. Percependo la ruvidezza dei suoi polpastrelli, lei rabbrividì di piacere e d’istinto si appoggiò al corpo solido del miliardario.
« La sto mettendo di nuovo in difficoltà? » le sussurrò a pochi millimetri dal suo viso, incendiato dalla reciproca vicinanza.
« Mi chiedo perché debba sempre ballare con lei con un vestito con le spalle scoperte » disse, cercando di non badare agli sguardi di metà locale e, soprattutto al fatto che le proprie forme fossero aderenti a quelle dello scapolo più ambito e dell’industriale più odiato d’America.
Tony storse il muso, pensando che non si trattasse solo delle spalle.
« A me non dispiace… » appoggiando la guancia contro la sua e Virginia sorrise, percependo la peluria sulla sua mascella – una sensazione già provata alla Disney Hall – e cogliendo il contenuto cifrato, un invito trascurare i pettegolezzi.
Dondolarono, tenendo la cadenza della musica e gradualmente si estromisero dagli altri. Una sorta di aureola si disegnò attorno al loro, distaccandoli da tutto ciò che non fosse relativo all’uno o all’altra.
Tony si ritrasse per poter contemplare le luci dei lampadari che si appoggiavano sul volto d’alabastro mosaicato di efelidi di Virginia, le cui iridi rifulgevano come cerchi di zaffiro. Era come guardare un inestimabile manufatto egizio.
« Se continua a guardarmi così… »
« Così come? »
« Con gli occhi da pesce lesso »
« Pesce lesso? » ripeté lui a metà fra il perplesso e l’offeso.
« …domattina saremo in prima pagina e io sarò costretta a licenziarla » rispose lei di pari tono e il suo sguardo smise di evadere da quello dell’uomo, che schiuse le labbra stizzito.
La risata che le scappò le si strozzò in gola.
Tony aggrottò la fronte confuso mentre Virginia esitò sul proprio fianco, dove una macchia rosso vivo prese ad allargarsi in fretta. La scarica di dolore causata dal proiettile, che sentiva conficcato nella carne, la investì. Non riuscì a prendere fiato, i polmoni si stavano ribellando.
Gli invitati si aprirono attorno a loro, qualcuno gridò terrorizzato mentre altri si allontanarono verso l’uscita come una mandria imbizzarrita.
Tony afferrò Virginia tra le braccia e dopo aver fissato per un interminabile istante, la traccia inequivocabile di sangue sempre più ampia, i loro sguardi s’incrociarono. Aveva avuto il suo stesso pensiero, ma lei fu abbastanza audace da esprimerlo seppur con un bisbiglio.
« Non puoi stare qui… Q-quel proiettile… ».
La zittì, abbracciandola per impedirle di cadere e la accompagnò delicatamente, fino a ritrovarsi in ginocchio. Era diventata rigida come un paletto di ghiaccio.
Con un battito di ciglia il bel volto della donna si sostituì a quello sporco di fuliggine di Yinsen.
‘No. Stavolta no’, si disse e premette una mano sul suo fianco, cercando di frenare l’emorragia mentre con un braccio dietro alla schiena, la portò più vicina a sé.
Virginia si appoggiò alla sua spalla, cercando di calmare il respiro che aveva preso ad accelerare come le sue sinapsi. I neuroni sparavano, lasciandola stordita dallo shock. La ferita bruciava come se le avessero messo dei tizzoni ardenti dentro il fegato.
Qualcuno si avvicinò di corsa, spintonando la gente in fuga. Natalie si chinò e scostò la mano del miliardario dal fianco della donna.
« Le è andata bene – disse, alzando la voce per farsi udire – Il proiettile sembra non aver preso punti vitali » sentenziò dopo aver esaminato la ferita.
Tony tornò a comprimere su essa, stringendo Virginia con fare protettivo. Il gelo aveva cominciato ad avvolgerla, spingendola alla ricerca del calore dell’uomo.
« Da quando è esperta di balistica? » chiese con sospetto mentre la donna lo aiutava a sfilarsi la giacca.
« Mia madre era infermiera di pronto soccorso – rispose sbrigativa, ricambiando l’occhiataccia – Prema sulla ferita e faccia in modo che resti sveglia ».
Tony seguì le sue direttive e sistemò la propria giacca sulle spalle di Virginia.
