Il
Gioiello del Vaticano
Capitolo
1 - Il
Papa
Nei tarocchi,
la carta del Papa rappresenta fecondità di pensiero che genera il
sapere, la
conoscenza. È saggezza, sacralità, divinazione, gnosi. Indica fede e
religione,
meditazione e modestia.
Al negativo, però, riflette rancori nascosti, fanatismo. Può generare
intolleranza e ribellione.
«I
nostri uomini hanno avuto
successo!», esclamò Lupo Mercuri, spalancando le porte che conducevano
ai bagni
del Vaticano. «Sforza è morto».
Dietro
di lui, Francesco Pazzi alzò gli occhi al cielo per tutto quel baccano,
poco
aiutato dalle proteste delle guardie alle sue spalle che intimavano i
due
ospiti di lasciare Sua Santità in pace.
Papa
Sisto, al contrario, non sembrò troppo infastidito dalla visita.
Abbandonò con
non curanza il ragazzino con cui si stava intrattenendo nella vasca ed
uscì a
grandi passi per raggiungere i due uomini. Alzò appena una mano in
alto, per
congedare le guardie all’ingresso della stanza, ed aspettò di vederle
uscire
prima di proseguire la conversazione. A quel punto, riportò la sua
attenzione
su Francesco Pazzi.
«Firenze è pronta ad accogliere,
Vostra Eminenza», rispose immediatamente il fiorentino, capendo che
quello
sguardo era una tacita domanda. «Credetemi», aggiunse, inchinandosi per
poter
baciare l’anello papale.
Nel
mentre, il cardinale Mercuri afferrò la veste del papa, e lo aiutò ad
indossarla.
«Come lo sapete?», domandò Sisto,
con diffidenza.
«Abbiamo un informatore alla corte
di Lorenzo», rispose prontamente Lupo, sistemando con cura il pesante
abito
riccamente decorato.
«E cos’altro sapete?», chiese ancora
il papa, per nulla convinto.
«I Medici stanno organizzando un
Carnevale, nel patetico intento di ingraziarsi il popolo», proseguì il
fiorentino, portando le mani dietro alla schiena in una posa rigida e
solenne. «Sono
deboli, ma cercano di distogliere l’attenzione della gente con
frivolezze del
genere», aggiunse, con un’espressione seccata.
«Santità…», si intromise Lupo
Mercuri, con un sorriso tutto elettrizzato che non fece altro che
infastidire
ancora di più Sisto. «È la vostra occasione per colpire», aggiunse
sottovoce,
come un bambino che non aspetta altro che il permesso per giocare.
In
tutta risposta, il papa sbuffò infastidito: più che una discussione su
mosse e
tattiche politiche, gli sembrava di avere a che fare con dei ragazzini.
Non si
fidava nemmeno un po’ di quei due piccoli scagnozzi, e sapeva che una
missione
di quel calibro necessitava di tutt’altra guida.
Come
se qualcuno gli avesse letto nel pensiero, le guardie fuori dalla porta
bussarono cinque colpi, il segnale prestabilito che annunciava l’ospite
ancor
prima di aprire l’ingresso.
«Prego», rispose lui subito, sapendo
che la soluzione a cui stava pensando era proprio lì fuori.
Il
portone di legno massiccio si aprì con un lieve cigolio, e fu subito
seguito
dal suono di passi lenti e misurati sul marmo della sala.
I
due ospiti si voltarono confusi ed incuriositi, mentre Sisto si lasciò
sfuggire
un sorrisetto soddisfatto.
«Signori…», esordì il papa, con una
nota di fierezza. «Vi presento uno dei più preziosi gioielli del
Vaticano».
L’ospite
appena entrata si concesse un leggero sorrisetto compiaciuto, mentre
raggiungeva il piccolo gruppetto. Una volta di fronte a Sisto, accennò
un
inchino, ma nemmeno un gesto tanto umile scalfì minimamente il suo
atteggiamento fiero ed altezzoso.
