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Autore: Proiezioni    08/12/2018    5 recensioni
Tra i ricordi di un periodo buio e nuove certezze, Bra ormai fa parte del quotidiano di un padre che deve mettersi alla prova con il gentil sesso.
La bambina cercò subito la sua presenza rassicurante e silenziosa. E definire la presenza di Vegeta rassicurante era davvero una questione di punti di vista.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Bulma, Trunks, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Serie ORO'
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 Vorrei giusto chiarire un paio di termini  agli scorretti che le mie storie sono tutelate dal diritto di autore e registrare abitualmente a mio nome di persona fisica. Dunque, avviso chi non ha di meglio da fare che copiare, prendere parti, spacciarle per proprie di pensarci due volte a provare a plagiare o a rubare la farina del mio sacco: non rischiate solo un brutto bannaggio su questo sito, ma rischiate anche in termini legali.
A buon intenditor...
  

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Oneshot che mischia introspezione, ricordi e spezzati di vita casalinga con narrazione da diversi punti di vista. 
Scusate eventuali errori, il tempo è davvero poco questo periodo. Per il fine settimana prevedo anche l'aggiornamento di Codice Genesi. Un ringraziamento a tutti i lettori che mi seguono e mi recensiscono dedicandomi qualche minuto del loro tempo. 

Grazie !

Proiezioni

 

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Sbalordito il diavolo rimase…

Quando comprese quanto osceno fosse il bene.

The Crow




La nebbiolina uggiosa e umida che volteggiava come uno spettro sull’acqua mossa  non era che un rimasuglio di quel ricordo. Un moncherino di memoria. Statico come un frammento incancrenito nel sedimento stantio della mente, tra immagini disunite, scollegate, schegge di cronache decorse senza sensi di colpa. Non sapeva neppure cosa significasse provare rimorso. Sotto Freezer l'unica cosa che il suo animo essudava senza vergogna era l'anelito della vendetta. Una vendetta senza sapore, piatta e fine a se stessa. Le vendette di principio si consumano sempre a freddo, ci vogliono anni per maturarle, per capirle, per assaporarle. Erano anni che il rancore suppurava sulle ferite della sua infanzia e delle perdite mai piante per orgoglio. Vegeta ne sapeva qualcosa.

Di vittime, quella vendetta, ne aveva mietute anche troppe. Le sue pedine di un gioco da tavola, abbattute con minuziosa freddezza, la stessa con cui progettava nuovi accanimenti. L'indifferenza d'altronde era stata per anni la sua maggiore fonte di forza, il suo hybris, l’imputazione ultima per la condanna. Solo il respiro profondo che sollevava il suo petto statuario avrebbe potuto dimostrare che l'effigie di un automa era solo una fredda apparenza e che lui non era un soldato senza volto in una colonna di un esercito interstellare qualunque.

Nessuno lo dimenticava se incrociava uno come Vegeta sul proprio percorso. La sua fama lo precedeva. Chi per lo spazio setacciato sapeva di lui lo evitava, perché si diceva che al ragazzo le teste che lo fissavano per troppo tempo piaceva farle saltare in un colpo. Pluf.  

La marea bassa aveva restituito alla luce la scogliera e tra di essa i resti incagliati della guerra. C’era ancora qualche corpo a putrefarsi sulla sabbia, davanti alle scarpe impermeabili immerse in essa a lasciare le impronte di un individuo avido di gloria. L’acqua le cancellava e restituiva al mare, incessante come i moti assoluti e oscuri dell’universo. Freezer sarebbe stato ubriaco del trionfo, l'ennesimo ma ultimo campo che Vegeta avrebbe distrutto per lui, in suo nome. L’ingratitudine è un pena infida e silenziosa, che sa far urlare, che detona da dentro. Non c'è nulla per cui sdebitarsi a ringraziare quando con la morte ci cammini a braccetto. Era perdurata in lui tiranno, per anni, l’ebbrezza di chi la strappa dalle mani degli altri la gloria senza sporcarsele. Non aveva mai fatto caso che Vegeta indossava sempre i guanti, che odiava sporcarsi, che il sangue altrui gli faceva schifo come le loro budella prive di regalità. Il tocco è qualcosa di troppo intimo per chi distrugge a passo militare educato a non provare sentimenti. La pelle è un mezzo di contatto particolarmente potente, i recettori sono trasmettitori di debolezze e il contatto irradiava in lui uno strano prurito, quasi un disagio emotivo oltre che un fastidio derivante da un eccesso di alterigia palesata a chiunque.

Guardi il mare mosso, e pensi che la morte è solo una soglia, null’altro che una porta piatta in cui ti annienti come un bagliore di un implosione che scompare prima del boato accecante. Da guerrieri si muore come le stelle. Esplodendo.

“Sono morti tutti” dice Nappa.

Tu annuisci in silenzio. Non hai nulla da dire. La morte non ti ha mai sconvolto. Sei stato educato a considerarla la più soddisfacente puttana del bordello che è la vita. Ti fotte sempre per ultima. Ti aspetta a cosce aperte, e sorridente, quasi gentile, e tu devi sorriderle in rimando. Ti ci devi infilare tra le sue gambe, la devi penetrare la morte, la devi sentire, è d’obbligo, lo scotto da pagare per aver avuto in regalo la vita, anche se la tua strada tra i mortali è stata un inferno e forse la morte è la tua unica vera rivalsa.

“È stata davvero una fatica stavolta” commenta ancora il saiyan calvo, osservando attorno a sé ciò che rimane di una spiaggia teatro di guerra. “Non volevano proprio piegarsi”.

