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Autore: Nao Yoshikawa    04/10/2018    11 recensioni
Midoriya sorrise timidamente.
“Niente… forse è stupido”
“Midoriya”
“Va bene, te lo dico”, borbottò. “Ho una fissazione”
“Quali delle tante?”
“Fammi finire! Ti ricordi la questione della nebbia?”
Todoroki aggrottò la fronte. Si ricordava perfettamente di quando Midoriya gli aveva detto che la nebbia aveva fatto nascere in lui il desiderio di visitare un paesaggio inglese, magari una brughiera, al mattino presto, proprio con quella foschia attorno. Desiderio che non aveva ancora accontentato, per motivi abbastanza ovvi.
“Sì, mi ricordo. Ma cosa c’entra questo?”.
Izuku rimase in silenzio qualche secondo, poi alzò gli occhi al cielo.
“Con questi colori caldi, mi è venuta voglia di vedere un lago. Sai, no? Deve essere bello osservare uno specchio d’acqua su cui cadono le foglie. Sì. Vorrei trovarmi proprio lì. Pensi sia fattibile?”.
L’altro lo strinse con maggior vigore. Sembrava di sentir parlare un ragazzino che stava sognando ad occhi aperti. Questo era il suo Midoriya, tanto facile da stupire, tanto facile da amare. Tutto ciò che voleva era esaudire i suoi desideri.
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Questa storia partecipa alla challenge "Fall into Autumn" indetta dal gruppo facebook “Boys love - fanfic & fanart’s world.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sull’acqua le foglie d’autunno


[La fan art qui di seguito è stata realizzata dalla bravissima Tenue, che non smetterò mai di ringraziare <3 ** ]
 

Per Midoriya l’autunno non era solo una stagione, era una sensazione, qualcosa che poteva avvertire sulla pelle, tramite i sensi. Era la frescura nell’aria che gli scompigliava i capelli, erano i colori caldi delle foglie, il cric crac di quest'ultime calpestate sotto le scarpe, i morbidi vestiti più pesanti, il dolce sapore dell’uva e quello stuzzicante della frutta secca. Era tutto ciò ed era incredibilmente bello.
O forse era solo lui ad essere troppo emotivo, quasi bambinesco nella sua incessante ricerca di bellezza in ogni cosa. Todoroki glielo ripeteva spesso, ma amava anche e soprattutto quello di lui. 
Era inizio novembre, la loro casa – quella in cui vivevano da due anni e che avevano ottenuto con tanti sacrifici – era circondata da un giardino in cui troneggiavano degli alberi che probabilmente dovevano essere secolari. I rami erano quasi del tutto spogli. Midoriya osservò l’ultima foglia – era bella, bella, arancione e gialla – cadere al suolo. Da dietro il vetro della sua finestra, il ragazzo stringeva tra le mani una tazza di tè in cui aveva messo almeno quatto cucchiaini di zucchero. Odiava il sapore amaro, preferiva di gran lunga quello dolce. 
Todoroki se ne stava seduto sul divano, stava leggendo un libro. Una pausa di meritato riposo dopo una mattinata stancante. Entrambi frequentavano l'università: Todoroki studiava medicina, per Midoriya invece era un po’ diverso. Dal momento che la sua passione era il disegno, frequentava un’accademia. Ancora ricordava la felicità che aveva provato quando era stato finalmente ammesso. Poiché avevano  delle spese da pagare, era Todoroki quello che lavorava, alla sera. Faceva il cameriere, alle volte anche il fattorino, dei lavori umili ma che consentivano loro di vivere una vita dignitosa. Midoriya lo aveva pregato tante volte, dicendogli di volerlo aiutare, ma prontamente l’altro lo zittiva affermando che non era necessario, che poteva benissimo farcela da solo. Alla fine Izuku ci aveva rinunciato, anche se segretamente cercava sempre qualche lavoro da svolgere. Non era affatto giusto che fosse solo il suo compagno a faticare tanto.
“Umh?”, il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da un certo grigiore: una nuvola aveva adesso coperto il sole, inoltre il vento aveva preso a soffiare. “Ma tu guarda… sono sicuro che adesso pioverà”.
Todoroki fu attratto dal tono gioviale di Midoriya. Richiuse il libro, si alzò e lo raggiunse. Lo abbracciò da dietro, cingendolo stretto e sfiorando con le labbra le ciocche dei suoi capelli. Avere un fidanzato molto più basso era piacevole, senza contare che ciò gli conferiva un aspetto ancora più adorabile.
