Le cose che Arthur adora di
suo marito
sono elencate in innumerevoli liste che negli anni ha compilato nelle
varie
Moleskine che si sono succedute.
Arthur adora quando Eames
riesce a
tranquillizzarlo, quando lo distrae da ansie e preoccupazioni di lavoro
che
colmano la sua mente, senza dargli tregua. Lo fa in tanti modi:
parlando con la
sua voce morbida, raccontandogli episodi del passato, oppure
chiedendogli di
vedere un film insieme a lui. Altre volte, lo fa nel modo più semplice
e innato
che ci sia: il sesso. Quando Arthur non riesce ad addormentarsi e si
rigira
senza sosta nel loro letto, Eames sospira. Poi, bacia una sua spalla,
il suo
collo, la sua mandibola fino ad arrivare alle sue labbra.
«Non riesci a dormire?»
sussurra
contro la sua pelle.
Arthur scuote la testa ed
Eames dice:
«Vieni qui.»
Lo bacia con passione e
Arthur si
lascia trasportare dalle sue labbra, dalle sue mani, dal suo corpo. Si
abbandona completamente a Eames che è l’unica persona sulla faccia
della terra
che è capace di farlo stare bene, senza se e senza ma. Si lascia amare
dalla
sua anima gemella, finché ansima e sospira, abbandonandosi all’estasi
che solo
Eames è capace di donargli.
Quando riesce a riprendere
fiato,
stanco e con la mente sgombra, Eames lo avvolge tra le braccia e Arthur
si
addormenta con la testa nell’incavo del suo collo.
***
Gli piace quando Eames fa
la spesa e
si ricorda sempre delle cose che piacciono ad Arthur, senza che lui le
abbia
mai esplicitate a voce alta. Eames mangia solo cioccolata al latte, ma
acquista
sempre anche una barretta di cioccolato fondente, puro al 90%, perché è
il suo
preferito. D’estate, quando sono a Nizza, aiuta sua madre a coltivare i
meloni
e le fragole, i frutti preferiti di Arthur, perché lui adora fare
colazione con
un ottimo frullato al mattino. Si è abituato presto ad acquistare lo
yogurt
greco, nonostante sia troppo acido per i suoi gusti, solo perché ad
Arthur
piace.
***
Adora vedere Eames giocare
con i suoi
nipoti. Riesce ad intrattenerli senza fatica per ore intere,
soprattutto
d’estate, quando i bambini si scatenano e insistono per trascorrere
tutto il
tempo possibile nella piscina della loro tenuta.
Eames permette a Philippa e
James di
arrampicarsi sulle sue spalle per tuffarsi nell’acqua, ridendo delle
loro grida
estasiate. Risponde alle loro domande curiose sui suoi tatuaggi, li
aiuta a
colorare con pazienza i loro disegni, ogni volta che glielo chiedono.
Legge
loro A Christmas Carol a Natale,
perché «Non può farlo zio Arthur, perché non parla buffo come te!»
sostiene
sempre Philippa.
«In che senso buffo?» le
chiede lui.
«Inglese! L’accento inglese
è buffo, zio
Eames! E Dickens era inglese – lo dice sempre la nonna. Perciò non può
leggerlo
lo zio Arthur o papà. Solo tu o il nonno, ma mi piace più la tua voce!»
***
C’è un aspetto che ha
sempre amato
della sua anima gemella: il modo con cui riesce a far divertire Arthur.
A volte
pensa che prima di Eames aveva ingabbiato la parte spensierata e
gioviale di
sé, per poi riscoprirla insieme a lui. Perché il fatto è proprio
questo: Eames
non solo lo fa sentire bene, ma lo rende leggero, lo fa sentire
giovane.
E non è strano detto da lui
che ha
sempre sentito di avere un’anima da vecchio? Non è meraviglioso che un
uomo più
grande di lui sia capace di farlo sentire un ragazzino libero e
spensierato?
Ci sono momenti in cui
Eames gli fa
dei piccoli dispetti, come quando sono a Nizza e capita che Arthur si
appisoli
su una sdraio, per poi essere svegliato da Eames e dai bambini che gli
tirano
l’acqua della piscina.
Arthur si solleva, con gli
occhi
iniettati di sangue e lo minaccia: «Sei morto!»
Eames ride a squarciagola
per poi
iniziare a correre lungo il giardino, sicuro che Arthur stia per
meditare una
vendetta altrettanto terribile. Arthur lo rincorre, raggiungendolo in
pochi
secondi, per poi saltargli addosso, gettarlo a terra e immobilizzarlo.
«Ouch!
Mi arrendo… va bene… mi arrendo!» esclama tra le risa, mentre Arthur
gli fa il
solletico sulle coste, uno dei suoi peggiori punti deboli. Di solito
finiscono
per ridere insieme, perché Eames si ostina a provare a liberarsi dalla
presa di
Arthur, finché capisce che è impossibile riuscirci con la forza. Così
cerca di
usare altri stratagemmi che includono baci sul suo collo e sulle sue
labbra.
