Ormai era diventata una prassi quasi
quotidiana.
Sempre più spesso Rumpelstiltskin si
posizionava davanti al grande specchio incorniciato d'argento e usava
la magia per visualizzare Regina.
Attraverso quel sistema, l'aveva
praticamente vista crescere. Per undici anni aveva spiato,
all'insaputa di Cora, molti istanti delle sue giornate di bambina:
l'aveva vista muovere i primi passi incerti, non senza qualche
ruzzolone che le riempiva gli occhioni bruni di lacrime prima di
lasciare il posto ad un'espressione fiera e determinata, come se
quella di non finire lunga distesa sul pavimento fosse una serissima
sfida personale; aveva assistito ai suoi iniziali maldestri tentativi
di montare Ronzinante, il destriero che suo padre le aveva regalato
per il settimo compleanno, per poi seguirla nell'evoluzione che
l'aveva portata a diventare un'eccellente cavallerizza. Spesso era
stato involontario (o forse non troppo) spettatore delle ramanzine
che sua madre le riservava quando, a suo dire, la piccola non si
comportava come si conveniva ad una futura nobildonna del suo rango;
più di una volta erano volati anche brutti schiaffi che arrossavano
le gote candide di Regina che, in quelle occasioni, si rifugiava
nella propria camera oppure tra le braccia amorevoli del padre Henry.
Rumpelstiltskin non poteva evitare di
stringere i pugni e digrignare i denti ogni volta che assisteva a
questi spettacoli. Non gli piaceva affatto vedere la bimba trattata
in quel modo orribile dalla sua madre senza cuore, in senso
letterale, e spesso si era soffermato a chiedersi come sarebbero
andate le cose se Cora non avesse preso quella drastica decisione e
avesse tenuto fede all'accordo per il quale avrebbe dovuto dargli una
figlia sua. Rumpelstiltskin si biasimava e si dava dello sciocco
sentimentale ogni volta che la sua mente si posava su quelle assurde
fantasie, ma in quegli anni non aveva potuto impedirsi di immaginare
se stesso nei panni del padre di Regina. L'avrebbe amata come aveva
amato Bae? E sarebbe stato in grado di scindere l'amore paterno e i
sentimenti dai piani che aveva in mente per il suo futuro?
E in quei momenti si rispondeva che
forse, dopotutto, era stato meglio così. Per lanciare il Sortilegio
Oscuro, occorreva pagare un prezzo molto alto, ovvero rinunciare a
ciò che più si amava. Sarebbe mai stato in grado di condannare la
sua stessa figlia a quel crudele destino? Probabilmente no, e dunque,
in fondo, era un bene che egli non fosse legato a Regina da un
vincolo d'amore tanto potente come il legame padre-figlia.
Eppure si era sempre sentito afferrare
da un intenso moto di tenerezza per quella bambina; fin dalla prima
volta che aveva usato lo specchio magico e l'aveva vista dormire
placidamente nella sua culla, quando non aveva più di qualche mese e
non era lunga neanche la metà del suo braccio. In effetti, trovava
molto piacevole osservarla durante il sonno; gli trasmetteva un
gradevole senso di pace e al tempo stesso di fervente aspettativa per
il ruolo imprescindibile che quell'innocente bimba addormentata
avrebbe ricoperto nel suo disegno per ritrovare Baelfire.
Man mano che gli anni passavano e
Regina cresceva, diventando sempre più bella, l'impazienza di
Rumpelstiltskin aumentava allo stesso ritmo.
Ormai sintonizzare lo specchio sulla
frequenza della sua vita per poter strappare qualche fugace visione
frammentata non gli bastava più. Voleva conoscerla di persona.
Voleva guardarla dritta in quegli occhi
scuri e intelligenti, sentire il suono della sua voce e stringere
quelle mani che un giorno avrebbero stritolato il cuore della persona
a lei più cara e compiuto, sotto la sua sapiente guida, molte altre
azioni aberranti.
Ma ci sarebbe stato tutto il tempo di
trasformare la piccola Regina nella donna dal cuore pieno di dolore e
rabbia che avrebbe lanciato il Sortilegio Oscuro. Per il momento,
Rumpelstitlskin si sarebbe accontentato di conoscerla nella sua
genuina e ignara innocenza di undicenne, giusto per appagare la sua
curiosità e avere la conferma che sì, la pedina più importante del
suo piano era reale, in carne ed ossa.
