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Autore: Nat_Matryoshka    07/11/2018    0 recensioni
"Durante una notte di tempesta, un anno dopo la fine della guerra, su Naboo nacque un bambino. Aveva i capelli neri come le nuvole che avevano coperto il cielo per tutto il giorno e occhi brillanti come stelle. Era figlio di una principessa e di una canaglia.
Ben Solo aveva dieci anni quando, nella zona più periferica della capitale, nacque una bambina. I suoi genitori la chiamarono Rey e, una volta che fu abbastanza grande da camminare, la affidarono al Maestro Luke Skywalker, per poi sparire senza lasciar traccia. "

*
[What if || Scritta per la Reylo Fanfiction Anthology 2018, "Two Solitudes That Meet"]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Padmè Amidala, Rey
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 7
 




 
Si premette una mano sul petto per sentire il cuore.

Isolati dall’esterno, le diceva sempre il suo Maestro: focalizzarsi su se stessa e dimenticare per un attimo il resto era l’unico modo per non lasciarsi prendere dal panico. Il battito riuscì a calmarla, inspirò profondamente un paio di volte, ma non tirò un sospiro di sollievo finché non vide la nebbia diradarsi appena e i capelli neri di Ben apparire, poco lontani da lei.

Era fermo, in piedi davanti all’altare, ma quando la ragazza si avvicinò non mostrò di essersene accorto: qualcosa lo teneva talmente impegnato da non farlo nemmeno voltare. Rey sporse la testa per poterlo guardare in viso e notò che fissava un punto davanti a sé, le pupille immobili, quasi vitree. Si guardò intorno, girandosi per capire cosa stesse succedendo, ma nel preciso momento in cui anche lei guardò la pietra bianca dell’altare la luce che emanava la accecò, facendole perdere l’equilibrio…

… poi tutto scomparve.

Che succede?

Si mosse in avanti, incerta, le dita che cercavano spasmodicamente il battito sotto al tessuto bianco della maglietta per tranquillizzarsi. Il paesaggio sembrava lo stesso che li aveva circondati fino a quel momento, ma l’atmosfera era più pulita, meno rarefatta e impregnata di odore vulcanico, limpida: era come se qualcosa sprigionato dall’altare stesso l’avesse trasportata in una dimensione che non conosceva ma che ricordava quella di Mortis… in cui era impossibile orientarsi. Gli alberi sembravano tutti uguali, l’altare non si vedeva più. C’erano solo luce e cielo, e vegetazione imperscrutabile, silenziosa come lo spazio profondo. Si strofinò gli occhi.

Rey Rey Rey Rey Rey…

Di nuovo quelle voci, i piccoli sussurri indistinti che le sfioravano le orecchie, insinuanti. Non appena gli occhi iniziarono ad abituarsi alla luminosità le sembrò di scorgere una figura femminile in lontananza, ferma, che indossava abiti chiari. Si irrigidì, e per un attimo si chiese se fosse meglio avvicinarsi e chiedere aiuto oppure obbedire al suo primo istinto e rimanere lì, in attesa, a studiare i suoi movimenti e capire se si trattasse di una presenza amica o nemica. Ma le voci continuavano, la punzecchiavano, la incuriosivano.

Non aver paura… scopri chi sei, chi potevi essere, chi sarai…

In un attimo, la figura fu davanti a lei, e Rey poté guardarla in faccia, coprendosi la bocca con una mano. Aveva gli occhi a metà tra il verde e il marrone, lentiggini appena accennate sul naso dritto e i capelli sciolti, ma il castano dei ciuffi ribelli era inconfondibile, lo rivedeva ogni volta che si specchiava nel secchio in cui si lavava la mattina.
Stava fissando se stessa, e la sua stessa figura la guardava con interesse, senza parlare.
Eppure non erano perfettamente uguali: la Rey che aveva di fronte indossava un abito beige appuntato su una spalla tramite quella che sembrava una spilla con uno stemma nobiliare. Aveva un aspetto sereno, fiero, di qualcuno che non è stato provato dalla fatica e dai dolori dell’esistenza e le sorrideva con una fiducia che le era estranea. Sgranò gli occhi perché non era possibile, non poteva davvero trovarsi davanti ad un’altra versione di se stessa, e alle spalle della Rey che la osservava apparvero due figure. Un uomo anziano dai capelli bianchi e la barba folta, una donna bionda ed elegante che le faceva cenno di avvicinarsi e posava una mano sul braccio della ragazza. E le voci ricominciavano a sussurrare.  

