Vorrei giusto chiarire
un paio di termini agli
scorretti che le mie
storie sono tutelate dal diritto di autore e registrare abitualmente a
mio nome
di persona fisica. Dunque, avviso chi non ha di meglio da fare che
copiare,
prendere parti, spacciarle per proprie di pensarci due volte a provare
a
plagiare o a rubare la farina del mio sacco: non
rischiate solo un brutto bannaggio su questo
sito, ma rischiate anche in termini legali.
A buon intenditor...
.
Oneshot
che mischia introspezione, ricordi e spezzati di vita casalinga con
narrazione da diversi punti di vista.
Scusate eventuali errori, il tempo è davvero poco questo
periodo. Per il fine settimana prevedo anche l'aggiornamento di Codice
Genesi. Un ringraziamento a tutti i lettori che mi seguono e mi
recensiscono dedicandomi qualche minuto del loro tempo.
Grazie !
Proiezioni
.
Sbalordito
il diavolo rimase…
Quando
comprese quanto osceno fosse il
bene.
The
Crow
La
nebbiolina uggiosa e umida che
volteggiava come uno spettro sull’acqua
mossa non era che un
rimasuglio di quel ricordo. Un moncherino di memoria. Statico come un
frammento
incancrenito nel sedimento stantio della mente, tra immagini disunite,
scollegate, schegge di cronache decorse senza sensi di colpa. Non
sapeva
neppure cosa significasse provare rimorso. Sotto Freezer l'unica cosa
che il
suo animo essudava senza vergogna era l'anelito della vendetta. Una
vendetta
senza sapore, piatta e fine a se stessa. Le vendette di principio si
consumano
sempre a freddo, ci vogliono anni per maturarle, per capirle, per
assaporarle.
Erano anni che il rancore suppurava sulle ferite della sua infanzia e
delle
perdite mai piante per orgoglio. Vegeta ne sapeva qualcosa.
Di
vittime, quella vendetta, ne aveva
mietute anche troppe. Le sue pedine di un gioco da tavola, abbattute
con
minuziosa freddezza, la stessa con cui progettava nuovi accanimenti.
L'indifferenza d'altronde era stata per anni la sua maggiore fonte di
forza, il
suo hybris, l’imputazione ultima per la
condanna. Solo il respiro profondo
che sollevava il suo petto statuario avrebbe potuto dimostrare che
l'effigie di
un automa era solo una fredda apparenza e che lui non era un
soldato senza
volto in una colonna di un esercito interstellare qualunque.
Nessuno
lo dimenticava se incrociava uno
come Vegeta sul proprio percorso. La sua fama lo precedeva. Chi per lo
spazio
setacciato sapeva di lui lo evitava, perché si diceva che al
ragazzo le teste
che lo fissavano per troppo tempo piaceva farle saltare in un colpo.
Pluf.
La
marea bassa aveva restituito alla luce
la scogliera e tra di essa i resti incagliati della guerra.
C’era ancora
qualche corpo a putrefarsi sulla sabbia, davanti alle scarpe
impermeabili
immerse in essa a lasciare le impronte di un individuo avido di gloria.
L’acqua
le cancellava e restituiva al mare, incessante come i moti assoluti e
oscuri
dell’universo. Freezer sarebbe stato ubriaco del trionfo,
l'ennesimo ma ultimo
campo che Vegeta avrebbe distrutto per lui, in suo nome.
L’ingratitudine è un
pena infida e silenziosa, che sa far urlare, che detona da
dentro. Non c'è
nulla per cui sdebitarsi a ringraziare quando con la morte ci cammini a
braccetto. Era perdurata in lui tiranno, per anni, l’ebbrezza
di chi la strappa
dalle mani degli altri la gloria senza sporcarsele. Non aveva mai fatto
caso
che Vegeta indossava sempre i guanti, che odiava
sporcarsi, che il
sangue altrui gli faceva schifo come le loro budella prive di
regalità. Il
tocco è qualcosa di troppo intimo per chi distrugge
a passo militare educato a non provare sentimenti. La pelle
è un mezzo di
contatto particolarmente potente, i recettori sono trasmettitori di
debolezze e
il contatto irradiava in lui uno strano prurito, quasi un
disagio
emotivo oltre che un fastidio derivante da un eccesso di alterigia
palesata a
chiunque.
Guardi
il mare mosso, e pensi che la morte
è solo una soglia, null’altro che una porta piatta
in cui ti annienti come un
bagliore di un implosione che scompare prima del boato
accecante. Da
guerrieri si muore come le stelle. Esplodendo.
“Sono
morti tutti” dice Nappa.
Tu
annuisci in silenzio. Non hai nulla da
dire. La morte non ti ha mai sconvolto. Sei stato educato a
considerarla la più
soddisfacente puttana del bordello che è la vita. Ti fotte
sempre per ultima.
Ti aspetta a cosce aperte, e sorridente, quasi gentile, e tu devi
sorriderle in
rimando. Ti ci devi infilare tra le sue gambe, la devi penetrare la
morte, la
devi sentire, è d’obbligo, lo scotto da pagare per
aver avuto in regalo la vita,
anche se la tua strada tra i mortali è stata un inferno e
forse la morte è la
tua unica vera rivalsa.
“È
stata davvero una fatica stavolta”
commenta ancora il saiyan calvo, osservando attorno a sé
ciò che rimane di una
spiaggia teatro di guerra. “Non volevano proprio
piegarsi”.
Eri
esattamente allo zenit in attesa di
risposte che sciogliessero i dilemmi di anni. Non potevi più
rinviare la
scelta. O la luce o il baratro, giù nell'abisso, oltre il
nadir, nel vuoto.
Ognuno ha una strada segnata, se è in salita o in discesa
è una questione di
punti di vista, di possibili alternative, di incroci e percorsi. Quella
che
avevi scelto ti stava portando dritto da qualche parte, forse a farti
fottere,
ma stavi correndo verso un nuovo nucleo, attraverso i tuoi vuoti dove
si
nascondeva la debolezza dell'uomo, il punto di non ritorno in un buco
nero di
follia, un universo alternativo dove le tue esigenze erano fatte di
sostanza
finalmente compiuta e concreta, non più anelata, seppur
materialmente
costituita da molecole di un inconfutabile amarezza.