E così, anche quel giorno di fine
marzo, il Signore Oscuro prese posizione di fronte allo specchio e
praticò l'incantesimo che gli consentiva di intrufolarsi da
spettatore silenzioso nella vita di Regina.
Davanti ai suoi occhi apparvero le
scuderie del maniero dei Mills; la ragazzina era intenta a strigliare
la lucente criniera di Ronzinante e Rumpelstiltskin vide che accanto
a lei era stata preparata una sella dall'aria pregiata e
confortevole.
Era evidente che Regina si stesse
preparando per una gita a cavallo, magari lungo uno dei sentieri che
percorrevano la rigogliosa foresta che costeggiava la proprietà dei
suoi genitori.
In quel momento, un'idea iniziò a
solleticare la mente del folletto. E se si fosse casualmente
fatto trovare proprio nel bel mezzo del percorso che Regina avrebbe
seguito? Le avrebbe dato un'occhiata, magari si sarebbe travestito e
l'avrebbe salutata, forse avrebbe perfino scambiato con lei qualche
parola sul tempo o altre sciocchezze innocue... dopodiché se ne
sarebbe tornato al suo castello, la sua curiosità sarebbe stata
appagata e nessuno avrebbe saputo che lui e la bambina si erano
incontrati, men che meno Cora.
Più i minuti passavano, più questo
pensiero si faceva intrigante e, alla fine, Rumpelstiltskin decise di
assecondarlo, così afferrò il suo mantello da viaggio e si
smaterializzò in una nuvola di fumo violaceo per ricomparire quasi
all'istante proprio al centro della foresta, a portata d'orecchio nel
caso fosse sopraggiunto un cavallo al trotto nelle vicinanze.
Il Signore Oscuro si sistemò il
cappuccio del mantello sul capo in modo da nascondere buona parte del
suo volto bestiale, si appoggiò al tronco di un albero, incrociò le
braccia e attese un segno qualunque della presenza della sua piccola
cavallerizza.
Passò una buona mezz'ora, e di Regina
non vi era ancora nessuna traccia. In compenso, il cielo si era fatto
scuro e nubi minacciose sovrastavano le chiome degli alberi. Ogni
tanto si udiva un sommesso brontolio di tuoni in lontananza.
Rumpelstiltskin iniziava a pensare che,
visto il temporale imminente, Regina avesse cambiato idea e avesse
deciso di rimanere a casa. Si ripromise di attendere ancora dieci
minuti e se la bambina non si fosse fatta viva, allora se ne sarebbe
tornato al Castello Oscuro e magari avrebbe tentato l'impresa
un'altra volta.
Ma ecco che, poco dopo, la tempesta si
abbatté con furia su tutta la foresta. Iniziò a piovere a dirotto e
il bagliore dei lampi illuminava a giorno il sottobosco, accompagnato
da un fragoroso concerto di tuoni.
Ormai era chiaro che quel giorno Regina
non sarebbe passata di lì. Era inutile rimanere ad inzupparsi di
pioggia e Rumpelstiltskin stava per smaterializzarsi quando, nel
baccano del temporale, udì un grido poco distante. Un grido che
avrebbe potuto essere quello di una ragazzina spaventata.
Il Signore Oscuro si diresse svelto
verso il punto della foresta da cui si era levato quel suono e poco
dopo la vide: Regina in groppa a un Ronzinante imbizzarrito che
lottava disperatamente con le redini per mantenere il controllo
dell'animale, chiaramente terrorizzato dalla tempesta.
Ma i suoi sforzi non ebbero successo
perché il cavallo s'impennò improvvisamente sulle zampe posteriori
e Regina venne sbalzata via dalla sella e cadde a terra con un gemito
di dolore, mentre Ronzinante fuggiva al galoppo tra gli alberi.
Una frazione di secondo dopo, un
fulmine si abbatté proprio sulla quercia che sovrastava Regina e un
grosso ramo precipitò verso di lei, minacciando di travolgerla e
schiacciarla sotto il suo peso.
Rumpelstiltskin stava già per compiere
un incantesimo che neutralizzasse quel pericolo quando Regina sollevò
le braccia verso l'alto e il grosso ramo si disintegrò in mille
piccole schegge di legno che si sparpagliarono tutt'intorno. Subito
dopo, la ragazzina crollò al suolo priva di sensi.