“Qualcuno qui dovrebbe essere a esercitarsi con i suoi disegni, dico bene?”, sussurrò all’orecchio di Midoriya, il quale arrossì colpevole.
“Sei crudele, Todoroki. Mi sto solo prendendo una pausa. E poi lo sai quanto io ami la pioggia, l’odore di terra bagnata. Romantico, vero?”.
Sorrise, senza che il suo compagno potesse vederlo. Midoriya era dolce, profondo, tenero. Ed era suo, solo e soltanto suo. Todoroki lo strinse ancora più forte, accarezzando la stoffa morbida della maglietta aderente che indossava. Gli posò un baciò su una guancia – le sue lentiggini lo facevano proprio impazzire! - e godette del rossore della sua gote.
Midoriya sospirò, poggiando la testa sulla sua spalla. Le condizioni atmosferiche erano mutate velocemente. Il sole era svanito dietro una coltre di nuvole, la pioggia aveva iniziato a cadere, a battere con forza anche contro il vetro. E le foglie venivano spazzate via dal vento.
“Todoroki, quando avrai una giornata libera?”
“Non lo so in realtà. Perché me lo chiedi?”.
Midoriya sorrise timidamente.
“Niente… forse è stupido”
“Midoriya”
“Va bene, te lo dico”, borbottò. “Ho una fissazione”
“Quali delle tante?”
“Fammi finire! Ti ricordi la questione della nebbia?”
Todoroki aggrottò la fronte. Si ricordava perfettamente di quando Midoriya gli aveva detto che la nebbia aveva fatto nascere in lui il desiderio di visitare un paesaggio inglese, magari una brughiera, al mattino presto, proprio con quella foschia attorno. Desiderio che non aveva ancora accontentato, per motivi abbastanza ovvi.
“Sì, mi ricordo. Ma cosa c’entra questo?”.
Izuku rimase in silenzio qualche secondo, poi alzò gli occhi al cielo.
“Con questi colori caldi, mi è venuta voglia di vedere un lago. Sai, no? Deve essere bello osservare uno specchio d’acqua su cui cadono le foglie. Sì. Vorrei trovarmi proprio lì. Pensi sia fattibile?”.
L’altro lo strinse con maggior vigore. Sembrava di sentir parlare un ragazzino che stava sognando ad occhi aperti. Questo era il suo Midoriya, tanto facile da stupire, tanto facile da amare. Tutto ciò che voleva era esaudire i suoi desideri.
“Può darsi...”, allungò le dita, strizzandogli il naso. “Hai la punta del naso congelata”
“Ah! Todoroki, smettila!”, Midoriya si scostò. “Sei uno scemo”. 
Poi posò la tazza.
“Adesso devo prepararmi per andare a lavoro”, gli sentì dire.
“Ma piove, e se arrivano i fulmini?”
“Salutameli”
“Todoroki!”, borbottò gonfiando le guance. “Lo sai che ho paura. Io non vado a dormire se prima non torni!”.
Todoroki aveva quasi sempre un’espressione seria, ma era in momenti come quelli che la sua perfetta compostezza rischiava di venir mandata all’aria. Sorrise, avvicinandosi a lui e posandogli un bacio sulla fronte.
“Torno presto, stai tranquillo”. 
Quel lieve contatto scaldò completamente Midoriya, il quale prese a sorridere e a guardarlo con due languidi e innamoratissimi occhi da cucciolo.
Poco dopo, Todoroki indossò la sua divisa da cameriere, prese sciarpa, giacca e ombrello. Un ultimo bacio dal sapore della pioggia e se ne andò, mentre il suo compagno rimaneva a guardarlo, ancora sulla porta.
Todoroki avrebbe sempre fatto di tutto per realizzare i suoi desideri, anche quelli all’apparenza più sciocchi. Questo Midoriya lo sapeva.
Il giorno dopo, entrambi i ragazzi avevano lezione. La mattina era molto frenetica, a malapena avevano il tempo di parlarsi, senza contare il fatto che frequentavano due sedi completamente diverse. Midoriya non guidava e quindi gli autobus erano l’unica cosa che potevano salvarlo. Alla fine la cosa non gli dispiaceva neanche troppo, la città in autunno aveva un fascino speciale. 