.
Il
vocio ovattato superò la barriera del
cuscino premuto sulla testa disturbando il suo sonno. Un
chiacchiericcio poco
chiaro si insinuò nel silenzio della mattina come il sole
attraverso le tende, con
la stessa insistenza, dipanando la caligine dei ricordi che avevano
preso forma
opaca nel suo stato di dormiveglia.
"Certo,
sì, siamo d'accordo..."
La voce di Bulma aveva un'intonazione calma e familiare, quasi
taumaturgica per
lui, come un farmaco ordinario. Lo scuotersi meccanico di alcuni
bracciali gli
fece intuire che lei stava muovendo il polso facendo un gesto a
qualcuno.
.
Il
bivio lo aveva trovato dalla
prospettiva di un nuovo punto di vista, quello del piacere, del darlo.
Sarebbe
stato più facile percorrere i sentieri della guerra verso la
morte, tutti in
discesa, tutti per sè. Aveva sentito di uno status che
restituiva la gloria a
chi aveva venduto la propria violenza, ed era proprio oltre il punto di
non
ritorno, quello status, dopo il buco nero della follia. Da
lì non si tornava
indietro. Era
un vortice verso la caduta.
Nel Male. Dicevano che c'era un inferno senza
porte dove di gloria scellerata
si osannavano gli animi che in vita erano stati ebbri di violenza, una
città
giaciglio per i disgraziati figli di madri senza nome. Ma sua
madre un
nome lo aveva, lui non era un figlio di nessuno, Vegeta ricordava che
lei era
l'unico contatto gradito della sua infanzia, l'unica carezza sui
capelli. La
stima era stata la chiave per rendergli quel gesto piacevole: sua madre
non
aveva avuto bisogno di usare alcun grimaldello perchè era un
diritto di natura
piacergli. Vegeta era sangue suo.
.
Nascose
meglio la testa sotto al cuscino,
cercando di non lasciare alla luce e al vocio di insinuarsi per gli
spiragli
delle braccia, infastidendo il risveglio. C’erano delle
mattine che proprio non
aveva voglia di alzarsi, che avrebbe volentieri trascorso il tempo ad
annoiarsi
e a pensare nel letto. A ricordare e poi a seppellire sotto un terreno
di
polvere che non si compattava mai. Era facile rinvangare ma difficile
abbandonarsi con appagamento assoluto a quello che era stato un tempo.
Gli
sembrava un'altra vita, se ci pensava, ma invece era quella vita.
Esattamente
quella che stava vivendo adesso.
“Certo,
ma non possiamo temporeggiare
ancora, la Capsule Corporation ci ha messo la faccia e questa
situazione va
risolta, gli incontri ormai sono
fissati…” Bulma entrò nel
bagno per
spazzolarsi i capelli continuando a parlare al telefono. Vegeta
sperò la chiudesse
quanto prima, ma un rumore tintinnate di campanellini gli
lasciò intuire che
c'era qualcun'altro nella stanza. Non si mosse neppure di una virgola,
chiuse
gli occhi e si augurò che l'altra presenza non fosse chi
invece sospettava
essere.
Sentirla
girarti vicino, nel tuo universo quotidiano talvolta persino monotono,
non ti
infastidisce più. Invero non ti ha mai infastidito
veramente. Lei è stata la prima
persona che ha mostrato verso di te gentilezza. La prima e unica ad
aver
provato qualcosa che non fosse paura nei tuoi confronti, che fosse
interesse, e
poi persino stima. È stata
sempre brava con la meccanica, Bulma. Conosce i meccanismi. I tuoi.
Aveva scoperto
quelli del tuo animo da subito, gli ingranaggi del tuo ego, i
malfunzionamenti
di quella tua timidezza così evidente. Ti sei sentito
umiliato quando ti sei
scoperto in grado di provare sentimenti tanto gentili per lei, quelli
che hai
concretizzato quando le hai fatto la prima carezza. Ne eri cosciente
mentre le
permettevi di scassinarti la mente, di entrare tra gli ingranaggi del
tuo io,
di sporcarsi del tuo sangue. Perché lo hai fatto? Te lo
chiedi sempre quando ti
guardi allo specchio, e forse ti dici che in fin dei conti
l’hai desiderato
davvero che lei ti salvasse. Non si dovrebbe nascere per soffrire. Il
sangue
degli altri ti ha sempre fatto schifo, hai sempre odiato sporcarti
delle
viscere altrui, ma il suo lo hai assaggiato quando le hai tagliato con
un morso
le labbra, e ne sei risorto come una creatura della notte affamata di
sangue. Anche
gli umori che trovi tra le
sue cosce ti piacciono. Bulma ti manda in
estasi. È un
orgasmo che fa tremare il petto come una detonazione silenziata e
potente. È il
tuo cuore che la pretende dopo il contatto gentile, quello che non hai
mai
voluto con altri esseri umani: è la prima e ultima donna che
ti tocca così, la
sola creatura da cui ti lasci toccare, l'unica, la Regina, la Scelta.
Non solo
ti piace che lo faccia, ma vuoi che continui, potresti
chiederle di non
fermarsi mai. Non c'è alcun prurito, il fastidio del
contatto è un'ombra
inesistente. Hai scoperto di avere due mani quando te le ha toccate lei. Ami il modo in cui le sue mani ti accarezzano anche se non
lo
dici, il suo tocco gentile e asciutto innesca in te meccanismi alla
rovescia,
dal male al bene, senza poter evitare l’irreversibile
trasformazione in qualcos’altro,
e dove c'è stata rabbia subentra una nuova gentilezza. Una
specie di scintilla
afona tra voi è schioccata all’improvviso come un
combustibile in acqua che ha
innescato l'esplosione in un fischio silurato, di quelle prive di
rumore che
con la stessa potenza di un boato alterano un intero sistema di
sopravvivenza.
