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Autore: KuromiAkira    15/07/2009    3 recensioni
Da quando i sorrisi che rivolgevano l'un l'altro erano diventati finti?
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Polonia/Feliks Łukasiewicz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Li aveva lasciati soli lì, in quella stanza, chiudendo la porta in silenzio.

Non l'aveva chiusa a chiave, anche scappando li avrebbe ritrovati sicuramente.

Si vedeva quanto Ivan fosse compiaciuto da quella situazione.

La sua soddisfazione nel rinfacciare l'ipocrisia di entrambi verso l'altro.



Lituania fissava il compagno davanti a sé, senza sapere cosa dire.

Erano giorni che non lo sentiva e quando Ungheria gli aveva fatto sapere che era stato chiamato da Russia e che da allora non era più tornato a casa aveva subito pensato che ci fosse qualcosa che non andava.

Ancora non aveva capito il perchè era stato per giorni a casa di Ivan ma ormai non aveva più importanza.

Non quando, andando lui stesso dal russo a chiedergli dov'era il suo amico, il padrone di casa l'aveva salutato accompagnandolo dalla persona che cercava, dicendosi stupito nel vederlo lì.

- In fondo, quando sei stato tu ad essere portato qui, Polonia non si è mai fatto sentire. – aveva detto, sorridendo come sempre.

Il tutto mentre il polacco, seduto sul letto, lo guardava prima sconvolto, per poi passare a un espressione di terrore quando, continuando a parlare di cose accadute in passato, Russia aveva accennato alle cicatrici che egli stesso aveva fatto a Lituania e di cui Feliks conosceva l'esistenza.

- Oh? Non eri stato tu stesso a dirglielo? -

Ponendo quella domanda gli occhi di Ivan erano come quelli di un bambino che aveva trovato un gioco interessante da fare dopo tanto tempo passato ad annoiarsi.

In quel momento, invece, Polonia era inginocchiato per terra, le braccia stringevano la stoffa della camicia macchiata di sangue, conseguenza del fatto che Russia, mentre gli stava dicendo ciò che l'altra Nazione sapeva, a insaputa dello stesso Lituania, su di lui, aveva cominciato a picchiarlo col tubo dell'acqua che portava sempre con sè, senza che il lituano riuscisse a impedirlo.

La testa bassa, gli occhi fissi sulle sue gambe. Sentiva lo sguardo del lituano su di sé, ma rifiutava di muoversi.

Non piangeva. Non l'aveva mai fatto davanti a Toris.

Quel ragazzo era già ansioso di suo senza che ci si mettesse anche lui.
Già si preoccupava sempre nonostante continuasse a ripetergli che non ce n'era bisogno, che sarebbe andato tutto bene.

Poi non andava mai bene e Lituania continuava ad angosciarsi qualunque cosa Feliks gli dicesse.

Non si fidava più di quel [finto] sorriso, ma lui continuava a mostrarsi sereno per cercare di non alimentare la sua inquietudine.
Non avrebbe alzato la testa, in quel momento. Non voleva farsi vedere in quello stato.



Quella situazione durò ancora qualche minuto, poi il moro si decise a parlare.

- Polonia... - mormorò.

Il biondo rabbrividì. Persino in quel momento la sua voce era calma e dolce.

L'altro fece qualche passo avanti, inginocchiandosi di fronte al polacco, appoggiandogli le mani sulle spalle.

Un altro brivido. Stava diventando troppo difficile trattenere le lacrime, ormai.

- Polonia, da quanto tempo sapevi delle cicatrici? -

Era indelicato, avrebbe prima dovuto accertarsi delle sue condizioni.
Ma quella domanda, in quel momento, gli premeva troppo senza contare che poteva [credeva di] intuire benissimo come stava senza aver bisogno di chiederlo.

L'altro non rispose subito. Cercava disperatamente di non piangere.

Sapeva di doverglielo dire e dentro di sé era impaziente di farlo, di sfogarsi.

Ma sapeva che anche lui avrebbe dovuto scoprirsi, avrebbe dovuto gettare la maschera.

Lituania gli accarezzò la guancia.

Finalmente alzò lo sguardo, incontrando quello del compagno.

Non c'era né odio né risentimento, ma solo la solita, sincera, [immeritata] preoccupazione.

- Quando... sei stato a dormire a casa mia. Il giorno in cui hai conosciuto Italia. Ti vedevo teso e volevo farti uno scherzo mentre eri in bagno... - sussurrò tornando a guardarsi le gambe.

Anche Toris si incupì. Ricordava bene quel giorno, quando per la prima volta aveva sospettato di non conoscere così bene Feliks come credeva.

Quanti anni erano passati da allora? Per quanto tempo Polonia fingeva di non sapere?