«Dio! Riuscite a
contenervi, per
favore?» esclama Ariadne dal bordo piscina.
Per tutta risposta Eames
approfondisce
i suoi baci e le dedica il V-sign con
le dita della mano sinistra, ingoiando le risa di Arthur.
«Prendetevi una stanza!»
aggiunge Dom,
che conversa sotto il gazebo insieme a Stephen e a George.
«Oh, ma si può sapere che
volete? Non
è colpa mia se amo mio marito!» esclama Eames rilasciando le sue
labbra.
Arthur non può fare a meno
di
sorridergli.
***
Gli piace osservare suo
marito
cucinare. È un’abilità che possedeva già prima che si conoscessero e
che sua
nonna gli aveva trasmesso.
A Eames piace cucinare,
soprattutto
per gli altri, proprio come Marie e all’inizio è stata la passione che
fin da subito
li ha legati.
Arthur è del tutto negato e
non fa
fatica ad ammetterlo: la cucina è un equilibrio tra armonia e
creatività e
Arthur non sa padroneggiare queste due caratteristiche. Non è un
problema: non
si può essere bravi in tutto.
Eames invece cucina con
passione,
mormora tra sé e sé i procedimenti che sta seguendo, è rapido nel
preparare le
varie pietanze e lo diverte sapere il responso da parte degli altri su
ciò che
ha cucinato.
Eames sa capire il piatto
giusto per
qualsiasi persona e Arthur non dubita che sia una delle sue
innumerevoli doti
di falsario. Perciò, quando escono in un ristorante e Arthur è indeciso
su cosa
scegliere per sé, gli chiede: «Secondo te: calamarata di granchio o
risotto
alla pescatora?»
«Decisamente la prima. Il
risotto non
è da te.»
E non si sbaglia mai.
***
Arthur ama che Eames abbia
scelto di
tatuarsi le sue parole una seconda volta sulla pelle. Perché il marchio è un tatuaggio che nessuno
sceglie di avere, mentre quello che ha fatto Eames – aggiungere sul suo
fianco
una frase di Arthur – è stata una scelta ponderata, un impegno solenne
a
passare il resto della vita con lui, a costruire una famiglia insieme.
***
Gli piace quando Eames
risponde con
parole semplici alle domande di Sophie, la bambina che hanno adottato
molti
anni fa. La figlia che ogni giorno crescono insieme con amore e
impegno. La
creatura che ha reso la loro vita ancora più piena di quanto già fosse.
Sophie ha sempre odiato il
lettino con
le sponde, fin da subito si arrampicava come un piccolo koala per
scendere a
terra e dormire sul tappeto. Perciò, si sono abituati a farla dormire
su un
letto montessoriano, per evitare che si facesse male. È capitato a
volte che si
fosse addentrata nei corridoi di casa alla ricerca dei suoi genitori,
svegliando Arthur che ancora si desta per ogni minimo rumore.
Si ricorda un episodio in
particolare,
quando Sophie aveva tre anni e stavano trascorrendo il Natale a Nizza.
L’aveva
sentita salire le scale che dal primo piano portavano alla mansarda.
Dietro di
lei aveva potuto udire i passi di Baloo, il rottweiler di sua madre che
era
diventato la bambinaia di casa.
«Sophie dove vai?» l’aveva
chiamata
lui, svegliando anche Eames.
«Qui da voi!» aveva
esclamato lei,
come se fosse ovvio, mentre era entrata nella loro stanza con il cane
alle
calcagna. Poi in un battibaleno si era arrampicata sul loro letto e
aveva
detto: «Non riesco a dormire, perché volevo vedere quando arriva babbo
Natale…
ma sono tanto stanca… Papà, posso dormire con voi? Così se arriva babbo
Natale,
tu lo senti e mi svegli! Tu senti sempre tutto!»
«Certo, cucciola, dacci un
attimo di
tempo per vestirci» le aveva risposto, perché sua figlia li aveva
sorpresi in
una delle tante notti in cui lui e suo marito si erano amati, per poi
addormentarsi fianco a fianco, pelle contro pelle.
“Cristo, dove cazzo erano
finite le
sue mutande?” aveva pensato lui, mentre si guardava intorno. Ah, già,
lui non
le indossava quasi mai! Arthur aveva imprecato dentro di sé, per poi
riuscire
ad afferrare i pantaloni della tuta di Eames e a infilarseli. Il tutto,
mentre
Eames aveva trattenuto a stento le risate, rivestendosi anche lui
rapidamente,
sua figlia si era accomodata al centro del letto e Baloo sul loro
tappeto.
«Papà, perché dormite nudi?
Non
sentite freddo?»
Ed eccola la domanda che
avrebbe
voluto del tutto evitare di sentire uscire dalla bocca di sua figlia!