Né
le vesti completamente nere, tratto distintivo della divisa del
Vaticano e
spezzate solo dal candido simbolo della Chiesa cucito sul petto, né i
capelli
raccolti in un’elaborata ed austera acconciatura, né tanto meno la
spada o lo
stiletto nella cintura… Niente di tutto ciò intaccava minimamente la
sua
bellezza o la sua femminilità. Lo sguardo, vispo e fiero, manifestava
tutta la
sua sicurezza, e sarebbe stato capace di soggiogare chiunque in un
battito di
ciglia.
«Santo Padre», disse la giovane
donna, con decisione.
In
risposta, l’uomo sollevò una mano e la indicò ai due uomini suoi
ospiti.
«Mia nipote, nonché contessa, Gemma
Riario», affermò l’uomo, con un ghigno soddisfatto.
Un
po’ sorpreso, Francesco Pazzi chinò di poco la testa in un cenno di
saluto. Al
contrario, il cardinale Mercuri si improvvisò un gentiluomo e si
inchinò per un
galante baciamano. Con ogni probabilità, un modo come un altro per
ingraziarsi
Sua Santità, vista la fierezza mostrata nei confronti della giovane
donna.
«Ho sentito parlare
meravigliosamente di voi», proseguì il cardinale, con un sorriso
d’adulazione,
ma la contessa non si scomodò a rispondere se non con un cenno
d’assenso del
capo.
«Una donna, Vostra Santità?»,
domandò invece Francesco Pazzi, senza fare nulla per celare il suo
scetticismo.
«Vi consiglio di non sottovalutarla»,
ribatté prontamente Sisto, indurendo il tono della voce. «È una delle
armi
migliori a disposizione della Santa Romana Chiesa».
«Non è mai saggio lasciarsi
ingannare dalle apparenze», aggiunse la contessa Riario, con un sorriso
di
finta gentilezza che sicuramente non celava una nota di ammonimento.
Intuendo
che la situazione si stava evolvendo a suo sfavore, il fiorentino finse
la
migliore delle espressioni di accondiscendenza, e si sforzò di
compiacere papa
Sisto.
«Sicuramente possedete l’elemento
sorpresa», rispose l’uomo, annuendo. «Una tattica inusuale, ma molto
interessante».
Gemma
Riario era ben abituata a reazioni e commenti di quel tipo, e nel corso
degli
anni aveva imparato a farsi scivolare addosso ogni diffidenza da parte
di
altri: presto o tardi, tutti si rendevano conto di quale enorme sbaglio
fosse
crederla innocua, e la soddisfazione di vedere le loro espressioni
farsi
intimorite, nel realizzare quanto in realtà fosse pericolosa, era
un’ottima
ricompensa.
«Avrete presto prova del mio valore,
non dovete temere», rispose la contessa, con un sorriso di finta
cortesia.
A
quell’affermazione, sia Francesco Pazzi che Lupo Mercuri si voltarono
verso
papa Sisto, l’espressione del volto vagamente confusa in una tacita
richiesta
di spiegazioni.
«Sono certo che mia nipote sarà un
aiuto più che valido nel nostro piano contro i Medici», spiegò il papa,
sistemandosi meglio la veste addosso. «Qualcosa in contrario, per
caso?»,
aggiunse poi, in una domanda assolutamente retorica.
«No, certo che no», risposero
prontamente i due, suscitando in Gemma un sorrisetto soddisfatto: tali
a quali
a due cagnolini spaventati.
«Dunque datevi da fare», sentenziò Sua
Santità, tornando severo.
«Assolutamente», gli assicurò
Francesco Pazzi.
«C’è un’altra ragione per
affrettarsi», aggiunse Lupo Mercuri, facendosi più cupo. «Il Turco in
questo momento
si trova a Firenze. Cerca il Libro delle Lamine».
A
quelle parole anche Gemma tornò seria e si voltò verso il cardinale.