- Perchè non me l'hai mai detto? -

Nonostante il tono fosse più duro di prima non era arrabbiato. Non riusciva ad arrabbiarsi con lui, non più.

Ma si sentiva deluso, ferito. Perchè non gliel'aveva detto subito?
Perchè aveva fatto finta di nulla?
Non gli importava davvero di lui?

- Perchè... -

Polonia perse la battaglia contro se stesso e quelle dannate lacrime cominciarono a scorrergli in viso.
La sua voce tremava.

Alzò lo sguardo, ormai rassegnato all'idea che Lituania vedesse il suo vero volto.


Lituania sentì come una morsa al petto.
Non aveva mai visto Polonia piangere, mai.

Si era sempre lamentato della leggerezza con cui prendeva i problemi ma alla fine considerava il sorriso di Feliks un elemento stabile nella sua vita.
Qualcosa che sapeva incoraggiarlo, forse l'unica cosa che ci riusciva veramente.

Eppure, ora che lo vedeva in quello stato, cominciava a capire quanto e cosa non conosceva di lui.

[La sua sofferenza.]

- ...perchè aspettavo che fossi tu stesso a dirmelo. -

Sentì le mani dell'altro stringergli le spalle. Ebbe paura della sua reazione e riabbassò lo sguardo.

- Però... non l'hai mai fatto. - concluse.

Quelle parole erano state come un macigno in testa per lui.

Si sentiva deluso, ferito... ma che diritto ne aveva quando era stato lui il primo a tenergli nascosto una cosa così importante?

Feliks stava solo attendendo che fosse lui a dirglielo e nel frattempo fingeva di non sapere.

Fingeva, continuando a sorridere. Esattamente come faceva Toris stesso.

Sorrideva per nascondere il proprio dolore.

Quand'è che lui e Polonia avevano iniziato a nascondersi le cose?

Da quando i sorrisi che rivolgevano l'un l'altro erano diventati finti?

- Mi dispiace. -

Riuscì a dire solo questo. Due parole per fargli capire che finalmente aveva compreso [quasi] tutto.

- Perchè non me lo volevi dire? Perchè non me ne hai mai parlato? - Alzò la voce, domandandoglielo.

Qualcosa che voleva chiedergli da sempre e che non riusciva a fare.

I loro occhi si incontrarono di nuovo. Fu allora che Lituania le vide. Le cicatrici [dell'anima] di Polonia.
Nel suo sguardo. In quelle lacrime.

- M-mi dispiace. - ripetè.

Perchè l'aveva fatto? Perchè non se la sentiva? Per non farlo preoccupare?

- Liet... tu non ti fidi di me, vero? -

Sussultò.

- Cosa? -
- È per questo che non mi dici più nulla, non è così? Tu non ti fidi più di me. -

- No! Questo non... -
- So che è giusto così. Io non mi merito nè la tua fiducia nè il tuo affetto. Però... tu hai continuato ad essere mio amico e io ho continuato a comportarmi come se nulla fosse.
Speravo che un giorno... ti saresti confidato con me, nonostante tutto. -
- Non è così! Non è che non mi fidi ti te. È solo... -

Prese un respiro profondo, togliendo le mani dalle spalle del polacco e distogliendo lo sguardo da lui.

L'aver scoperto tutto così all'improvviso e per colpa di una terza persona stava ormai gettando nella disperazione entrambi.
Lituania in quel momento si rese conto che entrambi si stavano mentendo, mostrando all'altro solo una facciata creata ad arte.
Che fosse stato per sfiducia o per evitare di far impensierire l'altro non aveva importanza.
Era comunque una cosa sbagliata.

Il loro rapporto, quello più importante per entrambi, non era più sincero come quando erano un'unica Nazione.
Ciò lo feriva, Feliks era la persona a cui teneva più di qualunque altra, la sua presenza era sempre stata l'unica cosa che lo faceva andare avanti nonostante tutto.
La speranza che, forse, un giorno sarebbero potuti tornare a stare insieme gli dava coraggio e determinazione.
Gli dava forza.

Rendersi conto che non erano mai stati sinceri l'uno con l'altro era la cosa più dolorosa che potesse capitargli.

Perciò ora dovevano chiarirsi e cercare di porvi rimedio.
Lituania non accettava che le cose rimanessero così.
Ora che era saltato fuori tutto c'erano solo due possibilità.

Chiarirsi o rompere per sempre la loro amicizia, o qualunque cosa fosse diventata col tempo.

Strinse i pugni. Si sforzò di fissarlo negli occhi.

