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Autore: _BlueLady_    14/09/2018    2 recensioni
[Dalla storia]
"Si dice che le coccinelle siano insetti fortunati.
I gatti neri, invece, portano sfortuna.
Può una coccinella rendere un gatto nero fortunato?
Può un gatto nero portare sfortuna alla coccinella?"
- One-shot in due atti -
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tout Pour Moi
 
~ 1. MON CHATON – L’ERREUR ~
 
Un battito d’ali, flebile come un respiro.
Accarezza l’aria, discreto come un’ombra.
Accarezza il vento, lasciandosi cullare.
Solletica le palpebre. Le dischiude un poco.
Non si vede altro che luce tutt’attorno.
Eppure fa freddo.
 
“… nette!”
- Dove…dove sono?-
 
Terribilmente freddo.

“Marinette!”
Dormire… ho solo bisogno di dormire.
 
Lasciatemi sola a riposare in questo limbo ancora un po’.
 
- Svegliati, Marinette!-
 
È la sensazione di un attimo.
Una scossa elettrica corre lungo la spina dorsale.
 
“Sono sveglia” vorrei rispondere. Ma i muscoli sembrano non voler collaborare.
 
Spalanco gli occhi. La luce tutt’intorno mi acceca.
 
Per quanto tempo ho dormito?
Anni? Ore? Minuti?
Non lo so più.
 
So solo che vedo bianco.
Come un manto di neve che intrappola la città nel suo silenzio ovattato.
Bianco.
Ed una zazzera di capelli biondi poco distante.
 
- Bentornata, Principessa…-
 
Mi accoglie con le labbra tirate in un sorriso.
No.
A pensarci bene, somiglia di più ad un ghigno.
 
- Chat Noir…?-  mi si annoda la voce in gola. Gracchia, quasi l’avessi lasciata sopita per un tempo indefinito.
Lui digrigna i denti.  È così diverso dallo Chat Noir che conosco.
Mi rialzo in piedi a fatica, barcollante.
Ho ancora addosso il mio costume.
Ma lui è diverso.
Lui… è bianco.
Bianco è il colore della purezza, no?
 
Tossisce. Sghignazza. Sputa.
 
È così grottesco, a vederlo meglio.
Accende in me un sentore di diffidenza.
- Chat Noir, sei… sei tu?-
Si avvicina. Mi abbraccia. Quasi mi toglie il fiato
- Oh, Principessa…-
Tossisce. Ghigna. Sospira.
 
- Chat Noir…?-
Mi sfiora con un artiglio. Corre lungo la guancia, si sofferma sulle labbra.
Scuote la testa, beffardo.
- Non più – lo sento sussurrarmi, ed un brivido raggelante mi corre lungo la schiena.
 
Cosa diamine ti è successo, Mon Chaton?
 
***
Il gatto è un animale sadico.
Gioca con le sue prede, le pungola e le tortura, fino al limite dell’esasperazione.
Non s’accontenta di vederle contorcersi, ma le stuzzica ancora ed ancora, sotto il soffice tocco delle sue zampe di velluto.
Il gatto è un animale subdolo.
Ama qualunque cosa sia più piccolo ed inafferrabile di lui.
Adocchia da lontano qualsiasi essere capace di guizzargli veloce sotto lo scintillio delle sue pupille feline, e lo aggancia con lo sguardo.
Lo segue, quatto quatto, con passo felpato, fino a che non lo ha sotto tiro. Poi attacca.
Il gatto è un animale crudele.
Tortura la propria preda fino a che non cessa di ribellarsi inerme sotto la lama dei suoi artigli.
Il gatto…
Anche la più piccola tra le coccinelle dovrebbe imparare a temere i gatti.
 
