Introduzione
Mi porto una mano a coprirmi le labbra da cui fuoriescono respiri affannati e rumorosi,
devo evitare di farmi scoprire anche stavolta ad origliare. Il parquet
non mi aiuta affatto con il suo cigolare in continuazione, per fortuna che
ad attutire i cigolii c'è la leggera musica d'opera che tutte le sere
riecheggia nell'enorme sala da pranzo.
Allungo un braccio fino a sfiorare la maniglia in ottone verniciata da poco,
tutta la casa è nuova di zecca ma con un mobilio molto vecchio, la scosto
giusto quel tanto per avere la possibilità di sentire meglio le voci che
si possono udire in sottofondo. Il mio orecchio è teso,
non so se allungarmi ancora oppure restare qui dietro nel completo
buio del corridoio.
Ho la gola completamente secca, ormai so cosa fare ma le mie gambe
sembrano incollate al pavimento.
Appoggio la testa contro la parete dipinta di un giallino molto chiaro,
ma più che altro schiarito con il passare del tempo, respiro in modo
irregolare e non so gestire i battiti accellerati che rimbombano
nel mio petto come una cassa in discoteca.
-Allora è deciso- sento dire, attendo nel silenzio che cala subito dopo...la
sua voce, quella dannatissima voce rauca per la vecchiaia mi fa venire
i brividi -ero sicuro che sareste stati d'accordo con me- le lacrime minacciano
di uscire fuori, non so cosa fare e presa dal panico mi piego in due per terra.
Gli spasmi per il terrore si impossessano di me, del mio corpo e inizio a
tremare come una foglia in pieno inverno. Fuori si può sentire la pioggia
di una tempesta e sono tentata dal gettarmi di colpo dalla finestra. E' una
buona idea, pur di sfuggire ai loro piani.
-Vado a chiamarla- dice mia madre, udisco i suoi passi farsi sempre
più vicini alla porta del corridoio e subito alzo la testa per cercare
una via di fuga veloce.
Ho un'unica soluzione, unica e sola.
Quando spalanca la porta, mi getto a capofitto su di lei facendola
cadere all'indietro battendo la testa per terra. Le sue urla soffocate
dal dolore fanno cessare la parlantina dei restanti nel salotto dove ora
siamo piombate, da lontano scorgo i suoi occhi guardarmi dapprima con
stupore, ma poi...quel ghigno, un ghigno sadico e agghiacciante.
-Prendetela!- grida indicandomi, a tre uomini, uno corre da fuori la
porta d'entrata di casa, un altro gli stava dietro e si avvicina a me a
passo svelto e l'ultimo invece, mi sta proprio alle calcagna.
Fingo di inciampare e lui nell'afferrarmi si china, lo prendo per il
collo e lo sbatto con la testa contro il bracciolo del divano a pochi centimetri
da noi. Perde immediatamente i sensi ed io prontamente gli sfilo la
pistola di mano e inizio a correre, ho in mente qualcosa di totalmente folle.
Gli altri due sono vicini, mi stanno dietro e i metri che mi porteranno
verso la balconata sono pochissimi. Mi volto iniziando a sparare alla ceca,
credo di colpirne uno perchè sento il pavimento vibrare sotto
i miei piedi seguito da una botta simile ad una caduta.
Non mi rivolgo a guardare, rischierei troppo quindi vado dritta verso
le finestre a vetri per poi spalancarle. Due colpi quasi mi sfiorano, uno arriva
a ferirmi di poco facendo macchiare di sangue la mano dove impugno l'arma.
Richiudo sbattendo i vetri sperando che non mi abbiano raggiunta troppo vicino e
senza pensarci due volte faccio un balzo tenendomi in equilibrio sulla ringhiera
in ferro battuto dipinta di un bianco luccicante.
La mia vita non doveva prendere questa piega, potrei morire fra pochi
minuti o sopravvivere per miracolo, non so cosa accadrà
ma devo rischiare. Sotto di me guardo l'acqua, l'enorme bacino profondo
a tal punto da non poter far vedere il fondo. L'acqua, il mio peggior incubo.
Essere idrofobica non aiuta e non aiuta neanche questa maledetta pioggia,
mi sono già inzuppata. Mi volto solo per vedere dove sono finiti,
hanno continuato a sparare facendo perfino spaccare tutte le vetrate
dietro di me, sono appena arrivati dinnanzi alle finestre distrutte e stanno
per uscire fuori alla balconata. Sento le urla lontane di mia madre, vedo
mio padre chinato per terra credo per prestarle soccorso e mi guarda, i suoi
occhi li vedo che hanno appena compreso di avermi persa totalmente.
Ma non sa che mi ha persa da tempo, da quando ha iniziato a non essere più
un padre...bensì un mostro comandato da quel pezzo di merda del suo capo.
Quest'ultimo mi rivolge un'occhiata sadica, piena d'odio e sento gli insulti
rivolti nei miei confronti penetrarmi nella carne sotto forma di pelle d'oca.