Sisto
invece, evidentemente infastidito dall’aver nominato quel manufatto
come se la
sua importanza superasse quella di mettere fine alla dinastia de’
Medici,
borbottò qualcosa di incomprensibile e se ne andò a grandi passi.
Prima
di giungere alla porta, però, si voltò un’ultima volta, e scoccò uno
sguardo
freddo e severo proprio verso la nipote. Il cardinale Mercuri e
Francesco Pazzi
si guardarono confusi, ma Gemma aveva capito perfettamente quello che
le era
appena stato ordinato, senza neanche bisogno di una parola. Annuì, e
Sisto uscì
definitivamente dalla sala.
La
contessa, invece, si voltò verso la vasca e piegò le labbra in un
sorriso
impregnato di falsità e sarcasmo, mentre lentamente si avvicinava agli
scalini
lambiti dall’acqua calda, lo sguardo puntato sul giovane ragazzino che
per
tutto il tempo della conversazione era rimasto seduto in silenzio.
«Sono… molto dispiaciuta», mormorò,
piegando leggermente la testa di lato, mentre si immergeva nell’acqua.
«Perché?», balbettò il ragazzino,
con un filo di voce.
La
mano di Gemma scivolò silenziosamente alla cintura e si strinse intorno
all’impugnatura dello stiletto, ma il suo sguardo rimase fisso negli
occhi del
giovane.
«Non avresti dovuto sentire»,
rispose semplicemente.
In
un istante, la sua espressione si fece fredda ed apatica, come se di
colpo
avesse perso qualsiasi capacità di provare emozioni, e rimase tale,
mentre
estraeva l’arma dalla cintura e con un gesto netto tagliava la gola del
ragazzo. La vittima non riuscì ad emettere altro che un gemito
strozzato,
mentre ricadeva nell’acqua, tingendola lentamente di rosso scarlatto.
Gemma
immerse lo stiletto nella vasca, ripulendolo dal sangue, per poi
riporlo nella
cintura con un movimento fluido ed elegante. Si voltò verso i due
ospiti, che
nel frattempo erano rimasti pietrificati di fronte a quella scena, le
loro
espressioni assolutamente gelate.
La
contessa riemerse dalla vasca, e li raggiunse sulla passerella di
marmo, come
se nulla fosse accaduto. Quanto meno, aveva già dimostrato loro quanto
qualsiasi pregiudizio fosse infondato.
«Bene, signori…», esordì Gemma, congiungendo
le mani davanti a sé. «Vogliamo proseguire?»
Angolo
dell’autrice
Che
dire, un buonsalve e un benvenut* a
tutt*!
Sono
nuova in questa sezione, quindi mi presento: piacere, sono Amy e sono
felicissima di potervi introdurre alla storia della contessa Gemma
Riario.
Un
ringraziamento speciale va all’episodio Liberum
Arbitrium, che mi mise la pulce nell’orecchio di “Cosa sarebbe
successo se…?”.
Episodio che, tra l’altro, andò in onda alla fine del 2015, il che dà
una vaga
idea del tempo che ci ho messo nel realizzare questa storia. Ma dopo
tanto
lavoro e una lunga revisione, sono finalmente giunta alla sua
conclusione e
posso pubblicarla. Non vedevo l’ora, giuro!
Dal
momento che questa prima stagione è già pronta, aggiornerò ogni due
mercoledì
con un nuovo capitolo, e facendo un rapido calcolo ci terremo compagnia
per un
discreto periodo di tempo.
Spero
tanto che il primo capitolo vi sia piaciuto, e mi farebbe davvero tanto
piacere
sapere che cosa ne pensate.
Un
bacione grandissimo!
Amy
W. Gildeary
P.S.:
da quando mi è stato fatto notare che gli episodi della prima stagione
hanno
come titolo alcune carte dei Tarocchi, ho voluto seguire lo stesso filo
conduttore. Ragion per cui, all’inizio di ogni capitolo, ci sarà un
piccolo
scorcio sul significato della carta che ha dato il nome ad ogni parte.