***
 
Quel giorno Parigi crepitava nel caos. La città pullulava di pianti e urla. La folla correva impazzita in ogni dove, traffico bloccato, fuoco, fumo, acqua, grida.
Papillon aveva sedotto la sua ultima vittima, sfruttando la disillusione dei suoi desideri infranti per creare il suo ultimo soldato. E quella volta era più deciso che mai a vincere.
LadyBug e Chat Noir si ritrovarono per la prima volta a combattere un nemico più grande di loro. L’Akuma era scaltro, veloce, ed aveva doti nascoste che ancora non aveva mostrato loro.
- Abbiamo bisogno di un piano, e alla svelta – digrignò i denti LadyBug, dopo una serie di colpi andati a vuoto, pronta a chiamare a sé il Lucky Charm.
- Ti seguo, MyLady – affermò Chat Noir senza la minima esitazione, avendo piena fiducia nella sua compagna di avventure.
Ai due bastò guardarsi negli occhi un istante, per capire cosa fosse necessario fare.
Tempestivamente LadyBug si scagliò contro il nemico, mentre Chat Noir preparava il suo cataclisma per chiudere i conti.
- Chat, ORA!- esclamò la coccinella, mentre quello caricava il braccio, pronto a colpire.
Ma l’Akuma, quella volta, era preparato a qualsiasi imprevisto.
Accadde tutto in un istante.
Nell’esatto momento in cui Chat Noir pronunciava la sua formula di distruzione, troppo in fretta perché potesse anche solo accorgersi di cosa stava succedendo, l’Akuma sfruttò i poteri del suo strumento posseduto per tentare un ultimo colpo, prima di vederselo sottrarre dalle mani da una scaltra LadyBug, concentrata nella ricerca della farfalla nera per purificarla.
- Cataclisma!-
Gli artigli fenderono l’aria veloci, silenziosi, voraci, un guizzo simile ad una scossa elettrica, squarciando il cielo, ed incontrando un ostacolo inaspettato lungo la propria traiettoria.
Chat Noir in un primo momento sgranò gli occhi disorientato, la presa ancora su un bersaglio non definito, ma non appena un lampo di lucidità gli attraversò la mente, non poté fare a meno di inorridire terrorizzato nel riconoscere davanti a sé un paio di iridi cristalline che l’osservavano con sguardo vacuo, inespressivo, quasi domandandogli il perché del suo gesto impulsivo.
Gli artigli vibrarono di sconcerto, mentre Chat Noir ritraeva la mano che aveva voluto usare come arma contro il nemico quasi avesse appena toccato un getto di acqua bollente. Inorridì nel riscoprirsela umida, grondante di un liquido denso dai toni scarlatti che già aveva preso a gocciolare sul pavimento circostante.
Per un attimo, il tempo parve fermarsi. La nebbia che gli aveva ottenebrato la mente in un momento di sconcerto si dissipò, mentre la risata sadica dell’Akuma, un’eco disperso nel vuoto prima di dissolversi, si trascinava via con sé gli ultimi residui del suo artificio, rivelando alla luce del sole l’orrore di ciò che aveva appena fatto.
- M-MyLady…?-
Ritta in piedi di fronte a lui, con sguardo vacuo ed una voragine sanguinante aperta nel petto, stava LadyBug, i frantumi dell’arma utilizzata dall’Akuma ancora in mano.
La stessa LadyBug che, senza neanche aver avuto il tempo di pensare, si stava ora accasciando al suolo inerme, senza neanche avere il tempo di domandargli perché.
- C-Chat Noir…- sibilò in un flebile sussurro, prima che le iridi si spegnessero del tutto, ed il corpo si raggomitolasse su se stesso ormai privo di forze.
- No!- strillò Chat Noir in preda alla disperazione, un grido di orrore a riempirgli le tempie e le orecchie, andandogli ad avvelenare l’anima e contorcergli il cuore.
-No, no, no, no, NO!-
Per un istante gli parve che una voragine volesse inghiottirlo da un momento all’altro. Avrebbe voluto piangere, urlare, distruggersi con i suoi stessi artigli, ma non riuscì a fare alto che restare fermo nel suo sgomento, inchiodato ad osservare ciò che restava della sua MyLady mentre l’orlo della maschera della ragazza cominciava a svanire, rivelandone pian piano i lineamenti nascosti sotto di essa.
- LadyBug, no!- strillò impotente, singhiozzando di fronte a quella vista, lanciandosi su di lei mentre il sangue le colava ancora copioso dal petto, ed afferrandola poco prima che rovinasse a terra con un tonfo sordo, fredda, inerme e priva di forze.
Dai frammenti sbriciolati che la ragazza teneva ancora in mano, una farfalla nera si liberò indisturbata, fluttuando nell’aria, disperdendosi all’orizzonte.
Chat Noir percepì le membra della fanciulla rammollirsi tra le sue braccia, mentre ormai il processo di trasformazione era compiuto, e agli occhi del ragazzo finì per rivelarsi la vera identità della ragazza che aveva da sempre amato in silenzio, e che aveva finito per ferire a morte.
In un primo momento quella vista lo accoltellò più di saperla ormai priva di vita tra le sue braccia.
Si disse che quello era il frutto di un crudele scherzo del destino. Non stava accadendo realmente, non a lui. Per un istante desiderò con tutto se stesso essere vittima di un’illusione.
Ma la sensazione di quel corpo caldo che percepiva minuto dopo minuto scivolargli dalle dita ed il volto pallido ed inespressivo di Marinette, gli fecero capire quanto in realtà quell’incubo fosse reale.
A Chat Noir per un istante parve crollargli il mondo addosso. Si sentì deriso, preso in giro, distrutto, perso.
Strinse il corpo della ragazza contro il suo petto, coccolandosela quasi nell’illusione che bastasse quello a farla restare ancora con lui, a farla desistere dal lasciarlo, in preda ai lamenti, accecato di disperazione.
 
