Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: BluAvis    01/12/2018    5 recensioni
[CONCLUSA]
-Dal Testo-
Quella notte pioveva a dirotto. Il suolo era una mistura di terra e fanghiglia. L’eroe era in ginocchio accanto al corpo esanime della ragazza. Chinato sopra di lei, proteggendola dalla pioggia incessante, la scuoteva e le accarezzava il viso. Piccole gocce d’acqua cadevano dal biondo ciuffo penzolante, infrangendosi sul dolce viso di lei. Kaminari piangeva in silenzio, pregando per un miracolo, ma Jiro non si sarebbe più risvegliata.
Le sue iridi violacee non riflettevano più la luce.
Lui li guardava con sadico piacere, crogiolandosi in quel dolore.
L’eroe oltrepassò la soglia della sofferenza, caricandosi d’odio.
- L’hai uccisa… l’hai uccisa…
Lui si accovacciò al suo fianco, sussurrandogli vicino l’orecchio.
- Sì… e ho goduto nel vederla morire.
***
- BluAvis
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaminari Denki, Kyoka Jiro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Circle of Life
 
Una di quelle dormi-veglie dove non si riesce ad individuare la linea di demarcazione tra sogno e realtà. Si intravede la fine del tunnel, si è pervasi da un senso di sollievo e leggerezza. Ci si mette a correre, impazienti di annullare la distanza tra sé e quella visione meravigliosa, immagine di libertà. Quell’uscita, però, non si raggiunge mai, un po’ come quando ci si trova su un tapis roulant. Si perde la speranza, si comincia a pensare di non farcela. Poi, improvvisamente, ci si riscuote. Il respiro irregolare e gli occhi spalancati, intenti a saettare in ogni direzione, come a cercare un appiglio dove aggrapparsi. Un attimo di panico totale, seguito da un’ondata di caldo che pervade il corpo dall’interno, mentre il cuore si rasserena. Fu quello il risveglio di Naomi.
 
La ragazza si ritrovò stesa supina sul suo letto. Il petto si alzava e si abbassava velocemente, in preda ad un’accelerata tachicardia. Il collo imperlato di sudore freddo, la maglietta ugualmente umida e aderita alla schiena. Non mosse un muscolo, temendo che, se si fosse spostata di un solo centimetro, sarebbe sprofondata in quell’oblio dal quale fosse venuta. Annaspò, prendendo grandi boccate d’aria, rischiando di ossigenare troppo il cervello e svenire.
 
Cosa era successo? Cosa non era successo?
 
Decise di provare ad alzare il braccio, come ad afferrare qualcosa davanti a sé. Era un gesto così comune, eppure aveva soppesato l’idea come se ne dipendesse la sua vita. In effetti, poteva anche essere così. Guardò la propria mano entrare nel suo campo visivo, la spalancò, per poi richiuderla, piegando le dita a canone. Riconosceva quelle sensazioni. Erano le solite, no? Il calore della pelle, la contrazione dei muscoli, la secchezza delle labbra.
 
Si alzò, sempre con cautela, come se fosse fatta di cristallo e non volesse rompersi. Sentì i piedi nudi al contatto con le fredde mattonelle del pavimento. Si guardò intorno. Era in camera sua, anche se la disposizione dei mobili era leggermente diversa da come la ricordasse. Era veramente diversa? Forse no. Come poteva dirlo? Non era più sicura di quale fosse la sua vita, tra le tante vissute in quei pochi giorni. Si portò una mano alla testa, confusa. Cosa doveva controllare?
- Le foto…
Mormorò, la voce rauca a causa della gola secca. Buttò un occhio al comodino.
Le cornici erano lì, la ritraevano felice. Quindi esisteva? Era viva? Non lo sapeva ancora. Non ne era certa.
 
Si avvicinò alla maniglia, aprì la porta e uscì dalla camera. In fondo al corridoio c’erano le scale che portavano al soggiorno. Camminò lentamente, concentrandosi su ogni passo. Prima il destro, poi il sinistro, poi di nuovo il destro. Se pensava, esisteva, giusto? Cogito ergo sum. Non era morta, non poteva esserlo, no?
Scese le scale, contando i gradi uno per uno. Voleva mantenere la mente sempre attiva, non fermarsi più, non sparire.
Arrivò in soggiorno, anch’esso leggermente cambiato rispetto a quando vivesse con quella coppia di sconosciuti, ma neanche tornato alle fattezze originarie. In quale linea temporale era finita? Non se ne preoccupò più di tanto. Andava bene qualsiasi versione dell’universo, tutto era meglio del nulla.
 
