Stay the night
Cause if this is
what we've got
Then what we've got is gold
We're shining bright and I want you
I want you to know
The morning's on
it's way
Our friends all say goodbye
There's nowhere else to go
I hope that you'll stay the night
Ooh, you'll stay the night…
(“Stay the
night” – James Blunt)
Era autunno inoltrato e la scuola diventava sempre più
impegnativa per Peter Parker. Compiti in classe e interrogazioni si
susseguivano e il ragazzo cominciava a sentirsi depresso: non aveva quasi più
tempo per stare con il signor Stark, per partecipare alle riunioni degli
Avengers… insomma, per fare tutto ciò che riteneva davvero importante e
significativo nella sua vita.
E questo lo faceva sentire molto triste.
Quella settimana di fine novembre, inoltre, per Peter
sarebbe iniziato un laboratorio pomeridiano di chimica che lo avrebbe impegnato
fino alle diciassette di martedì, mercoledì e giovedì. Da un lato il ragazzino era
contento di poter frequentare quel laboratorio che si prospettava molto interessante;
dall’altro, però, avrebbe voluto dire stare a scuola fino a tardi per tre
pomeriggi alla settimana. Poi ci sarebbero stati i compiti da fare e, in
conclusione, il tempo da dedicare alla sua attività
segreta si sarebbe ridotto ulteriormente.
E avrebbe potuto trascorrere molto meno tempo con il
signor Stark…
Quel martedì mattina, in macchina, mentre lo
accompagnava a scuola, Stark notò la malinconia del ragazzo.
“Peter, cosa c’è? Sei strano stamattina, qualcosa non
va a scuola? C’è qualcuno che ti sta dando fastidio?” gli domandò.
Il ragazzino emise un sospiro di rassegnazione.
“No, signor Stark, va tutto bene, è solo che…”
cominciò. “Beh, questa settimana inizio a frequentare un laboratorio di chimica
che durerà fino alle cinque di sera. E’ una cosa interessante, sì, ma a me
sembra di non avere più tempo per nient’altro, di non essere nemmeno più un
Avenger…”
“Beh, ragazzo, questo laboratorio è un’opportunità
importante per te” commentò Tony, “immagino che non tutti possano frequentarlo,
avranno scelto i migliori della classe.”
“Sì, però…”
“E allora qual è il problema? Le riunioni con gli
Avengers? Gli addestramenti? Puoi farne a meno per qualche settimana, ti
aggiornerò io su tutto se ci saranno novità” disse l’uomo per tranquillizzarlo.
“La ringrazio, signor Stark, però… mi sembra di non
avere nemmeno più tempo da passare con lei! Spesso devo studiare fino a tardi
ed è un secolo che non guardiamo più le nostre serie TV preferite o che non
andiamo al cinema…” si lamentò Peter, sconfortato.
Tony si lasciò sfuggire un sorriso, intenerito dalle
parole del ragazzino. Gli circondò le spalle con un braccio e lo strinse a sé.
“Lo sai che devi pensare anche al tuo futuro, Peter”
gli disse con dolcezza. “E’ un bene che tu abbia tante opportunità, ti faciliteranno
quando sarà il momento di scegliere il college che frequenterai. Sei un
Avenger, certo, ma io spero che presto potremo farla finita definitivamente con
la faccenda di Thanos e poi… poi magari ci saranno anni di tranquillità e tu
potrai dedicarti agli studi, decidere cosa farai da grande.”
“Io voglio lavorare con lei, signor Stark!”
“Va bene, ma credi che alla Stark Foundation io
accetti i primi venuti? Certo che no. Per lavorare con me ci vogliono grandi
capacità e almeno una laurea in un college prestigioso” rispose divertito
l’uomo. “Su, non abbatterti troppo, ti prometto che troveremo comunque il tempo
di fare qualcosa di speciale
insieme.”
“Davvero?” gli occhi di Peter si erano già illuminati
di una luce gioiosa.
“Te l’ho promesso, no? Avanti, ora scendi e vai a
scuola, siamo arrivati” lo incoraggiò Tony.
“Sì, ma…”
Il vetro che divideva i sedili anteriori da quelli
posteriori era opportunamente chiuso, come sempre quando Stark accompagnava
Peter a scuola, perché Happy non potesse né vederli né ascoltarli. Tony strinse
il ragazzo tra le braccia e lo baciò per un lungo momento, in modo lento ma
profondo e intimo, come se nemmeno lui volesse lasciarlo andare.