La sua mattinata durò però meno di quanto si aspettava. A causa di uno sciopero, alcune lezioni pomeridiane erano state cancellate, quindi il ragazzo si era ritrovato, a ora di pranzo circa, senza niente da fare. Pensò che forse avrebbe potuto fare una sorpresa al suo compagno, andando a trovarlo in università. Sì, sarebbe stata una buona idea, contando che gli mancava poi così tanto! Dopotutto i momenti in cui potevano stare insieme erano abbastanza esigui, dati tutti i loro impegni.
Dovette prendere due autobus per raggiungere la facoltà che il suo compagno frequentava. Rischiò di perdersi più di una volta fra tutti quei corridoi e quelle aule – probabilmente perché era un imbranato senza senso dell’orientamento – ma trovò la sua salvezza in Kirishima e Bakugou.
Il primo, allegro, gentile, rosso di capelli, compagno di corso di Todoroki. Il secondo, un biondino nevrotico con l’odio verso il mondo e con qualche piccolo problema a gestire la rabbia, studente di biologia. Erano una coppia di cinque anni, infatti gli stavano venendo incontro mano nella mano.
“Midoriya, ma allora sei proprio tu!”, esclamò Kirishima. “Come stai?”
“Ciao, ragazzi. Bene, sto bene. Le lezioni sono già finite”
“Certo che no, idiota!”, sbottò Bakugou. “Noi studiamo veramente, non come voialtri dell’accademia”
“Bakugou!”, il suo ragazzo gli diede un pizzicotto. “Scusalo, è sempre il solito. Comunque sia, perché sei venuto qui?”
“Niente lezioni pomeridiane per me oggi… così sono venuto a trovare Todoroki”.
Vide Bakugou e Kirishima fare una smorfia.
“… C-cosa?”
“Todoroki oggi non si è presentato a lezione”, affermò il rosso. “Per questo era strano che ti trovassi qui. Non ti ha detto niente?”.
Midoriya avvertì un brivido percorrergli la schiena. Non era da lui fare certe cose, saltare l’università senza avvertirlo. Gli era forse successo qualcosa? La sua ansia incommensurabile gli stava già suggerendo i peggiori scenari, ma scuotendo il capo tentò di liberarsi di quei pensieri malevoli. Dopotutto lo avrebbe già saputo in caso, no?
“Amh… no, non mi ha detto niente”, disse sorridendo nervosamente. “Beh… lo chiamerò per vedere cosa combina. Grazie comunque”.
“Sento odore di guai”, commentò Bakugou senza premurarsi di abbassare il tono.
“Ma almeno vuoi aspettare che si allontani?”, lo rimproverò il suo ragazzo.
Ovviamente Midoriya aveva sentito tutto, ma non ci aveva badato poi molto. Uscito dall’università, pensò bene di chiamare il suo compagno, gli doveva delle spiegazioni .
Il telefono però squillava a vuoto. Nessuna risposta. Riprovò una seconda volta. Ancora niente. Poi mandò un messaggio su whatsapp. Nessuna visualizzazione. Che cosa stava combinando? Se non era morto o in pericolo di vita, l’unica altra alternativa era...
“Ah, no, smettila, smettila!”, disse ad alta voce. “Sono il solito complessato, Todoroki non farebbe mai una cosa come tradirmi. Anche se mi piacerebbe tanto sapere perché non risponde!”.
Il viaggio di ritorno verso casa lo passò piagnucolando e facendo mille congetture. Non solo si sentiva in ansia, ma era anche abbastanza arrabbiato. In genere era di temperamento molto mite e difficilmente si infuriava, ma si stava parlando del suo compagno, quindi non poteva proprio farne a meno. Durante il pomeriggio si dedicò, anche se un po’ distrattamente, ai suoi progetti di disegno, lanciando di tanto in tanto un’occhiata allo schermo del telefono, sempre accanto a lui, nella speranza di trovare una risposta che però non sarebbe arrivata.
Tra una cosa e l’altra, erano arrivate le diciotto. Midoriya era sprofondato nel divano, una tazza non di tè ma di camomilla tra le mani, una sciarpa morbida ad avvolgergli il collo. Fuori il vento soffiava ancora. Era ormai saturo, sarebbe esploso.
Alle diciotto e undici minuti – li aveva contati a posta – Todoroki infilò la chiave nella serratura ed entrò. Si sorprese di trovare il suo compagno lì, con l sguardo vitreo e l’espressione seria.