Eri esattamente allo zenit in attesa di risposte che sciogliessero i dilemmi di anni. Non potevi più rinviare la scelta. O la luce o il baratro, giù nell'abisso, oltre il nadir, nel vuoto. Ognuno ha una strada segnata, se è in salita o in discesa è una questione di punti di vista, di possibili alternative, di incroci e percorsi. Quella che avevi scelto ti stava portando dritto da qualche parte, forse a farti fottere, ma stavi correndo verso un nuovo nucleo, attraverso i tuoi vuoti dove si nascondeva la debolezza dell'uomo, il punto di non ritorno in un buco nero di follia, un universo alternativo dove le tue esigenze erano fatte di sostanza finalmente compiuta e concreta, non più anelata, seppur materialmente costituita da molecole di un inconfutabile amarezza.

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Il vocio ovattato superò la barriera del cuscino premuto sulla testa disturbando il suo sonno. Un chiacchiericcio poco chiaro si insinuò nel silenzio della mattina come il sole attraverso le tende, con la stessa insistenza, dipanando la caligine dei ricordi che avevano preso forma opaca nel suo stato di dormiveglia.

"Certo, sì, siamo d'accordo..." La voce di Bulma aveva un'intonazione calma e familiare, quasi taumaturgica per lui, come un farmaco ordinario. Lo scuotersi meccanico di alcuni bracciali gli fece intuire che lei stava muovendo il polso facendo un gesto a qualcuno.  

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Il bivio lo aveva trovato dalla prospettiva di un nuovo punto di vista, quello del piacere, del darlo. Sarebbe stato più facile percorrere i sentieri della guerra verso la morte, tutti in discesa, tutti per sè. Aveva sentito di uno status che restituiva la gloria a chi aveva venduto la propria violenza, ed era proprio oltre il punto di non ritorno, quello status, dopo il buco nero della follia. Da lì non si tornava indietro. Era un vortice verso la caduta. Nel Male. Dicevano che c'era un inferno senza porte dove di gloria scellerata si osannavano gli animi che in vita erano stati ebbri di violenza, una città giaciglio per i disgraziati figli di madri senza nome. Ma sua madre un nome lo aveva, lui non era un figlio di nessuno, Vegeta ricordava che lei era l'unico contatto gradito della sua infanzia, l'unica carezza sui capelli. La stima era stata la chiave per rendergli quel gesto piacevole: sua madre non aveva avuto bisogno di usare alcun grimaldello perchè era un diritto di natura piacergli. Vegeta era sangue suo.

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Nascose meglio la testa sotto al cuscino, cercando di non lasciare alla luce e al vocio di insinuarsi per gli spiragli delle braccia, infastidendo il risveglio. C’erano delle mattine che proprio non aveva voglia di alzarsi, che avrebbe volentieri trascorso il tempo ad annoiarsi e a pensare nel letto. A ricordare e poi a seppellire sotto un terreno di polvere che non si compattava mai. Era facile rinvangare ma difficile abbandonarsi con appagamento assoluto a quello che era stato un tempo. Gli sembrava un'altra vita, se ci pensava, ma invece era quella vita. Esattamente quella che stava vivendo adesso.  

“Certo, ma non possiamo temporeggiare ancora, la Capsule Corporation ci ha messo la faccia e questa situazione va risolta, gli incontri ormai sono fissati…” Bulma entrò nel bagno per spazzolarsi i capelli continuando a parlare al telefono. Vegeta sperò la chiudesse quanto prima, ma un rumore tintinnate di campanellini gli lasciò intuire che c'era qualcun'altro nella stanza. Non si mosse neppure di una virgola, chiuse gli occhi e si augurò che l'altra presenza non fosse chi invece sospettava essere.

Sentirla girarti vicino, nel tuo universo quotidiano talvolta persino monotono, non ti infastidisce più. Invero non ti ha mai infastidito veramente. Lei è stata la prima persona che ha mostrato verso di te gentilezza. La prima e unica ad aver provato qualcosa che non fosse paura nei tuoi confronti, che fosse interesse, e poi persino stima. È stata sempre brava con la meccanica, Bulma. Conosce i meccanismi. I tuoi. Aveva scoperto quelli del tuo animo da subito, gli ingranaggi del tuo ego, i malfunzionamenti di quella tua timidezza così evidente. Ti sei sentito umiliato quando ti sei scoperto in grado di provare sentimenti tanto gentili per lei, quelli che hai concretizzato quando le hai fatto la prima carezza. Ne eri cosciente mentre le permettevi di scassinarti la mente, di entrare tra gli ingranaggi del tuo io, di sporcarsi del tuo sangue. Perché lo hai fatto? Te lo chiedi sempre quando ti guardi allo specchio, e forse ti dici che in fin dei conti l’hai desiderato davvero che lei ti salvasse. Non si dovrebbe nascere per soffrire. Il sangue degli altri ti ha sempre fatto schifo, hai sempre odiato sporcarti delle viscere altrui, ma il suo lo hai assaggiato quando le hai tagliato con un morso le labbra, e ne sei risorto come una creatura della notte affamata di sangue. Anche gli umori che trovi tra le sue cosce ti piacciono. Bulma ti manda in estasi.  È un orgasmo che fa tremare il petto come una detonazione silenziata e potente. È il tuo cuore che la pretende dopo il contatto gentile, quello che non hai mai voluto con altri esseri umani: è la prima e ultima donna che ti tocca così, la sola creatura da cui ti lasci toccare, l'unica, la Regina, la Scelta. Non solo ti piace che lo faccia, ma vuoi che continui, potresti chiederle di non fermarsi mai. Non c'è alcun prurito, il fastidio del contatto è un'ombra inesistente. Hai scoperto di avere due mani quando te le ha toccate lei. Ami il modo in cui le sue mani ti accarezzano anche se non lo dici, il suo tocco gentile e asciutto innesca in te meccanismi alla rovescia, dal male al bene, senza poter evitare l’irreversibile trasformazione in qualcos’altro, e dove c'è stata rabbia subentra una nuova gentilezza. Una specie di scintilla afona tra voi è schioccata all’improvviso come un combustibile in acqua che ha innescato l'esplosione in un fischio silurato, di quelle prive di rumore che con la stessa potenza di un boato alterano un intero sistema di sopravvivenza. Va oltre il tuo forte senso del pudore quella brama di lei, come Bulma che con te è senza vergogna, una valchiria che non ammette sconfitta e combatte in prima linea a testa alta. Non hai mai capito perché ti voglia e ti abbia scelto. È il tuo nord, adesso, il tuo polo magnetico, il tuo senso dell'orientamento. Si spoglia davanti a te con una fierezza che supera anche la tua, con quella sicurezza che ti sconcerta, come fosse sicura di essere un'idolatria per te che non hai mai avuto protettori cui affidarti, ma solo le fiere leggi che ti sono state inculcate nella mente. È così superba e fiera mentre lo fa, così altezzosa mentre lascia cadere i panni per terra, che non fai altro che accigliarti in rimando. Colpito. Poi affondato. E tradito da un contegno che non ti ha mai abbandonato davanti le battaglie interiori ma con lei è andato a farsi fottere da un pezzo. Quando sei rimasto a respirare sopra di lei, ansimante nell'incavo del suo collo pieno di lividi, del segno circolare della tua dentatura, capisci di aver immolato il tuo orgoglio nell'apoteosi generata dal suo contatto: sei stato disposto a stare sotto solo con lei, in quell'ossimoro che è il vostro amore. Fa male al tuo io quel moto gentile dell'animo. Ti vergogni di saperlo provare. Ma lei vuole l'uomo che sei, non quello che hai cercato di essere. E tu glielo dai con una generosità di cui non ti credevi capace.