“Questa sera, quando uscirai da scuola alle cinque,
aspettami al campo di football” gli disse sulle labbra, sempre tenendoselo
stretto. “Verrò a prenderti e ti farò una sorpresa, così la giornata ti
sembrerà più leggera e poi mi inventerò qualcosa di speciale per la sera.”
Travolto da un turbine di emozioni, Peter non riuscì a
fare altro che abbandonarsi a Stark, con il cuore che gli batteva come
impazzito. All’improvviso tutti i suoi problemi e i fastidi quotidiani
sembravano dissolversi al pensiero di passare la serata con l’uomo che amava.
“E ora vai, altrimenti farai tardi. Ci vediamo
stasera, d’accordo? Buona giornata” concluse Tony, staccandosi a fatica da
Peter.
“Sì… grazie… buona giornata anche a lei, signor Stark”
balbettò il ragazzo, ancora emozionato da quel bacio e dalla felice
prospettiva. Aprì la portiera e scese dalla macchina, aggiustandosi lo zaino
sulle spalle, tutto scarmigliato, con le guance in fiamme e una sorta di
espressione estatica sul viso.
Prima o poi qualcuno lo guarderà
bene in faccia quando scende da questa macchina e ci metterà poco a fare due
più due, pensò Stark,
guardandolo mentre si avviava verso l’edificio scolastico, mescolandosi agli
altri ragazzi. Scosse il capo, sorridendo intenerito, poi disse a Happy di
ripartire e di portarlo al suo ufficio.
Con l’aspettativa di trascorrere una serata speciale con il signor Stark, la
giornata scolastica sembrò meno pesante a Peter, sebbene lui ogni tanto
sbirciasse l’orologio alla parete e mandasse SMS affettuosi all’uomo.
“Mi manca, signor Stark. Lei sta bene?”
“Sono contento che tra tre ore verrà a prendermi”
seguito da una sfilza di cuoricini…
“Non può proprio anticiparmi niente della sorpresa di
stasera?”
Tony riceveva quei messaggini pieni di emoticon e di
cuori e sentiva un benefico calore che gli si spandeva dentro. Era così
infinitamente dolce essere amato da un ragazzo tanto affettuoso, era un regalo
che la vita gli aveva fatto quando non se lo sarebbe più aspettato e adesso
stava a lui rendere felice il suo tesoro, il suo preziosissimo Peter.
Alle cinque del pomeriggio, Peter uscì finalmente da
scuola e si incamminò velocemente verso il campo da football. Il sole era
appena tramontato, foglie secche scrocchiavano sotto i suoi piedi e il
ragazzino pensava che anche l’autunno poteva diventare una stagione bellissima
e romantica quando si aveva la fortuna di trascorrerlo con la persona amata.
Il ragazzo si guardò attorno per un po’, ma il signor
Stark non c’era. Un senso di vuoto lo colse improvvisamente, facendogli dolere
lo stomaco. Forse non si erano capiti bene sul luogo dell’incontro? Eppure
aveva detto al campo da football…
Le cheerleaders avevano finito il loro allenamento e
si stavano dirigendo verso gli spogliatoi per farsi la doccia, ridendo e
chiacchierando tra loro. Qualcuno dei giocatori continuava a lanciarsi la
palla, sebbene la maggioranza fosse già rientrata; due ragazzi correvano lungo
la pista di atletica che circondava il campo. Intanto gli ultimi studenti
uscivano dall’edificio scolastico e si riunivano in gruppetti per chiacchierare
oppure si dirigevano verso le macchine e i motorini parcheggiati.
Perché il signor Stark non arriva?
Aveva detto che sarebbe venuto a prendermi qui alle cinque… forse si è
dimenticato della sua promessa? Avrà avuto un imprevisto alla Stark Foundation
oppure… oppure non ricorda più nemmeno di aver fissato questo incontro?
Peter prese il cellulare, lo controllò, ma non c’erano
messaggi. Pensò di inviare un SMS al signor Stark, chiedendogli se andava tutto
bene, poi decise di lasciar perdere: se ci fossero stati problemi, per esempio
un’improvvisa riunione con gli Avengers, Stark glielo avrebbe fatto sapere; se
invece si era dimenticato del loro… appuntamento…
allora, beh, allora era inutile che Peter glielo ricordasse. Non voleva che
l’uomo si sentisse obbligato a passare la serata con lui, se non ne aveva
voglia.
Non voleva essere un peso per lui.