Obi-Wan Kenobi, tuo nonno. La Duchessa Satine Kryze, tua nonna. Vedi? Questo sarebbe potuto essere il tuo presente.
Guarda nei tuoi occhi.

Osservò le tre figure sorriderle come se la stessero aspettando da ore, e poi i due anziani abbracciare la ragazza mentre la realtà cambiava colore e forma, diventava altro, si apriva come la corolla di un fiore mostrandole la sua spada, impugnata prima dall’uomo anziano e poi da lei, come se le venisse passata un’eredità importante. Il paesaggio si trasformava nell’interno di un palazzo, quadri enormi coprivano le pareti, uno splendido giardino si intravedeva dalle finestre e la donna sedeva sul trono, apriva le braccia per accogliere il marito e l’altra ragazza, e forse anche lei. Un mondo senza Ben, invaso da una luce dorata che la cullava.

Vieni qui, bambina.

“Io non appartengo al vostro mondo.” Rey scosse la testa e quella visione iniziò pian piano a sfilacciarsi, fino a scomparire. L’uomo anziano la guardò, gli occhi pieni di una malinconia antica.
Ebbe appena il tempo di strofinarsi gli occhi che lo scenario era già cambiato. La luce intensa le bruciava gli occhi, tanto che non riusciva a mettere bene a fuoco le due persone che combattevano davanti a lei, ma riusciva ad intravedere un uomo e una donna: entrambi impugnavano una spada e nessuno dei due voleva che l’altro avesse la meglio. Una figura maschile alta e imponente, avvolta in un abito nero, una femminile più piccola, i capelli castani sciolti che danzavano attorno al viso mentre si muoveva. Un fendente più violento degli altri fece piegare la ragazza, e all’uomo si tolse il cappuccio, mostrando i ciuffi scomposti sulla testa, scuri e mossi.

Rey colpì il suolo con le ginocchia, le mani che stringevano spasmodicamente la testa dolorante, la bocca aperta in un urlo che non riusciva a nascere.

Quelle due figure erano lei e Ben, che si scambiavano colpi e indietreggiavano e avanzavano, e la rabbia che il loro combattimento portava con sé era così intensa che era impossibile non percepirla. Guardò la se stessa di quel futuro avere la meglio, poi cadere a terra e parare all’ultimo un colpo diretto al braccio, infine sferrare un altro fendente per colpire Ben, gli occhi accesi di un trionfo sinistro. C’era crudeltà e desiderio di potere in quei gesti, e una sensazione di soffocamento le afferrò la gola.

Kylo Ren ha avuto la meglio. Non c’è Luce in lui, non più… vedi, bambina, come sarà il tuo destino? Riconosci in lui qualcosa del ragazzo che conosci?

Si premette le dita sulle tempie e chiuse gli occhi, sperando che quella visione sparisse come la precedente, lasciandola libera di tornare su Mortis e di cercare Ben, che sicuramente stava vivendo un’esperienza simile alla sua… ma percepì la Rey che sarebbe potuta diventare avvicinarsi, e la paura la fece cadere sulla schiena.