Passò dalla cucina, non poté fare a meno di notare che qualcuno si trovasse già lì. La figura le dava di spalle, ma si girò quasi immediatamente.
- Buongiorno, bellezza!
Fu l’allegro saluto di Shirone, piena di vita. Già, vita. Naomi balbettò il suo nome.
- Shirone… Shirone… sei qui…
La ragazza si alzò dalla sedia, posò il toast che stesse addentando appena un attimo prima e le fece l’incontro. Il suo sorriso si smorzò leggermente alla vista dello sguardo sconvolto dell’amica.
- Ti senti bene, Rhea?
 
Stop. Fermatevi tutti un secondo. Come l’aveva chiamata?
 
- Per caso non hai dormito bene?
Naomi non riuscì a rispondere. Shirone aveva usato il suo nome, il suo vero nome. Perché non le si rivolgeva con il suo pseudonimo? Non ebbe molto tempo per rifletterci. Le sorprese non erano ancora finite.
 
- Oh, siete già belle vispe, voi due.
 
Quanto aveva desiderato risentire quella voce. Dentro il suo cuore ci sperava, ma era come se non avesse voluto illudersi troppo. Eppure era lì, alle sue spalle, scompigliato come sempre, sciallato in quei vestiti di pessimo gusto.
 
 
Switch ci mise un po’ a risvegliarsi. Fece per muoversi, ma si accorse di essere legato ad una sedia. Le corde di canapa gli segavano le caviglie, il torace e l’unico braccio a sua disposizione. Non gli fu difficile realizzare dove si trovasse.
Conosceva fin troppo bene il suo sotterraneo.
Kyoka camminava intorno a lui, disegnando un cerchio perfetto. Il suono dei suoi passi erano l’unica fonte di rumore a rimbombare tra le pareti piene d’umido e muffa. Continuava a rigirarsi tra le dita una siringa piena di un liquido dorato. Sentendo il prigioniero rinvenire, gli si parò davanti.
- Come ci si sente ad essere la vittima, villain?
- Come ci si sente ad essere il carnefice, “eroe”?
Jiro si fece scivolare quelle provocazioni come se niente fosse.
- Io non sono come te. Non ti ucciderò.
- E faresti male. Ti inseguirei fino in capo al mondo, attraverso tutte le linee temporali di questo universo. Tutto, solo per uccidere te e il tuo maritino.
La ragazza ignorò anche quell’ultima frase e gli sventolò la siringa davanti.
- Questa è la droga capace di distruggere il Quirk, vero?
Kyoka non celò la soddisfazione alla vista degli occhi sgranati del villain.
Aggirò l’uomo, accovacciandosi alle sue spalle.
- Aspetta!
Lo implorò lui, cosciente di quelle che stesse per accadergli.
- Aspettare? E perché mai?
La ragazza affondò l’ago nel braccio sinistro del prigioniero.
- Mai come adesso, prevenire è meglio che curare.
 
Naomi lo stringeva forte, come se non volesse più lasciarlo andare. Kaminari era rimasto piuttosto sorpreso da quel plateale ed improvviso gesto d’affetto.
- A cosa devo tutta questa attenzione?
La ragazza non rispose. Non poteva rispondere, era troppo impegnata a piangere sul petto del padre, a bagnarli la maglietta con le sue lacrime. Strette ancora di più la presa intorno ai suoi fianchi. Non poteva lasciarlo andare, altrimenti sarebbe scomparso di nuovo, era quella la sua paura.
- Papà… papà…
Denki accarezzò il capo dorato della figliola, ancora confuso, ma felice. Shirone osservava la scena commossa, le mani congiunte vicino al mento.
- Che bel momento padre-figlia!
Squittì, contenta.
- Se sono di troppo, posso anche andare.
Naomi riemerse dal petto del padre. I suoi occhi si era già gonfiati e il naso le colava, come se avesse un forte raffreddore. Fissò il volto di Kaminari con aria quasi supplichevole.
- Pe’ fabore, pabà, ghiamami ber nome.
- Come?
- Chiamami ber nome!
- Ma… che stai…
- Fallo e basta!
L’uomo la guardò leggermente spiazzato.
Era seria, serissima, allora perché non accontentarla?
- Rhea…
La ragazza gli si fiondò nuovamente addosso, ricominciando a piangere. Era così liberatorio. “Rhea”, “Rhea”… da quanto tempo non la chiamava così. Era sempre stato così rigoroso. A causa del programma di protezione testimoni, non faceva eccezioni neanche quando fossero da soli. Ricordava quanto odiasse, all’inizio, il nome “Naomi”. Con il tempo si era anche abituata, ma sentirsi chiamare “Rhea” era tutto un altro discorso. “Rhea”, “Rhea”, “Rhea”…
 
- Rhea?
 
