Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Axel Knaves    29/11/2018    0 recensioni
Un patto di sangue involontariamente stretto e un'invocazione fatta per scherzo, portano Eva Rossi a condividere il suo appartamento con Helel (a.k.a. Lucifero) e Azrael (a.k.a. Morte).
Ma cosa potrebbe mai andare storto quando condividi la vita e la casa con la Morte, che entra nei bagni senza bussare, e il Diavolo, che ama bruciare padelle?
Eva non potrà fare altro che utilizzare le sue armi migliori per sopravvivere a questa situazione: il sarcasmo e le ciabatte.
~Precedentemente intitolata: Bad Moon Rising e Strange Thing on A Friday Night
~Pubblicata anche su Wattpad
Genere: Comico, Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



[13]»
Demone a domicilio «[13]

 

3rd POV

«C’è stato un altro attacco?!» Chiese Gavriel, quasi urlando dall’agitazione a sua sorella minore che era seduta dall’altro lato della scrivania.
«Sì», gli confermò lei, «alcuni demoni sono entrati di forza nell’appartamento di Eva cercando di attaccare lei e la sua famiglia. Fortunatamente Eva, A ed Hel erano in casa e sono riusciti ad eliminare la minaccia prima che qualcuno rimanesse ferito».
La donna dai capelli bianchi sospirò mentre suo fratello si massaggiava le tempie cercando di contenere il mal di testa che sentiva stare per nascergli.
«Perciò ora dovremmo estendere la protezione anche ai genitori e ai fratelli di Eva?» Chiese Gavriel.
«Sarebbe opportuno farlo». Annuì Mikael. «Da quanto mi ha detto Hel, Eva non ha voluto cancellare la memoria ai suoi famigliari: quindi sanno bene che rischio corrono».
L’uomo albino alzò un sopracciglio.
«E i genitori di Eva non hanno avuto nulla da ridire sul fatto che loro figlia conviva con la Morte e il Diavolo?» Chiese perplesso.
Mikael fece un sorriso tirato.
«Hel mi ha spiegato che all’inizio, ovviamente, non erano a favore della cosa; ma dopo che i tre gli hanno spiegato il perché debbano vivere insieme, sembra che siano diventati un attimo più accondiscendenti».
Il fratello maggiore annuì leggermente, comprendendo la situazione, e si rilassò un poco sapendo che i fratelli erano al sicuro dall’ira di due genitori umani; che effettivamente spaventavano di più di un’orda di demoni.
Ma non per quello il suo cervello aveva smesso di elaborare teorie su ciò che era il piano di Erezel. Infatti l’angelo sapeva bene che il demone, ora a comando dell’Inferno, aveva qualche asso nascosto nella manica; conosceva il demone ed era sicuro che per tutto ciò che faceva c’era un doppio fine. E i continui e costanti a tacchi a Eva Rossi non erano da meno; solo non era riuscito a comprendere quale fosse il piano generale.
«Signore!» Esclamò una delle guardie del Palazzo Celestiale entrando nello studio senza nemmeno bussare. L’abino guardò la guardia, vestita con un’armatura bianca e argentata, con occhi truci: odiava gli angeli con poche buone maniere.
«Spero che sia un’emergenza, da cui dipenda la mia stessa vita, che l’ha portata ad entrare nel mio studio senza annunciarsi», disse lentamente, «non le piacerebbero le conseguenze se no».
La guardia deglutì rumorosamente spaventato solo all’idea di essere il soggetto dell’ira dell’angelo superiore.
«Abbiamo trovato un demone che si stava cercando di infiltrarsi nel palazzo»; disse allora la guardia celeste, conquistando l’attenzione dei due. «E anche dopo l’interrogatorio tutto ciò che pronuncia è il nome della Divina Mikael».
La donna dai capelli bianchi sgranò gli occhi, l’immagine di una certo demone senza corna vivida nella sua mente.
«Ha qualche tratto particolare questo demone?» Domandò visibilmente agitata, dopo essere saltata in piedi e avvicinata alla guardia; quest’ultimo iniziò a sudare freddo, rendendosi conto di aver fatto probabilmente l’errore più grande della sua carriera.
«S-Sì», si trovò a balbettare, la gola improvvisamente secca. «Non ha le corna».