Per un nanosecondo Arthur
aveva
contemplato l’idea di risponderle: «No, in realtà sentiamo caldo» come
avrebbe
detto la maggioranza dei genitori. Ma subito dopo aveva scacciato
questo
pensiero: prima di tutto perché non sarebbe probabile avere caldo in
inverno,
ma soprattutto perché Arthur è un medico. Sa che i bambini non sono
stupidi, si
può e si deve parlare con loro di
qualsiasi argomento, anche del sesso e
dell’amore. È necessario usare le giuste parole, fin da piccoli, per
abituarli
ad avere uno sviluppo psico-fisico sano.
Così, aveva guardato Eames
negli
occhi, sicuro che potesse sentire le sue emozioni attraverso il legame.
Aveva
annuito, per fargli capire che avrebbero dovuto affrontare l’argomento
ora.
Si erano stesi sul letto
insieme a
lei, sotto il piumone, e si erano presi per mano. Poi Eames aveva
detto: «Vedi,
amore, quando due persone come i tuoi papà si vogliono tanto bene,
desiderano
stare insieme il più possibile, desiderano stare vicino l’uno all’altro
anche
quando dormono, senza vestiti, pelle contro pelle, perché li fa stare
bene.»
Sophie aveva riflettuto per
qualche
secondo, poi aveva chiesto: «Come quando mi fate dormire sul vostro
petto,
senza la maglietta, così posso sentire il vostro cuore?»
È una cosa che le hanno
sempre
permesso di fare e che l’assistente sociale che li ha seguiti fin da
subito ha
sempre incoraggiato. Il bambino acquista sicurezza e tranquillità a
contatto
con la pelle dei genitori. È un modo per fortificare il legame con i
figli
adottivi.
«Sì, esattamente in quel
modo» le
aveva risposto Arthur.
«Okay» aveva replicato
Sophie prima di
sbadigliare ed addormentarsi, con i suoi capelli ricci sparsi sul loro
cuscino.
***
Le cose che Arthur non
sopporta di suo
marito le accumula nella sua testa finché la sente esplodere ed è
costretto a
prendere una delle sue Moleskine per scrivere e sfogarsi finché non si
sente
più calmo.
Di solito, dopo aver
riempito pagine e
pagine con i suoi pensieri, riesce a fare chiarezza dentro di sé e si
rende
conto che sono tutte caratteristiche che in realtà possono
infastidirlo, ma
niente di più.
Si ricorda quando sua
sorella a volte
si sfogava con lui o con la mamma dopo aver litigato con Dom. Riesce a
sentire
ancora la sua voce che colma di irritazione imprecava in francese, per
poi
passare ogni tre parole all’inglese. È una cosa che sia lui sia Mal
hanno sempre
fatto fin da bambini: quando bisticciavano in casa o con Marie, le
discussioni
si alternavano tra le due lingue. Se ci ripensa oggi è abbastanza
divertente ricordare
quelle scene tipiche di ogni famiglia in cui ci sono due fratelli molto
diversi
l’uno dall’altra, una madre molto forte e un padre bonario, ma un po’
troppo
assente.
Si è oramai abituato al
disordine che
accompagna Eames in qualunque posto viva. I primi mesi di convivenza
Arthur
guardava l’armadio della sua anima gemella con un certo ribrezzo:
vestiti mal
piegati, camicie sovrapposte sulla stessa stampella, jeans arrotolati.
Il
problema è che Eames può spendere anche molti soldi per gli abiti che
acquista
per sé, ma poi non riesce a tenerli in ordine.
Un altro aspetto che lo fa
irritare di
Eames è la sua incomprensione verso gli elettrodomestici. Ad esempio,
quando bisogna
fare la lavatrice, Eames guarda il monitor con sospetto, finché sceglie
un
programma a caso, senza leggere il manuale delle istruzioni. Arthur è
capace di
andare su tutte le furie quando fa così, perciò sono arrivati presto a
un
compromesso: se Arthur è in casa, pensa lui al bucato; se è via per
lavoro,
Eames si limita a lavare solo i propri vestiti.
***
Non gli piace quando Eames
finge di
essere ignorante o stupido. Lo faceva spesso quando erano entrambi nel dreamsharing e Arthur ha sempre compreso
questo suo atteggiamento: è meglio essere sottovalutati che
sopravvalutati.
Quando vieni sottovalutato,
chiunque –
anche il più temibile degli avversari – si ritroverà spaesato e
svantaggiato, non
appena gli mostrerai quello di cui sei capace. Arthur sa per esperienza
che è
un ottimo metodo per sopravvivere in un ambiente spietato, ma non vuol
dire che
gli sia mai piaciuto vederlo così. Perché Eames può essere tante cose:
troppo
fiducioso nei confronti degli altri, estremamente loquace e sarcastico,
ma non
è assolutamente un idiota.
Eames ha sempre tenuto i
segreti da
falsario per sé, parlandone solo con Arthur, perciò lui sa che essere
un
falsario implica doti di pensiero e di analisi fuori dal comune. Di
conseguenza, gli dà fastidio che molti non lo capiscano e sminuiscano
il suo
lavoro reputandolo alla pari di un qualsiasi ladro.