Va oltre il tuo forte senso del pudore quella brama di lei, come Bulma
che con
te è senza vergogna, una valchiria che non ammette sconfitta
e combatte in
prima linea a testa alta. Non hai mai capito perché ti
voglia e ti abbia
scelto. È il tuo nord, adesso, il tuo polo magnetico, il tuo
senso
dell'orientamento. Si spoglia davanti a te con una fierezza che supera
anche la
tua, con quella sicurezza che ti sconcerta, come fosse sicura di essere
un'idolatria per te che non hai mai avuto protettori cui affidarti, ma
solo le
fiere leggi che ti sono state inculcate nella mente. È
così superba e fiera
mentre lo fa, così altezzosa mentre lascia cadere i panni
per terra, che non
fai altro che accigliarti in rimando. Colpito. Poi affondato. E tradito
da un
contegno che non ti ha mai abbandonato davanti le battaglie interiori
ma con
lei è andato a farsi fottere da un pezzo. Quando sei rimasto
a respirare sopra
di lei, ansimante nell'incavo del suo collo pieno di lividi, del segno
circolare della tua dentatura, capisci di aver immolato il tuo orgoglio
nell'apoteosi generata dal suo contatto: sei stato disposto a stare
sotto solo
con lei, in quell'ossimoro che è il vostro amore. Fa male al
tuo io quel moto
gentile dell'animo. Ti vergogni di saperlo provare. Ma lei vuole l'uomo
che
sei, non quello che hai cercato di essere. E tu glielo dai con
una
generosità di cui non ti credevi capace.
.
Davanti
a quel mare terso del colore
albeggiante non c'era più traccia di alcuna scia di sangue.
L'oceano le aveva
inghiottite tutte nell'abisso. Aveva le sfumature quaresimali della
colpa, quel
cielo, era saturo dell'assordante silenzio del mare mosso e spumoso. La
scimmia
dai connotati affilati e umani fissava l'orizzonte con imperscrutabile
espressione, con quella sensazione di mancanza di qualcosa, non sapeva
di
preciso di cosa. Erano anni che trascorreva le giornate a scandire il
tempo tra
un'incursione e un'altra con quel senso di vuoto profondo quanto i
baratri che
si aprivano nei suoi occhi. Erano due crepe sul buio, due fessure sulla
tenebra. Senza fondo. Nessuno dei terrestri aveva gli occhi neri di una
gradazione tanto pura ma solo di un marrone molto intenso. Qualcuno
aveva detto
di averci visto l'inferno lì dentro. A logorarsi per anni
finisce che l'ego si
corrode bruciando di frustrazione e non lo si può
nascondere. Forse Vegeta
appariva così. Poteva trattarsi della mancanza di giustizia,
di gloria, di
soddisfazione, ma non dell'ambizione che l'aveva permeato fin da quando
era in
fasce. Non aveva mai pianto, era troppo altero per farlo già
da neonato. Dopo
il primo vagito doveva aver sentito rivivere in lui l'altezza dei
Signori della
Guerra e dei suoi Padri che rifulgevano nelle costellazioni di
Kurdas
destinate ai Re che pur errando avevano sfavillato di coraggio. Vegeta
era
stato cresciuto con l'idea che doveva essere il primo. Non gli avevano
neppure
mai insegnato il significato della parola ultimo. Era una questione di
metodo.
Avrebbe dovuto sempre guardare gli altri dall'alto in basso. Persino a
Freezer
lo aveva guardato così, fieramente sprezzante, e il tiranno
aveva sofferto
quell'impotenza e quel rifiuto della Sua autorità
nascondendolo dietro l’ingratitudine
e il disprezzo per un popolo guerriero tanto fiero e in natura
così potente. Vegeta
ce l'aveva scritto in faccia che non era nato per piegarsi.
.
Bra.
Bulma l'aveva chiamata così. Lo aveva
deciso senza interpellarlo, ma d'altronde lui dei nomi terrestri non ne
capiva
molto e neppure era un argomento di suo interesse. Era una bambina
sveglissima
e vivace, era una prerogativa dei giovani, ma l'energia superiore alla
norma
confermava che in lei scorreva un altro tipo di sangue. Regalava
sorrisi
gentili con generosa esuberanza, era tale e quale alla madre, solo
più piccina.
Praticamente una miniatura di porcellana, perfettamente delineata.
Vegeta
poteva guardarla storto quanto voleva se lei lo infastidiva,
ma Bra non
provava mai disagio davanti ai suoi occhi severi e penetranti. Invece
ne
sembrava attratta, rapita, palesandosi uguale alla madre anche in
quello. Forse
alle donne terrestri doveva piacere quel tipo di atteggiamento perchè al posto
di allontanarsi da lui, loro due sembravano ancora più
attratte dal suo carattere
burbero. Valle a capire le donne, si era detto. Ora ne aveva due tra i piedi, e invero non gli dispiaceva. C'era qualcosa nel sentirsi custode delle sue due donne che gli faceva rabbonire i moti burrascosi dell'animo, forse il senso di responsabilità, l'importanza di quel compito che superava ogni altro dovere. Così simili tra di loro, madre e figlia gli giravano attorno come satelliti, e anche se persisteva qualche aspetto del suo pungente carattere nella bambina - e non si mancava di avvertirlo dalla sua turbolenza - era certo sarebbe affiorato più avanti, perchè adesso trionfavano in Bra forti atteggiamenti di origine materna: affettuosa, sfacciata, insistente come un missile teleguidato che
affondava il bersaglio per sfinimento, Bra andava da lui a prendersi
ciò che voleva
quando voleva. Vegeta aveva intuito la sua presenza nella
stanza quando
Bulma si era chiusa nel bagno per parlare a tono più alto.
Aveva sperato che la
bambina gli stesse alla larga ma avrebbe potuto scommetterci che sarebbe finita nella maniera che si stava lui palesando: Bra si era andata a sedere sul bordo del materasso, puntando
gli occhi
sulle sue spalle nude e scolpite dalla fatica agonistica. Vegeta aveva
percepito il suo corpicino leggero sederglisi accanto e aveva fatto
finta di
dormire ancora profondamente. Ma poi era arrivata la sua manina sulla
sua
pelle, un contatto che lui permetteva ai soli elementi della sua
famiglia, e
inutile sarebbe stato provare a scrollarsela di dosso perchè
come aveva
immaginato la bambina cercò subito la sua presenza
rassicurante e silenziosa. E
definire la presenza di Vegeta rassicurante era davvero una questione
di punti
di vista.