No!
Ben…

L’aveva gridato o solo pensato? Non lo sapeva. Un attimo dopo, però, quella nuova visione scomparve e anche tutto il resto sembrò svanire, come se il tempo e lo spazio si riavvolgessero indietro per liberarla. Si alzò in piedi mordendosi le labbra e trattenne il respiro, aspettando che tutto finisse, pregando che finisse presto… fino a che i colori attorno a lei non cambiarono di nuovo, e si ritrovò a fissare i capelli scuri del ragazzo, le sue labbra tremanti e il corpo teso in avanti. La sua mente la chiamava, e capì che erano prigionieri della stessa visione, che afferrarlo per una mano e scuoterlo non sarebbe servito a nulla, perché gli spiriti della Via Lattea li avevano condotti fin lì per mostrare loro alcuni dei destini che avrebbero potuto vivere…

Una figura incappucciata le poggiò un dito sulle labbra. Silenzio, mormorò senza aprire bocca. Si abbassò piano il cappuccio, rivelando un viso scavato da cicatrici profonde e rosse, le iridi gialle fisse nelle sue, la pelle tormentata dalla violenza del tempo. Aveva un aspetto spaventoso, ma c’era anche qualcosa di gentile nel suo viso, qualcosa che faceva venire voglia di consolarlo. Rey non riuscì a staccargli gli occhi di dosso, e anche Ben lo fissava senza parlare né dare segno di riconoscerlo… ma era lui stesso, una versione alternativa che conservava la sua malinconia.

Mostro!

La Principessa Leia aveva gridato la sua accusa con voce grave, puntandogli contro un dito, il viso contorto in una smorfia. Non sei mio figlio… lui è morto molti anni fa. Ha riportato in vita tante creature, ma non può fare nulla per se stesso. Non vedi cosa ha fatto il tuo potere? Ben si voltò ma non riuscì ad avvicinarsi, né a scappare: fissava Leia, e Rey vide chiaramente che tremava.

Sei solo un mostro! Non ti ho dato la vita perché distruggessi tutto quello che abbiamo creato per te… ripaghi così chi ti ha cresciuto? Con che coraggio sei scappato, invece di aspettare la punizione che ti spettava?

Mostro, mostro sussurravano le voci, come se godessero del dolore e della confusione che creavano. Scherzo della natura. Non dovresti esistere. Tu e il tuo potere siete solo un errore. Ben si afferrò la testa tra le mani come aveva fatto lei poco prima, sussurrava frasi spezzate che Rey non riusciva a sentire. La figura di Leia si faceva sempre più imponente, sempre più minacciosa, il mostro che era e non era Ben chiudeva gli occhi, la testa alta di chi non prova alcuna vergogna. Finché…

Lo vedi, mio discepolo, come potrebbe essere la tua esistenza senza di me?

La voce che aveva tormentato entrambi innumerevoli volte si fece strada tra loro come una presenza tangibile, anche se nessun altra figura si era mostrata, a parte la Principessa. Rey si voltò, ma non riuscì a capire da dove provenisse.

Ti disprezzano perché ti temono. Vuoi davvero vivere così? Braccato, condannato, sottovalutato da quelli che dovrebbero amarti e che invece ti mettono da parte? Solo perché padroneggi un potere che loro, in fondo, invidiano?

Ben continuava a mormorare, e ora Rey riusciva a cogliere le sue parole: no, no, no, no, una litania piena di dolore come quella che l’aveva svegliata la notte, quando l’aveva sentito agitarsi. Provò ad afferrargli una mano per scuoterlo da quell’incubo a occhi aperti, ma non rispondeva.

Puoi spezzare questa catena, Kylo Ren. Unisciti a me.

In un attimo realizzò che la disperazione del ragazzo era talmente forte che avrebbe potuto ascoltare quelle voci senza battere ciglio… e non era forse quello l’obiettivo di Snoke, alla fine? Confonderlo, far sì che abbandonasse la sua vecchia vita per abbracciare la parte più oscura e sofferente del proprio animo? Lo scosse ancora, lottando contro la presenza dell’uomo che rideva, sussurrava come se tendesse una mano al proprio figlio preferito per accoglierlo e proteggerlo, ma erano solo bugie.

Non guardare più indietro.