***
Le cose che Eames adora di
suo marito sono
davvero tante. Non c’è una lista precisa, come quelle che Arthur
compila. Ci
sono solo un sacco di considerazioni che tiene nella sua mente su ciò
che ama
di più della sua anima gemella.
Gli piace pensare a suo
marito come
uno dei personaggi di Pirandello: pieno di sfaccettature diverse. Se ci
riflette bene, Arthur è forse l’individuo più complesso che conosce,
poliedrico
e con caratteristiche contrastanti. La sua persona è un magma
incandescente di materia,
in costante levigazione.
Adora vederlo di buon
umore, perché
quando Arthur è sereno la sua presenza è capace di illuminare le
giornate degli
altri. Si alza presto al mattino, prepara la colazione per entrambi,
ride delle
sue battute, trascorre il tempo libero con lui, senza che sia
necessario fare qualcosa
di speciale, solo per stare in sua compagnia.
***
Gli piace quando Arthur
ruba i suoi
vestiti: una camicia che Eames non ricordava neppure di avere; una
T-shirt
morbida per stare in piscina d’estate, quando Arthur si scotta e
rischia
l’eritema solare; un vecchio maglione di lana soffice e intriso del suo
profumo,
che Arthur indossa d’inverno sopra i pantaloni della tuta, quando legge
un
libro o lavora al computer in salotto, di fronte al caminetto acceso.
***
Ama i gusti musicali di
Arthur e il
modo intransigente con cui giudica la musica pop contemporanea – «È
tutta
uguale, Eames, la senti? Non c’è una canzone che si distingua dalle
altre!»
Gli piace che conosca così
tanti
generi musicali, dalla musica rock, al jazz, passando per il blues. La
domenica, quando sono entrambi a casa, mette sempre qualcosa in
sottofondo,
mentre cucinano un brunch o una cena.
Non c’è bisogno che lo
dica, ma Eames
sa che per Arthur la musica è molto importante; una passione che da
adolescente
lo ha aiutato a superare diversi momenti difficili e tutt’ora è spesso
un
balsamo per i suoi nervi. Canticchia piano con la sua voce profonda che
Eames
adora e muove la testa a ritmo, una cosa che Eames gli ha visto fare
solo ed
esclusivamente in casa loro.
***
Ama la determinazione
posata di
Arthur, il modo in cui non si dà per vinto anche quando un ostacolo
sembra
davvero insuperabile. In un primo momento può spaventarlo, può sentirsi
sopraffatto, ma c’è qualcosa in lui che prima o poi gli fa pensare:
“No, ce la
posso fare. Ho affrontato di peggio e non mi tirerò indietro.”
***
Gli piace quando Arthur
osserva
entusiasta i suoi quadri ed esprime i suoi complimenti sinceri, sereno
e fiero
di lui. Quando gli dice: «Mi piace l’uso dei colori, il modo in cui le
pennellate scorrono rapide e dirette. Conferisce una maggiore
estraneità al
soggetto, come se fosse del tutto alienato e non comprendesse il caos
della
città intorno a sé, che si muove troppo velocemente.»
O ancora quando confessa:
«Questo è
uno dei miei preferiti: il volto di Ofelia, rivolto nell’acqua della
vasca da
bagno, il braccio abbandonato e la schiena nuda. L’asciugamano candido
intorno
all’addome, simbolo di purezza e ingenuità…»
Non scorderà mai lo sguardo
compiaciuto e orgoglioso di Arthur quando una gallerista londinese di
grande
successo aveva proposto di esporre nella sua galleria le opere di
Eames.
Hafdís aveva visto un suo
lavoro nello
studio di Aaron e stupita gli aveva domandato chi fosse l’autore di
quel
quadro. Lui, consapevole della reticenza di Eames nei confronti delle
sue opere
originali, lo aveva contattato per farlo venire in studio, senza
menzionare la
presenza della donna.
Eames era rimasto sorpreso
dall’insistenza di lei a voler vedere altri suoi dipinti. Perciò più
per
disperazione che per convinzione aveva acconsentito a mostrarle altre
tre
opere: un paesaggio di Nizza che aveva realizzato l’estate precedente;
un
ritratto eseguito con tecnica mista di bambini, visti in un parco un
pomeriggio
trascorso insieme ad Ariadne; un olio su tela su cui ha impresso un
labirinto
intricato di sculture di sua madre.
Hafdís li aveva voluti
tutti. Quando
Arthur aveva saputo che suo marito avrebbe esposto a Londra aveva riso
e lo
aveva preso in giro per giorni interi, imitando il suo accento
britannico: «No,
no, non sono abbastanza bravo… quello che faccio non è niente di che!»
Eames non se l’era presa,
in fondo
Arthur aveva ragione. Per lui è così normale dipingere che gli resta
difficile
pensare che gli altri possano ritenere eccezionali i suoi lavori.
***
E quella volta in cui Eames
ha chiesto
ad Arthur di posare per lui?
Non può dimenticare lo
sguardo incerto
di Arthur, che se da una parte vorrebbe sempre assecondare ogni
richiesta di
Eames, dall’altra ha sempre provato disagio all’idea di essere
rappresentato
nudo.