"Papà
sei sveglio?” Lo scosse piano
piano. “Papà?”
"No"
la fredda risposta.
Bra
sorrise entusiasta. Fece leva sulla
sua schiena e si sporse a cercare il suo volto che era nascosto tra i
due
cuscini e sotto la morsa micidiale del suo braccio. Si
poggiò su di lui a
cavalcioni e il padre non si mosse di una virgola, anzi la
lasciò fare.
"Se
parli non dormi" commentò
lei con ovvietà, rivelandosi sempre troppo intuitiva per la
sua età di neppure sei
anni.
Il
vocio di Bulma giunse più chiaro al suo
orecchio quando Bra fece per sfilare uno dei cuscini da sopra la sua
testa,
aprendosi una strada verso il suo timpano. Lui rafforzò la
presa, convinto che
la figlia non ce l'avrebbe fatta, o forse anche per mettere alla prova
quanto
fosse puro il suo sangue. Ed ebbe la risposta che cercava: era figlia
sua,
tutta e per tutta, perchè era solo l'ingannevole apparenza
di un volto gentile
lontano anni luce dai connotati della sua razza a mascherare un sangue
tanto vibrante.
Bra
riuscì a sfilargli il cuscino
tirandolo con tutta la forza, ma rimbalzò all'indietro con
una capriola che la
fece quasi cadere dall'altra parte del letto, nel lato dove dormiva
Bulma.
Il
saiyan inchiodò due occhi sorpresi
sulla figlia. L'altra gli elargì invece un sorriso adorabile
e paffuto in
rimando, abituata al suo sguardo arcigno che trovava persino familiare.
Incespicando nella morbidezza del materasso, gli si
avvicinò e gli tirò il
cuscino sulla testa per poi buttarcisi sopra col corpicino, spingendo
con tutta
la forza. Era una necessità categorica per Bra torturarlo,
forse era Bulma che
gli aveva trasmesso quel subdolo piacere o era una prerogativa del
gentil sesso
approfittarsi delle debolezze di un maschio.
Vegeta
la sentì ridere ancora più forte
quando con il suo braccio dal lato opposto cercò di
acciuffarla mentre lei lo
soffocava pigiando il guanciale sulla testa. Bulma rientrò
dal bagno mentre il
saiyan le acchiappava un lembo della gonnellina e la tirava via tra la
festosità
delle sue risa: Bra rotolò sulla sua schiena e si
ritrovò sollevata a testa in
giù al fianco del materasso.
Vegeta
alzò le spalle per
fissarla. "Che diavolo vuoi, mocciosa?"
Lei
rise e tirò fuori la lingua.
"Sei
venuta a cercare guai?"
"Papà
vieni con noi in ufficio della
mamma?"
"No".
"Ma
Trunks viene".
"Io
non sono Trunks infatti" la
zittì l'altro mettendola giù e riadagiandosi
comodamente sul cuscino che
rimpolpò con due colpi di braccia. Rivolse volutamente lo
sguardo dal lato
opposto alla porta per evitare di trovarsi le sue manine sulla faccia o
con un
suo dito nell'occhio com'era successo il giorno prima, quando aveva
rischiato
la cecità perchè Bra gli aveva quasi perforato la
palpebra.
Bulma
chiuse la telefonata. "Ehi,
Vegeta, non dormi, ero convinta stessi ancora riposando".
"Dormivo
infatti" specificò lui
seccato sentendo che la piccola risaliva sul materasso. "Ma pare che
tua
figlia trovi piacevoli tormentarmi".
"Bra
andiamo, lascia stare tuo padre,
dobbiamo andare in ufficio che ci stanno aspettando" disse lei mentre
si
dirigeva nella cabina armadio alla ricerca del giusto paio di scarpe.
"Ecco,
brava. Portatela via" affermò il saiyan mentre la
piccola tornava a infastidirlo piegandosi su di lui fino a mettere in
mostra le
mutandine a pois .
"Papà
..." Lei
sporse il visino verso il suo. La pelle era liscia
e morbida e profumata di tenerezza.
"Che
diavolo vuoi Bra? Stamattina sei
peggio di un trapano. Stai cercando di farmi innervosire?"
"Devi
spiegarmi come si vola, mi hai
detto che oggi mi facevi vedere come si fa..."
"Se
smammi e mi fai dormire può
essere che te lo insegni più tardi " commentò
l'altro infastidito.
Varcò
la soglia anche Trunks, già pronto
per uscire, mettendo subito a fuoco la mutandina colorata di sua sorella
che era
piegata sopra la schiena del padre, coprendogli le spalle.
"Ehi,
io sono pronto, che fate? Mi
avete messo un sacco di fretta e state qui a perdere tempo..."
commentò
sbuffando.
"Bravo
dillo a tua madre e a tua
sorella" commentò lesto Vegeta, sperando che la piccola gli
si scrollasse
di dosso.
"Papà
stava cercando di dormire!" Bra alzò la testolina
per rivolgere lo
sguardo al fratello quando inaspettatamente la mano di Vegeta che la cercò a intuito le
acchiappò il
musetto paffuto nel palmo. La
sentì scalpitare per liberarsi della sua presa e poi
ridere sbavandogli sulla pelle: c'era poco da fare, forse
ci aveva preso gusto ad averla tra le scatole e gli veniva comodo
fingere il contrario, ma anche Trunks sapeva che suo padre era
davvero in
difficoltà quando trattava con la sorella, il suo essere
femmina costituiva per
lui davvero uno svantaggio. Si vedeva. Lei ardiva dove nessuno osava.
Il
ragazzo si avvicinò loro. "Ma la
mamma ancora non è pronta?"