Mikael stava percorrendo per l’ennesima volta lo studio di Gavriel da cima a fondo, mentre suo fratello era seduto alla scrivania, una mano che gli copriva gli occhi.
Tridel.
Quel nome era il pensiero principale della donna.
Il cuore impazziva solo al pensiero del demone. Erano passati secoli dall’ultima volta che l’aveva incontrato, ma sapeva benissimo che i suoi sentimenti non erano cambiati di una sola virgola da quel giorno.
Perché Tridel era quella persona di cui Mikael si era innamorata e sempre ne sarebbe rimasta.
Come aveva spiegato poco tempo prima ad Eva, gli angeli si potevano innamorare solo una volta e quell’amore sarebbe stato eterno.
Lei, ovviamente, si era innamorata del migliore amico di suo fratello; che di fatto era per metà demone. Quando si diceva un amore impossibile.
L’unica cosa che preoccupava Mikael, oltre che le condizioni di salute del demone albino, era l’idea che Tridel in quei secoli in cui non avevano potuto avere contatti avesse trovato una compagna.
Finalmente, dopo quello che ai due fratelli albini parvero secoli, la porta dell’ufficio si aprì ed entrarono due guardie che trascinavano di peso, ognuna con un braccio sotto ad un’ascella del demone, il corpo tumefatto di Tridel.
Il cuore di Mikael perse un battito a quella visione: cosa avevano fatto al suo Tridel?!
Gavriel guardò con occhi sgranati le due guardie mentre facevano inginocchiare a forza il demone, già distrutto fisicamente, davanti a loro con un colpo di lancia; prima di mettersi sull’attenti.
L’albino sentì un’ira quasi demoniaca scorrergli nelle vene mentre il corpo gli iniziava a tremare per cercare di contenersi.
«Andatevene immediatamente e lasciate qui il demone». Disse con voce baritonale l’arcangelo stringendo i pugni; cercando di non aggredire le due guardie ed ucciderle. Come avevano osato dei sudici angeli minori toccare la sua famiglia?!
I due angeli, improvvisamente bianchi, corsero fuori dallo studio a grandi falcate. Mai avevano udito il Divino Gavriel utilizzare un tono così profondo e mai avrebbero voluto sentirlo una seconda volta; se avessero minimamente saputo quanto erano andati vicino alla morte.
Tridel era stanco.
Non sapeva dove le guardie lo avessero portato, un occhio era gonfio mentre l’altro era iniettato di sangue rendendogli impossibile vedere ciò che gli stava attorno, a parte figure sfocate; sperava solo che non lo avessero portato in un’altra sala delle torture.
Sentiva che il suo corpo era arrivato al limite della sopportazione, non c’era un centimetro della sua pelle rossa che non gli doleva. Sapeva, inoltre, di avere alcune fratture gravi alle costole, mentre nelle gambe e braccia aveva solo dei muscoli stirati e delle giunture dislocate. Dall’orecchio destro non ci sentiva più da ormai un paio di giorni e aveva tutta l’impressione che gli era anche sanguinato per del tempo.
Tridel vide una figura totalmente sfocata inginocchiarsi davanti a lui e allungare la mano verso di lui; aspettandosi un impatto violento, il demone chiuse di scatto gli occhi ma si sorprese quando il tocco delle dita femminili sulla sua guancia fu gentile.
«T-Tridel...» La figura sfumata disse in un sussurro con il tono rotto dalle lacrime, che quasi l’orecchio buono del demone non colse.
Il demone sentì tutte le sue barriere frantumarsi a quella voce che avrebbe riconosciuto ovunque. Anche se gli occhi gli bruciavano per le ferite, il giovane non riuscì a bloccare le lacrime che erano finalmente riuscite a sgorgare dai suoi occhi dopo giorni di tentennamenti.
«Mik-Mikael». Mugugnò lui tra i singulti e in pochi secondi le braccia di lei furono attorno alle sue spalle, gentili; Tridel si aggrappò ai vestiti di lei e nascose il volto nei folti capelli bianchi inspirando quel profumo che dava senso alla sua esistenza.
Gavriel dovette mordersi un labbro per non scoppiare anche lui a piangere alla scena che aveva davanti.