In un batter d'occhio, Rumpelstiltskin
fu al suo fianco e si chinò su di lei per verificare le sue
condizioni. Fortunatamente, non sembrava nulla di grave; aveva preso
una brutta botta alla spalla nella caduta e forse si era slogata una
caviglia, mentre la perdita di conoscenza era probabilmente dovuta
allo spavento e allo sforzo di evocare la magia per distruggere quel
ramo, perché di questo si trattava anche se il Signore Oscuro era
certo che la bambina avesse solo agito d'istinto e non intendesse
davvero praticare un incantesimo anzi, aveva il forte sospetto che
Regina nemmeno sapesse di possedere poteri magici.
Ad ogni modo, il temporale non
accennava ad arrestarsi o a diminuire d'intensità, anzi la pioggia
aveva preso a scrosciare ancora più impetuosa. Non potevano restare
lì, esposti a quelle intemperie. Regina aveva bisogno di cure e i
suoi abiti erano già tutti zuppi d'acqua gelida.
Rumpelstiltskin la sollevò
delicatamente tra le braccia e l'avvolse nel suo mantello che, grazie
alla magia, si era mantenuto caldo e asciutto, dopodiché si diresse
con passo sicuro verso un luogo in cui sapeva avrebbero potuto
trovare riparo almeno fino a quando la tempesta non fosse cessata.
La grotta non era di grandi dimensioni.
Si estendeva per pochi metri in profondità e larghezza ed era
impossibile per un adulto ergersi in piedi al suo interno, cosicché
si era costretti a rimanere seduti o con la schiena incurvata per non
sbattere la testa contro il soffitto naturale di roccia.
Ma quell'ambiente angusto non veniva
raggiunto né dalla pioggia né dal vento, che non avevano alcun modo
di penetrare attraverso la stretta apertura.
Rumpelstiltskin aveva adagiato la
ragazzina, ancora svenuta, sul suolo di pietra levigata della
caverna, si era tolto il mantello e gliel'aveva steso sopra a mo' di
coperta. Sospettava che si sarebbe ripresa nel giro di un'ora o due
al massimo, così usò la magia per far apparire un piccolo
fuocherello che illuminò la grotta e spanse un gradevole tepore al
suo interno.
Infine, Rumpelstiltskin sedette con la
schiena appoggiata alla parete di roccia e si mise ad attendere
pazientemente il risveglio di Regina, riflettendo sull'estemporanea
dimostrazione di magia che la bambina gli aveva inconsapevolmente
offerto poco prima.
La violenza con cui quel grosso ramo
era esploso era un chiaro segno di quanto potere scorresse nelle vene
di quella bambina. Una simile potenza a quell'età non era affatto
cosa di tutti i giorni. Certo, Regina non sapeva ancora controllarsi
per piegare i suoi poteri magici alla propria volontà, ma quello
sarebbe stato compito suo. Al momento opportuno, lui l'avrebbe
guidata sulla strada che il destino aveva già tracciato per lei, e
allora sarebbe diventata una delle streghe più potenti che fossero
mai esistite. La più potente di tutta la Foresta Incantata.
Come Rumpelstiltskin aveva previsto,
circa un'ora dopo il loro arrivo nella grotta, Regina si mosse piano
sotto il mantello e aprì lentamente gli occhi, portandosi una mano
alla testa con un mugolio sommesso. Si sentiva confusa e frastornata,
inoltre avvertiva un dolore sordo in tutto il corpo, come se fosse
stata percossa da decine di bastoni.
Si puntellò faticosamente sui gomiti e
dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima che la testa
smettesse di girarle e riuscisse a mettere a fuoco ciò che la
circondava.
Si guardò intorno meravigliata, ignara
di come fosse arrivata in quella caverna dall'atmosfera tutto sommato
resa quasi accogliente e intima grazie al bel fuoco che ardeva
accanto a lei e che, chissà come, non sprigionava fumo. Dalla
piccola fessura nella roccia che costituiva l'entrata della grotta
poteva scorgere una piccola lama di luce rossastra e udire i suoni
della foresta. Doveva essere già tardo pomeriggio.
