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Autore: Melomi 1925    18/10/2018    0 recensioni
Il destino a volte può essere cattivo, e con noi lo era stato. Eravamo separati, destinati alla lontananza, divisi in epoche diverse. Quel muro ci ha fatti incontrare, e se è successo è solo perché ci siamo sempre appartenuti. Nulla è come sembra, e le cose si capovolgono velocemente. Una sola decisione può cambiare le nostre vite, e forse quella decisione non spetta a me. "Adesso come faremo?" dissi sentendo un groppo in gola. Harry mi guardò negli occhi e poi mi accarezzò una guancia con la sua mano fredda, non voleva perdermi. "Troveremo un modo per stare insieme. Non ti lascerò andare per niente al mondo." Mi sorrise debolmente forse per rassicurarmi. Ammiravo la sua forza, anche se leggevo sul suo viso tutta la paura possibile. Era arrivato il momento di decidere, di combattere contro le epoche che ci dividevano.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Londra 2018
Quella domenica pomeriggio mi rintanai nella mia stanza, fuori pioveva a dirotto e non avevo la minima voglia di fare nulla. Avevo rovistato tra le vecchie foto di famiglia e ne avevo trovata una molto interessante, che stavo stringendo tra le mani da circa un’ora. Questa ritraeva mio fratello Abel in quello stramaledettissimo palazzo, con addosso una delle divise che portavano le guardie, una di quelle che aveva lo stemma blu al lato sinistro del petto. Ma cosa diavolo significava? E perché mio fratello ne portava una? Furono così tanti i pensieri che mi percorsero la mente, che probabilmente mi sarebbe scoppiata da un momento all’altro. Misi due mani alla fronte come a sostenermi dalla pesantezza di quella situazione. Chiusi gli occhi, ma li riaprii subito dopo, quando mi passò per la testa l’idea di andare a parlare col ragazzo del passato. Forse mi avrebbe potuta aiutare, forse conosceva mio fratello e sapeva dove fosse, forse conosceva più cose di me. Qualsiasi informazione mi sarebbe andata bene.
Così decisi di alzarmi dal mio posto, mi avvicinai alla porta della mia stanza e la chiusi a chiave, prima di calare la scala retrattile che mi avrebbe condotta in soffitta. Salii i gradini con la lentezza di una tartaruga, quasi come se stessi andando alla forca, ed una volta esser giunta in soffitta, presi un respiro profondo e mi posizionai davanti al muro bianco, quello stesso che il giorno prima, senza troppe cerimonie mi aveva catapultata in un altro posto. Cacciai l’aria e senza aspettare un minuto di più, corsi lanciandomi contro la parete, che mi risucchiò.
 
Londra 1887
Stavolta caddi atterrando sul sedere, nello stesso identico posto del giorno prima. Non era cambiato niente, anzi sembrava che il tempo si fosse fermato. Stesso odore, stessa luce, stessa identica biblioteca. Mi alzai velocemente nonostante mi fossi davvero fatta male e mi guardai intorno cercando di ricordare dove fosse l’uscita. Percorsi la pila di scaffali che trovai sulla mia destra, quella che il giorno prima mi aveva condotta in quel suntuoso corridoio, fino a quando vidi apparire davanti a me di nuovo quel grosso portone nero, tanto che sorrisi stupendomi del mio senso dell’orientamento. Uscii cauta da quel posto sperando che nessuno si accorgesse di me, ed iniziai a camminare lentamente sul quel marmo lucido, mi guardai di tanto in tanto le spalle e cercai di tenermi costantemente accanto alle tende, in caso mi fossi dovuta nascondere. Vagai con lo sguardo da destra e sinistra per poi poggiarlo su di una porta dal colore lucido e dalla maniglia d’orata, che cercai insistentemente di aprire, ma sembrava sigillata.
“State cercando qualcosa?” sentii dire alle mie spalle.
Mi bloccai sul posto e sbiancai, mi avevano scoperta. Mi ero rovinata con le mie stesse mani. Quando decisi di voltarmi però, trovai dinanzi a me il ragazzo dagli occhi verdi e dai capelli ricci, che mi stava guardando con un’espressione tutt’altro che felice. Cosa gli avrei dovuto dire? Che ero lì per scovare più verità possibili sulla mia famiglia? Che ero lì per trovare mio fratello morto? No non avrei potuto, così cercai di appigliarmi a qualsiasi altra cosa.