Ritorno a guardare davanti a me, ora o mai più.
Mi lascio andare nel vuoto, mi lancio come se invece della mia paura mi stessi
gettando fra le braccia della salvezza. In fondo, ma davvero in fondo
era l'unico modo per scampare alla morte, se proprio quella non mi avrebbe
presa comunque, allora lì avrei pensato che fosse destino.
Sento il mio corpo affondare velocemente nell'acqua, sprofondo come
un sasso che è stato gettato nello stagno delle paperelle. L'impatto
è orrendo, non riesco ad udire più nulla non appena sono completamente
sotto, ogni suono o rumore che sentivo fino a due secondi fa si è ovattato
talmente tanto da non udirlo quasi per niente ora. Gli occhi sono rimasti spalancati,
non riesco a non vedere cosa ho fatto e non riesco a non realizzare se non
guardando la situazione in cui mi sono cacciata.
Se non morirò qui...mi uccideranno loro penso tra me e me.
Mi balena in mente l'idea di lasciare che i miei polmoni respirassero,
uccidermi sarebbe la miglior cosa da fare perchè almeno non lo avranno
fatto loro al posto mio. Ma una cosa mi blocca...la soddisfazione nel vederli
sorridere, ripescando il mio cadavere nei giorni successivi.
Non vi riserverò il posto in prima fila per vedermi morta
Agito velocemente braccia e gambe, l'aria già sta iniziando a mancarmi e
credo che se non fosse per l'adrenalina che mi sta scorrendo nelle vene
sarei già morta annegata da un pezzo.
La superficie sembra lontana, fino a che con le dita non
incontro l'aria gelida della notte tempestosa al di fuori di queste acque.
Mi devo salvare
altrimenti avrò un faccia a faccia con il diavolo.
Angolo Autrice:
Heilà! Sono Reina ma potete chiamarmi Rei,
questa è la mia storia ed è frutto della mia mente un tantino sadica
e demenziale devo dire la verità. Sono felice di essere riuscita a scrivere
questa introduzione che anche se non molto lunga spero vi riservi tanti brividi
e vi susciti interesse per continuare a leggere la storia nei prossimi capitoli che scriverò!
Vi ringrazio in anticipo nel caso mi arrivino delle critiche, che siano costruttive o
di apprezzamento, o ancora per discutere della storia e come si svolgerà sarò
ben felice di rispondervi tutte|i per qualsiasi curiosià!
Ci si sente alla prossima!
Reina
devo evitare di farmi scoprire anche stavolta ad origliare. Il parquet
non mi aiuta affatto con il suo cigolare in continuazione, per fortuna che
ad attutire i cigolii c'è la leggera musica d'opera che tutte le sere
riecheggia nell'enorme sala da pranzo.
Allungo un braccio fino a sfiorare la maniglia in ottone verniciata da poco,
tutta la casa è nuova di zecca ma con un mobilio molto vecchio, la scosto
giusto quel tanto per avere la possibilità di sentire meglio le voci che
si possono udire in sottofondo. Il mio orecchio è teso,
non so se allungarmi ancora oppure restare qui dietro nel completo
buio del corridoio.
Ho la gola completamente secca, ormai so cosa fare ma le mie gambe
sembrano incollate al pavimento.
Appoggio la testa contro la parete dipinta di un giallino molto chiaro,
ma più che altro schiarito con il passare del tempo, respiro in modo
irregolare e non so gestire i battiti accellerati che rimbombano
nel mio petto come una cassa in discoteca.
-Allora è deciso- sento dire, attendo nel silenzio che cala subito dopo...la
sua voce, quella dannatissima voce rauca per la vecchiaia mi fa venire
i brividi -ero sicuro che sareste stati d'accordo con me- le lacrime minacciano
di uscire fuori, non so cosa fare e presa dal panico mi piego in due per terra.
Gli spasmi per il terrore si impossessano di me, del mio corpo e inizio a
tremare come una foglia in pieno inverno. Fuori si può sentire la pioggia
di una tempesta e sono tentata dal gettarmi di colpo dalla finestra. E' una
buona idea, pur di sfuggire ai loro piani.
-Vado a chiamarla- dice mia madre, udisco i suoi passi farsi sempre
più vicini alla porta del corridoio e subito alzo la testa per cercare
una via di fuga veloce.
Ho un'unica soluzione, unica e sola.
Quando spalanca la porta, mi getto a capofitto su di lei facendola
cadere all'indietro battendo la testa per terra. Le sue urla soffocate
dal dolore fanno cessare la parlantina dei restanti nel salotto dove ora
siamo piombate, da lontano scorgo i suoi occhi guardarmi dapprima con
stupore, ma poi...quel ghigno, un ghigno sadico e agghiacciante.