“Ehi, ma che fai?”, domandò. Non ricevette alcuna risposta. Si avvicinò e gli posò un bacio sulla testa, ma prontamente Midoriya alzò lo sguardo, mostrando la sua espressione nervosa.
“Dove sei stato?”, domandò freddamente.
“Ho avuto lezione fino a poco fa”
“B-bugiardo!”, lo indicò. “Non è vero! Sono venuto a trovarti e Kirishima mi ha detto che a lezione non ti sei presentato!”.
Todoroki aveva spalancato leggermente gli occhi. Probabilmente c’erano delle cose che avrebbe dovuto mettere in conto, tipo quella.
“Ah… ah, sì?”, chiese tranquillo come sempre.
“Non parlarmi con quell’aria indifferente! Non hai neanche risposto alle mie chiamate e ai miei messaggi, pensavo fossi morto!”
“Questo succede anche quando non rispondo dopo appena cinque minuti”.
Adesso Midoriya si era alzato. A braccia conserte e dal basso del suo metro e sessantasei contro il metro e settantasei di Todoroki, lo stava fronteggiando con l’espressione crucciata. Sarebbe stato adorabile in un altro contesto.
“Shouto… dimmi la verità. Dove se stato? Per caso tu… per caso tu mi tradisci?”.
Lo vide alzare gli occhi al cielo.
“Oh, mio Dio. Seriamente pensi questo? No, non ti ho tradito”
“E allora che cosa stai nascondendo?”
“Io… non posso dirtelo”
“Perché no?”
“Perché no. Più avanti capirai”
“Ma io voglio saperlo adesso, dannazione!”, Midoriya adesso era veramente agitato, il suo viso era arrossato. “È davvero così strano che io voglia sapere cosa il mio compagno combini? Soprattutto considerando che sei stato fuori tutto il giorno! Stupido Todoroki, sei uno stupido!”.
L’altro sospirò con pazienza. Purtroppo sapeva bene cosa gli sarebbe toccato: sopportare gli insulti e il continuo borbottare di Midoriya, finché non si fosse calmato.
Izuku dal canto suo non riusciva a darsi pace: che motivo aveva il suo compagno di nascondergli qualcosa? Si erano sempre detti tutto. Non ebbero comunque molto tempo per discutere, visto che Todoroki dovette andare a lavoro, e Midoriya pensò bene di arrotolarsi nelle coperte, nel suo letto. Dopo un po’ il sonno vinse e lui cadde addormentato.
Doveva essere molto tardi quando sentì la porta della camera da letto aprirsi. Todoroki era appena tornato, si era soffermato a guardarlo per qualche istante.
“Sei andato davvero a lavoro o hai combinato altro che non posso sapere?”, chiese Midoriya velenoso, la voce impastata dal sonno. Lui non rispose. E la cosa lo fece arrabbiare ancora di più.
La mattina seguente, Midoriya si era svegliato da solo nel suo letto. Si era guardato intorno per un po’. C’era un silenzio quasi innaturale, quindi Todoroki doveva essere già uscito di casa. Imprecò mentalmente. Era nuovamente scappato per fare chissà cosa, e lui invece era lì, totalmente all’oscuro di tutto. 
Lo stava tradendo, senza ombra di dubbio! Poteva negare quanto voleva, ma tutto riconduceva a quell’unica soluzione.
Cercò anche Kirishima per chiedere se sapesse qualcosa: ovviamente, anche quel giorno, Todoroki non si era presentato a lezione, e il rosso gli aveva giurato e spergiurato di non sapere nulla. Era forse anche lui un complice? Erano tutti contro di lui? Cosa mai aveva fatto di male per meritarsi tutto ciò?
Oh, ma dopotutto di cosa si sorprendeva? Non era strano che qualcuno potesse tradirlo, dopotutto in lui erano più i difetti che i pregi.
Depresso. Era così che Midoriya si sentiva, depresso, ansioso, pieno di dubbi. E anche piuttosto arrabbiato. Il suo compagno gli stava nascondendo qualcosa. Stava sempre fuori casa, tornava il pomeriggio per un paio d’ore e poi di nuovo via a lavorare. O almeno ciò sperava, visto e considerato che non sapeva più cosa pensare.
Ciò aveva portato Midoriya a chiudersi un po’ in se stesso. Offeso per com’era, evitava perfino di parlargli, più che altro conversava con lui per monosillabi. E la cosa più frustrante era che Todoroki non faceva niente per cercare di risolvere la situazione, anzi!