 “Ehm… in realtà” dissi facendo la finta tonta “Credo di aver perso il mio cellulare ieri e quindi sono tornata per cercarlo” spiegai velocemente mostrandogli un mezzo sorriso.
Lui però continuò a guardarmi abbastanza stranito, quasi come se stesse studiando ogni minimo particolare della mia persona. Poi lo vidi corrugare le fronte e mettersi una mano sotto il mento.
“E’ per caso quell’ aggeggio che si illumina e fa rumore?” chiese mordendosi un labbro.
Beh evidentemente non aveva la minima idea di che cosa stessi parlando, ed immaginai che molto probabilmente l’oggetto a cui alludeva era proprio il mio iphone.
“Si è proprio quello, tu per caso lo hai visto?” risposi mettendomi una ciocca dietro le orecchie. Lui annuì prima di rabbuiarsi, e di tirare fuori dalla tasca il mio cellulare.
“Beh eccolo, ma devo darvi una brutta notizia” affermò nervoso.
Strabuzzai gli occhi ed aspettai con impazienza che continuasse a parlare, aveva addosso una camicia slavata, dei pantaloni neri a vita alta e non portava la giacca. Aveva legato i capelli con un nastro, che lo faceva sembrare una ragazzina. Ma rimaneva mozzafiato comunque.
“Ti prego, dimmi che non si è rotto” esclamai cominciando a camminare su e giù per il corridoio “E’ costato una fortuna, mia madre mi uccide se lo viene a sapere” continuai agitata.
Lui si fece più vicino e mi poggiò una mano sulla spalla come a rassicurarmi.
“State tranquilla signorina, troveremo il modo di aggiustarlo. Cercherò il miglior fabbro di corte affinchè ci aiuti” tentò di rincuorarmi gesticolando visibilmente.
Aveva un non so che di affascinante e allo stesso tempo misterioso, rimasi incantata a guardarlo prima di realizzare cose avesse appena detto. Un fabbro? Era per caso impazzito?
“Oh no no, spero tu stia scherzando. Ci penso io” affermai prendendogli il cellulare dalle mani.
Quelle stesse mani che per un istante ebbi il piacere di sfiorare. Erano così pallide e sottili, oltre ad essere calde e morbide.
“Comunque è davvero un piacere fare la vostra conoscenza. Io sono il principe Harry Edward Styles. Voi invece?” disse mettendosi le mani dietro la schiena.
Mi morsi un labbro in imbarazzo prima di rispondergli, mi ritrovavo praticamente dinanzi ad un principe che il giorno prima avevo trattato a pesci in faccia.
“Oh io sono semplicemente Skyler Butler” mi presentai allungando una mano per stringergli la sua, ma al contrario lui la prese e se la portò alle labbra, lasciandole un morbido bacio sul dorso, che mi fece rabbrividire.
“Posso chiedervi da dove venite e soprattutto di che secolo siete?” domandò curioso.
Mi fece sorridere ed intenerire quella sua spigliata curiosità.
“Io vengo dalla Londra del ventunesimo secolo, precisamente siamo nel 2018” spiegai.
Lo vidi strabuzzare gli occhi verdi che si ritrovava, poi aggrottò la fronte e puntò lo sguardo di nuovo sulla mia figura.
“Quindi voi potete viaggiare nel tempo? Avete usato un’apposita macchina?” parlò velocemente tanto che dovetti drizzare le orecchie per non perdere il filo.
“Oh no, ci sono arrivata attraverso il muro” spiegai “Non abbiamo ancora inventato nessuna macchina del tempo” continuai vedendo la sua espressione cambiare notevolmente, forse avevo deluso le sue aspettative.
“Oh capisco” esclamò semplicemente “Beh visto che ho qualche minuto libero dai miei doveri di corte,vi andrebbe di fare un giro nel mio giardino? Ieri ho visto che lo guardavate con occhi sognanti” disse mostrandomi un meraviglioso sorriso.
Io annuii ma, quando lo vidi allontanarsi mi bloccai sul posto. Se qualcuno mi avrebbe vista probabilmente sarei finita nei guai.