Bulma
uscì dalla cabina armadio con le
scarpe in mano. "Eccomi, andiamo dai, siamo anche in ritardo" disse notando che la figlia tentava di liberare il muso dalla presa paterna. "Bra ti lascio
qui eh".
"Sì,
lasciami con papà!" Esclamò staccandosi le sue dita ruvide dalla faccia.
Vegeta
sollevò la schiena con uno scatto
brusco facendola rotolare giù dal letto. "Portatela Bulma!
Io devo
allenarmi" dichiarò contrariato.
"Ma
sei sicuro? Oggi è una bella
giornata, portati Bra a fare un giro".
"No,
portatela tu, o finirà per
asciugarmi di domande" bofonchiò girandosi a pancia all'aria.
"Vieni monella"
la esortò Bulma. “Avanti”.
Trunks
intervenne in suo supporto.
"Ehi mocciolosa! Non farmi andare da solo, dai che dopo
facciamo tappa alle giostre... Li vuoi fare i
calci in culo?"
L'altra
scattò entusiasta verso di lui e
lo travolse ridendo come un uragano di allegria. I due presero a
rincorrersi
per il corridoio arrivando fino al soggiorno e facendo rovesciare anche
una
pianta lungo il percorso. "Tirala su prima che se ne accorga la
mamma!" Sibilò Trunks mentre sua sorella continuava a ridere
e a
stuzzicarlo, incurante del rischio di una ramanzina materna che era
peggio di
una sfuriata fatta da Vegeta, sicuro.
Bulma
si infilò l'ultima scarpa e si
avvicinò al compagno. Gli si sedette accanto fissandolo con
interesse e l'altro
non mancò di mostrarsi infastidito.
"Che
diavolo vuoi pure
tu?"
"Siamo
nervosetti eh..." fece
lei.
"Si
può sapere che avete tutti quanti
stamattina? È così tanto chiedere di dormire in
santa pace?"
"Il
principe dei saiyan vuole
dormire..." Bulma passò un indice sui suoi addominali
notando che lui si
fece più attento, forse perchè non capitava
spesso che qualcuno gli ricordava
chi fosse. "Hai ragione, dormi e recupera le energie perchè
stasera è il
mio turno. Non penserai che solo Bra ha il diritto di infastidirti?"
Gli
chiese alzandosi con espressione sorniona. "Non vorrai farmi diventare
gelosa di lei" .
La
gelosia era una parentesi di non poco conto.
Radish e Nappa alcune donne se le erano scambiate
all’occorrenza, d’altronde di
umane non se ne incrociavano tante per lo spazio. Tu non hai mai diviso
nulla
di così intimo con loro se non gli alimenti o qualche
pisciata fortuita e d'emergenza.
Le loro donne non le tocchi mai. Non ti piace prenderti gli scarti
altrui, e
soprattutto sei geloso del tuo seme regale che non distribuiresti certo a chiunque. É una questione di principio, di come sei stato educato a considerarti, più di un mortale qualunque. La gelosia che ti ha scoperto
umano è
una circonferenza che accerchia quella lei prescelta con un giro
satellitare non fine a se stesso. Non la divideresti. C’è quel
bacio mentre i tuoi piedi
affondano nella riva del mare grigio, fatto di pietre nere, dal fondale
catramoso e inquinato dagli avanzi della guerra. Ci sono ancora tracce
della
battaglia consumata, qui e lì, tra moncherini di
rottami fumanti e qualche
corpo abbandonato impietosamente senza sepoltura. Le guerre
interstellari
rilasciano sempre un odore di bruciato e di ferro che copre la
putrefazione dei
corpi. Fissi l’oriente dove sta sorgendo un sole nuovo, di
una galassia non
distante dalla Terra dove stai per andare, e senti un oscuro presagio
di morte,
di sconfitta eterna, di discesa piatta verso l’inferno, di
fallimento. Osservi
quel sole levarsi piano, lentissimo come il movimento implacabile
dell'universo
voluto da un demiurgo sopraffino e grande, e lasci che ti riscaldi il
viso e
stemperi l’ombra che lo ottenebra attenuandone la persistente e bieca
espressione
insoddisfatta. Ti senti inappagato. Ti senti inappagato da una vita... Nel silenzio
c’è solo il rumore della
risacca mossa, del mare scuro che si abbatte sulla sabbia granulosa,
agitato
dal vento che travolge anche te compiendo un percorso sul mare che
raccoglie
tutti gli odori portandoteli dall'orizzonte piatto dove inizia a
prendere forma
una burrasca. Ti senti così, al centro di
quell’apocalisse tempestosa. Ira
sei. Vendetta. Sadismo inferto per noia, per sentirti vivo. Sei un
ramingo
mercenario senza patria, senza popolo, senza corona nè
famiglia. Solo come un
cane, solo con due soldati al tuo fianco che non vedi neppure come
fratelli.
Detesti anche loro, tutto ciò che ti circonda è
travolto in quel vortice di
rabbia come fossi il riflesso dell’impeto con cui stai
cercando di salvarti,
sempre più vicino al centro del ciclone. Nel
nucleo. Nell’origine prima.
Con quello stesso impeto con cui ti darai anche alla tua donna.
Rabbioso e
sprezzante, le rivolgerai parole di indifferenza più di una
volta, forse perchè
ci trovi gusto a ferire, ma lei rimarrà il baluardo dove
ancorarti, la
roccaforte che non abbatti, la luna di una notte che rivela il
polimorfismo del
tuo cuore che si rende con lei più umano delle volte
precedenti.
.
Bulma
chiuse la porta salutandolo e
raggiungendo i due figli che erano già sotto, alla
porta. Vegeta sentì di
avere la mano umida della saliva di sua figlia. Con un grugnito l'asciugò sul lenzuolo: quella mano che aveva inflitto tanto male era stata capace di prendere quella piccina e innocua di sua figlia con insolita leggerezza quando era nata. L'aveva fatto di nascosto però, quando non c'era nessuno ad osservarli. Non gli piaceva fare esplicite dimostrazioni di affetto, eppure studiandola non aveva potuto fare a meno di toccarla. La pelle di Bra era liscia e sottile, quasi trasparente.
.