Improvvisamente la brezza che rinfrescava la sera
sembrò diventare un vento gelido e insopportabile e la scena autunnale che
tanto aveva affascinato Peter qualche minuto prima gli apparve malinconica e
triste. In realtà niente era cambiato, ma Peter sentiva freddo dentro al cuore
e provava una delusione e uno sconforto insopportabili.
Il signor Stark si era dimenticato di lui. Il signor
Stark aveva cose più importanti alle quali dedicarsi e non poteva perdere il
suo tempo con un ragazzino sciocco e illuso come lui.
Lacrime bollenti cominciarono a pungere gli occhi di
Peter, ma lui si sforzò di ricacciarle indietro. Ci mancava solo che si
mettesse a piangere! Qualcuno dei bulletti della sua scuola avrebbe potuto
passare di lì e, se lo avesse trovato in lacrime, non gli avrebbe dato più
pace.
“Peter! Ehi, ragazzo, per di qua!”
La voce di Tony, che sembrava sbucare da uno dei
grandi alberi che circondavano il campo, lo fece trasalire e il cuore del
ragazzino iniziò a battere più velocemente.
“Sono qui, ragazzo, da questa parte, sbrigati!”
insisté l’uomo, e Peter finalmente lo vide. Era davvero appoggiato ad un albero
e gli stava facendo cenni perché si affrettasse.
Peter corse verso di lui, e di nuovo il mondo sembrò
risplendere della luce del sole al tramonto, che faceva brillare le ultime
foglie rimaste sugli alberi di colori che andavano dall’arancio al dorato al
marrone. Non c’era più alcun vento freddo, anzi, più Peter si avvicinava a Tony
e più sentiva il sangue che scorreva veloce nelle vene, riscaldandolo tutto e
facendogli avvampare il viso.
“Maledizione, ma quanta gente c’è ancora in questa
scuola? Non se ne vanno mai a casa i tuoi compagni?” si lamentò Stark, con una
smorfia. “Beh, cos’è quella faccia? Non dire niente, te lo leggo in viso:
credevi che non sarei venuto, che mi fossi dimenticato di te. Ma per chi mi
prendi, ragazzino? Mi sono dovuto nascondere
tra questi alberi perché c’erano ancora un sacco di studenti e non volevo che
qualcuno ci vedesse.”
Peter arrossì ancora di più a quelle parole,
vergognandosi per aver dubitato del signor Stark.
“Ma perché si nascondeva? Mi accompagna a scuola con
l’auto tutte le mattine, credo che ormai anche i custodi sappiano che vivo con
lei e che…”
“Ragazzo, vuoi mettere anche qualche manifesto in
bacheca, così da informare quelli che, per disgrazia, ancora non ne fossero al
corrente?” lo interruppe Stark. Possibile che Peter fosse sempre tanto innocente
e, soprattutto, chiacchierone? “Comunque non è per quello, il fatto è che non
sono venuto in macchina e l’idea che avevo avuto era quella di accompagnarti a
casa… volando. Solo che speravo di
non dare spettacolo davanti a tutta la tua scuola, ecco!”
“Volando? Signor Stark, intende dire… con la sua armatura
e… come quella volta?” Peter era talmente sbalordito e felice da non riuscire a
mettere insieme una frase di senso compiuto.
“Ti avevo detto che ti avrei fatto una sorpresa, no?”
replicò Tony. Si guardò intorno e poi, vedendo che in quel momento non c’era
nessuno, premette il Reattore Arc che aveva sul petto e la sua armatura si
materializzò sul suo corpo, lasciandogli il volto scoperto. “Sei pronto? Reggi
il tuo zaino e io reggerò te!”
Circondò con le braccia la vita di Peter e si sollevò
in aria insieme a lui.
Gli ultimi raggi del sole al tramonto facevano
brillare l’armatura di Stark proprio come le foglie degli alberi, incendiandola
di riflessi rossi e oro. L’aria era fredda ma, tra le braccia del signor Stark,
Peter non si accorgeva di nient’altro. Stringeva lo zaino al petto e ammirava
la bellezza della New York autunnale vista dall’alto, lo spettacolo più
romantico e incantevole che potesse immaginare.
Tony, invece, non aveva bisogno di ammirare il
panorama e guardava appena quel tanto che bastava per prendere la giusta
direzione: ciò che ammaliava il suo sguardo era il viso radioso e arrossato di
Peter, i suoi grandi occhi del colore delle castagne che brillavano di gioia,
le sue labbra dischiuse nel sorriso più dolce che si potesse sognare.