-Prendetela!- grida indicandomi, a tre uomini, uno corre da fuori la
porta d'entrata di casa, un altro gli stava dietro e si avvicina a me a
passo svelto e l'ultimo invece, mi sta proprio alle calcagna.
Fingo di inciampare e lui nell'afferrarmi si china, lo prendo per il
collo e lo sbatto con la testa contro il bracciolo del divano a pochi centimetri
da noi. Perde immediatamente i sensi ed io prontamente gli sfilo la
pistola di mano e inizio a correre, ho in mente qualcosa di totalmente folle.
Gli altri due sono vicini, mi stanno dietro e i metri che mi porteranno
verso la balconata sono pochissimi. Mi volto iniziando a sparare alla ceca,
credo di colpirne uno perchè sento il pavimento vibrare sotto
i miei piedi seguito da una botta simile ad una caduta.
Non mi rivolgo a guardare, rischierei troppo quindi vado dritta verso
le finestre a vetri per poi spalancarle. Due colpi quasi mi sfiorano, uno arriva
a ferirmi di poco facendo macchiare di sangue la mano dove impugno l'arma.
Richiudo sbattendo i vetri sperando che non mi abbiano raggiunta troppo vicino e
senza pensarci due volte faccio un balzo tenendomi in equilibrio sulla ringhiera
in ferro battuto dipinta di un bianco luccicante.
La mia vita non doveva prendere questa piega, potrei morire fra pochi
minuti o sopravvivere per miracolo, non so cosa accadrà
ma devo rischiare. Sotto di me guardo l'acqua, l'enorme bacino profondo
a tal punto da non poter far vedere il fondo. L'acqua, il mio peggior incubo.
Essere idrofobica non aiuta e non aiuta neanche questa maledetta pioggia,
mi sono già inzuppata. Mi volto solo per vedere dove sono finiti,
hanno continuato a sparare facendo perfino spaccare tutte le vetrate
dietro di me, sono appena arrivati dinnanzi alle finestre distrutte e stanno
per uscire fuori alla balconata. Sento le urla lontane di mia madre, vedo
mio padre chinato per terra credo per prestarle soccorso e mi guarda, i suoi
occhi li vedo che hanno appena compreso di avermi persa totalmente.
Ma non sa che mi ha persa da tempo, da quando ha iniziato a non essere più
un padre...bensì un mostro comandato da quel pezzo di merda del suo capo.
Quest'ultimo mi rivolge un'occhiata sadica, piena d'odio e sento gli insulti
rivolti nei miei confronti penetrarmi nella carne sotto forma di pelle d'oca.
Ritorno a guardare davanti a me, ora o mai più.
Mi lascio andare nel vuoto, mi lancio come se invece della mia paura mi stessi
gettando fra le braccia della salvezza. In fondo, ma davvero in fondo
era l'unico modo per scampare alla morte, se proprio quella non mi avrebbe
presa comunque, allora lì avrei pensato che fosse destino.
Sento il mio corpo affondare velocemente nell'acqua, sprofondo come
un sasso che è stato gettato nello stagno delle paperelle. L'impatto
è orrendo, non riesco ad udire più nulla non appena sono completamente
sotto, ogni suono o rumore che sentivo fino a due secondi fa si è ovattato
talmente tanto da non udirlo quasi per niente ora. Gli occhi sono rimasti spalancati,
non riesco a non vedere cosa ho fatto e non riesco a non realizzare se non
guardando la situazione in cui mi sono cacciata.
Se non morirò qui...mi uccideranno loro penso tra me e me.
Mi balena in mente l'idea di lasciare che i miei polmoni respirassero,
uccidermi sarebbe la miglior cosa da fare perchè almeno non lo avranno
fatto loro al posto mio. Ma una cosa mi blocca...la soddisfazione nel vederli
sorridere, ripescando il mio cadavere nei giorni successivi.
Non vi riserverò il posto in prima fila per vedermi morta
Agito velocemente braccia e gambe, l'aria già sta iniziando a mancarmi e
credo che se non fosse per l'adrenalina che mi sta scorrendo nelle vene
sarei già morta annegata da un pezzo.
La superficie sembra lontana, fino a che con le dita non
incontro l'aria gelida della notte tempestosa al di fuori di queste acque.
Mi devo salvare
altrimenti avrò un faccia a faccia con il diavolo.
Angolo Autrice:
Heilà! Sono Reina ma potete chiamarmi Rei,
questa è la mia storia ed è frutto della mia mente un tantino sadica
e demenziale devo dire la verità. Sono felice di essere riuscita a scrivere
questa introduzione che anche se non molto lunga spero vi riservi tanti brividi
e vi susciti interesse per continuare a leggere la storia nei prossimi capitoli che scriverò!
Vi ringrazio in anticipo nel caso mi arrivino delle critiche, che siano costruttive o
di apprezzamento, o ancora per discutere della storia e come si svolgerà sarò
ben felice di rispondervi tutte|i per qualsiasi curiosià!
Ci si sente alla prossima!
Reina