« No, no… Pep, devi restare sveglia – sussurrò, dandole dei leggeri buffetti col dorso non sporco di sangue quando la vide abbassare pericolosamente le palpebre – Guardami… Ti ho mai detto che hai degli occhi bellissimi? »
« No, ma l’hai detto a Samantha »
« Non ero sincero » mormorò, afferrando uno dei nastri che decoravano le sedie per poi usarlo come tampone.
« Ah-ah… Davvero… ».
Natalie mandò al diavolo l’assistente in linea, acquistando coscienza che chiunque fosse il responsabile doveva aver fatto in modo che fossero isolati e, riprese ad armeggiare col cellulare mentre Tony cercava un modo per non cedere all’onda degli eventi presenti e passati. Particolare che non passò inosservato all’agente. All’improvviso una Rolls Royce per pochi centimetri non sfondò l’entrata, starnazzando.
Happy abbassò il finestrino mentre qualcuno sui sedili posteriori, aprì la portiera.
« Andiamo! » gridò Samantha – che in cerca di aiuto, aveva incrociato lo chaffeur – e Tony non perse tempo.
Cercando di non peggiorare le sue condizioni, prese Virginia a mo’ di sposa e si affrettò verso la vettura.
« Ehy – la fissò, arcuando un sopracciglio – Credi che farei prendere una pallottola al posto mio alla prima che capita? » domandò, riprendendo il discorso.
« Lei è un… uomo impossibile, Signor Stark ».
Mentre Natasha saliva come passeggero, Happy con gesti veloci e precisi, inserì la retromarcia. A tutto gas, iniziò a percorrere la città. Tony, sconvolto, teneva la donna accucciata nel proprio grembo.
« Se vuole, può approfittarne per farmi una delle sue ramanzine »
« Non ce la faccio… » spirò, rovesciando le orbite.
« Pepper… Resta con me » continuò a premere sulla ferita, lanciando occhiate verso lo specchietto retrovisore dove l’amico gli fece cenno che erano quasi vicini.
 
Col naso all’insù, Melinda vide il cecchino sgattaiolare in un corridoio secondario, abbandonando l’arma. Lottando contro la fiumana umana, raggiunse il piccolo ballatoio – la cui ringhiera era stata decorata, fornendogli inconsapevolmente un punto vantaggioso – che si affacciava sulla sala. Vide Crossbow a terra con il labbro spaccato, aveva deviato il colpo. Le fece cenno di andare e senza esitare, seguì il sicario. A un angolo estrasse la pistola che aveva tenuto nascosta in una fondina legata alla coscia, nascosta dall’abito argenteo. Non poté sporgersi perché l’uomo, ‘Arabo, sulla trentina’  osservò, le spinse l’arma contro il viso facendola barcollare. Crossbow la raggiunse e con una mano dietro la schiena, la aiutò a ristabilirsi. Quando sentirono la porta d’emergenza sbattere con violenza, ripresero ad inseguire il cecchino. Si gettò verso il battente metallico mentre prendeva la propria nove millimetri da sotto la giacca dello smoking, ritrovandosi fuori dall’edificio. Arrestò la corsa e senza pensarci, schiacciò il grilletto e l’uomo si accasciò sull’asfalto di quel vicolo buio.
« Bella mira » commentò Melinda, affacciandosi dalla sua spalla.
« Grazie » borbottò Crossbow, rimettendo la sicura all’arma.
Delle nuvolette si sollevavano dai margini della strada mentre si avvicinavano senza fretta al cadavere, entrambi non furono in grado di ricondurlo ad un’identità conosciuta.
Rientrati, avrebbero controllato nei database.
Melinda spinse il corpo con una scarpa per farlo finire sulla schiena poi si chinò su un ginocchio e cominciò a perquisirlo. Da una tasca interna del giubbotto estrasse una mazzetta.
« A quanto pare l’ipotesi della Romanoff non è del tutto da scartare »
« Quello che mi preoccupa è come sia riuscito ad avvicinarsi così tanto » borbottò più rivolto a sé stesso, ripensando a tutte le guardie che aveva visto e si guardò intorno con circospezione.
« Dobbiamo avvertire il Direttore. Le cose si stanno complicando » concordò la donna, afferrando il suo trasponder mentre Crossbow continuava a chiedersi se Potts non l’avesse riconosciuto.
 
*
Le gradevoli note di un pianoforte e di un basso erano state scambiate con gli ululati delle ambulanze, che andavano e venivano dal Mount Sinai Hospital. Il chiarore soffuso dei lampadari di cristallo si era ridotto al crudo bagliore dei neon.