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Davanti a quel mare terso del colore albeggiante non c'era più traccia di alcuna scia di sangue. L'oceano le aveva inghiottite tutte nell'abisso. Aveva le sfumature quaresimali della colpa, quel cielo, era saturo dell'assordante silenzio del mare mosso e spumoso. La scimmia dai connotati affilati e umani fissava l'orizzonte con imperscrutabile espressione, con quella sensazione di mancanza di qualcosa, non sapeva di preciso di cosa. Erano anni che trascorreva le giornate a scandire il tempo tra un'incursione e un'altra con quel senso di vuoto profondo quanto i baratri che si aprivano nei suoi occhi. Erano due crepe sul buio, due fessure sulla tenebra. Senza fondo. Nessuno dei terrestri aveva gli occhi neri di una gradazione tanto pura ma solo di un marrone molto intenso. Qualcuno aveva detto di averci visto l'inferno lì dentro. A logorarsi per anni finisce che l'ego si corrode bruciando di frustrazione e non lo si può nascondere. Forse Vegeta appariva così. Poteva trattarsi della mancanza di giustizia, di gloria, di soddisfazione, ma non dell'ambizione che l'aveva permeato fin da quando era in fasce. Non aveva mai pianto, era troppo altero per farlo già da neonato. Dopo il primo vagito doveva aver sentito rivivere in lui l'altezza dei Signori della Guerra e dei suoi Padri che rifulgevano nelle costellazioni di Kurdas destinate ai Re che pur errando avevano sfavillato di coraggio. Vegeta era stato cresciuto con l'idea che doveva essere il primo. Non gli avevano neppure mai insegnato il significato della parola ultimo. Era una questione di metodo. Avrebbe dovuto sempre guardare gli altri dall'alto in basso. Persino a Freezer lo aveva guardato così, fieramente sprezzante, e il tiranno aveva sofferto quell'impotenza e quel rifiuto della Sua autorità nascondendolo dietro l’ingratitudine e il disprezzo per un popolo guerriero tanto fiero e in natura così potente. Vegeta ce l'aveva scritto in faccia che non era nato per piegarsi. 

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Bra. Bulma l'aveva chiamata così. Lo aveva deciso senza interpellarlo, ma d'altronde lui dei nomi terrestri non ne capiva molto e neppure era un argomento di suo interesse. Era una bambina sveglissima e vivace, era una prerogativa dei giovani, ma l'energia superiore alla norma confermava che in lei scorreva un altro tipo di sangue. Regalava sorrisi gentili con generosa esuberanza, era tale e quale alla madre, solo più piccina. Praticamente una miniatura di porcellana, perfettamente delineata. Vegeta poteva guardarla storto quanto voleva se lei lo infastidiva, ma Bra non provava mai disagio davanti ai suoi occhi severi e penetranti. Invece ne sembrava attratta, rapita, palesandosi uguale alla madre anche in quello. Forse alle donne terrestri doveva piacere quel tipo di atteggiamento perchè al posto di allontanarsi da lui, loro due sembravano ancora più attratte dal suo carattere burbero. Valle a capire le donne, si era detto. Ora ne aveva due tra i piedi, e invero non gli dispiaceva. C'era qualcosa nel sentirsi custode delle sue due donne che gli faceva rabbonire i moti burrascosi dell'animo, forse il senso di responsabilità, l'importanza di quel compito che superava ogni altro dovere. Così simili tra di loro, madre e figlia gli giravano attorno come satelliti, e anche se persisteva qualche aspetto del suo pungente carattere nella bambina - e non si mancava di avvertirlo dalla sua turbolenza - era certo sarebbe affiorato più avanti, perchè adesso trionfavano in Bra forti atteggiamenti di origine materna: affettuosa, sfacciata, insistente come un missile teleguidato che affondava il bersaglio per sfinimento, Bra andava da lui a prendersi ciò che voleva quando voleva. Vegeta aveva intuito la sua presenza nella stanza quando Bulma si era chiusa nel bagno per parlare a tono più alto. Aveva sperato che la bambina gli stesse alla larga ma avrebbe potuto scommetterci che sarebbe finita nella maniera che si stava lui palesando: Bra si era andata a sedere sul bordo del materasso, puntando gli occhi sulle sue spalle nude e scolpite dalla fatica agonistica. Vegeta aveva percepito il suo corpicino leggero sederglisi accanto e aveva fatto finta di dormire ancora profondamente. Ma poi era arrivata la sua manina sulla sua pelle, un contatto che lui permetteva ai soli elementi della sua famiglia, e inutile sarebbe stato provare a scrollarsela di dosso perchè come aveva immaginato la bambina cercò subito la sua presenza rassicurante e silenziosa. E definire la presenza di Vegeta rassicurante era davvero una questione di punti di vista.