***
Se mai una coccinella dovesse incrociare un gatto per la sua strada, chi sarebbe il primo a notare l’altro?
Chi, tra i due, azzarderebbe la prima mossa?
La coccinella ha le ali, ma il gatto è scaltro.
Può ostacolare il suo volo in un battito di ciglia.
Si dice che le coccinelle siano insetti fortunati.
I gatti neri, invece, portano sfortuna.
Può una coccinella rendere un gatto nero fortunato?
Può un gatto nero portare sfortuna alla coccinella?
 
***
 
- Adrien, c’è una cosa che devo confessarti –
Come le sembrava piccola, quel giorno, immersa in una paura più grande di lei. La vedeva mordersi il labbro inquieta, schivare lo sguardo, contorcersi e ritorcersi le dita le une tra le altre.
Per un attimo la sua insicurezza aveva spaventato anche lui. Che cosa voleva dirgli di così importante da metterla così in agitazione?
A vederla così, pareva una brutta notizia. Di quelle che ti lasciano spiazzato, senza fiato, incapace di reagire.
Reclinò la testa di lato, dubbioso.
Possibile che ciò che aveva da dirgli fosse così terribile?
- I-io… ecco… - la vide deglutire a fatica, in preda al panico. Poteva quasi percepire il cuore scalpitarle feroce in petto - Sono legata a te da tanto tempo. Ad essere più precisa, da quando mi hai prestato l’ombrello, in quel giorno di pioggia a scuola-
Improvvisamente, in un barlume di lucidità, la gola gli si seccò.
“No…” pensò per un istante.
Marinette proseguì a fatica, incespicando nelle parole.
- Il tuo gesto è stato così spontaneo e disinteressato, che mi ha profondamente colpita. E man mano che ho avuto l’opportunità di conoscerti, ho imparato ad apprezzare sempre di più questo lato di te. Ed ecco, i-io…-
Man mano che ascoltava le parole uscirle di bocca, Adrien cominciò a capire dove la ragazza volesse arrivare. Per un istante si irrigidì, senza essere sicuro di voler ascoltare il seguito di quel discorso impacciato che l’amica stava pian piano componendo.
Deglutì: davvero avrebbe dovuto lasciarle continuare il suo discorso, o sarebbe stato più opportuno fermarla prima che fosse troppo tardi?
“Marinette “ avrebbe voluto dirle “io non sono quello che credi”
La ragazza di fronte a lui sospirò, tesa e rossa di emozione. Ciò che gli stava confessando le costava una certa fatica, glielo leggeva negli occhi.
- I-io c-credo di essermi i-innamorata di te, Adrien. Sei così gentile, buono, onesto, sensibile. Hai tanto da dare agli altri, ed il tuo altruismo non fa che accendere in me ancora più ammirazione nei tuoi confronti.  I-io… - sospirò, la bocca impastata - Non c’è giorno che non pensi a te –
Terminò la frase con il fiatone, e gli occhi lucidi, quasi avesse appena scalato una montagna.
Adrien restò impassibile, confuso, incapace di reagire.
Non seppe dire se sentire quelle parole uscire impacciate dalla bocca dell’amica lo riempissero in un certo qual modo di orgoglio e felicità, o se al contrario gli facessero talmente male da bruciargli gli occhi di rassegnazione.
Marinette era una ragazza speciale, ed assolutamente unica nel suo genere, ma inconsapevolmente non amava che una piccola parte di ciò che lui era realmente, una semplice facciata.  Ciò che era andava oltre l’essere gentile e disponibile con tutti. Lui sapeva essere petulante, a volte, saccente, ed anche un filino irritante.
Gli piaceva avere sempre la battuta pronta, anche se in pubblico spesso non lo dava a vedere.
Amava sentirsi libero, padrone delle proprie azioni, agire contro gli schemi.
Semplicemente, oltre che Adrien, lui era anche Chat Noir. Con indosso la maschera, nonostante i panni da eroe, poteva permettersi di essere un semplice ragazzino di quindici anni, volubile e testardo, come tutti quelli della sua età. Non si sentiva perfetto. Non era più Adrien Agreste. Era semplicemente se stesso.