Rey alzò gli occhi e se lo trovò davanti: la pelle bianca attaccata al teschio, le rughe che lo solcavano e si infittivano attorno alle ferite sulla testa e sulla guancia, uno sguardo acuto e penetrante che nasceva dagli occhi infossati e colpiva entrambi. Snoke li osservava con una luce famelica negli occhi, con il sorriso untuoso di un ragno che ha appena catturato una preda e non vede l’ora di divorarla. Tese una mano dalle dita scheletriche verso Ben per attirarlo a sé.

Non negare la tua vera natura.

“No, Ben!” la mano di Rey scattò in avanti, bloccandolo. Questa volta aveva gridato davvero, aveva sentito la voce uscirle dalle labbra e colpire l’atmosfera come un proiettile. “Non ascoltarlo… non sa niente di te. Tu non sei così. Non gli appartieni.”

Taci! Anche Snoke gridava, e il viso appariva ancora più deformato dalla rabbia. Hai già iniziato il tuo percorso, Kylo Ren! Non lasciare che degli esseri insignificanti ti distraggano dal tuo compito!

La ragazza si tese in avanti e lo strinse per la vita, prima che la sua mente avesse la meglio sulle emozioni e cercasse di distoglierla dal fare qualcosa di inutile e pericoloso… e fu in quel momento, nell’istante preciso in cui le sue braccia si tendevano a cingere la vita del ragazzo e a tenerlo stretto come se stesse per cadere, che una luce accecante li avvolse. Tutto scomparve, anche Snoke. Tutto, tranne l’altare bianco, da cui si alzava una figura leggera, quasi fatta di fumo.

Nel chiarore di quella dimensione irreale, la figura si avvicinò a loro, fino a che non divenne completamente visibile. Rey trattenne il fiato: non aveva mai visto Han Solo di persona, eppure l’uomo anziano che sfiorava il braccio di Ben non poteva essere altri che lui. Il suo sguardo era così malinconico e gentile da farle venire voglia di piangere, l’espressione di chi ha aspettato a lungo qualcosa che lo rende sia felice che immensamente triste. Non c’era rancore in quegli occhi, né odio. Le voci intorno a loro, per la prima volta, restarono in silenzio.

“Ben? Sei arrivato fin qui per me?”

Rey fece un passo indietro e lasciò andare il ragazzo, perché si avvicinasse allo spirito che una volta era stato suo padre. Ben tese una mano che cercava di non tremare e lasciò che la figura la avvolgesse nelle sue dita di fumo. Abbassò la testa, sconfitto, fece parlare suo padre per primo. “E così, hai ascoltato le vecchie storie.” Sul viso del contrabbandiere si allargò un sorriso furbo, ricordo dei vecchi tempi. “Quegli avventurieri di Chandrila sapevano il fatto loro, alla fine… sei il mio degno figlio, forse ora te ne sei reso conto. Ma qui…”

“Tornate con me, padre.” Ben lo interruppe, e nel modo in cui gli si rivolgeva Rey capì che non avrebbe mai accettato alcun perdono per quel che aveva fatto. “Ho il potere di farvi tornare indietro. Le anime… le ho cercate apposta, sapevo di poter arrivare fin qui e riportarvi indietro. Lasciate che lo faccia per voi…”