Non era stato il padre, questa volta. Era stata una voce che proveniva alle sue spalle. Naomi fece capolino dalla scapola di Kaminari, in modo da poter vedere oltre. “Che bella” fu il suo primo pensiero, appena la vide. Una donna dai lunghi capelli scuri, le iridi violacee. Un corpo minuto, esile.
- Cosa mi sono persa?
La sconosciuta spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, scoprendo un particolare spinotto color pelle congiunto al lobo.
 
Dopo il suono della campanella, Jiro si diresse verso il laboratorio gestionale, sapendo già chi avrebbe incontrato. Non passò molto tempo prima che s’imbattesse in quel “tamarrissimo” ciuffo biondo.
- E tu che ci fai qui, idiota?
Sentendosi rivolgere quell’epiteto specifico, Kaminari si voltò come se l’avessero chiamato per nome. Ormai era un riflesso condizionato.
- Ehilà, Jiro! Come mai qui?
La ragazza gli rivolse un largo sorriso. Sapeva di non potergli raccontare nulla della sua incredibile avventura.
Non che non ci fosse da fidarsi, ma avrebbe incasinato la linea temporale, o meglio, non l’avrebbe incasinata nel modo in cui avrebbe voluto lei.
- Il mio lettore cd si è rotto, quindi sono qui per farlo riparare.
Estrasse l’apparecchio per confutare ciò che avesse appena detto.
- Ah, ho capito. Vuoi che gli dia una bella scossa, così si ricarica?
- Oh sì, ho proprio bisogno di una bella scossa.
Lo afferrò per il colletto della camicia e lo trascinò a sé. Dovette alzarsi sulle punte per poterlo baciare come si deve. Lei aveva gli occhi chiusi, intenti ad assaporare il momento. Lui aveva gli occhi sbarrati, incapace di concepire cosa stesse succedendo. Kyoka non lo fece durare molto. Terminò il bacio con un piccolo morso sul labbro inferiore e restituì a Kaminari la libertà, guardando divertita la sua espressione.
- Dovresti guardare la tua faccia. Sembra quella di quando esageri con il Quirk.
Il ragazzo emise un piccolo sbuffò, a metà tra una risata ed un verso di stupore.
- Mi succede quando il cervello mi va in corto circuito… un po’ come adesso…
Sospirò sottovoce.
- Ma come…
- Adesso non mi va di spiegarti. Perché non passi in camera mia, stasera?
Kaminari guardò spiazzato la compagna, la cui audacia fosse appena spuntata fuori dal nulla cosmico. Lei non esitò a mettere i puntini sulle “i”.
- Non farti venire in testa strane idee, non per ora, almeno… ah già…
Kyoka afferrò il lettore cd con entrambi le mani e lo sollevò sopra la testa.
- Devo fare questo, se non sbaglio.
Lo lanciò verso il pavimento, facendolo atterrare con un tonfo sordo.
- Ma che fai?
Chiese Kaminari, ancora più confuso. La ragazza raccolse ciò che aveva fatto cadere, osservando soddisfatta la brutta incisione che si era creata sul display dello scomparto cd. Per tutta risposta, lanciò un fugace occhiolino a Denki.
- Tanto stavo andando a farlo riparare, no?
 
La stava abbracciando. La stava veramente abbracciando, non era come nei suoi sogni più belli. Quello era il sogno più bello, e poteva chiamarlo realtà.
- Mamma…
Kyoka accarezzò la figlia, lo sguardo molto meno confuso rispetto a quello del marito. Ricambiò l’abbraccio, chinandosi in avanti per poggiare il viso sulla sua spalla, in modo che la lunga chioma dorata di lei la nascondesse ai presenti. Le sussurrò ad un orecchio, la voce colma di orgoglio.
- Bentornata, Naomi…
La ragazza spalancò gli occhi per lo stupore, ancora immersa nell’abbraccio. Fu Kyoka ad interromperlo con dolcezza. Ammiccò con aria complice alla figlia, per poi rivolgersi a Kaminari e a Shirone.
- Devo scambiare due parole con Rhea. Denki, se non sbaglio è rimasto un semifreddo al cioccolato, perché non lo offri a Shirone? Vai pazza per i dolci, no?
La ragazza annuì felice, quasi scodinzolando. Perfino Kaminari non avanzò domande scomode. Kyoka sorrise e poggiò una mano sulla spalla della figlia.
- Io e Rhea andiamo in camera sua, ok?
 