Natalia sclerava al Blackberry con gli addetti della security mentre Samantha sedeva agitata su una poltroncina. Happy le si avvicinò con un caffè per cui lo ringraziò con un sorriso evanescente, prima che uscisse nel parcheggio a prendere una boccata d’aria. Non prima di aver gettato un’occhiata angustiata verso il proprio boss. Lei sollevò gli occhi, di una sfumatura tra il fumo e il ghiaccio, sul miliardario dall’altra parte della sala d’attesa. Lo aveva conosciuto – per così dire – quando aveva spento trenta candeline e se ne andava in giro col doppio dei chili d'amor proprio. Adesso invece se ne stava muto, col viso rivolto verso il basso e un piede traballante.
Si alzò, sistemandosi la giacchetta sulle spalle e si sedette accanto a Tony che teneva la fronte poggiata sulle nocche delle mani giunte, in preghiera di sua madre. Non aveva mai creduto a quel genere di cose, ma in quel momento era disposto a tutto pur di salvare Pepper. Perfino farsi prete. I pollici premevano con insistenza gli angoli interni delle palpebre e i gomiti appoggiati rigidamente sulle gambe.
La sala non era affollata, a far loro compagnia c’erano solo un senzatetto e una coppia di amici decisamente ubriachi. Chiuso nella propria bolla isolante, non si accorse subito della modella.
« Tieni » esordì Samantha amichevole.
Lui girò la testa e osservò il bicchiere di carta.
« No, grazie » disse con un fil di voce per poi tornare alla contemplazione del vuoto.
La sua mente era diventata inaspettatamente una grossa lacuna e ai confini del subconscio, orbitavano i pensieri più disparati.
< Effetti collaterali, Tony > gli aveva detto Obadiah quando gli aveva lanciato un suv con dentro una madre e tre figli.
Fu solo quando gli picchiettarono una spalla, dopo due interminabili ore, che riemerse dal flusso di coscienza e incontrò l’espressione rassicurante di un’infermiera.
« La Signorina Potts è fuori pericolo » disse e finalmente poté tornare a respirare.
Happy e Natalie si sorrisero.
« La diagnosi? »
« Al suo risveglio potrebbe manifestare qualche amnesia a causa dei farmaci, ma si rimetterà – si rivolse anche agli altri, avendo intuito il legame che li univa – Avrà bisogno di molto riposo e per almeno una settimana, non dovrà spostarsi dal letto »
« Possiamo vederla? » chiesero Tony e Samantha in coro.
L’infermiera fece loro strada lungo il corridoio di terapia intensiva fino ad una porta, che aprì con cautela.
Samantha ringraziò l’infermiera e scivolò seguita dal miliardario nella stanza asettica, avvolta nel più completo silenzio a differenza del corridoio da cui erano venuti. Camminarono verso il letto su cui giaceva Virginia. Il candido lenzuolo le arrivava al petto, passando sotto le braccia distese sul materasso. La modella aggirò la branda e rimase in piedi mentre Tony si sedette ad osservare il volto pacifico, la chioma ramata raccolta su una spalla e il movimento regolare del suo petto, scandito dai bip dei macchinari. Passarono alcuni minuti in cui non seppe se fosse o meno il caso di toccarla. Giusto per farle sapere che fosse là, che non l’avrebbe lasciata sola.
Non poté resistere e, incurante di Samantha, protese una mano per posarla su quella di Virginia. La raccolse e sorrise quando constatò quanto paresse piccina e cagionevole rispetto alla propria, grande e callosa. Si accostò maggiormente mentre col pollice tracciava dei cerchi sul dorso e sulle nocche.
 
Angolo Autrice: Eccomi qui con un altro capitolo! Corto, ma intenso ;)
Se pensavate che la storia fosse tutta cuori e fiori, dovrete ricredervi miei cari lettori/mie care lettrici :D Come intuibile dal titolo, adesso le cose si faranno un po’ più cupe e angst – proprio come piace a me muahahah – e ovviamente per non fare spoiler me ne starò qui, buona buona, a godermi i vostri insulti xD
Ci tengo a ringraziare tutti voi visitatori giunti fin qui, la dolcissima 
T612 e meine Schatze _Lightning_(devo ancora dire la mia sulla tua meravigliosa creatura Phoenix, che consiglio a tutti di leggere!!! Ti amo e ti odio, sallo ahahahah :*) che hanno recensito gli scorsi capitoli <3 <3
Per il momento è tutto, alla prossima
50shadesOfLOTS_Always
   
 
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