Ben aprì le braccia, ma il padre rimase fermo dov’era, a sorridere gentilmente e scuotere la testa. E improvvisamente Rey capì il vero scopo di quel viaggio, quello nascosto che Ben non le aveva mai rivelato, perché ne provava vergogna o chissà, forse perché pensava che lei lo avrebbe capito benissimo da sola, dato che conosceva le vecchie storie che passavano di bocca in bocca. Voleva usare il suo potere per riportare Han Solo dal mondo dei morti a quello dei vivi, strappare la sua anima dalla Via Lattea e dal suo flusso rassicurante per spingerla di nuovo su Naboo come era già successo con sua nonna, anni prima… ma c’era una ragione per cui quel potere portava solo altro dolore, invece di alleviarlo. Le anime costrette di nuovo in un corpo che ormai non gli apparteneva più deperivano, soffrivano l’allontanamento dal luogo in cui avrebbero dovuto trovarsi fino a morire un’altra volta, come se rifiutassero i corpi in cui venivano rinchiuse a forza. Alla fine Padmé Amidala era appassita poco a poco, perdendo ogni aspetto della donna gioiosa ed energica che era stata: Anakin Skywalker l’aveva vista morire ancora, dopo aver tentato disperatamente di riavere con sé l’amata moglie. Era impazzito, e Darth Vader aveva preso il sopravvento sulla sua anima, macchiandosi delle crudeltà che la galassia aveva imparato a conoscere.
Rey guardò Ben, il suo corpo teso nello sforzo di convincere lo spirito che aveva davanti, e capì che Snoke aveva calcolato tutto fin dall’inizio, per distruggerlo come aveva distrutto suo nonno anni prima: gli aveva fatto dono di quel potere, aveva insinuato in lui il dubbio, fino a fargli uccidere il suo stesso padre e offrirgli la soluzione più rapida per riaverlo indietro… e terminare quel percorso di morte che aveva tracciato per lui. Ogni resurrezione, per quanto nascondesse gli intenti puri di un bambino che desiderava solo fare del bene, era un passo in più verso il suo destino.

Quel potere, in fondo, aveva un prezzo: gli spezzava l’anima.

“Non posso, Ben, lo sai anche tu.” Han sorrideva di nuovo, ma con tristezza. “Sai bene cosa è successo a tua nonna… e a tuo nonno. Non posso permettere che tu soffra ancora di più.”

“Posso cambiare le cose!” in un’altra situazione, la testardaggine di Ben l’avrebbe fatta sorridere, perché erano fin troppo simili. “Non andrà come è già andata. Se voi tornerete, il mio potere vi farà tornare chi eravate! Datemene una possibilità! Io… vi prego…”

Era la prima volta che lo vedeva piangere, e le lacrime che scendevano dagli occhi del ragazzo le fecero venire voglia di stringerlo forte e dirgli che lo capiva, che anche lei si era sentita piccola e impotente innumerevoli volte… ma non poteva. Quella era la battaglia di Ben contro Kylo Ren, doveva lasciare che la combattesse da solo. Niente di ciò che avrebbe potuto dire l’avrebbe aiutato.
Han lo strinse, come un padre che consola il figlio, e la sua figura opalescente lo avvolse completamente.

“No, Ben. Sai che non sei tu a parlare così… e non sarò io a farti precipitare ancora di più nell’abisso. Non lascerò che ti distrugga. Ho già abbastanza cose di cui farmi perdonare... se mi riportassi in vita, lui avrebbe in mano la tua anima.”

Voi dovete farvi perdonare? Vi ho ucciso! Ho obbedito alla sua voce, sono stato debole e stupido, e sono l’erede al trono!” scuoteva la testa come un ragazzino confuso. “Se non fossi stato così debole, forse… ma ora…”

“Sei venuto fin qui. Mi hai cercato… e lo hai fatto per te, non per lui.” Il padre gli sorrise. “Mi basta questo, Ben. Se tu mi perdonerai come ti ho perdonato io, non ci sarà bisogno di altro.”

Han sfiorava i suoi capelli, e Rey non poté fare a meno di pensare che, forse, non aveva compiuto spesso quel gesto quando era in vita. Non disse nulla, era il silenzio a parlare per lui e la brezza sottile che li avvolgeva, muovendo le fronde degli alberi.
La voce di Snoke ruppe quell’atmosfera come si rompe un cristallo, vibrando di rabbia.

Perché esiti, Kylo Ren? Portalo via con te, lascia che il tuo dono agisca! Ti sei preparato per anni a questo momento, non puoi esitare. Non devi fermarti. Non puoi fermarti!

“Non ascoltarlo!” Rey lo scosse, mentre Han li guardava entrambi.
“Puoi essere migliore di lui, Ben. Kylo Ren non deve vincere. Non ascoltare una parola di quello che ti dirà.”