«Amore, guarda che non
interessa a
nessuno chi sia il modello. Pensaci… quando vai nei musei o nelle
gallerie, ti
chiedi mai chi siano i nudi?»
«Beh, si sa che le modelle
dei nudi
sono di solito le amanti degli artisti…»
Eames aveva inclinato la
testa, prima
di dire: «Arthur, da quando ti preoccupa essere riconosciuto come mio
amante?
Siamo sposati, se non te lo ricordi!»
«Eames, non è quello che mi
preoccupa.
Lo sai, non mi vergognerei mai di noi» si era affrettato a ribattere.
«Allora dimmi qual è il
problema,
Arthur, perché non lascerò cadere questo argomento.»
Lui aveva sospirato, per
poi
confessare: «Che succede se qualcuno delle nostre vecchie vite lo
vedesse? Lo
so che tu usi uno pseudonimo e finora non ti sei mai esposto nelle
mostre che
Hafdís organizza, ma Eames, non ti dimenticare che potrebbero esserci
ancora
delle persone disposte a cercarci nel dreamsharing,
soprattutto dopo l’inception. Potrei
essere riconosciuto e non possiamo permetterlo. Abbiamo una figlia da
proteggere.»
«Hai ragione» aveva
concordato lui,
perché le preoccupazioni di Arthur erano più che legittime.
Aveva riflettuto, prima di
proporgli
un compromesso – perché il desiderio di dipingere la sua anima gemella
è un
istinto che Eames non era riuscito a ignorare: «Ho bisogno di dipingere
qualcosa di erotico per questa collezione. Ho già fatto una serie di
studi
sulla figura femminile. Non posso non illustrare il corpo della persona
che
amo. Solo il tuo corpo. Niente viso. Se me lo permetterai, ne farò
altri con il
tuo viso e non li esporrò mai, proprio come il quadro che ho realizzato
quattro
anni fa. Saranno solo nostri.»
Il ritratto a cui si
riferisce è
appeso nel suo laboratorio. È un primo piano del viso di Arthur che
occupa
quasi tutta la tela. È uno dei quadri preferiti di Eames. L’unico che
ha scelto
di tenere per sé, l’unico che sia posto sulle pareti del suo studio.
Arthur aveva annuito
sospirando, prima
di dire, con un sopracciglio alzato: «Questo è il momento in cui ti
chiedo:
“Come mi vuoi?”, come nella scena del Titanic?»
Eames aveva riso, poi aveva
proposto:
«Sul nostro letto. Prima facciamo l’amore, sì?»
«Sapevo che con te ci
sarebbe stato
del sesso!» aveva detto lui contento, prima di trascinarlo di sopra.
Così si erano amati per ore
intere,
poi, quando Arthur si era steso spento e rilassato, tra le lenzuola
stropicciate, Eames aveva preso il suo blocco per disegnare la sua
figura.
Tempo dopo, dopo aver completato tre diversi studi, si era accorto
dell’erezione di Arthur: ferma e gonfia contro l’addome di suo marito,
pronta a
essere ritratta nel pieno del suo vigore.
Arthur lo aveva guardato
con uno
sguardo colmo di una carica sensuale che gli aveva incendiato le vene.
Solo
allora Eames aveva iniziato a disegnare frenetico altri due studi,
lasciandosi
guidare dalle emozioni: uno senza volto e l’altro con il meraviglioso
viso di
Arthur, serio e voglioso, con le pupille dilatate e le labbra
socchiuse.
Settimane dopo, quando
Hafdís aveva
visto il dipinto senza volto di Arthur, dopo aver visto i due nudi
femminili
che lo accompagnano, aveva detto: «Quando vedranno questo, la passione
carnale
e vigorosa che hai impresso a questo corpo maschile, vorranno le tue
opere
ovunque: Parigi, New York, Berlino. Fidati, non mi sbaglio mai su
queste cose.»
Non si era sbagliata.
***
Ma forse la cosa che ama di
più di suo
marito è che ha scelto di avere una figlia con lui.
C’è una lettera che Arthur
gli ha scritto
per il suo compleanno. Eames la conserva con cura nel suo laboratorio,
dentro
un cassetto dove tiene anche una scatola con i ricordi più cari di sua
madre.
La legge quando si sente
malinconico o
quando Arthur ha il turno di notte in ospedale e lui fa fatica a
dormire senza
suo marito che riposa tra le sue braccia.
Eames,
ho
sempre pensato che scrivere una lettera vera, con la penna che imprime
l’inchiostro sulla carta sia un gesto troppo spesso sottovalutato.
Lo
sai, scrivere per me è un gesto liberatorio, è l’unico modo con cui
riesco ad
organizzare il treno di pensieri che mi corre in testa a volte. È il
motivo per
cui a ventidue anni ho iniziato a usare una Moleskine o un quaderno
Leuchtturm
per cercare di sistemare gli impegni universitari. Da lì in poi non
l’ho più
abbandonato e ho iniziato ad appuntare idee, pensieri, sfoghi
personali,
racconti… qualsiasi cosa abbia avuto bisogno di esprimere senza provare
il
timore di dirlo ad alta voce.