I due atterrarono sul tetto dell’Avengers Tower e
Peter era il ritratto della felicità, gli ultimi raggi di sole illuminavano i
suoi capelli di riflessi di oro rosso, i suoi occhi splendevano e il suo
sorriso era talmente immenso da lasciare Tony senza fiato.
“Non hai avuto freddo, vero ragazzo?” gli chiese, per
darsi un contegno.
“Oh, no” rispose Peter, arrossendo, “lei mi teneva… al
caldo.”
Stark fece smaterializzare l’armatura, circondò la
vita di Peter con un braccio e lo condusse nell’edificio. La sorpresa per lui
non era finita: in una stanza del quartier generale degli Avengers aveva fatto
apparecchiare e organizzare una cena solo per loro due.
Peter sgranò gli occhi quando vide la tavola
apparecchiata per due e la stanza tutta per loro.
“Signor Stark, ma… ha organizzato… questa è una cena al lume di candela?” chiese, tanto
emozionato da balbettare.
“Ma no, ragazzo, che vai a pensare?” si schermì
l’uomo. “Volevo che fosse una serata speciale e volevo anche avere l’occasione
per parlare un po’ con te, visto che in questi giorni abbiamo meno tempo per
stare insieme.”
Eh sì, però alla cena romantica ci aveva pensato anche
Tony, anche se si sarebbe fatto squartare piuttosto che ammetterlo!
I due mangiarono, chiacchierarono di tutto,
scherzarono. Peter era così felice per quella serata da aver dimenticato la
stanchezza della giornata scolastica.
“Sai, ho deciso che d’ora in poi, quando uscirai da
scuola più tardi, verrò sempre a prenderti volando, visto che ti piace tanto…
beh, a meno che non piova o nevichi!” disse Tony.
Peter abbassò lo sguardo, momentaneamente ammutolito
dall’emozione. Era meraviglioso che il signor Stark pensasse così tanto a lui,
che volesse rendergli piacevoli anche le giornate più pesanti… forse, allora,
anche lui lo… beh, insomma…
“Signor Stark, non so come ringraziarla, lei è sempre
così buono con me, io… io la am… cioè, io le voglio tantissimo bene!” esclamò, preso
dall’entusiasmo.
La cena era ormai finita e Tony era sempre più
incantato dalla dolce timidezza di quel ragazzino che non voleva nemmeno dirgli
apertamente cosa provava per lui perché temeva… sì, lo sapeva fin troppo bene,
temeva di essere rifiutato. Già troppe volte Stark aveva raggelato il suo
affettuoso entusiasmo insistendo sul fatto che non doveva legarsi troppo a lui,
che non era la persona giusta, che…
Quella sera, però, non c’era alcun bisogno di parole.
Alzatosi da
tavola, Tony si avvicinò a Peter che, spontaneamente, gli tese le braccia senza
dire niente. L’uomo lo strinse a sé, sollevandolo e baciandolo con trasporto,
lungamente e profondamente. Sempre tenendolo tra le braccia lo portò fino alla
sua stanza, come se il volo di poche ore prima proseguisse ancora. Era così
leggero! Lo depose sul letto, baciandolo ancora intensamente; gli accarezzò il
viso e i capelli, poi cominciò a coprirglieli di piccoli baci. Lo accarezzò con
tenerezza e amore su tutto il corpo, incollandosi a lui, volendo inebriarsi del
suo profumo, del suo sapore, del tepore della sua pelle. Si rendeva sempre più
conto che non avrebbe potuto sopportare di essere separato dal ragazzino, che
ormai il suo destino era legato per l’eternità a quello di Peter. Nulla era
paragonabile a ciò che provava quando lo aveva con sé e si stupiva di essersi
accontentato per tanto tempo di rapporti effimeri e di soddisfazioni
esclusivamente carnali quando era così infinitamente bello e appagante essere
unito a qualcuno che si amava davvero. Continuò ad accarezzarlo, a percorrere
tutto il suo corpo, mentre lo baciava ancora e ancora, con sempre maggior
desiderio, fino a giungere alla totale fusione dei loro corpi nel modo più
delicato e tenero possibile, come se avesse a che fare con una statuetta di
cristallo.
Alla
fine, Tony sentì il bisogno di tenere ancora stretto tra le braccia Peter, di
sentire che lui era lì, di dormire stretto a quel giovane corpo caldo e tenero.
Per
lui era difficile ammetterlo anche con se stesso, ma sapeva bene che quel
ragazzino era il suo porto sicuro, la sua oasi di pace e serenità e niente e
nessuno avrebbe mai più potuto separarlo dal preziosissimo tesoro che aveva
trovato.
FINE