"Papà sei sveglio?” Lo scosse piano piano. “Papà?”

"No" la fredda risposta. 

Bra sorrise entusiasta. Fece leva sulla sua schiena e si sporse a cercare il suo volto che era nascosto tra i due cuscini e sotto la morsa micidiale del suo braccio. Si poggiò su di lui a cavalcioni e il padre non si mosse di una virgola, anzi la lasciò fare. 

"Se parli non dormi" commentò lei con ovvietà, rivelandosi sempre troppo intuitiva per la sua età di neppure sei anni.

Il vocio di Bulma giunse più chiaro al suo orecchio quando Bra fece per sfilare uno dei cuscini da sopra la sua testa, aprendosi una strada verso il suo timpano. Lui rafforzò la presa, convinto che la figlia non ce l'avrebbe fatta, o forse anche per mettere alla prova quanto fosse puro il suo sangue. Ed ebbe la risposta che cercava: era figlia sua, tutta e per tutta, perchè era solo l'ingannevole apparenza di un volto gentile lontano anni luce dai connotati della sua razza a mascherare un sangue tanto vibrante.

Bra riuscì a sfilargli il cuscino tirandolo con tutta la forza, ma rimbalzò all'indietro con una capriola che la fece quasi cadere dall'altra parte del letto, nel lato dove dormiva Bulma.  

Il saiyan inchiodò due occhi sorpresi sulla figlia. L'altra gli elargì invece un sorriso adorabile e paffuto in rimando, abituata al suo sguardo arcigno che trovava persino familiare. Incespicando nella morbidezza del materasso, gli si avvicinò e gli tirò il cuscino sulla testa per poi buttarcisi sopra col corpicino, spingendo con tutta la forza. Era una necessità categorica per Bra torturarlo, forse era Bulma che gli aveva trasmesso quel subdolo piacere o era una prerogativa del gentil sesso approfittarsi delle debolezze di un maschio.  

Vegeta la sentì ridere ancora più forte quando con il suo braccio dal lato opposto cercò di acciuffarla mentre lei lo soffocava pigiando il guanciale sulla testa. Bulma rientrò dal bagno mentre il saiyan le acchiappava un lembo della gonnellina e la tirava via tra la festosità delle sue risa: Bra rotolò sulla sua schiena e si ritrovò sollevata a testa in giù al fianco del materasso.

Vegeta alzò le spalle per fissarla.  "Che diavolo vuoi, mocciosa?"

Lei rise e tirò fuori la lingua. 

"Sei venuta a cercare guai?"

"Papà vieni con noi in ufficio della mamma?"

"No".

"Ma Trunks viene".

"Io non sono Trunks infatti" la zittì l'altro mettendola giù e riadagiandosi comodamente sul cuscino che rimpolpò con due colpi di braccia. Rivolse volutamente lo sguardo dal lato opposto alla porta per evitare di trovarsi le sue manine sulla faccia o con un suo dito nell'occhio com'era successo il giorno prima, quando aveva rischiato la cecità perchè Bra gli aveva quasi perforato la palpebra. 

Bulma chiuse la telefonata. "Ehi, Vegeta, non dormi, ero convinta stessi ancora riposando".

"Dormivo infatti" specificò lui seccato sentendo che la piccola risaliva sul materasso. "Ma pare che tua figlia trovi piacevoli tormentarmi".

"Bra andiamo, lascia stare tuo padre, dobbiamo andare in ufficio che ci stanno aspettando" disse lei mentre si dirigeva nella cabina armadio alla ricerca del giusto paio di scarpe.

"Ecco, brava. Portatela via" affermò il saiyan mentre la piccola tornava a infastidirlo piegandosi su di lui fino a mettere in mostra le mutandine a pois .

"Papà ..." Lei sporse il visino verso il suo. La pelle era liscia e morbida e profumata di tenerezza. 

"Che diavolo vuoi Bra? Stamattina sei peggio di un trapano. Stai cercando di farmi innervosire?"

"Devi spiegarmi come si vola, mi hai detto che oggi mi facevi vedere come si fa..."

"Se smammi e mi fai dormire può essere che te lo insegni più tardi " commentò l'altro infastidito.

Varcò la soglia anche Trunks, già pronto per uscire, mettendo subito a fuoco la mutandina colorata di sua sorella che era piegata sopra la schiena del padre, coprendogli le spalle.

"Ehi, io sono pronto, che fate? Mi avete messo un sacco di fretta e state qui a perdere tempo..." commentò sbuffando.

"Bravo dillo a tua madre e a tua sorella" commentò lesto Vegeta, sperando che la piccola gli si scrollasse di dosso.

"Papà stava cercando di dormire!" Bra alzò la testolina per rivolgere lo sguardo al fratello quando inaspettatamente la mano di Vegeta che la cercò a intuito le acchiappò il musetto paffuto nel palmo. La sentì scalpitare per liberarsi della sua presa e poi ridere sbavandogli sulla pelle: c'era poco da fare, forse ci aveva preso gusto ad averla tra le scatole e gli veniva comodo fingere il contrario, ma anche Trunks sapeva che suo padre era davvero in difficoltà quando trattava con la sorella, il suo essere femmina costituiva per lui davvero uno svantaggio. Si vedeva. Lei ardiva dove nessuno osava. 