Oggi
però voglio scrivere solo per te.
Da
ragazzo cercavo sempre di evitare di fantasticare sulla mia anima
gemella,
perché avevo paura di incontrarla veramente, di innamorarmi e di non
essere
ricambiato. Mi sembrava impossibile avere un amore come quello che
abbiamo io e
te: totalizzante, sensuale, comprensivo, ricco di ironia, di risate e
di
emozioni diverse, a volte fatto anche di discussioni.
Quando
ti ho incontrato non sapevo cosa pensare di te. Non riuscivo a
decifrarti: ogni
volta in cui credevo di aver capito chi fossi, tu mi sorprendevi con
una parola
o un gesto che non mi sarei mai aspettato. Sei stato l’enigma più
difficile che
io mi sia mai ritrovato di fronte e scoprire chi fossi è stata la sfida
più
bella che la vita mia abbia offerto.
Oggi
sei il mio migliore amico, sei il mio amante, sei mio marito, sei
l’uomo con
cui ho scelto di passare il resto dei miei giorni e con cui invecchiare
finché
saremo così vetusti da non riuscire neppure a fare l’amore. Eppure,
questo non
mi preoccupa: ci proveremo lo stesso, non ho dubbi.
Sei
la persona che mi sostiene quando ho dei dubbi o quando sono
preoccupato, sai
darmi i migliori consigli che un uomo possa chiedere e lo fai senza mai
assumere un tono paternalistico. Nessuno ha mai saputo prendermi come
fai tu e
ti sarò per sempre grato di tutto l’amore che mi hai donato e che ogni
giorno
mi dimostri.
È
strano: quando ho avuto l’idea di scrivere questa lettera, ero un po’ preoccupato
spaventato, perché non sono bravo a esprimere quello che provo. Invece
mi
sorprende quanto sia facile mostrarti i miei sentimenti e comunicarti
qual è il
regalo che ho pensato per te. A pensarci bene, è un dono per entrambi,
quindi
concedimi di essere un po’ compiaciuto se ti mostrerai felice di questo
regalo.
Eames,
ti amo e credo sia venuto il momento per noi di trasmettere il nostro
amore
anche a un altro essere vivente.
Ti
ricordi quella conversazione che abbiamo avuto a Roma durante il nostro
viaggio
di nozze? Quando abbiamo valutato i pro e contro dell’adozione e della
maternità surrogata. Quel pomeriggio abbiamo concordato che avremmo
tentato per
la prima strada e qualora non fosse andata a buon fine ci saremmo
rivolti alla
seconda.
So
che desideri dei figli e concedimi di sostenere che sarai anche un
padre
meraviglioso. Magari starai roteando gli occhi di fronte alle mie
parole,
perché sei convinto che io ti sopravvaluti.
No,
mi dispiace contraddirti, ma non è così. So che sarai un ottimo padre
perché sai
essere un figlio forte e comprensivo. So che sarai un buon padre perché
sei un
marito eccezionale, che riesce a rendermi migliore e mi fa sentire al
sicuro –
proprio io che ho fatto della protezione un mestiere e che non sapevo
di voler
sentirmi protetto finché non ho incontrato te.
Pertanto,
insieme a questa lettera che ti lascerò sul letto la mattina del tuo
compleanno,
troverai un fascicolo. Dentro c’è una richiesta di adozione da
consegnare a
un’agenzia britannica – l’unica che è stata in grado di superare tutti
i miei
test che tu fingerai di non conoscere.
Ho
compilato la mia parte dopo aver riflettuto a lungo. Pensaci bene,
Eames,
perché questo è un passo da cui non si può tornare indietro. Perciò, se
ancora non
te la senti, possiamo parlarne. Non è necessario compilare subito la
domanda.
Da
parte mia posso solo dirti che nonostante sia pieno di timori – spero
che sia
un segno buono: nessuno dovrebbe prendere alla leggera avere un figlio,
giusto?
– sono sicuro di voler intraprendere questa strada.
Non
smettere mai di saltare nel vuoto insieme a me.
Per
sempre tuo,
Arthur
C’è quella frase finale,
prima del
saluto, che gli fa sempre bagnare gli occhi. È impressa nella sua
mente, come
un fossile scavato nella roccia.
Con quelle semplici parole
Arthur è
stato capace di riassumere la loro storia, quello che provano l’uno per
l’altro
– un tuffo nel vuoto da cui Eames non desidera mai toccare terra.
Si ricorda le emozioni
provate la
prima volta che ha letto la lettera, dopo essersi svegliato nella
mansarda a
Nizza, senza suo marito accanto a lui. La gioia e la tenerezza di
fronte al
tentativo di Arthur di dedicargli una lettera d’amore per chiedergli di
avere
un figlio insieme. Eames non aveva esitato, non c’era bisogno di
esitare, dopo
che suo marito gli aveva riferito di condividere il suo stesso
desiderio di
avere una famiglia. Così, aveva raggiunto Arthur in giardino e si era
seduto
accanto a lui sul bordo piscina.