E sapeva benissimo di doverlo tenere nascosto, perché rivelarlo a qualcuno, a Marinette, avrebbe significato mettere in pericolo la vita delle persone a cui voleva bene.
Senza contare il fatto che nulla poteva rimpiazzare il posto che LadyBug aveva ormai occupato nel suo cuore. Lo sapeva benissimo, come sapeva bene che continuare ad amarla lo avrebbe fatto soffrire. Era pur sempre una sconosciuta di cui conosceva poco e niente. Ma con indosso la maschera, poteva permettersi di innamorarsi di chiunque, eccetto di chi faceva parte della sua vita da ragazzo normale.
La sua MyLady era riuscita a penetrargli a piccoli passi nel cuore, finendo per occuparlo tutto quanto, senza lasciare spazio ad altro. Ammirava la sua forza, il suo coraggio, il suo cadere e rialzarsi sempre più determinata, sempre più forte.
Certe volte moriva dal desiderio di sapere chi si celasse sotto la maschera di quella fanciulla intrepida, ma dall’altra parte aveva paura. Perché anche sotto la maschera di LadyBug batteva il cuore di una semplice adolescente parigina, e scoprirne l’identità avrebbe significato comunque esporla al pericolo, sebbene meno indifesa di quello che poteva essere una semplice ragazza come Marinette.
Che lo volesse o meno, il suo amore era destinato a restare nell’ombra. Almeno finché ci sarebbe stato ancora da combattere. Almeno finché ci sarebbe stato ancora qualcuno da proteggere.
“Oh, Marinette... perché proprio io?”
Lo avrebbe voluto. Avrebbe voluto davvero trovare un posto nel suo cuore per Marinette che non fosse semplicemente legato ad un profondo senso di amicizia. Ci avrebbe anche potuto provare. Ma sapeva che, anche con tutta la buona volontà del mondo, convincersi di ricambiarla soltanto per non vederla soffrire lo avrebbe fatto sentire ancora più in colpa di quanto non lo fosse già.
Si era imposto che nulla avrebbe dovuto interferire con la sua doppia vita. E rifiutare Marinette, in un qualche modo, significava adempiere ai suoi doveri di eroe, e proteggerla da un male ancora più grande di una semplice delusione d’amore.
Sentì il cuore rimpicciolirsi sotto il peso dei suoi stessi pensieri.
Se soltanto avesse potuto dirglielo…
Perché l’amore doveva essere così crudele?
La sentì ridacchiare, fortemente imbarazzata.
- So che tutto questo può sembrarti inverosimile e patetico, ma…-
- Marinette – la interruppe, prima che potesse dire altro.
Le sgranò gli occhi timorosa, quasi sapesse già cosa aspettarsi.
- Mi dispiace tanto, ma… non posso ricambiarti. Anche io sono innamorato di qualcuno –
“Vorrei tanto che fossi tu” si ritrovò a pensare, con un nodo alla gola.
Avvertì il cuore di lei sbriciolarsi non appena ebbe terminato di pronunciare quelle parole, ed istintivamente percepì il suo stringersi in una morsa che gli mozzò il respiro per un istante.
Notò le ciglia vibrarle sotto il colpo del suo fendente, e le pupille dilatarsi nel disperato tentativo di ricacciare indietro le lacrime che avevano cominciato a bruciarle gli occhi.
Abbassò lo sguardo, sentendosi terribilmente meschino e sporco dentro. Non lo meritava, Marinette, tutto quel dolore. Non meritava lui il suo amore non corrisposto.
- Ah… - l’udì sospirare, come per incassare il colpo – M-ma certo! M-mi dispiace di averti detto una cosa così stupida –
Se soltanto avesse potuto spiegarle…
- Marinette…-
- N-non preoccuparti per me. Sto bene –
Ma nei suoi occhi percepiva tutto il dolore di quella verità sibilata tra i denti.
Avrebbe voluto abbracciarla e sussurrarle quanto gli dispiacesse. Ma sapeva che così facendo le avrebbe creato un dolore ancora più grande.
L’osservò correre via, mentre già le lacrime avevano preso a scorrerle in volto, senza riuscire a proferire nient’altro per costringerla a restare.
Andava bene così, dopotutto. Se si fosse comportato diversamente, l’avrebbe solo disillusa. Marinette era una ragazza forte e straordinaria. Avrebbe avuto tutta la vita davanti per dimenticarsi di lui.
 