Lei
ti
guarda, ti fa una carezza, scopri che il suo tocco ti piace, ed
è lì che si
origina in te un nuovo sentimento. Bulma può toccarti senza
temerti, non sa che onore le stai facendo o forse lo intuisce, ma non le faresti alcun male, te
ne scopri incapace e
per questo pensi già ad abbandonarla. Si è più bravi a fuggire i propri demoni al posto di affrontarli. Eppure annienti te stesso in
quel
bacio, in fondo sai che di una qualche morte si deve pur morire.
È il primo
bacio che ricevi. La vita non ti è apparsa mai tanto chiara
come quando la
filtri attraverso quel contatto. Non sei più solo, c'è qualcuno che ti desidera, che ti vuole come l'uomo che sei. Quello senza nome.
.
Si
udì solo il rumore delle loro bocche
che la camera immersa nell’ombra amplificò
rendendolo quasi assordante. Un cono
di luce alle loro spalle attenuava ogni forma cui la notte dava
contorni
funesti. C’erano i suoi occhi azzurri davanti a lui. Erano
iridi luminescenti,
che si facevano luce nel buio. Lei lo baciò ancora piano,
cautamente
congiungendo la bocca alla sua, e lasciò le sue labbra
schiudersi sulle
proprie, prendere aria mentre lui le infilava la lingua tra i denti,
ricambiando quel gesto nuovo che però aveva imparato
immediatamente. Gli portò
le mani sul collo e poi affondò con la bocca nella sua, con
impeto maggiore, e
il silenzio fece eco al suono impastato delle loro bocche e dei sospiri
tremolanti.
La vita a Vegeta era apparsa una rivolta fino a quel momento, mentre si
scopriva capace di gesti pacati nonostante il barlume sadico e macchia
su un
animo imperfetto e feroce restava a ricordargli che quello che stava
facendo lo
avrebbe portato dritto da qualche parte, lì dove ci si fotte
inderogabilmente.
Nella luna, all'origine, e
quella sfera
tonda e bianca ora assumeva i dettagli del suo volto, del chiarore
della sua
pelle opalescente nella notte, tradita da un fremito caldo. Era Bulma.
Il suo
unico amore.
.
Vegeta
si avvicinò al letto di Bra
buttando in un cesto un gioco che era rimasto nella sua stanza e che
Bulma gli
aveva chiesto gentilmente di riportare al suo posto. Silenziosamente la
fissò rimanendo
lì a lungo, osservandola stretta al suo orsacchiotto. La sua
figura gli avvolse
l'animo di un senso di pace raro. Forse si era stancato delle guerre,
persino
di pensare al passato non ne aveva più così tanta
voglia. La verità è che non
gliene fregava più niente. Era tempo di abbandonare quelle
ambizioni infrante.
Non aveva più venticinque anni.
Bulma
che giunse scalza lo sorprese lì
dentro e non mancò di notare che Vegeta era particolarmente
assorto a fissare
la figlia con le mani nelle tasche. Non poteva sapere cosa stesse
pensando ma
intuì che c'era anche amore nella sua mente. Lei era l'unico
a conoscerlo
veramente.
“Dorme?”
Gli chiese lei tenendo dei pupazzi
tra le braccia che aveva trovato disseminati per il corridoio.
L’altro
si voltò e annuì seriosamente,
muovendosi poi verso la compagna.
Bulma
gli sorrise quando il saiyan le fu
vicino. “Pensi che l’allenerai?”
Lui
scrollò leggermente le spalle e scosse
il capo in segno di diniego. “Non credo”.
“Non
la vedi interessata, vero?”
“Bra
è nata per diventare come te”
affermò lui, pacato e serio. “È troppo
intelligente per occuparsi di combattimenti. La sua energia confluirà sicuramente in altro”.
“O dici così perchè mi somiglia?" Gli sorrise lei, facendo centro.
Era vero anche quello, ma Vegeta sapeva che presto sarebbero anche usciti aspetti del suo carattere. "Ti ricordo che anche se Bra è uguale a te, è figlia mia. Se volessi le caccerei fuori un'energia che eguaglierebbe quella di Trunks probabilmente."
“Comunque la
maestra mi ha detto di portarla ad una
scuola per bambini superdotati. Penso che la iscriverò alla
stessa dove andavo
io." La donna poi prese a raccontargli di come Bra avesse fatto sfoggio
delle sue capacità matematiche zittendo uno dei suoi in
ufficio. "Dovevi
vedere la sua faccia quando lei lo ha corretto..." Bulma si mise a
ridere
cercando di non svegliarla e contagiò anche l'altro che
però si limitò a
piegare un pò le labbra. Riflettendo a quanto fosse fiero delle sue due donne, senza
pensarci il saiyan si sfilò una mano dalla tasca e scivolò con un dito per la mascella del viso di Bulma, fino a prenderle il mento tra l'indice e il pollice. Per un istante la guardò intensamente,
ammorbidito da
quel racconto divertente, e quando abbassò il braccio e si spostò lei gli
chiese: "Dove vai?"
“Dove
vuoi che vada… In camera nostra”
commentò
atono.
“Ehi
principe…”
Lui
si voltò di nuovo e gli parve di
essere tornato indietro nel tempo, a quando lo chiamavano con quel
sostantivo
pieno di riverenza. Però gli occhi misero a fuoco una figura
diversa da quella
di un soldato o di un sottoposto. Delinearono per lui una regina.
“…?”
“Mi
aspetti?”
“Se
ti sbrighi forse fai in tempo a finire
da dove ti sei fermata ieri sera quando Bra ci ha interrotto”.
Bulma
gli sorrise. Bra di tanto in tanto
si svegliava di notte e qualche volta bussava per cercare conforto
dagli incubi,
e lei la tranquillizzava prima che Vegeta la rispedisse nella sua stanza,
intimandole
con quei modi un pò spazientiti di non comportarsi da
fifona. Ormai la sua
presenza era quasi una visita fissa, neppure due sere prima era andata da loro
alle 3.00
passate di notte trovando i genitori addormentati l'uno sotto l'altra.