A un tratto ricordò ogni cosa: la
tempesta improvvisa che l'aveva sorpresa durante la cavalcata,
Ronzinante che la disarcionava, la caduta, il fulmine, il ramo che
stava quasi per travolgerla... evidentemente doveva aver perso i
sensi perché da quel momento in poi la sua memoria era un buco nero.
Ma qualcuno doveva averla aiutata... magari un guardiacaccia che
passava per quel sentiero e l'aveva portata in quel rifugio di pietra
nel ventre della terra, o forse un nano... si diceva che conoscessero
ogni spelonca e ogni caverna del regno grazie al loro lavoro di
minatori.
Lo sguardo le cadde allora sul mantello
che l'avvolgeva come una coperta. Lo tastò e lo accarezzò
delicatamente con le mani. Era soffice al tatto e straordinariamente
caldo. Non era suo quindi doveva appartenere alla persona che l'aveva
soccorsa e, a giudicare dalla misura, l'ipotesi che si trattasse di
un nano era assolutamente da scartare.
Proprio in quel momento, dal taglio
nella parete di roccia spuntò uno strano uomo che le sorrise: - Ah,
finalmente ti sei svegliata, dearie. -
Lo sconosciuto si scostò una ciocca di
capelli ondulati dal volto e Regina si sentì gelare quando vide la
pelle verdastra e squamosa che luccicava sinistramente alla luce
delle fiamme, per non parlare degli occhi ferini e spiritati che
assomigliavano più a quelli di un rettile che di un essere umano, le
sue mani poi erano dotate di lunghi artigli neri dall'aria sudicia.
La ragazzina fece per balzare in piedi
e tentare di fuggire ma un dolore lancinante alla caviglia destra le
mozzò il fiato e lei cadde di nuovo a terra con una smorfia e un
gemito.
L'uomo le s'inginocchiò accanto e la
trattenne gentilmente per le spalle per impedirle di riprovare a
mettersi in piedi. - Non muoverti, dearie. Hai la caviglia slogata,
devo sistemartela prima che tu possa alzarti. -
Rumpelstiltskin notò l'espressione
impaurita e sgomenta di Regina, allora addolcì il tono della voce e
cercò di tranquillizzarla: - Non devi aver paura di me. Non voglio
farti del male, al contrario. -
La bambina parve leggermente più
calma, anche se ancora diffidente nei confronti del suo inquietante
salvatore.
- Allora... siete stato voi a portarmi
qui? -
Lui annuì. - Ti ho vista cadere da
cavallo. Eri a terra, completamente priva di conoscenza. Pioveva a
dirotto e così ti ho presa in braccio e portata in questa grotta. Ma
ora lasciami dare un'occhiata a quella caviglia. -
Ancora un po' riluttante, Regina si
tolse lo stivale da cavallerizza serrando i denti per la fitta di
dolore che avvertì a quel gesto, poi si scostò un poco per lasciare
che l'uomo misterioso le esaminasse il piede, sgradevolmente gonfio e
livido.
Rumpelstiltskin pose delicatamente una
mano sul punto nevralgico e Regina avvertì immediatamente una
piacevolissima sensazione di frescura. Strabuzzò gli occhi quando si
accorse che le dita dello sconosciuto brillavano di un bagliore
violaceo ma non si ritrasse; aveva l'inspiegabile certezza che
chiunque egli fosse, non avesse nessuna intenzione malvagia nei suoi
confronti.
Dopo pochi secondi, Rumpelstiltskin
ritirò la mano e Regina scoprì con sorpresa che il dolore era
scomparso e la caviglia era tornata perfettamente sana.
- Ma... come avete fatto? -
Lui sogghignò: - Non è ovvio, dearie?
Ho usato la magia. -
- Magia? Allora siete un mago o uno
stregone? - domandò la ragazzina, la voce venata di nuovo di una
nota diffidente e sospettosa.
- Sì, una specie... diciamo. Anzi,
permettimi di presentarmi: io sono Rumpelstiltskin, al tuo servizio.
-
Non potendo alzarsi in piedi a causa
del soffitto basso, il folletto si proferì in una sorta di mezzo
inchino. Sulle labbra di Regina si dipinse un sorriso: - Io sono
Regina. Regina Mills. È un vero piacere, signore. -
Così dicendo, gli tese il braccio con
grazia così come aveva visto fare a sua madre Cora ogni volta che un
gentiluomo si presentava al suo cospetto.