***
 
- Marinette…- le soffiò affranto, tra le lacrime, carezzandole il volto con quegli artigli che prima erano stati artefici del suo delitto e scostandole i capelli dalla fronte quasi ad accertarsi che fosse realmente lei – Non lasciarmi. Perdonami, ti prego. Non lasciarmi… ho bisogno di te –
Se soltanto lo avesse saputo… ma come poteva biasimarla per averglielo tenuto nascosto?
Avrebbe voluto distruggere il mondo intero, e disintegrarsi lui stesso.
Tutto quel dolore, tutto quel senso di colpa desiderò potessero schiacciarlo fino a ridurlo in poltiglia.
L’aveva rifiutata con l’intento di proteggerla, e aveva finito per ferirla più di quanto avesse già fatto.
Perché il destino ci prendeva così gusto a prendersela con lui?
- Che cosa ti ho fatto…- mormorò tra le lacrime, inorridendo di nuovo alla vista della profonda ferita che solcava il petto della ragazza – Perché, Marinette?  Svegliati, ti prego… resta con me…-
Ma il volto pallido di Marinette sembrava volergli sbattere a tutti i costi in faccia la crudeltà del suo delitto.
Chat Noir strinse i denti, ed affondò il volto tra i capelli corvini della fanciulla inerme tra le sue braccia.
- Perché non me lo hai mai detto? MyLady… - una fitta al cuore parve lacerarglielo in due – Volevo proteggerti… lo avevo promesso…- sussurrò ancora tra le lacrime, mentre il solco gli apriva il cuore a metà, inghiottendo ogni cosa e tuonandogli nelle tempie.
In un giorno soltanto le aveva strappato via la felicità di innamorarsi, e la possibilità di farlo ancora, ricucendo a poco a poco i lembi del suo cuore a brandelli. Come poteva vivere con un simile rimorso?
Non era giusto. Non era giusto che fosse lei a pagare per tutti i suoi errori.
Non era giusto pagasse per essere stato un insensibile cuore di pietra.
Per aver giudicato tutto ancora come uno stupido gioco.
Per non aver saputo riconoscere il pericolo, quando era ancora in tempo per fermarsi.
Merinette doveva vivere. Per chi le voleva bene, per se stessa. Doveva vivere per rinnamorarsi, sbattendogli in faccia quella felicità sopra cui lui aveva sputato senza il minimo riguardo. Doveva vivere per dimostrargli quanto fosse forte. Doveva vivere per farlo innamorare ciecamente, perdutamente, come non aveva mai amato prima, e distruggergli il cuore un istante dopo, ripagandolo con la stessa moneta. Doveva vivere per crescere, sperimentare, conoscere il mondo.
Parigi avrebbe sicuramente fatto a meno di Chat Noir. Ma senza LadyBug, sarebbe stata persa.
In cuor suo, ne era pienamente consapevole.
E del resto lui si sentiva perso, all’idea che lei lo lasciasse per sempre.
Maledetto Papillon, maledetti Miracoulous. Se tutto quello non fosse mai esistito, a quest’ora certamente avrebbe accolto la dichiarazione di Marinette come si attende la pioggia dopo una siccità durata troppo a lungo, e l’avrebbe fatta felice per sempre. Liberi da qualsiasi maschera, libero di amare.
Avrebbe barattato in quello stesso istante un minuto da supereroe con una vita assieme a Marinette.
Al diavolo le responsabilità, l’identità segreta, e il dovere di salvare il mondo.
Tutto il suo mondo era lì, e gli stava lentamente morendo tra le braccia.
Perché, perché, maledizione?
- Perché lei, e non io?!-
In un istante, la vista gli si appannò. La risata di Papillon prese ad echeggiargli nelle orecchie.
Aveva rinunciato a Marinette per LadyBug, ed ora le aveva perse entrambe.
Quanto poteva far male? Quanto bruciava la consapevolezza di essere stato l’artefice di quel misfatto?
- Svegliati, ti prego – le sussurrò ancora, ricevendo in risposta soltanto la vista del volto pallido e scarno della ragazza incosciente, ed il suo flebile respiro che si affievoliva a poco a poco.
- Marinette!- la chiamò ancora tra le lacrime, stringendosela ancora una volta al petto – è colpa mia… è soltanto colpa mia…-
Soffocò un lamento che gli parve volerlo distruggere dall’interno, percependo il corpo della ragazza farsi sempre più freddo.
- Ti ho persa, Principessa…-
Nei paraggi, una piccola farfalla nera assetata di vendetta, subdola e silenziosa, sfiorò con la punta delle ali una superficie dorata poco distante, trovando in essa la porta perfetta dove trovare rifugio, e nutrirsi indisturbata nella sua nuova dimora.
 