Il ragazzo si avvicinò loro. "Ma la mamma ancora non è pronta?"

Bulma uscì dalla cabina armadio con le scarpe in mano. "Eccomi, andiamo dai, siamo anche in ritardo" disse notando che la figlia tentava di liberare il muso dalla presa paterna. "Bra ti lascio qui eh".

"Sì, lasciami con papà!" Esclamò staccandosi le sue dita ruvide dalla faccia.

Vegeta sollevò la schiena con uno scatto brusco facendola rotolare giù dal letto. "Portatela Bulma! Io devo allenarmi" dichiarò contrariato.

"Ma sei sicuro? Oggi è una bella giornata, portati Bra a fare un giro".

"No, portatela tu, o finirà per asciugarmi di domande" bofonchiò girandosi a pancia all'aria.

"Vieni monella" la esortò Bulma. “Avanti”.

Trunks intervenne in suo supporto. "Ehi mocciolosa! Non farmi andare da solo, dai che dopo facciamo tappa alle giostre... Li vuoi fare i calci in culo?" 

L'altra scattò entusiasta verso di lui e lo travolse ridendo come un uragano di allegria. I due presero a rincorrersi per il corridoio arrivando fino al soggiorno e facendo rovesciare anche una pianta lungo il percorso. "Tirala su prima che se ne accorga la mamma!" Sibilò Trunks mentre sua sorella continuava a ridere e a stuzzicarlo, incurante del rischio di una ramanzina materna che era peggio di una sfuriata fatta da Vegeta, sicuro.

Bulma si infilò l'ultima scarpa e si avvicinò al compagno. Gli si sedette accanto fissandolo con interesse e l'altro non mancò di mostrarsi infastidito.

"Che diavolo vuoi pure tu?" 

"Siamo nervosetti eh..." fece lei.

"Si può sapere che avete tutti quanti stamattina? È così tanto chiedere di dormire in santa pace?" 

"Il principe dei saiyan vuole dormire..." Bulma passò un indice sui suoi addominali notando che lui si fece più attento, forse perchè non capitava spesso che qualcuno gli ricordava chi fosse. "Hai ragione, dormi e recupera le energie perchè stasera è il mio turno. Non penserai che solo Bra ha il diritto di infastidirti?" Gli chiese alzandosi con espressione sorniona. "Non vorrai farmi diventare gelosa di lei" .

La gelosia era una parentesi di non poco conto. Radish e Nappa alcune donne se le erano scambiate all’occorrenza, d’altronde di umane non se ne incrociavano tante per lo spazio. Tu non hai mai diviso nulla di così intimo con loro se non gli alimenti o qualche pisciata fortuita e d'emergenza. Le loro donne non le tocchi mai. Non ti piace prenderti gli scarti altrui, e soprattutto sei geloso del tuo seme regale che non distribuiresti certo a chiunque. É una questione di principio, di come sei stato educato a considerarti, più di un mortale qualunque. La gelosia che ti ha scoperto umano è una circonferenza che accerchia quella lei prescelta con un giro satellitare non fine a se stesso. Non la divideresti. C’è quel bacio mentre i tuoi piedi affondano nella riva del mare grigio, fatto di pietre nere, dal fondale catramoso e inquinato dagli avanzi della guerra. Ci sono ancora tracce della battaglia consumata, qui e lì, tra moncherini di rottami fumanti e qualche corpo abbandonato impietosamente senza sepoltura. Le guerre interstellari rilasciano sempre un odore di bruciato e di ferro che copre la putrefazione dei corpi. Fissi l’oriente dove sta sorgendo un sole nuovo, di una galassia non distante dalla Terra dove stai per andare, e senti un oscuro presagio di morte, di sconfitta eterna, di discesa piatta verso l’inferno, di fallimento. Osservi quel sole levarsi piano, lentissimo come il movimento implacabile dell'universo voluto da un demiurgo sopraffino e grande, e lasci che ti riscaldi il viso e stemperi l’ombra che lo ottenebra attenuandone la persistente e bieca espressione insoddisfatta. Ti senti inappagato. Ti senti inappagato da una vita... Nel silenzio c’è solo il rumore della risacca mossa, del mare scuro che si abbatte sulla sabbia granulosa, agitato dal vento che travolge anche te compiendo un percorso sul mare che raccoglie tutti gli odori portandoteli dall'orizzonte piatto dove inizia a prendere forma una burrasca. Ti senti così, al centro di quell’apocalisse tempestosa. Ira sei. Vendetta. Sadismo inferto per noia, per sentirti vivo. Sei un ramingo mercenario senza patria, senza popolo, senza corona nè famiglia. Solo come un cane, solo con due soldati al tuo fianco che non vedi neppure come fratelli. Detesti anche loro, tutto ciò che ti circonda è travolto in quel vortice di rabbia come fossi il riflesso dell’impeto con cui stai cercando di salvarti, sempre più vicino al centro del ciclone. Nel  nucleo. Nell’origine prima. Con quello stesso impeto con cui ti darai anche alla tua donna. Rabbioso e sprezzante, le rivolgerai parole di indifferenza più di una volta, forse perchè ci trovi gusto a ferire, ma lei rimarrà il baluardo dove ancorarti, la roccaforte che non abbatti, la luna di una notte che rivela il polimorfismo del tuo cuore che si rende con lei più umano delle volte precedenti

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Bulma chiuse la porta salutandolo e raggiungendo i due figli che erano già sotto, alla porta. Vegeta sentì di avere la mano umida della saliva di sua figlia. Con un grugnito l'asciugò sul lenzuolo: quella mano che aveva inflitto tanto male era stata capace di prendere quella piccina e innocua di sua figlia con insolita leggerezza quando era nata. L'aveva fatto di nascosto però, quando non c'era nessuno ad osservarli. Non gli piaceva fare esplicite dimostrazioni di affetto, eppure studiandola non aveva potuto fare a meno di toccarla. La pelle di Bra era liscia e sottile, quasi trasparente.