«My
darling, mi dici cosa devo fare con te? Sei la creatura più strana
sulla
faccia della terra e non potrei mai amarti di meno per questo» aveva
detto
Eames con il sorriso sulle labbra.
Poi, aveva stretto le dita
alle sue,
dicendo: «Sì, Arthur. Lo voglio. Mi hai fatto il regalo più bello che
abbia mai
ricevuto.»
Arthur aveva sorriso, con
gli occhi e
con le labbra, quel sorriso luminoso che gli trasforma il viso,
mettendogli in
evidenza le fossette e regalandogli un’aura di giovinezza troppo
spesso
assente.
Oggi quelle parole sono
impresse sul
suo fianco destro, sotto il costato, come se fossero un secondo marchio, una conferma della sua anima
gemella, ma anche una promessa per il futuro.
Non
smettere mai di saltare nel vuoto insieme a me.
***
Le cose che Eames non
sopporta di suo
marito non sono molte in realtà. Prima di tutto perché Eames è abituato
fin da
bambino a cercare di passare oltre ai difetti delle persone.
Ha imparato presto, grazie
all’insegnamento dei suoi nonni, che nessuno è perfetto. Anzi, spesso
le
caratteristiche che possono infastidirci degli altri, possiamo trovarle
anche
dentro di noi. È una delle lezioni più preziose che ha ricevuto e che
gli ha
permesso per anni di forgiare alla perfezione persone sconosciute nel dreamsharing.
Ma c’è un altro motivo per
cui i
tratti che lo irritano di Arthur sono pochi ed è molto più banale del
precedente: gli piace quasi tutto della sua anima gemella. A volte si
ritrova a
rifletterci su, mentre dipinge. È strano, ci sono milioni di coppie che
si
innamorano e dopo mesi o anni scoprono caratteristiche l’uno dell’altra
che non
gli piacciono e poco a poco finiscono per perdersi e allontanarsi.
Non sa se l’essere anime
gemelle renda
lui e Arthur così compatibili e non gli interessa granché. La verità è
che lui
è una persona migliore insieme ad Arthur: è più posato di quanto fosse
in
passato, più sereno e più felice. Può parlare di qualunque cosa con
lui, di ogni
progetto strampalato che gli venga in mente, senza sentirsi strano,
perché
Arthur apprezza la sua genialità – anche quando finge di non farlo.
E la stessa cosa vale per
Arthur: sta
meglio da quando sono insieme. Eames si ricorda come era quando lo ha
conosciuto: rigido e timoroso dei fallimenti, troppo duro con sé
stesso,
testardo e poco paziente. Oggi Arthur è più ottimista e solare. Non si
abbatte
quando le cose vanno male, guarda sempre il bicchiere mezzo pieno della
situazione in cui si trova. Ha imparato a perdonare sé stesso per gli
errori
che commette.
Quindi, se qualcuno gli
chiedesse: «Cos’è
che non sopporta del suo compagno?» Eames crede che ci sia un’unica
cosa in
fondo. Non tollera quando Arthur è irritato per un problema di lavoro o
per una
discussione che ha avuto con i suoi genitori o con Eames.
Perché quando Arthur è teso
o
preoccupato non lo dice mai apertamente, anzi probabilmente spende ore
intere a
scriverne sulla sua Moleskine, cercando di evitare il confronto aperto
con
Eames. Nel frattempo tira fuori un atteggiamento passivo-aggressivo
condito da
risposte sarcastiche e borbottii sotto voce, che sa benissimo che Eames
può
sentire.
Si ricorda un episodio in
particolare,
dopo che Eames ha deciso di acquistare la meravigliosa Porsche 911
Carrera che
è ora in loro possesso.
Arthur è tornato a casa,
dopo un
viaggio di lavoro negli Stati Uniti, esausto e con le occhiaie
pronunciate.
Quando si è accorto della nuova auto parcheggiata nel loro garage è
andato su
tutte le furie.
«Sai dirmi per quale cazzo
di motivo
c’è una Porsche del valore di almeno centomila euro nel nostro garage?»
aveva
esclamato sbigottito.
«Posso spiegare! L’altro
ieri passavo
per caso di fronte la loro concessionaria, sai quella nel quartiere di
Mayfar…
ed era esposta lì, in vetrina. Non ho potuto evitare di entrare ad
osservarla e…
c’era questo direttore che ha iniziato a dirmi cosa ne pensavo, finché
ci siamo
messi a parlare delle caratteristiche tecniche…»
«Eames! Che cazzo ci
facciamo con una
Porsche a Londra? Ci spostiamo con la metro per la maggior parte del
tempo!» lo
aveva interrotto Arthur.
«Eh, lo so… ma Arthur, hai
visto
quanto è bella? E poi dai, ammettilo, fa sempre comodo avere una
macchina.