“Harry, io penso sia una cattiva idea” esclamai restando ferma al mio posto.
Lui si voltò e fece per dire qualcosa, ma alcuni passi ci distrassero, tanto che mi prese per mano e con uno movimento veloce, fece scattare la serratura della porta che avevo alle spalle.  Ci catapultammo dentro e la richiudemmo restando in silenzio, c’era buio dappertutto e non riuscivo a vedere nulla, ma quando Harry si accinse ad aprire le finestre, rimasi senza parole. Eravamo in una camera da letto, dalle pareti color avorio e dalla bellezza immane. Probabilmente il ragazzo si accorse del mio apparente entusiasmo e scoppiò a ridere.
“Perché ridi?” chiesi incrociando le braccia al petto.
Lui mi fissò ed indico lo spazio che ci circondava.
“Perché siete davvero buffa con quegli abiti, e poi se vi piace così tanto questa stanza, non immagino come potreste reagire nel guardare le altre del palazzo” affermò.
Io buffa? E lui con quella sorta di camicione?
“Comunque, pensate che potrei farlo anch’io? Intendo viaggiare attraverso il muro come fate voi” esclamò tutto d’un tratto diventando serio.
Io non lo sapevo, non sapevo se fosse possibile anche per lui.
“Questo non lo so, ma potremmo provare” spiegai rassicurandolo.
Vidi la sua espressione ammorbidirsi come quella di un bambino a cui vengono promessi i suoi giocattoli preferiti. Era così diverso, così giovane ma allo stesso tempo sembrava così pieno di esperienze e vissuto. Avrei voluto davvero saperne di più su di lui, ero pronta a porgergli qualche domanda, quando però ci gelammo sul posto per la seconda volta.
“Harry, dove siete finito?” sentimmo una voce rimbombare al di fuori della camera.
Il ragazzo che avevo di fronte cominciò ad agitarsi e lo stesso feci anch’io, mi indicò di restare in silenzio prima di mostrarmi una piccola porticina nascosta da una tenda verde bottiglia.
“Prendete questa” disse poggiandomi in mano una chiave “Aprite quella porta ed entrateci, vi porterà in biblioteca. Aspettatemi lì” spiegò spingendomi verso di essa.
Feci come mi aveva detto e quando la serratura scattò, mi ritrovai di nuovo in quel luogo gremito di libri. Avanzai di qualche passo prima di ritrovarmi di nuovo fronte a fronte con la parete bianca. Sospirai ed aspettai spazientita il ritorno di Harry, quel posto a dirla tutta non sembrava poi così male, mi guardai intorno e mi avvicinai ad uno degli scaffali su cui erano posti alcuni libri illustrati. Uno in particolare mi catturò, aveva la copertina rossa e su di essa ci era disegnata una corona, lo presi e cominciai a sfogliarne le pagine, ma fui interrotta da quella soave voce che mi fece vibrare la schiena.  
“Vi piace?” sentii.
Mi voltai di scatto e sorrisi vedendo Harry in tutta la sua bellezza.
“Prendetelo, forse vi aiuterà a capire meglio dove vi trovate. E’ stato scritto dalla mia famiglia molti anni fa” spiegò avvicinandosi “Spero vi possa incuriosire, come ha incuriosito me” sussurrò con la sua voce roca.
Restai ad ascoltarlo per tutto il tempo, e pensai che se fosse stato del mio secolo ci avrei fatto sicuramente un pensierino.
“Grazie” dissi solamente “Ora devo proprio andare, i miei genitori si staranno chiedendo che fine abbia fatto” affermai cominciando a posizionarmi davanti al muro “Comunque ti prego puoi darmi del tu? Mi sento davvero in imbarazzo quando parli in quel modo strano” esclamai facendolo ridere.
“Ma certo. Se questo è il tuo volere” disse alzando le spalle.
Gli sorrisi di nuovo mentre lo vidi fare qualche passo indietro per permettermi di correre e saltare.
“Prometti che ritornerai” esclamò facendomi voltare verso di lui.
Lo guardai intensamente negli occhi prima di stringere il libro tra le mani.
“Lo prometto” affermai prendendo la rincorsa e tuffandomi nel muro.
   
 
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