Bulma gli
riposava adagiata addosso, sulla schiena, come il mare si abbandona
sulla
sabbia di una spiaggia morbidamente. La quiete dopo la tempesta la ritrovò con le spalle scoperte,
probabilmente
era nuda anche se celata dal lenzuolo bianco.
Bra
innocentemente si era avvicinata al
bordo del materasso osservando lo sguardo addormentato di suo padre che
dormiva
verso la porta, e allora inaspettatamente l'uomo aveva aperto gli occhi
nella
penombra e questi si erano delineati affilati e vigili. Era come una tigre che sonnecchia, l'aveva sentita arrivare, evidentemente il cigolio della porta lo aveva svegliato.
.
Guardando
l’orizzonte ti rendi conto che la linea piatta non
è altro che un
traguardo fasullo. Oltre l'orizzonte il mondo continua. Non
c'è fine
all'universo. Ci sarà sempre un oriente.
“Che
facciamo,
principe Vegeta? Qui non c’è nessun altro insorto
da reprimere”. Nappa ti
raggiunge, prende della sabbia e la porta alle narici grandi e
prominenti.
Ti
passa quella manciata di grani umidi e tu
l’annusi. Ti è stato insegnato a chiedere alla
polvere quando non sai di che morte
si deve morire. La sabbia odora di ruggine.
È il prodromo di una
sconfitta. È segno di cattiva sorte. Uno o due di loro
sarebbero morti forse, ma
non ti sconvolge la cosa. Sai che la morte è solo una
meretrice tra le tante, e
che forse è persino tua amica. Non c’è
motivo di temerla o di odiarla. Lei è
l’unica a provare per te un interesse. L’unica che
ti ami, proprio lei, la
morte. D’altronde è il mestiere delle puttane
quelle di amare per finta.
“Andiamo
dritti verso la Terra. Radish è
già in viaggio per recuperare suo fratello” dici
muovendoti verso la navicella.
.
Bra
e Vegeta si erano fissati in
silenzio. Lui aveva ruotato le iridi verso l'orologio digitale ed era tornato a fissarla.
"Che
vuoi Bra? Sono le tre"
fiató lui a bassa voce pronto a rispedirla in camera.
"Ho
fatto un brutto sogno."
"Ma
è finito no? Quindi torna in
camera".
"Papà
c'era una lucertola grande
grande e bianca col viso cattivo e... "
Vegeta
si fece più attento. "Quale
lucertola?" Indagò sospettoso. Quel binomio di parole
suonava come un
campanello d'allarme.
Lei
si avvicinò e gli sussurrò qualcosa e
la sua voce infantile uscì come un sibilo impastato e
confuso.
“È
stato solo un sogno Bra, torna a
dormire”.
“…
Non posso dormire qui?"
"No.
Fila in camera tua e non fare la
fifona".
"Ma
se quella lucertola viene a
cercarmi?"
"Ti
ho detto che non verrà nessuna
lucertola." Fece uscire il fiato tra i denti attento a non svegliare
Bulma
che poi non avrebbe mancato di fare infilare la figlia nel loro letto.
Bulma era più disponibile su queste faccende, ma che Bra fosse una femmina per Vegeta non significava che sarebbe cresciuta come
una
mollacciona qualunque, perchè era pur sempre sua figlia
quella che aveva davanti
avvolta in un pigiamino con gli orsacchiotti.
"Sei
proprio sicuro che non torni?"
"Non
c' è nessuna lucertola Bra,
avanti, torna a dormire..." Poi chiuse gli occhi sperando di
scoraggiarla dal porgli altre domande.
"E
se tu ti stai sbagliando e lei torna,
che gli dico?" Sussurrò la bambina.
Di
andare a farsi fottere! Se avesse potuto sarebbe stata
la risposta che Vegeta avrebbe dato a Freezer personalmente.
Spazientito rispose: "Dille
di andarsene a dormire pure
lei che alle tre di notte è inutile che venga qui a seccarci!"
"Ok..."
Lei
fece per andarsene ma
ripensandoci tornò indietro. "Papà.."
"Che
altro c’é" sibiló
irritato aprendo gli occhi.
"Ma
è vero che sei un
principe?"
L'altro
la fissó esterrefatto,
recuperando totale lucidità. " Chi te l'ha detto?"
"Me
l’ha detto la lucertola
bianca..."
Per
un istante Vegeta non seppe cosa risponderle.
Quella vicenda lo stava inquietando, ma era troppo stanco per mettersi
a
pensare a Freezer, ci avrebbe riflettuto al mattino seguente.
Dopo una
giornata di allenamenti col figlio e dopo che con Bulma aveva fatto le
ore
piccole rotolandosi da una sponda all'altra del letto, figurarsi se
aveva
voglia di pensare a Freezer che ogni tanto compariva ancora nei suoi
incubi a minacciare ciò che di più caro ormai avesse. Che si fosse fottuto.
Forte
com'era diventato in quegli anni, Vegeta non avrebbe provato rispetto neppure per la sua
ombra.
"Bra
sono le tre di notte,
piantala con questa storia". Il saiyan si mosse facendo scivolare Bulma dal lato opposto.
"Fila a dormire adesso. Nessun mostro verrà a prenderti,
come te lo devo
dire?"
"E
se viene?"
"Lo
vengo a distruggere io. Ora
vai" tagliò corto lui.
Lei
gli sorrise contenta. "Grazie
papà..."
Si
sporse sul materasso col visino, lì sul
bordo dove c'era il capo di suo padre, e inaspettatamente gli diede un
bacio
sulla guancia, all’angolo della bocca, cogliendolo totalmente
impreparato al
contatto. Aveva le labbra umide e lisce, un bocciolo ancora poco
carnoso. La
sua dolcezza lo ammutolì. Bra era affettuosa e imprevedibile
come la madre, ma
innocente e senza filtri al punto che sapeva rendere impotente anche
lui.
“Buonanotte…”
Fece per andarsene quando tornò
indietro. “Papà…”
“Eeh?!”
fece esasperato.
“Ma
se tu sei un principe… Allora io sono
una principessa?”