Quante volte aveva sognato di sedere sul suo letto, a gambe incrociate, e parlare con sua madre di qualsiasi cosa. Naomi quasi pensava di non meritare tutta quella felicità in una volta. Aveva così tante domande che le ronzassero in testa. Più si sforzava, più non riusciva a ricordare il suo nuovo passato, quello vissuto insieme a Kyoka e Denki. Aveva bisogno di un bell’aggiornamento sull’ultimo decennio.
- Tranquilla, è normale essere così confusi. È un po’ come se la tua coscienza si fosse appena risvegliata. Ero sicura che ormai sarebbe stata questione di giorni.
- È incredibile. Non ricordo niente di questi sedici anni insieme…
- Perché tecnicamente non li hai vissuti… non questa versione di te, amore.
Kyoka si inclinò quel tanto che bastasse per baciare la fronte di lei. Naomi aveva sempre desiderato vivere un momento del genere. Quasi non le importava di aver perso dieci anni di ricordi con sua madre, la prospettiva di poter vivere il resto della vita con lei era molto più soddisfacente.
Ma vi erano ancora molti dubbi da risolvere.
- Mamma, che ne è stato di Switch? Come sei riuscita a sconfiggerlo?
Kyoka sollevò la manica della sua maglietta. Uno strano marchio circolare brillava lucido sull’avambraccio sinistro. Naomi lo fissò intensamente, ripercorrendo le linee nere con i polpastrelli.
- Ma questo… ce lo aveva papà… si, me lo ricordo, è lo stesso tatuaggio.
- Più o meno, sì.
Rispose la madre.
- C’è una cosa che Switch non è mai riuscito a capire: come ha fatto Denki a catturarlo. Non ha fatto che ripetermelo, prima che lo neutralizzassi. Diceva “perché… perché… come avete fatto?”. Questo perché, in entrambe le occasioni in cui sia stato catturato, non è riuscito ad attivare il suo Quirk.
- Hai fatto come ti avevo detto? Lo hai bloccato prima che riuscisse a ruotare il polso?
- Ho provato così, la prima volta, ma non è stato abbastanza. La linea temporale necessitava di qualcosa di più significativo per cambiare direzione. Ecco perché ho dovuto sfruttare una falla presente nel suo Quirk, sconosciuta perfino a lui.
Naomi la guardò confusa, lei sorrise davanti a quello sguardo.
- Le Unicità sono caratteristiche fisiche. Molto spesso capita di fraintenderle. A volta si dà per scontato che una ragazza faccia fuoriuscire un getto d’acqua dal proprio indice, quando in realtà sta controllando l’acqua presente nell’aria attorno al suo dito.
- Sono i fondamentali studiati alle medie, sì.
Rise Naomi, sentendosi un po’ come a scuola. In effetti, non aveva mai provato la sensazione di stare seduta dietro ad un tavolo, la testa china su un libro troppo complicato da capire e le indicazioni di una madre che tentava di spiegarle le equazioni di secondo grado. Non era mai stata una cima in matematica.
- A quanto pare Switch non prestava molta attenzione, alle medie.
Rispose Kyoka, ironica.
- Il suo limite non consisteva nel poter riavvolgere il tempo una sola volta al giorno, ma nel poter rivivere lo stesso momento solo una volta.
- Ehm… dove sta la differenza?
Kyoka si grattò distrattamente il mento con l’indice, in cerca dell’esempio giusto per spiegarsi meglio.
- Immagina di essere davanti uno scaffale pieno di noodles.
- Mmmh buoni i noodles.
- Papà ti dice che puoi mangiare solo una confezione al giorno. Io, invece, ti dico che al giorno può essere mangiata solo una confezione. Dove sta la differenza?
Naomi si prese un paio di secondi prima di arrivare alla soluzione.
- Il secondo caso… è più generico. Cioè, non è specificato che debba essere io a mangiare i noodles, l’importante è che se ne mangi una sola confezione al giorno.
- Esatto. Quindi, se il tempo fosse stato già riavvolto da qualcun altro…
Kyoka picchiettò sul cerchio inciso sul suo braccio.
- …Switch non avrebbe potuto sfruttare la sua ora.
Gli occhi di Naomi si spalancarono in segno di profonda comprensione.
- Hai… hai viaggiato nel tempo? Tu?
- Già. Il nostro caro Switch aveva mescolato il proprio Dna con quella strana droga. In pratica, era come se si fosse creato un “Quirk tascabile”, che poteva essere usato da chiunque.
Kyoka si lasciò andare per qualche secondo al ricordo di una linea temporale ormai perduta, insieme alla quale fosse andato alla deriva anche il primo vero bacio tra lei e Denki.
 
