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Autore: Thiliol    22/09/2018    0 recensioni
Eren è un elfo, ma non ha mai conosciuto altri elfi come lui. Brodd, un panettiere di Esgaroth, lo trovò ancora in fasce vicino a un torrente l'anno in cui il Drago fu scacciato dalla Montagna, e lo ha allevato come un figlio.
Silevril è figlio di una Noldo della Casa di Feanor e di un Telero di Alqualonde, e porta il nome della Gemma più luminosa di Arda.
Così diversi eppure così simili, entrambi cercano di scoprire se stessi, la differenza fra il loro vero io e l'immagine che gli altri gli attribuiscono.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Necessario antefatto: uno dei protagonisti di questa storia è l'elfo Silevril, a sua volta protagonista di una mia storia precedente Il Tesoro di Ulmo in cui fra varie peripezie, un rapporto burrascoso con i suoi genitori e una passione erotica nei confronti di Finrod Felagund, instaura anche una relazione-non relazione con Laer, una ragazza umana sulla ventina che fa la contrabbandiera sulla nave del suo padre adottivo. Poichè Silevril è una persona disturbata con un sacco di problemi alla fine scarica malamente la povera Laer spezzandole il cuore. Dopo circa 50 anni i due si sono rivisti, Silevril si è rifatto avanti, ma ha ricevuto miseramente picche da una Laer sposata con due figli. Questo è ciò che vi serve sapere per poter andare avanti con questa storia, che è in ogni caso abbastanza slegata dal resto e in cui gli altri personaggi protagonisti della saga in cui si inserisce non saranno presenti se non nominati qualche volta. 

Spero che questo prologo vi incuriosisca e che vi invogli a leggere anche il seguito che cercherò di aggiornare in tempi umani. Lasciate una recensione positiva o negativa che oltre a far piacere fa anche migliorare.
Questa  storia, inoltre, è dedicata ad Hareth e alla piccola Maia.




Herenyon



Prologo





Mio caro Finrod,



quando riceverai questa mia lettera, io non sarò più su questa terra già da molto ormai. Il tempo che mi rimane è poco, le forze mi abbandonano sempre più rapidamente e dettare queste poche parole a mio nipote mi costa una fatica che non avrei mai creduto possibile, ma è necessario.

Sono passati molti lunghi anni da quando mi salvasti la vita, in quella cantina buia di Minas Tirith. Sessanta? Sì, credo che siano sessanta, ma non riesco a esserne certa ormai, e il tempo sembra scorrere molto lento e molto veloce , tanto che non so più che giorno è.

Non che sia importante, certo. Deve sembrare così la vita a chi è immortale, me lo domando spesso. Lo domando a te, anche se non potrò udire la tua risposta.

Non sai quanto io ti sia grata per l'amicizia che mi hai dimostrato, per le lettere che mi hai scritto, per le visite che mi hai fatto, a me che non ero nessuno se non una sciocca ragazzina ferita dalla vita. Davvero, ti ho voluto più bene di quanto possa mai esprimere a parole e voglio dirti addio, con le mie ultime forze.

Ma non è solo per questo che ti sto scrivendo. Certo lo saprai, come al solito, sei sempre riuscito a leggere in profondità dentro di me, meglio di quanto non facesse nemmeno il mio caro Galmoth.

Non so come altro fare se non passare attraverso di te, amico mio, per rintracciarlo.

L'ultima volta che lo vidi, anni addietro, fui brutale, credo. Per quanto fosse necessario, è stato sempre come un'ombra nel mio cuore. Ho amato mio marito, più di quanto non si possa esprimere a parole, ma se è possibile amare due persone allo stesso tempo allora io ho amato Silevril e lo amo ancora. Ti prego di dirglielo, quando lo vedrai, e di dirgli addio per me.



Per sempre tua amica,



Laer

   
 
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