Lui l’aveva sempre saputo che i due giovani si piaceva ben al di là dell’amore fraterno ed era stato il primo a contrastare i genitori quando avevano deciso di mandare Tridel con Helel.
Aveva già visto come Mikael e il mezzo demone si appartenessero, a dispetto della diversa specie - o al fatto che loro Padre non avrebbe mai accettato che fosse Tridel il padre dei suoi nipoti - e non voleva che sua sorella dovesse sopportare di vivere lontana dall’unica persona che riuscisse davvero  a farla sentire felice.
Ma Padre e Madre non lo avevano minimamente ascoltato e gli avevano lasciato il lavoro peggiore di tutti: raccogliere i pezzi rotti del cuore della sorella.
Perché la verità era una sola: per quanto Mikael fosse forte, anche lei aveva un cuore, dei sentimente e poteva rimanere ferita.
I tre, troppo presi del maremoto di emozioni a cui era soggetti, non si accorsero del rumore di tacchi a spillo sul marmo fin quando la porta dello studio di Gavriel si aprì e ne entrò una donna che i due angeli non vedevano da molto tempo: Malika, loro madre.
La donna dai capelli neri, lunghi e ondulati, e gli occhi dello stesso colore, era stata avvisata immediatamente dalle guardie che suo figlio aveva richiesto che gli venisse portato il demone che era stato fatto prigioniero qualche giorno prima.
Ora ne comprendeva il motivo: non era un demone quello che era stato catturato e seviziato, era Tridel  quello che lei considerava come il suo quinto figlio. Stringendo la maniglia della porta così forte da quasi romperla, Malika decise che sarebbe andata a fare un visita “amichevole” agli angeli minori che si occupavano dei prigionieri appena avrebbe finito di parlare con i suoi figli.
«Madre?» Chiese tra il dubbioso e il perplesso Gabriel asciugandosi velocemente quelle poche lacrime che gli avevano bagnato gli zigomi.
Anche Mikael era rimasta sorpresa nel vedere la donna, che gli aveva dati alla luce, entrare nello studio; però, a dispetto di suo fratello, il volto le si contrasse in una smorfia di odio e involontariamente strinse più forte a sé Tridel.
Da quando secoli prima Malika aveva mandato Tridel insieme a Helel all’Inferno, Mikael non aveva più avuto un buon rapporto con la madre. Si era aspettata, all’epoca, che sua madre sarebbe stata la prima a comprendere cosa avrebbe provato se le avesse tolto l’unico essere che sarebbe stata in grado di amare, ma così non era stato, la donna non aveva voluto sentire nessuna delle cose che il giovane angelo avrebbe voluto che lei comprendesse e aveva, in pratica, esiliato il demone senza corna.
Malika notò immediatamente lo sguardo che la giovane donna le stava rivolgendo e sentì il cuore rompersi ancora di più. Sapeva benissimo che quello che era stata costretta a fare secoli prima era imperdonabile; eppure aveva dovuto farlo per il bene della figlia.
Se loro padre avesse mai scoperto i sentimenti che erano iniziati a farsi evidenti tra l’angelo e il demone, a Tridel sarebbe aspettato un fato ancora peggiore.
Questo non toglieva che Malika si sentisse ancora di più in colpa vedendo il modo in cui la figlia stava stringendo al suo petto Tridel; come a difenderlo da quello che lui considerava come una madre.
«Le guardie sono venute subito ad avvisarmi di quanto stesse accadendo dopo che hai chiesto che un prigioniero fosse portato nel tuo ufficio». Spiegò Malika a suo figlio maggiore, sapendo esattamente che domande gli stavano passando nella mente, per poi avvicinarsi alle altre due persone nella stanza.
Mikael sentì le lacrime di rabbia e di paura segnarle le guance, mentre stringeva ancora di più - come se fosse possibile - Tridel al suo petto. Il petto le scoppiava allo stesso tempo di rabbia repressa verso sua madre e ciò che le aveva fatto passare mandando Tridel all’Inferno insieme a Helel; ma le scoppiava anche di paura pensando che sarebbe tutto potuto accadere ancora una volta.