Possiamo addirittura portarla a Nizza, quest’estate. Dà il meglio di sé
nei
viaggi. Senza contare che è la macchina sportiva più versatile che ci
sia, si
può usare tutti i giorni, anche per andare a fare la spesa!» aveva
spiegato
lui, tentando di calmarlo.
«Ed era necessario comprare
una
Porsche per andare a fare shopping? Cristo, Eames, non ti si può
lasciare solo
un attimo! Fai veramente pena a gestire i soldi!»
«Ehi! Sono anche i miei soldi!» gli aveva ricordato Eames senza
troppe cerimonie.
Dopodiché Arthur aveva
fatto un lungo
sospiro, passandosi nervosamente una mano tra i capelli e aveva detto:
«Sono
stanco. Vado a dormire.»
Eames lo aveva lasciato
andare,
convinto che un paio di ore di riposo avrebbero fatto passare la rabbia
di
Arthur.
Non era stato così.
Per un giorno intero,
Arthur era stato
scorbutico e burbero.
La mattina, dopo aver fatto
colazione,
aveva borbottato: «Guarda che disastro… Possibile che tu non sappia
fare un
frullato senza sporcare tutto il piano dell’isola?»
Più tardi, quando Eames
aveva bussato
al suo studio, lui aveva risposto: «Che vuoi? Sto lavorando!»
Di nuovo, a pranzo Arthur
aveva
trascorso il tempo ascoltando il telegiornale, in silenzio. Nel
pomeriggio era
uscito per andare a correre, per poi recarsi in palestra e sfogarsi con
la
sacca da boxe. Quando era rientrato a casa, intorno alle sei della
sera, aveva
fatto la doccia e poi si era addormentato sul letto, con un libro
aperto
accanto a sé.
All’ora di cena, Eames si
era
avvicinato a lui, svegliandolo piano e abbracciandolo da dietro.
Arthur non lo aveva
cacciato, eppure
aveva detto: «Sono ancora incazzato.»
«Arthur mi dispiace. È solo
una
macchina. Posso riportarla indietro.»
Arthur si era voltato verso
di lui e
aveva detto: «No. Lo so che ti piacciono i motori. Altrimenti, non ti
avrei
regalato la Ducati. Non c’è niente di male e abbiamo abbastanza soldi
da
permetterci un’auto del genere. Del resto sarebbe ipocrita da parte mia
criticare la tua passione, quando spendo un quarto di quello che
guadagno per i
miei abiti. Vorrei solo che tu me lo dicessi, quando ti viene l’impulso
di
spendere centomila sterline per un’auto…»
«Okay» aveva replicato lui
di buon
grado.
Subito dopo la sua bocca
non aveva
potuto fare a meno di aggiungere – consapevole di provocare Arthur
ancora di
più: «Anche se erano centodiecimila, perché ho preso il modello con
tutti gli
optional!»
Poi si era dato da fare,
perché Eames
sa che un ottimo metodo per calmare Arthur quando è stizzito e
irritabile è il
sesso. Farsi scopare da Arthur quando è un fascio di nervi, rabbia e
malumore è
un’esperienza mistica. Non ci sono altre parole per descriverla.
Il modo in cui aveva usato
le dita per
aprirlo: con abbondante lubrificante, ma anche con abbondante pressione
da
farlo mugolare dal piacere e dal bruciore.
Il modo in cui aveva morso
la sua
spalla, come se volesse staccargli un pezzo di carne, mangiarla e poi
di nuovo
divorarlo.
Il modo in cui lo aveva
baciato,
esigente e possessivo, mordicchiando le sue labbra carnose.
Il modo in cui aveva invaso
la sua
bocca aperta dall’estasi con la sua lingua, cosicché Eames fosse
consapevole
che Arthur lo stava riempiendo in ogni punto possibile.
Il modo in cui aveva
stretto le mani
sui suoi fianchi, con una presa ferrea e padrona dei suoi movimenti,
forzandolo
ad accompagnare le sue spinte, rendendo il suo piacere impossibilmente
acuto e devastante.
Il modo in cui aveva
affondato dentro
di lui, con il suo sesso che spingeva contro le sue pareti e la sua
prostata,
fino a farlo sentire pieno e perfetto.
Eames si era abbandonato
alla scossa
di sublime beatitudine che era partita dai suoi visceri, lo aveva fatto
eiaculare così tanto da sporcare perfino la spalliera del letto ed era
arrivata
alla sua bocca, facendogli emettere un grugnito, misto a un gemito,
misto alla
parola: «Arthur!»
Aveva impiegato diversi
minuti per
tornare abbastanza in sé da poter ammettere di essersi appena fatto una
delle migliori
scopate della sua vita. Probabilmente al numero due del podio, dopo il
magnifico sesso che Arthur gli aveva donato, dopo che Eames ha
rischiato di
morire per un lavoro, anni fa a New York.
Subito dopo Arthur aveva
detto sopra
di lui, sedato e grondante di sudore: «Eames, non sono più arrabbiato.»
«E ci credo!» aveva
ribattuto lui, scatenando
le sue risa.