Naomi, in quel momento di pausa, sentì il bisogno di riabbracciarla, non sentendosi mai sazia di quella sensazione. Kyoka ricambiò la stretta, ma solo per pochi istanti.
- Ho un regalo per te.
Disse, allontanandosi dal letto della figlia. Naomi la guardò aprire il suo armadio, trafficare con il legno della base ed alzare un asse, rivelando un doppiofondo.
- Ho aspettato che “tornassi in te”, per ridartelo.
Le porse il vecchio lettore cd, leggermente impolverato, con qualche ragnatela qua e là. La ragazza lo prese tra le mani, senza capire in pieno.
- Ma… perché è in queste condizioni? L’ho usato fino a pochi giorni fa.
- Quella era una linea temporale diversa, Rhea. In questa qui, tu non hai mai posseduto questo lettore, l’ho conservato apposta. Guarda, c’è una piccola sorpresa per te, al suo interno.
Naomi fece scattare lo scomparto a molla, rivelando un cd bianco, etichettato “Alla mia piccola”. Sentì gli angoli degli occhi bruciare, le lacrime di commozione imminenti.
- Ho pensato ne sentissi la mancanza.
- Un tempo, era l’unico ricordo che avessi di te, l’unico modo per sentire la tua voce.
- Beh, adesso potrai sentirla tutte le volte che vuoi, piccola mia.
Kyoka non aggiunse altro, lasciando la stanza. Una volta da sola, Naomi fissò il lettore e il cd bianco, certa di poter ritrovare la registrazione originale del genitore. Decise di concedersi un ultimo ascolto.
 
Chiuse lo scomparto, accese il lettore e spinse “Play”.
 
“Non riesci a dormire, tesoro? La mamma ti racconterà una bella favola. Allora… da dove posso cominciare? C’era una volta… mmmh…. un piccolo coniglietto, sì, un coniglietto giallo, con le guanciotte rosse rosse. Era un animaletto un po’ stupidino, faceva sempre gli scherzi ai suoi amici. Aveva un dono molto particolare: faceva ridere gli altri animaletti. Se lo toccavi, si emozionava e ti dava la scossa. Faceva molto ridere, perché, dopo la scarica, faceva sempre una faccia buffa. Non potevi guardarlo senza scoppiare a ridere”
 
“Una mattina, il piccolo coniglietto passò vicino ad un albero ed incontrò una cicala. La cicala stava cantando e il coniglietto si sedette per ascoltarla. Al coniglietto piaceva molto la voce della cicala, tanto che ogni giorno, alla stessa ora, andava sotto quell’albero per ascoltarla cantare. Un giorno, la cicala si accorse del suo pubblico. Allora scese dall’albero e chiese al coniglio: “perché sei sempre qui?”. Lui rispose, sorridendo, “hai una voce così bella! Potrei sentirti cantare tutto il giorno, senza mai stancarmi!”. Allora, la cicala, che non aveva mai ricevuto dei compimenti così belli, dedicò una canzone al coniglietto, dicendogli che, se avesse continuato a sentirla cantare, allora non avrebbe mai smesso. E il coniglietto stava lì e la cicala cantava”
 
“Un giorno, però, il coniglio non venne. La cicala si preoccupò ed invece di cantare per conto suo, si mise a cercarlo. Alla fine, lo trovò vicino al laghetto, insieme a tantissimi animali, di ogni genere. Si avvicinò a lui e gli gridò: “perché oggi non sei venuto?” e lui disse “sei così brava a cantare, che devono sentirti tutti! Tu riesci a rendere felici gli animali, solo cantando”. E così, la cicala diede un vero e proprio concerto nel bosco e fu un grande successo. Molti animali si complimentarono, ma lei volle solo sentire il coniglietto che, ancora una volta, le dicesse quanto fosse brava”
 
“Sai, piccola Rhea, questa storia ha una morale. È bello rendere felici le persone ed è anche bello sentirsi dire di essere bravi in qualcosa. Ti capiterà, però, di incontrare delle persone che vorrai tanto tanto bene e il loro giudizio diventerà per te l’unica cosa importante. Allora devi impegnarti, per rendere anche queste persone felici, perché solo così sarai felice anche tu”
 
“Si è fatto tardi, amore mio. Adesso devi chiudere gli occhi e fare bei sogni. Ricordati, la mamma sarà sempre al tuo fianco. Ti voglio tanto bene”

 
Gemini Radio
  Dedicata alla mia Idra, fonte di ispirazione
Autore: BluAvis

Non perdetevi i ringraziamenti finali nei Credits 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: BluAvis