Tridel aveva riconosciuto la voce di Malika subito, avrebbe potuto riconoscere anche da sordo la voce di sua madre, eppure non si era sentito felice come aveva sempre pensato che sarebbe stato a incontrare di nuovo la donna; tutto al contrario: la prima emozione che Tridel provò a sentire quella voce fu panico; panico di essere di nuovo separato da Mikael.
Quando l’angelo guerriero lo strinse ancora di più a se, Tridel si aggrappò con tutte le sue forze alla maglia di lei: non voleva che quel momento finisse mai.
«Mikael», disse Malika con voce debole, dopo essersi inginocchiata davanti ai due e aver poggiato la mano su quella della figlia, «lascia che lo aiuti».
Gavriel, da dove era rimasto, potè benissimo vedere il senso di colpa dipinto negli occhi neri della madre e l’indecisione di Mikael a lasciare Tridel nelle mani della donna.
Con un sospiro, sperando che questa volta le due donne sarebbero riuscite finalmente a mettere da parte i loro risentimenti, decise di intromettersi.
«Mikael», chiamò e la sorella si voltò verso il fratello, «lascia che Madre si occupi di Tridel, sai benissimo anche tu che è la migliore guaritrice dei quattro Regni. Ti prometto che non lascerà questa stanza con Tridel». Aggiunse e vide come le spalle della sorella finalmente si rilassarono, mentre loro madre lo guardava con uno sguardo pieno di gratitudine e lacrime trattenute.
Mikael dopo ancora un attimo di indecisione lasciò andare il demone che amava.
Gavriel aiutò sua madre ed insieme adagiarono il giovane demone sul divano bianco che si trovava contro la parete.
«Mi-Mikael». Biascicò il demone appena sentì di essere stato coricato su una superficie confortevole. In pochi istanti l’uomo dalla pelle scarlatta sentì una mano stringere la sua.
«Sono qui», lo tranquillizzò la voce di Mikael, «non ti lascio andare».
Malika si mise subita all’opera e i due figli non poterono che sentirsi orgogliosi della madre quando, in pochi minuti, aveva finito di curare le feriti gravi del demone che per lei era come un quinto figlio.
Gavriel, notando il fiatone e la fronte imperlata di sudore di sua madre, fece comparire una sedia dal nulla e aiutò la donna, dai tratti simili ad Azrael, a sedersi.
Tridel, con l’aiuto di Mikael, che finalmente riusciva a vedere nitidamente, si mise seduto sul divano; l’angelo guerriero occupò immediatamente il posto accanto al suo e gli strinse la mano.
Tridel la guardò ed ebbe un’improvvisa voglia di piangere.
Mikael… Era bellissima, con i capelli bianchi e gli occhi del colore opposto; la forma minuta ma i muscoli tonici. L’aveva lasciata che era una stupenda giovane donna, ma ora non poteva più mentire sulla sua bellezza neanche per scherzo.
Tridel senza accorgersene alzò una mano e la portò al volto della donna, per poggiarla sulla sua guancia per accarezzare la pelle perfetta.
Mikael guardò Tridel negli occhi e si morse il labbro inferiore per non scoppiare a piangere. Quella piccola carezza aveva distrutto l’ultima sua difesa e ora il suo corpo e le sue azione erano sovrastate da una valanga di sentimenti che aveva trattenuto per troppo tempo.
«Ehm». Si schiarì la gola Gavriel, che si stava iniziando a sentire in imbarazzo davanti alla scena. «Lo so che vorreste saltarvi addosso e fare un bambino, ma credo che prima Tridel dovrebbe spiegare perché abbia deciso di tornare in Paradiso», disse facendo arrossire i due piccioncini, «poi vi prometto che vi lasciamo la stanza». Aggiunse subdolo solo per vedere la sorella arrossire ancora di più ed iniziare a tossire per la saliva che le era andata di traverso.
Tridel ritirò la mano dalla guancia della donna che stava per tossire fuori anche un polmone e posò lo sguardo sulla donna che considerava una madre e sull’angelo albino che considerava un fratello maggiore.
«Hai ragione Gavriel», disse, «è meglio spiegarvi il perché della mia apparizione improvvisa».