Tutto ciò andò avanti per una settimana circa. L’atmosfera in quella casa non era mai stata tanto fredda e strana, c’era fin troppo silenzio e poco troppo calore. 
La mattina del quindici novembre, Midoriya non fu svegliato dal suono stridente e fastidioso della sveglia. Per prima cosa avvertì i raggi del sole sulle palpebre ancora chiuse. Probabilmente doveva esserci proprio una bella giornata. Poi aveva sentito la voce di Todoroki.
“Midoriya… svegliati”, gli sussurrò.
Il ragazzo aprì gli occhi, piuttosto sorpreso e confuso.
“Umh… eh?”, mormorò. “Ma che ore sono?”
“Le undici”
“Come le undici? Oggi avevo lezione! Perché la mia sveglia è disattivata?!”
“Sono stato io”, affermò l’altro con tranquillità. “Senti… c’è un posto dove voglio portarti”.
Midoriya lo guardò senza riuscire a nascondere il suo sgomento. Cos’aveva in mente? Dopo come si era comportato, si meritava semplicemente di essere mandato a quel paese, ma visto che ciò non era da lui ed era comunque curioso di capire, decise di assecondarlo.
Infilò una giacca pesante e una sciarpa. Nonostante la bella giornata, l’aria era comunque fredda senza però essere fastidiosa.
Il viaggio in auto fu silenzioso. A braccia conserte, Midoriya guardava fuori dal finestrino, osservando lentamente il paesaggio cambiare. Gli bastò poco per capire che si stavano lasciando la città alle spalle.
“Ma dove mi stai portando?”
“Aspetta, adesso vedrai”, gli rispose Todoroki secco, come al suo solito.
Alzò gli occhi al cielo, capendo che non ci sarebbe stato nessun modo per sapere in anticipo cosa gli aspettava.
Todoroki accostò una quindicina di minuti dopo. Midoriya sgranò gli occhi come un bambino davanti ad un negozio di caramelle. Vide il verde sbiadito dell’erba e le foglie, gialle e arancioni, che tappezzavano quest’ultimo in maniera così stranamente ordinata da dare l’impressione di star guardando un dipinto. E poi c’erano degli alberi. Ebbe la sensazione che ci fosse dell’altro.
“Che posto è questo?”, domandò curioso.
Todoroki aprì lo sportello, e senza dire una parola gli porse una mano. 
Lui era così. Di poche parole, schivo, riservato, agiva più con i gesti. Era per questo che Midoriya se n’era innamorato.
Aggrottò la fronte e si decise a intrecciare le dita con le sue e a lasciarsi trascinare. Non si era reso conto, fino a quando non ci si era trovato, che il paesaggio non era pianeggiante, in realtà c’era una discesa. Prima di percorrerla, Todoroki lo fermò.
“Chiudi gli occhi”
“Tutti questi segreti mi mettono ansia! Va bene, li chiudo”, si arrese subito e lasciò che il suo compagno lo guidasse.
C’era un buon odore, lì intorno. E c’era silenzio, fatta eccezione per il verso delle tortore sugli alberi. Le foglie calpestate facevano cric-crac. E la mano di Todoroki era calda.
Si fermarono senza preavviso.
“Posso aprire adesso?”, chiese Midoriya impaziente.
“Va bene, aprili”, asserì l’altro. A quel punto il ragazzo spalancò le iridi verdi e immediatamente si meravigliò. Davanti a lui si estendeva uno specchio d’acqua trasparente che rifletteva perfettamente l’azzurro del cielo. Su esso stavano poi adagiate miriadi di foglie rosse e gialle, le quali galleggiavano, mosse appena da un leggero alito di vento.
Era un’esplosione di colori, calore e vita. Era il paesaggio che tanto aveva sperato di vedere, e adesso era lì, davanti ai suoi occhi.
“Oh, mio… ma è… è… bellissimo”, sussurrò lui. “È esattamente come lo avevo immaginato, anzi, è ancora meglio! Todoroki, ma come hai fatto a…?”
“Ho cercato a lungo e alla fine ho trovato questo posto. Pensavo che ti avrebbe fatto piacere”.
Midoriya divenne serio.
“Infatti… mi fa piacere!”.
Improvvisamente era arrossito ed era anche calato un silenzio imbarazzante che Todoroki stesso ruppe.
“Lì di fronte c’è una panchina. Ti va di sederti?”.
Annuì. 