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Lei ti guarda, ti fa una carezza, scopri che il suo tocco ti piace, ed è lì che si origina in te un nuovo sentimento. Bulma può toccarti senza temerti, non sa che onore le stai facendo o forse lo intuisce, ma non le faresti alcun male, te ne scopri incapace e per questo pensi già ad abbandonarla. Si è più bravi a fuggire i propri demoni al posto di affrontarli. Eppure annienti te stesso in quel bacio, in fondo sai che di una qualche morte si deve pur morire. È il primo bacio che ricevi. La vita non ti è apparsa mai tanto chiara come quando la filtri attraverso quel contatto. Non sei più solo, c'è qualcuno che ti desidera, che ti vuole come l'uomo che sei. Quello senza nome.

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Si udì solo il rumore delle loro bocche che la camera immersa nell’ombra amplificò rendendolo quasi assordante. Un cono di luce alle loro spalle attenuava ogni forma cui la notte dava contorni funesti. C’erano i suoi occhi azzurri davanti a lui. Erano iridi luminescenti, che si facevano luce nel buio. Lei lo baciò ancora piano, cautamente congiungendo la bocca alla sua, e lasciò le sue labbra schiudersi sulle proprie, prendere aria mentre lui le infilava la lingua tra i denti, ricambiando quel gesto nuovo che però aveva imparato immediatamente. Gli portò le mani sul collo e poi affondò con la bocca nella sua, con impeto maggiore, e il silenzio fece eco al suono impastato delle loro bocche e dei sospiri tremolanti. La vita a Vegeta era apparsa una rivolta fino a quel momento, mentre si scopriva capace di gesti pacati nonostante il barlume sadico e macchia su un animo imperfetto e feroce restava a ricordargli che quello che stava facendo lo avrebbe portato dritto da qualche parte, lì dove ci si fotte inderogabilmente. Nella luna, all'origine,  e quella sfera tonda e bianca ora assumeva i dettagli del suo volto, del chiarore della sua pelle opalescente nella notte, tradita da un fremito caldo. Era Bulma. Il suo unico amore. 

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Vegeta si avvicinò al letto di Bra buttando in un cesto un gioco che era rimasto nella sua stanza e che Bulma gli aveva chiesto gentilmente di riportare al suo posto. Silenziosamente la fissò rimanendo lì a lungo, osservandola stretta al suo orsacchiotto. La sua figura gli avvolse l'animo di un senso di pace raro. Forse si era stancato delle guerre, persino di pensare al passato non ne aveva più così tanta voglia. La verità è che non gliene fregava più niente. Era tempo di abbandonare quelle ambizioni infrante. Non aveva più venticinque anni.

Bulma che giunse scalza lo sorprese lì dentro e non mancò di notare che Vegeta era particolarmente assorto a fissare la figlia con le mani nelle tasche. Non poteva sapere cosa stesse pensando ma intuì che c'era anche amore nella sua mente. Lei era l'unico a conoscerlo veramente.

“Dorme?” Gli chiese lei tenendo dei pupazzi tra le braccia che aveva trovato disseminati per il corridoio.

L’altro si voltò e annuì seriosamente, muovendosi poi verso la compagna.

Bulma gli sorrise quando il saiyan le fu vicino. “Pensi che l’allenerai?”

Lui scrollò leggermente le spalle e scosse il capo in segno di diniego. “Non credo”.

“Non la vedi interessata, vero?”

“Bra è nata per diventare come te” affermò lui, pacato e serio. “È troppo intelligente per occuparsi di combattimenti. La sua energia confluirà sicuramente in altro”.

“O dici così perchè mi somiglia?" Gli sorrise lei, facendo centro.

Era vero anche quello, ma Vegeta sapeva che presto sarebbero anche usciti aspetti del suo carattere. "Ti ricordo che anche se Bra è uguale a te, è figlia mia. Se volessi le caccerei fuori un'energia che eguaglierebbe quella di Trunks probabilmente."

“Comunque la maestra mi ha detto di portarla ad una scuola per bambini superdotati. Penso che la iscriverò alla stessa dove andavo io." La donna poi prese a raccontargli di come Bra avesse fatto sfoggio delle sue capacità matematiche zittendo uno dei suoi in ufficio. "Dovevi vedere la sua faccia quando lei lo ha corretto..." Bulma si mise a ridere cercando di non svegliarla e contagiò anche l'altro che però si limitò a piegare un pò le labbra. Riflettendo a quanto fosse fiero delle sue due donne, senza pensarci il saiyan si sfilò una mano dalla tasca e scivolò con un dito per la mascella del viso di Bulma, fino a prenderle il mento tra l'indice e il pollice. Per un istante la guardò intensamente, ammorbidito da quel racconto divertente, e quando abbassò il braccio e si spostò lei gli chiese: "Dove vai?"

“Dove vuoi che vada… In camera nostra” commentò atono.  

“Ehi principe…”

Lui si voltò di nuovo e gli parve di essere tornato indietro nel tempo, a quando lo chiamavano con quel sostantivo pieno di riverenza. Però gli occhi misero a fuoco una figura diversa da quella di un soldato o di un sottoposto. Delinearono per lui una regina.

“…?”

“Mi aspetti?”

“Se ti sbrighi forse fai in tempo a finire da dove ti sei fermata ieri sera quando Bra ci ha interrotto”.