- Non lo so. Non lo so, però... anche tu hai sempre nascosto il tuo stato d'animo, Polonia.
Anche tu sorridevi fingendo di stare bene.
Tu perchè non ti sei mai sfogato con me? Non solo dopo la spartizione ma anche ai tempi della Confederzione.
Hai sempre tenuto quell'atteggiamento superficiale e io ho sempre finto di essere sereno.
La colpa è stata di entrambi. Col tempo il nostro rapporto è diventato una grande bugia. -
- Una bugia? - sbottò l'altro. - Credi che sia tutto una bugia? Anche la nostra amicizia?
Liet, è proprio perchè ti voglio davvero bene che non ho mai detto nulla.
Dalla mia spartizione ho sofferto così tanto che ormai non me ne frega più nulla.
Ti rendi conto cosa significa sparire come Nazione per più di cento anni?
Essere sempre coinvolti in guerre e rimetterci più di tutti?
Che arrivino tutti i problemi, che mi distruggano pure. Tanto alla fine succede sempre così!
A cosa serve preoccuparsene inutilmente?
L'unica volta che ho combattuto e ho cercato di ribellarmi ti hanno portato via da me.
A cosa serviva dirti tutto questo? Cosa avrebbe risolto? -
- Non saremmo arrivati a questo punto, Polonia... - gli rispose pacatamente. La rabbia di prima sembrava aver lasciato posto alla sola tristezza.
- Anche tu hai fatto lo stesso, Liet. - ribattè il biondo con la stessa tranquillità, mentre le lacrime continuavano a scorrere.

Ci fu un lungo, imbarazzante, silenzio.

Entrambi riflettevano su come avevano potuto finire in quel modo.
Nella casa di uno dei responsabili della loro separazione, a rinfacciarsi le colpe che avevano in centinaia di anni.

- Mi odi? - chiese poi, all'improvviso, Feliks.

Lo fissò tristemente.

Lituania scosse la testa, sorridendo leggermente.

- No, non ti odio. -
- Sei troppo buono... - mormorò
- La bontà non c'entra. Ho sbagliato anche io. -

Entrambi sorrisero. La rabbia e la disperazione che li aveva travolti prima sembrava passata.
L'avevano ormai capito che in qualche modo sarebbero riusciti ad andare avanti.
Alla fine per entrambi era la stessa cosa.


- Mi dispiace. Per tutto. - disse infine il castano. - Se vuoi ti racconto tutto ciò che ho passato quando ero con Russia. Non mentiamoci più, va bene? -

Il sorriso di Lituania in quel momento non era come tutti gli altri.
Era triste. Triste, ma sincero.

Polonia scoppiò di nuovo a piangere, silenziosamente, nascondendosi il volto con le mani.

- P-Polonia? - si agitò il compagno, venendolo di nuovo scosso e temendo di aver detto qualcosa di sbagliato.

Feliks si buttò tra le sue braccia.

- Credevo ti saresti allontanato da me. Quando ho capito che mentivi anche tu ho pensato che prima o poi ti avrei perso definitivamente prima o poi, e... -
- E non te la sei sentito di affrontare un discorso che poteva rovinare anche quel poco che ci era rimasto, vero? - finì Toris per lui, abbracciandolo. - Forse anche per me è sempre stato così. - ammise. - Non voglio perderti, Polonia. -

Il polacco ricambiò l'abbraccio, stringendogli forte le braccia al collo.

- Liet... mi dispiace! Mi dispiace tanto. Ti amo troppo, non voglio assolutamente perderti! -

L'altro ragazzo sorrise, accarezzando i capelli di Polonia, cercando di farlo rilassare e di calmarlo.

Ci volle qualche minuto prima che ciò accadesse.

- Siamo stati due stupidi, eh? - disse infine Lituania, allontanandosi leggermente.
- Sì, sei uno stupido. - rispose imbronciato
- Non sono mica solo io! -

Scappò a entrambi una risatina. Alla fine certe cose non sarebbero mai cambiate.
- Ehi, ripeti ciò che hai detto prima... - sussurrò poi Lituania accarezzando i capelli biondi dell'altra Nazione.
- Che sei uno stupido? -

Toris ridacchiò ancora. - No, prima. -

Feliks rimase un po' in silenzio, arrossendo poi vistosamente.

- Ti amo. - mormorò poi, abbassando leggermente lo sguardo.

Il lituano sorrise, inetenerito dalla timidezza del ragazzo e avvicinò il suo viso al suo.

- Ti amo anche io. - rispose prima di unire le sue labbra con quelle del suo compagno.



Russia ghignò soddisfatto, aldilà della porta.
Avrebbe lasciato alle sue bamboline l'illusione di poter essere felici, almeno per quella notte, prima di tornare a giocare con loro e distruggere le loro speranze.

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Quanto mi ha fatta sclerare questa fiction. °°
Ce l'avevo in mente e non riuscivo a scriverla!
Ero un po' dubbiosa sull Ic di tutti, Russia compreso, ma Kurenai mi ha detto che va bene quindi la pubblico.
Se ci sono errori, come sempre, vi prego di segnalarmeli.
  
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