Quel luogo era sublime, silenzioso, un angolo di paradiso di cui Midoriya si stava beando. La sua mano era ancora intrecciata a quella di Todoroki. Se ne stavano in silenzio, guardando dritto di fronte a loro. 
Era stato così premuroso con lui, ma questo non spiegava di certo il suo strano atteggiamento.
Midoriya si fece piccolo piccolo, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Grazie per avermi portato qui. Dimmi, è per questo che sei stato così assente?”
“Vedo che non te ne sei dimenticato”
“Accidenti, no!”, borbottò. “Come potrei? Non mi piace quando hai segreti con me”.
Nella sua voce c’era un certo tremore. Todoroki a quel punto si alzò, lasciandolo sorpreso.
“Todoroki?”
“In realtà… non è questo il motivo. E non ti ho portato qui semplicemente per accontentarti. In realtà… c’è dell’altro”.
Tremava. Poteva vederlo chiaramente. Lo vide infilarsi una mano in tasca e poi inginocchiarsi.
E il cuore prese a battere tanto forte che probabilmente chiunque lo avrebbe sentito.
“Todoroki?”, sussurrò Midoriya con un filo di voce. “Che cosa stai facendo?”
“È stato difficile, lo ammetto”, cominciò a dire. “Fare finta di niente mentre eri arrabbiato con me mi ha piuttosto provato. Ho perfino chiesto a Kirishima di coprirmi, e mi chiedo anzi com’è possibile che non ti abbia detto nulla. Mi hai chiesto cosa ho combinato ultimamente, no? Ho… lavorato. La sera, come sempre. E anche la mattina, motivo per cui ho saltato le lezioni all’università. Ti chiedi il perché?”, i suoi occhi si erano incatenati a quelli del suo compagno. “Beh… mi servivano un po’ di soldi in più… per poterti donare questo”.
Aprì la piccola scatola in velluto blu che teneva in mano e  ne rivelò il contenuto: un anello sottile, probabilmente in oro bianco. Gli occhi di Midoriya luccicavano.
“Izuku Midoriya. Vorrei che questo luogo e questo momento te li portassi sempre nel cuore. Per questo ti chiedo qui e adesso… vuoi sposarmi?”.
Sembrava aver aspettato di proposito quella domanda per scoppiare in lacrime. Si coprì il viso con le mani, soffocando il pianto. Non era una novità: lui era così emotivo, era facile commuoverlo. Ma in quel caso particolare, la gioia e la sorpresa erano fin troppo incontenibili.
“Midoriya”, Todorokì gli scostò le mani dal viso. “Probabilmente dovevo aspettarmi una reazione del genere”
“Mi dispiace!”, esclamò strizzando gli occhi. “Io… mi sento uno stupido adesso. Ho sospettato di te, mi sono tanto arrabbiato e ho pensato al peggio, quando l’unica cosa che tu hai fatto… è stata impegnarti per me. Mi dispiace, perdonami. Sono uno stupido. Perché? Accidenti”.
Todoroki allora sorrise.
“Mi basta una tua risposta per perdonarti”.
Midoriya si asciugò il viso, gli occhi ancora arrossati. 
Non aveva neanche bisogno di pensarci. Era un sì. Avrebbe detto sempre “sì”.
Annuì.
“Sì, Todoroki. Io voglio sposarti!”.
Dopodiché si chinò e lo abbracciò stretto, lasciando che il resto delle lacrime scivolassero via. L’altro ricambiò l’abbracciò, afferrando poi la sua piccola mano e infilando l’anello.
“Ti sta bene”, sussurrò. Midoriya sorrise, con la felicità negli occhi.
 Le foglie d’autunno sull’acqua stavano facendo da sfondo a uno dei momenti più importanti e belli della sua vita.
Quell’immagine sarebbe rimasta impressa sempre nella sua mente.


NDA
Questa storia partecipa alla Challenge "Fall into Autumn" indetta dal gruppo “Boys love- fanfic and fanart’s world”. 
Uno degli “obblighi” era inserire le parole “autunno” e “Ottobre/Novembre” e penso di averlo fatto anche ben più di una volta XD
Non appena ho letto il tema della challenge sono stata presa in pieno dal fluff, e niente si sposa meglio con il fluff della TodoDeku. Avevo pensato a qualcosa di più angst ,ma… alla fine sono stata brava. L'autunno non mi è mai sembrato tanto dolce **
 Ringrazio il gruppo e spero che questa storia vi piaccia, perché mi ci sono legata molto <3
   
 
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