Lei non è nulla per te! La voce di Snoke si faceva sempre più tonante e minacciosa, scuoteva la vegetazione di Mortis mentre il suo spirito avanzava, agitando le mani. Non ti conosce come ti conosco io! Mio discepolo, sai cosa fare per diventare ancora più forte. Ora agisci.

Completa il tuo percorso.

Han gli accarezzò il viso un’altra volta, sussurrando qualcosa che Rey non riuscì a sentire. Poi scomparve, lasciando sul viso di Ben un’espressione di fredda determinazione, lo stesso sentimento che lo aveva animato prima di partire per quel viaggio, ma pieno di una consapevolezza nuova.
Quando si voltò, l’aria tremava. Rey attendeva, Snoke sorrideva ancora, sicuro del proprio trionfo.

Poi Ben parlò.

“No.”

Fu come se un filo invisibile fosse stato strappato con forza, facendo collassare la realtà attorno a loro. Snoke urlò di rabbia e la sua furia scosse gli alberi, facendoli tremare come in preda ad una bufera, mentre Ben alzava lo sguardo con la sicurezza di chi, finalmente, si sente libero. Non cedette nemmeno quando la terra iniziò a spaccarsi sotto i loro piedi, nemmeno quando le mani adunche dello spirito mulinarono in avanti per afferrarli entrambi, mentre il suo grido riempiva l’aria e le altre entità fremevano tutt’intorno, mormorando con le loro voci vecchie di millenni. Ben scattò in avanti e corse, corse in avanti mentre Rey lo seguiva, e forse non aveva nemmeno una destinazione precisa in mente: voleva solo allontanarsi il più possibile da quella radura, scappare ancora e ancora, distanziare la figura di Snoke che continuava a urlare mentre la dimensione da cui si trovavano andava in pezzi.

Non si accorse nemmeno del terreno che digradava verso il basso, né del precipizio che si apriva ai suoi piedi, inghiottendo i loro passi. Ben saltò in basso senza pensarci un momento e cadde, cadde liberamente con la grazia di una creatura alata, e il sorriso che si allargava sulle sue labbra era stranamente sereno.

Dietro di lui, Rey tese la mano per afferrare la stoffa della sua casacca, ma le sue dita sudate persero subito la presa.
Più in basso, Ben scendeva come un corpo senza peso, in maniera quasi elegante: se la ragazza non si fosse concentrata con tutta se stessa per rallentarlo grazie all’aiuto della Forza, avrebbe toccato il suolo con una violenza decisamente maggiore.
 



Padmé non sembrava più quella di un tempo: la donna dolce e intelligente, che aveva amato per una vita intera, ora sedeva triste in un angolo. Invano suo marito aveva provato a renderla felice, dandole in braccio i figli o portandola a passeggiare nel parco di Theed, il suo luogo preferito per leggere e pensare. Padmé restava silenziosa, la bocca tesa in un’espressione sofferente che niente e nessuno riusciva a cambiare.

Quando la vita che le era stata ridata a forza si esaurì, Darth Vader non poté far altro che guardarla morire di nuovo, appassire come un fiore che si ripiega sul suo stelo. Ma, invece che prendersela con le creature che l’avevano portato a compiere quel gesto, incolpò se stesso: credeva di non aver fatto abbastanza, di essere ancora il ragazzino debole e fragile che aveva cercato di eliminare. Se avesse agito prima, se avesse abbracciato quel potere per tempo, forse sua moglie non sarebbe morta, continuava a ripetersi, e Snoke e Darth Sidious lo consolavano, promettendogli altra grandezza.

Darth Vader non era riuscito a riavere sua moglie, ma avrebbe potuto rendere migliore la vita di un’intera galassia, questo gli sussurravano. Ma il suo dono era in realtà una maledizione, e tutto ciò che veniva dalle mani dei Signori dei Sith avvelenava quel che toccavano.

Darth Vader sedeva sul suo trono, da solo, senza altra consolazione che il suo potere illimitato.
   
 
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