Lui
emise un sospiro esausto che si
infranse contro il cuscino. “La peggiore di
tutte…” replicò sfinito.
"Sì??"
Fece lei entusiasta.
"Ma
nelle tue favole sbaglio o ce n'è
una che si addormenta?!"
"Quella
è la bella addormentata
papà".
"Ecco
brava, fai come lei, vattene a
dormire e lascia dormire anche me."
"Allora
è un si? Sono una
principessa?"
"Si
dannazione, è un sì" sibilò.
"Ora fila, è un ordine.".
"Ok."
Lui
chiuse gli occhi sperando la
figlia si arrendesse ma non percepì alcun suo spostamento.
Quando li aprì se la
trovò ancora impalata davanti, due occhioni azzurri che lo
fissavano
inquietantemente gentili e insistenti. "Papà..."
"Per
Dio..." mugugnò.
"Mi
dici che principessa sono
io?"
"Tu
sei una principessa torturatrice, Bra, ecco
cosa sei" borbottò sfiancato.
"Mi piace! E cosa fa questa principessa?"
"SShh!
Che diavolo ti urli?! Vuoi svegliare tua madre?”
Farfugliò lui tra i denti, sentendo Bulma muoversi
alle sue spalle.
Bra
fece un movimento adorabile con le
spallucce sollevandole un pò mentre si portava una mano
sulla bocca sorridendo.
“Lei
fa scappare via tutti i principi
perchè parla sempre e non dorme mai!"
Bra
allargò la labbra mostrandogli i
dentini da latte. Fece attenzione a parlare a tono basso. "Ma io non lo
voglio un principe, l'importante è che sia una principessa
bella, vero?"
Vegeta
sospirò ritrovandola uguale a
Bulma. Chi voleva punirlo così ferocemente?
"Sì.
La più bella di tutte. Sei
contenta?" Tagliò corto sistemandosi il cuscino sotto la
testa.
Lei
annuì soddisfatta.
"Ora
se non la finisci di farmi domande
mi alzo Bra, e ti porto nel letto con la forza... " l'avvisò
minaccioso e
nervosamente assonnato.
"Va
bene, vado papà... Buona
notte"
rispose soddisfatta.
"E
chiudi la porta…” aggiunse lui
duramente.
"Va
bene, vieni Rufus, andiamo"
mormorò lei al peluche.
Bra
andò alla porta con l’orsetto tra le
mani e poi si sollevò sulle
punte per afferrare
la maniglia e chiudere l’uscio con un clunck che fece muovere verso lui
Bulma in rimando. Vegeta
rimase a fissare l'uscio in un tombale silenzio.
.
C’era
ancora quell’orizzonte d’oriente
davanti i suoi occhi enigmatici. Oltre non c’era nessuna fine. Il vento agitava i
suoi capelli,
travolgeva il suo ego di sibili che gli parlavano di nuove rivolte
contro il tiranno. Ripensò a suo padre, ai saiyan scomparsi. Se oltre
la fine di quel mare un Dio li
aveva voluti morti, quello stesso Dio avrebbe decretato la fine di
Freezer,
perché se i saiyan erano stati distrutti per sua mano allora doveva
essere trascinato anche lui nello stesso inferno dove loro stavano scontando le
colpe per
non aver saputo gestire una tale potenza. Gli Dei
dell’universo mettevano alla
prova i mortali – si diceva - ma la superbia è un
peccato degli uomini, non degli Dei, e se
la forza del male si esplica nella sua furia distruttiva, nella
tracotanza con
cui ci si illude di poter divenire più forti degli Spiriti,
quella del bene
riallaccia i legami interrotti, rende pacati gli animi dannati
cullandoli come
bimbi tra le braccia materne e facendoli rifiorire imperturbabili anche
dove lo
sfacelo ha gettato sconforto e bruciato tutto quanto.
D’altronde il fuoco
distrugge, è vero, ma permette alla terra di fiorire
più rigogliosamente.
“Sbrighiamoci
Nappa” gli dici vedendolo
osservare la spiaggia più in basso dove eravate fino a pochi
istanti prima.
“Sento che l’incontro con questo Kakaroth
segnerà una svolta.”
.
Vegeta
percepì il corpo di Bulma avvicinarsi
alla sua schiena nel sonno e poi tornare ad adagiarsi su di essa come
un’onda
per mutare con lui in una sola sagoma informe.
Percepisci
l’ombra della stanza dilatarsi. Ti
grava addosso come un ricordo, eppure ti senti sempre a tuo agio nel buio. Ma non c'è gelo nè orrore lì, perchè il calore
di Bulma ti da conforto, ti scalda la schiena, ti calma come
una
medicina, inietta in te una strana pace che culla il tuo corpo. Non temi di essere richiamato all’appello anche se
il Male può
bruciarti dentro, nei tuoi vuoti in cui talvolta rimani incagliato come
un
corpo ferito dopo la disfatta. Sai che il bene ha sconvolto il tuo
cuore che
prima di Bulma non aveva mai amato. Sei rimasto sbalordito quando ti
sei reso
conto di sapere amare, anche se di amare sempre e solo lei. Bulma ti
è apparsa
come l'aurora, la stessa che avevi fissato quel giorno ad
oriente quando hai
percepito il nefasto presagio che qualcosa ti sarebbe caduto addosso, e
ora sai
che l'inferno può assumere forme diverse, volti polimorfi, e
parole sempre differenti,
perchè il demone che ognuno rifugge si incarna in
ciò che si teme maggiormente.
In quell'alba ci hai visto un avvertimento, ora nell'alba ci
vedi solo il
suo volto. E guardandolo ti rendi conto che il bene ha una potenza
straordinaria,
è osceno come un peccato crudele commesso senza senso di colpa,
terribile come
abbracciare tuo figlio o fissare tua figlia negli occhi e sentire di
amarli
come non hai mai amato altro che tua moglie.
L'Alba.
La Tua Regina.
FINE.
I
personaggi usati e tutto ciò
che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà
di Akira Toriyama e
Toei Animation, che ne detiene tutti i diritti.
Queste storie non sono state scritte a scopo di lucro.