Rumpelstiltskin rimase interdetto per
un attimo, poi avvolse la manina di lei nelle sue e vi depositò un
lievissimo e rapidissimo bacio sul dorso.
- Sapete, - proseguì la ragazzina, che
ora sembrava molto più a suo agio, - anche mia madre sa usare la
magia, ma a me non piace per niente quando lo fa. Finisce sempre per
fare del male agli altri... o a me. -
Una cortina di amarezza calò dietro
gli occhi color nocciola di Regina, scurendoli fin quasi a farli
diventare due pozzi neri.
Rumpelstiltskin annuì, comprensivo. -
Sì, conosco tua madre, dearie. -
Lei lo fissò, stupita. - Davvero? -
Il folletto si strinse nelle spalle. -
Be', l'ho conosciuta tanto tempo fa ma ora sono anni che non la vedo.
Ad ogni modo, so che è una donna... complicata. Non dev'essere
facile per te vivere con una madre come lei. -
Regina fece un cenno di assenso e
abbassò lo sguardo, mesta. - In effetti, a volte vorrei solo che se
ne andasse e non tornasse mai più. Vorrei che lasciasse da soli me e
papà. Con lui è diverso, lui mi capisce ed è sempre gentile. Non
si arrabbia mai... la mamma invece... -
Rumpelstiltskin non aveva bisogno di
udire il resto della frase per capire ciò che Regina stava pensando.
Aveva assistito fin troppe volte alle sfuriate di Cora nei confronti
della figlia e provò un moto di compassione per la bambina che gli
sedeva accanto e scrutava il fuoco con espressione triste.
- Credimi, dearie. Per quanto tua madre
possa essere un tipo... difficile, non c'è niente di peggio di un
genitore che scelga di abbandonare il proprio figlio. Sono sicuro che
non pensi sul serio quello che hai detto. -
Regina arricciò le labbra, un gesto
che aveva ereditato da sua madre e che Rumpelstiltskin aveva avuto
modo di osservare molte volte quando ancora i suoi rapporti con Cora
erano... intimi.
- Ad ogni modo, - disse il folletto,
per distogliere la mente da quei ricordi, - poco prima che ti
svegliassi ero uscito dalla grotta per accertarmi che avesse smesso
di piovere e ho trovato una cosa che credo possa interessarti. Vuoi
venire a dare un'occhiata? -
Incuriosita, Regina annuì e si alzò
con cautela, testando le condizioni della propria caviglia e
constatando con piacere che quella reggeva perfettamente il suo peso
senza causarle neanche il minimo fastidio.
Rumpelstiltskin se ne accorse e ghignò
di nuovo: - Avevi dei dubbi riguardo al mio incantesimo di
guarigione, dearie? Potrei quasi ritenermi offeso, sai. -
Regina arrossì vistosamente: - Oh, no!
Certo che no! Volevo solo... essere sicura di riuscire a reggermi in
piedi. -
Il Signore Oscuro condusse la bambina
fuori dalla grotta e il viso di lei s'illuminò di gioia quando si
accorse che il suo cavallo era legato ad un albero lì vicino e
brucava l'erba in tutta tranquillità.
- Ronzinante! - gridò, correndogli
incontro e accarezzandogli la criniera, ancora umida e pesante di
pioggia. - Stai bene? Sei ferito? - chiese, studiando l'aspetto
dell'animale in cerca di eventuali graffi o segni di lesioni.
- Non preoccuparti, dearie. Si è solo
preso un bello spavento, come te, del resto. L'ho trovato che vagava
qui intorno e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere rivederlo. -
Regina si voltò verso di lui con un
sorriso radioso, poi gli corse incontro e gli saltò al collo. -
Grazie! Grazie! -
Rumpelstiltskin rimase impietrito,
tutti i sensi del suo corpo acuiti e all'erta come se fosse stato
appena attaccato da una belva feroce anziché abbracciato da una
felicissima e riconoscentissima bambina di undici anni.
Quando Regina mollò la presa senza
smettere di sorridergli, il folletto si lisciò la giacca di pelle di
drago con fare impacciato. - Ehm... bene, direi che è ora che tu
torni verso casa, dearie. I tuoi genitori saranno preoccupati. -
Lei arricciò di nuovo le labbra, come
se la prospettiva di tornare a casa fosse meno allettante rispetto a
quella di rimanere nel bosco con quell'eccentrico sconosciuto
dall'aspetto di rettile, ma poi pensò a suo padre Henry e a quanto
si sarebbe allarmato non vedendola rientrare prima di sera e decise
di fare come Rumpelstiltskin le aveva suggerito. Slegò Ronzinante
che la seguì docilmente e s'incamminò lungo il sentiero.