***
 
Angolo Autrice:
Hi, everybody!
è la prima volta che pubblico una storia su questo fandom, e a dirla tutta sono anche un pò insicura di aver creato qualcosa di decente, ma come si suol dire "chi non risica non rosica", dunque eccomi qui, ad espormi al giudizio di chiunque voglia lasciarmi un parere.
Premetto che si tratta di una One-Shot a due capitoli. I motivi di questa scelta essenzialmente sono due: primo, perchè pubblicarla tutta in una volta sarebbe stata decisamente molto lunga da leggere, e visto e considerato che non sono nemmeno sicura di quello che ho partorito, facciamo che uccidervi tutti al primo colpo anche no. Secondo, perchè ho deciso di adottare due punti di vista differenti nel corso della scrittura, capirete poi leggendo la seconda parte perchè (ma sì, do già per scontato che qualcuno prenda in considerazione questa cosa xD).
Come potete vedere, la struttura della fic è complessa. Tanti cambi scena, tanti sbalzi temporali. Non mi è mai capitato di fare una cosa simile, ma considerando tutto quello che volevo raccontare, e che volevo contenere tutto in una one-shot, questo è il modo più efficace che ho trovato per farci stare tutto. Spero sia quantomento comprensibile... D:
Perchè una scelta simile, vi domanderete voi. La verità è che, in un mio periodo di fissazione su LadyBug e ChatNoir, ho trovato una serie di immagini interessanti che sono state particolarmente di ispirazione per questa storia.
Ma non posso anticipare nulla, perchè se mai qualcuno volesse leggere anche il secondo capitolo, non voglio rovinargli la sorpresa. Penso che alcuni eventi siano facilmente intuibili, ma spero di lasciarvi comunque una piccola sorpresa.
E niente, spero davvero di non aver combinato un pasticcio, e di avervi incuriositi almeno un minimo. Lascio al prossimo capitolo i commenti più seri.
Intanto, grazie a chi mi leggerà. Ogni critica o parere sarà bene accetta!
Baci sparsi

_BlueLady_
  
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