Bulma gli sorrise. Bra di tanto in tanto si svegliava di notte e qualche volta bussava per cercare conforto dagli incubi, e lei la tranquillizzava prima che Vegeta la rispedisse nella sua stanza, intimandole con quei modi un pò spazientiti di non comportarsi da fifona. Ormai la sua presenza era quasi una visita fissa, neppure due sere prima era andata da loro alle 3.00 passate di notte trovando i genitori addormentati l'uno sotto l'altra. Bulma gli riposava adagiata addosso, sulla schiena, come il mare si abbandona sulla sabbia di una spiaggia morbidamente. La quiete dopo la tempesta la ritrovò con le spalle scoperte, probabilmente era nuda anche se celata dal lenzuolo bianco.

Bra innocentemente si era avvicinata al bordo del materasso osservando lo sguardo addormentato di suo padre che dormiva verso la porta, e allora inaspettatamente l'uomo aveva aperto gli occhi nella penombra e questi si erano delineati affilati e vigili. Era come una tigre che sonnecchia, l'aveva sentita arrivare, evidentemente il cigolio della porta lo aveva svegliato.

.

Guardando l’orizzonte ti rendi conto che la linea piatta non è altro che un traguardo fasullo. Oltre l'orizzonte il mondo continua. Non c'è fine all'universo. Ci sarà sempre un oriente.

“Che facciamo, principe Vegeta? Qui non c’è nessun altro insorto da reprimere”. Nappa ti raggiunge, prende della sabbia e la porta alle narici grandi e prominenti.

Ti passa quella manciata di grani umidi e tu l’annusi. Ti è stato insegnato a chiedere alla polvere quando non sai di che morte si deve morire.  La sabbia odora di ruggine. È il prodromo di una sconfitta. È segno di cattiva sorte. Uno o due di loro sarebbero morti forse, ma non ti sconvolge la cosa. Sai che la morte è solo una meretrice tra le tante, e che forse è persino tua amica. Non c’è motivo di temerla o di odiarla. Lei è l’unica a provare per te un interesse. L’unica che ti ami, proprio lei, la morte. D’altronde è il mestiere delle puttane quelle di amare per finta.

“Andiamo dritti verso la Terra. Radish è già in viaggio per recuperare suo fratello” dici muovendoti verso la navicella.

.

Bra e Vegeta si erano fissati in silenzio. Lui aveva ruotato le iridi verso l'orologio digitale ed era tornato a fissarla.

"Che vuoi Bra? Sono le tre" fiató lui a bassa voce pronto a rispedirla in camera.

"Ho fatto un brutto sogno."

"Ma è finito no? Quindi torna in camera".

"Papà c'era una lucertola grande grande e bianca col viso cattivo e... "

Vegeta si fece più attento. "Quale lucertola?" Indagò sospettoso. Quel binomio di parole suonava come un campanello d'allarme.

Lei si avvicinò e gli sussurrò qualcosa e la sua voce infantile uscì come un sibilo impastato e confuso. 

“È stato solo un sogno Bra, torna a dormire”.

“… Non posso dormire qui?"

"No. Fila in camera tua e non fare la fifona".

"Ma se quella lucertola viene a cercarmi?"

"Ti ho detto che non verrà nessuna lucertola." Fece uscire il fiato tra i denti attento a non svegliare Bulma che poi non avrebbe mancato di fare infilare la figlia nel loro letto.

Bulma era più disponibile su queste faccende, ma che Bra fosse una femmina per Vegeta non significava che sarebbe cresciuta come una mollacciona qualunque, perchè era pur sempre sua figlia quella che aveva davanti avvolta in un pigiamino con gli orsacchiotti.  

"Sei proprio sicuro che non torni?"

"Non c' è nessuna lucertola Bra, avanti, torna a dormire..." Poi chiuse gli occhi sperando di scoraggiarla dal porgli altre domande.

"E se tu ti stai sbagliando e lei torna, che gli dico?" Sussurrò la bambina.

Di andare a farsi fottere! Se avesse potuto sarebbe stata la risposta che Vegeta avrebbe dato a Freezer personalmente.

Spazientito rispose: "Dille di andarsene a dormire pure lei che alle tre di notte è inutile che venga qui a seccarci!"

"Ok..."

Lei fece per andarsene ma ripensandoci tornò indietro. "Papà.."

"Che altro c’é" sibiló irritato aprendo gli occhi.

"Ma è  vero che sei un principe?"

L'altro la fissó  esterrefatto, recuperando totale lucidità. " Chi te l'ha detto?"

"Me l’ha detto la lucertola bianca..."

Per un istante Vegeta non seppe cosa risponderle. Quella vicenda lo stava inquietando, ma era troppo stanco per mettersi a pensare a Freezer, ci avrebbe riflettuto al mattino seguente.  Dopo una giornata di allenamenti col figlio e dopo che con Bulma aveva fatto le ore piccole rotolandosi da una sponda all'altra del letto, figurarsi se aveva voglia di pensare a Freezer che ogni tanto compariva ancora nei suoi incubi a minacciare ciò che di più caro ormai avesse. Che si fosse fottuto. Forte com'era diventato in quegli anni, Vegeta non avrebbe provato rispetto neppure per la sua ombra.

"Bra sono le tre di notte, piantala con questa storia". Il saiyan si mosse facendo scivolare Bulma dal lato opposto. "Fila a dormire adesso. Nessun mostro verrà a prenderti, come te lo devo dire?"

"E se viene?"

"Lo vengo a distruggere io. Ora vai" tagliò corto lui.

Lei gli sorrise contenta. "Grazie papà..."

Si sporse sul materasso col visino, lì sul bordo dove c'era il capo di suo padre, e inaspettatamente gli diede un bacio sulla guancia, all’angolo della bocca, cogliendolo totalmente impreparato al contatto. Aveva le labbra umide e lisce, un bocciolo ancora poco carnoso. La sua dolcezza lo ammutolì. Bra era affettuosa e imprevedibile come la madre, ma innocente e senza filtri al punto che sapeva rendere impotente anche lui.

“Buonanotte…” Fece per andarsene quando tornò indietro. “Papà…”

“Eeh?!” fece esasperato.