Il Signore Oscuro l'affiancò e rimase
con lei fino a quando non furono in vista della magione dei Mills.
Regina continuò a chiacchierare allegramente per tutto il tragitto;
parlò della sua vita, di suo padre, raccontò della sua passione per
i cavalli, e del figlio dello stalliere con cui ogni tanto si metteva
a chiacchierare quando sua madre non era a portata di sguardo.
Naturalmente Rumpelstiltskin era già al corrente di tutto grazie ai
suoi metodi di spionaggio non proprio ortodossi, ma gli fece comunque
piacere ascoltare il suono della voce vispa della bambina.
Quando raggiunsero il limitare della
foresta, Rumpelstiltskin si fermò. - Temo che le nostre strade si
dividano qui, dearie. -
Lei gli rivolse uno sguardo deluso. -
Ma come? Non volete venire almeno a prendere un tè? Voi mi avete
salvato la vita e i miei genitori vorranno di certo ringraziarvi di
persona, e poi avete detto che non vedete mia madre da tanto tempo.
Sono certa che le farà piacere una vostra visita! -
Rumpelstiltskin scoppiò in una risata
del tutto priva di gioia. - Ho dei forti dubbi in proposito, piccola!
-
Allora Regina gli prese le mani e lo
guardò con espressione supplichevole. - Per favore. Per favore,
Rumpelstiltskin, fermatevi solo per un attimo. -
Lui si sorprese a sorridere di fronte a
quella bonaria ruffianeria che è propria dei bambini che cercano
disperatamente di ottenere qualcosa dagli adulti ma scosse la testa
con decisione. - Mi dispiace tanto, Regina, ma non credo che sarei il
benvenuto e comunque devo tornare al mio castello, ho molto lavoro da
fare. -
La bambina si arrese e annuì, mogia.
- Oh, quasi dimenticavo! - esclamò il
folletto e, così dicendo, infilò una mano nel piccolo tascapane che
portava legato alla cintura e ne estrasse una fialetta contente un
fluido trasparente che porse alla ragazzina.
- Questa è una pozione
anti-raffreddore. Sei rimasta sotto la pioggia e al freddo per un bel
po' e rischi che ti venga la febbre. Bevi questa e starai benissimo.
Non farai neanche uno starnuto. -
Le strizzò l'occhio e lasciò che
Regina studiasse il liquido con occhio curioso.
- Ti conviene berla subito, dearie.
Altrimenti potrebbe non fare effetto. -
Rumpelstiltskin le diede le spalle e
fece per inoltrarsi nuovamente nel folto della vegetazione.
- Aspettate! -
Il folletto si voltò di nuovo verso la
bambina, che si morse il labbro e si dondolò un pochino sui piedi,
incerta se pronunciare a voce alta la domanda che la tormentava.
Alla fine optò per il sì: - Vi rivedrò un giorno? -
Rumpelstiltskin sorrise di nuovo, con
l'aria furba di chi la sapeva lunga. - Oh, sì, dearie. Mi rivedrai
molto presto. -
Anche se non ti ricorderai di me.
Il Signore Oscuro
si appostò nell'ombra di un cespuglio e si assicurò che Regina
sorbisse la pozione fino all'ultima goccia. Naturalmente non si
trattava affatto di una cura preventiva per il raffreddore, ma di un
potente filtro dell'oblio che il folletto teneva sempre con sé, per
ogni evenienza.
Osservò la
ragazzina guardarsi intorno con aria spaesata per qualche istante,
per poi salire in sella a Ronzinante e partire al trotto in direzione
della grande casa, canticchiando spensieratamente tra sé.
Aveva funzionato.
Cora non avrebbe
mai saputo della sua piccola visita a Regina e i fatti di quel giorno
sarebbero rimasti un segreto di cui lui sarebbe stato l'unico
custode.
Quell'incontro
clandestino si era rivelato molto più utile di quanto il folletto si
sarebbe aspettato; oltre ad essersi sincerato delle enormi
potenzialità magiche di Regina, si era anche reso conto del
pericolosissimo sentiero che egli aveva ingenuamente intrapreso ormai
da tempo e, ora che finalmente ne aveva preso coscienza, sarebbe
tornato sui propri passi, sulla retta via.