Il clima dello studio era radicalmente cambiato.
Malika guardava un punto imprecisato del muro, nessuno dei presenti stava comprendendo quanto in colpa si sentisse in quel momento: era colpa sua se stava accadendo tutto ciò… Eppure sapeva che non si stava sentendo in colpa abbastanza; una parte di lei era felice poiché il suo piano aveva funzionato… Ma aveva avuto delle ripercussioni…
Gavriel, che si era seduto a un certo punto del racconto, aveva le mani in mezzo ai capelli e stava fissando il pavimento non credendo a ciò che stava sentendo.
Quel bastardo di Erezel! Era tutto ciò che riusciva a pensare. Lo uccido ancora prima che riesca a venire fuori dal buco in cui si trova. Non toccherà mai la mia famiglia o quella di Eva!
Mikael, che era sconvolta quanto il fratello, era seduta in grembo a Tridel mentre il demone l’abbracciava e le cercava di donare un minimo di conforto.
«Come fermiamo l’ondata di demoni che sta per arrivare?» Chiese Mikael, rompendo finalmente il silenzio che aveva iniziato a perforare i timpani di Tridel.
«Non lo so», disse sincero Gavriel. «Senza Helel ed Azrael davvero non lo so».
Gavriel era senza speranza, per la prima volta si sentiva sconfitto prima ancora di aver combattuto. Ma senza Azrael a guidare i mietitori ed Helel a far ragionare una parte di demoni, non sapeva davvero come avrebbero potuto fare.
«Ci deve pur essere un modo!» Esclamò esasperato Tridel. Aveva dovuto subire giorni di tremenda tortura per finalmente essere lì ad avvisare Gavriel e Mikael! Non accettava che i due si arrendessero ancora prima di aver sguainato le loro spade.
«Sì», la voce di Malika fece voltare i tre verso di lei, «un modo c’è». Rispose e si alzò. «È il momento di riportare a casa i vostri fratelli». Aggiunse.
Gavriel guardò lo sguardo della madre cambiare per un secondo in senso di colpa e una strana sensazione gli fece stringere la bocca dello stomaco.
Cosa hai fatto mamma?

 

†Angolo autrice†

Non so chi sia ancora in ascolto, o chi è rimasto in attesa di un aggiornamento... A chiunque sia dico grazie e ribadisco il concetto che non ho lasciato questa storia incompleta per nulla, infatti ho già pronti altri due capitoli che verranno pubblicati a breve.
Dove sono stata per tutti questi mesi? La realtà è che ho avuto un sacco di problemi familiari e universitaria che mi hanno visto spendere più tempo di quanto ne ho (per chiarire anche ora sono in depravazione da sonno XD). Ma ora ho risolto la maggior parte sia degli uni, sia degli altri e sono indietro.
Il blocco dello scrittore che mi ha assalito per il capitolo 15 (che avrò riscritto una cosa come 15 volte) si è arreso e finalmente sono riuscita a concludere anche quello.
Spero propio che non capiti più nulla da qua alla fine della storia.
Grazie a tutti quelli che sono rimasti e a tutti quelli che rimarranno da qui in avanti.
So che il capitolo non è un granché ma siamo vicino a un punto di svolta della storia e devo introdurre al meglio le mie ultime pedine ;)
Al più presto,
vostra,

Axel Knaves

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Axel Knaves