“Ma se tu sei un principe… Allora io sono una principessa?”

Lui emise un sospiro esausto che si infranse contro il cuscino. “La peggiore di tutte…” replicò sfinito.

"Sì??" Fece lei entusiasta.

"Ma nelle tue favole sbaglio o ce n'è una che si addormenta?!"

"Quella è la bella addormentata papà".

"Ecco brava, fai come lei, vattene a dormire e lascia dormire anche me."

"Allora è un si? Sono una principessa?"

"Si dannazione, è un sì" sibilò. "Ora fila, è un ordine.".

"Ok."

Lui chiuse gli occhi sperando la figlia si arrendesse ma non percepì alcun suo spostamento. Quando li aprì se la trovò ancora impalata davanti, due occhioni azzurri che lo fissavano inquietantemente gentili e insistenti. "Papà..."

"Per Dio..." mugugnò.

"Mi dici che principessa sono io?"

"Tu sei una principessa torturatrice, Bra, ecco cosa sei" borbottò sfiancato. 
"Mi piace! E cosa fa questa principessa?"

"SShh! Che diavolo ti urli?! Vuoi svegliare tua madre?” Farfugliò lui tra i denti, sentendo Bulma muoversi alle sue spalle.

Bra fece un movimento adorabile con le spallucce sollevandole un pò mentre si portava una mano sulla bocca sorridendo.

“Lei fa scappare via tutti i principi perchè parla sempre e non dorme mai!"

Bra allargò la labbra mostrandogli i dentini da latte. Fece attenzione a parlare a tono basso. "Ma io non lo voglio un principe, l'importante è che sia una principessa bella, vero?"

Vegeta sospirò ritrovandola uguale a Bulma. Chi voleva punirlo così ferocemente?

"Sì.  La più bella di tutte. Sei contenta?" Tagliò corto sistemandosi il cuscino sotto la testa.

Lei annuì soddisfatta. 

"Ora se non la finisci di farmi domande mi alzo Bra, e ti porto nel letto con la forza... " l'avvisò minaccioso e nervosamente assonnato.

"Va bene, vado papà...  Buona notte" rispose soddisfatta.  

"E chiudi la porta…” aggiunse lui duramente.

"Va bene, vieni Rufus, andiamo" mormorò lei al peluche.  

Bra andò alla porta con l’orsetto tra le mani e poi si sollevò sulle punte per afferrare la maniglia e chiudere l’uscio con un clunck che fece muovere verso lui Bulma in rimando. Vegeta rimase a fissare l'uscio in un tombale silenzio.

.

C’era ancora quell’orizzonte d’oriente davanti i suoi occhi enigmatici. Oltre non c’era nessuna fine. Il vento agitava i suoi capelli, travolgeva il suo ego di sibili che gli parlavano di nuove rivolte contro il tiranno. Ripensò a suo padre, ai saiyan scomparsi. Se oltre la fine di quel mare un Dio li aveva voluti morti, quello stesso Dio avrebbe decretato la fine di Freezer, perché se i saiyan erano stati distrutti per sua mano allora doveva essere trascinato anche lui nello stesso inferno dove loro stavano scontando le colpe per non aver saputo gestire una tale potenza. Gli Dei dell’universo mettevano alla prova i mortali – si diceva - ma la superbia è un peccato degli uomini, non degli Dei, e se la forza del male si esplica nella sua furia distruttiva, nella tracotanza con cui ci si illude di poter divenire più forti degli Spiriti, quella del bene riallaccia i legami interrotti, rende pacati gli animi dannati cullandoli come bimbi tra le braccia materne e facendoli rifiorire imperturbabili anche dove lo sfacelo ha gettato sconforto e bruciato tutto quanto. D’altronde il fuoco distrugge, è vero, ma permette alla terra di fiorire più rigogliosamente.

“Sbrighiamoci Nappa” gli dici vedendolo osservare la spiaggia più in basso dove eravate fino a pochi istanti prima. “Sento che l’incontro con questo Kakaroth segnerà una svolta.”

.

Vegeta percepì il corpo di Bulma avvicinarsi alla sua schiena nel sonno e poi tornare ad adagiarsi su di essa come un’onda per mutare con lui in una sola sagoma informe.

Percepisci l’ombra della stanza dilatarsi. Ti grava addosso come un ricordo, eppure ti senti sempre a tuo agio nel buio. Ma non c'è gelo nè orrore lì, perchè il calore di Bulma ti da conforto, ti scalda la schiena, ti calma come una medicina, inietta in te una strana pace che culla il tuo corpo. Non temi di essere richiamato all’appello anche se il Male può bruciarti dentro, nei tuoi vuoti in cui talvolta rimani incagliato come un corpo ferito dopo la disfatta. Sai che il bene ha sconvolto il tuo cuore che prima di Bulma non aveva mai amato. Sei rimasto sbalordito quando ti sei reso conto di sapere amare, anche se di amare sempre e solo lei. Bulma ti è apparsa come l'aurora, la stessa che avevi fissato quel giorno ad oriente quando hai percepito il nefasto presagio che qualcosa ti sarebbe caduto addosso, e ora sai che l'inferno può assumere forme diverse, volti polimorfi, e parole sempre differenti, perchè il demone che ognuno rifugge si incarna in ciò che si teme maggiormente. In quell'alba ci hai visto un avvertimento, ora nell'alba ci vedi solo il suo volto. E guardandolo ti rendi conto che il bene ha una potenza straordinaria, è osceno come un peccato crudele commesso senza senso di colpa, terribile come abbracciare tuo figlio o fissare tua figlia negli occhi e sentire di amarli come non hai mai amato altro che tua moglie.

L'Alba. La Tua Regina.





FINE.

 

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Queste storie non sono state scritte a scopo di lucro.

 

 

 

 

 

 

  
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