Una volta tornato al Castello Oscuro,
Rumpelstiltskin non ebbe dubbi sul da farsi. Afferrò una lancia
strappandola a una delle armature che ornavano le pareti della sala
dell'arcolaio e, con una calma glaciale a dispetto del gesto che
stava per compiere, distrusse tutti gli specchi che possedeva,
mandandoli in frantumi uno ad uno e provocando un clangore che fece
volare via un paio di spaventatissimi corvi che si erano appollaiati
sul davanzale della finestra.
Alla fine di quella drastica opera di
distruzione, il Signore Oscuro si ritrovò ansante al centro della
stanza, circondato da frammenti di specchio di ogni forma e
dimensione nei quali il mondo si rifletteva in tanti brandelli
distorti.
Gettò a terra la lancia e si lasciò
cadere su una poltrona accanto al camino, massaggiandosi le tempie e
maledicendosi per essere stato così stupido da cadere nella solita
vecchia trappola dei sentimenti e delle emozioni.
Quel giorno, mentre si prendeva cura di
Regina nella grotta e la osservava dormire avvolta nel suo mantello,
qualcosa si era risvegliato prepotentemente in lui; un mostro silente
ma caparbio contro cui aveva lottato per anni e che pensava di aver
finalmente sconfitto: la sua umanità.
Si era crogiolato troppo a lungo nelle
infinite ore che, negli ultimi undici anni, aveva trascorso seguendo
la crescita di Regina, e poco importava che continuasse a ripetersi
che il motivo di quella sua ossessione fosse esclusivamente legato
alla parte che ella avrebbe avuto nel suo piano per ritrovare Bae.
Senza neanche rendersene conto, era arrivato al punto di non
considerarla più una mera pedina della sua scacchiera ma una
persona, una persona a cui, suo malgrado, aveva finito per
affezionarsi. Ne aveva avuto conferma proprio quel giorno, quando il
sorriso della bambina gli aveva sciolto un po' del ghiaccio in cui il
suo cuore era intrappolato da molto tempo e il suo abbraccio così
sincero, così spoglio da ogni secondo fine o interesse gli aveva
provocato un brivido caldo e piacevole lungo la schiena.
Non poteva permettersi un altro momento
di debolezza come quello, mai più. Era troppo pericoloso per la
missione in cui si era impegnato solennemente la fatidica notte in
cui lui e Baelfire erano stati separati; aveva giurato a se stesso
che non si sarebbe dedicato a nient'altro e non avrebbe amato nessun
altro fino a quando lui e suo figlio non fossero stati di nuovo
insieme.
L'affetto che si era insediato nel suo
animo per Regina avrebbe potuto mettere a rischio tutto ciò per cui
aveva lavorato duramente tutti quegli anni.
Ma aveva imparato la lezione: non
avrebbe mai più cercato di intrufolarsi nella vita della ragazzina
lasciando che il veleno infido dei sentimenti attecchisse nel suo
cuore, inoltre avrebbe rispettato il suo piano originario, ovvero
aspettare che Regina crescesse per iniziare a farle da maestro e a
trasformarla nella donna rancorosa e vendicativa che avrebbe lanciato
il suo Sortilegio Oscuro.
Doveva riconoscere che, almeno su una
cosa, Cora aveva proprio ragione: l'amore era una debolezza... che
lui non poteva permettersi.
Da Stria93: Hello, dearies!
Eccomi con una nuova storia sul legame
tra Regina e Rumpel. Ho sempre amato il loro rapporto di amore-odio e
mi sono sciolta come un gelato sotto il solleone quando, nella 7x22,
Regina bacia Rumpel sulla fronte, gli dice addio e lo ringrazia per
la sua ultima lezione. :'(
Avrei tanto voluto vedere qualcosa in
più del loro passato comune nella FTL, ma dato che gli autori non ci
hanno accontentati ho dovuto provvedere da sola e quindi ecco a voi
questa shot forse un po' troppo fluffosa, ma tant'è...
Mi auguro davvero che vi sia piaciuta e
grazie a tutti i lettori che spenderanno qualche minuto per questo
mio ennesimo trip mentale.
A presto!