Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: elelcomplains    09/12/2018    1 recensioni
Cinque flashfic su momenti in cui Fugo e Narancia si sono pensati o hanno condiviso momenti in compagnia l'uno dell'altro
spoiler su Vento Aureo
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Narancia Ghirga, Pannacotta Fugo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Matematica

Ogni volta che decidevano di aprire quel libro dalla copertina azzurra era la stessa storia. Arrivavano sempre alle mani, sia a causa della poca pazienza di Fugo sia per colpa di Narancia, che quando decideva di non starlo ad ascoltare non veniva persuaso neanche dalla promessa di una pizza o di un film. Il più piccolo proprio non riusciva a capirlo: era stato lui a pregarlo di fargli da maestro, ma ogni volta che tentava di aiutarlo questo si lagnava di quanto fosse noioso restare a studiare. Per questo motivo grande fu lo stupore del ragazzo quando, appisolato sul divano dopo aver portato a termine l’ennesimo incarico del boss, venne poco gentilmente destato da Narancia che aveva portato a termine - avvenimento assai raro - tutti gli esercizi, perdipiù in modo corretto. Ancora insonnolito scompigliò affettuosamente i capelli mori, ma subito dopo tirò un pugno sulla spalla dell’altro, biascicando prima di addormentarsi di nuovo: «La prossima volta lasciali sul tavolo, e quando sono sveglio li correggo».

2. Lettura

Nonostante i dissapori che si venivano a creare ogni volta che si sfiorava l’argomento “materie scientifiche”, Fugo e Narancia si volevano un gran bene, e la loro amicizia era forse la più stretta creatasi all’interno della piccola squadra di Bucciarati. E uno dei momenti in cui questo affetto reciproco si mostrava era quando si sedevano sul divano e si dedicavano alla lettura. Le mani di Fugo sulle sue a reggere il volume, pensava Narancia, sembravano raggiungere un calore particolare, il respiro rallentava, la voce si addolciva, come una madre che cantava una ninna nanna per far addormentare il figlioletto. Il maggiore capiva quanto quell’attività fosse importante per l’amico, leggere quelle storie così lontane dalla realtà di sangue e crimine che erano abituati a vivere fungevano da vera e propria catarsi, e se in condizioni normali avrebbe perso in fretta l’interesse il tono di voce dell’altro, enfatico quando serviva, lo invogliava a rimanere concentrato. «Solo dieci minuti» proponeva mettendo tra le mani del moro quello che il più delle volte era un grosso tomo, e quei dieci minuti diventavano venti, trenta, poi un’ora, due, tre, addirittura interi pomeriggi o nottate, finché Bucciarati non li chiamava per la cena o finché uno dei due si addormentava, allora l’altro gli gettava rudemente una coperta addosso e andava a letto.

3. Codardo

E guardava la barca allontanarsi, pietrificato davanti alla chiesa di San Giorgio Maggiore. Solo, nella sua testa decine e decine di pensieri in conflitto tra di loro. Uno su tutti prevaleva: «Gli hai permesso di andare ad ammazzarsi». Non voleva vederlo andar via, sperava che le sue parole sulla fedeltà a Passione lo avessero convinto a restare con lui, ma non aveva considerato che Narancia non era solito seguire la ragione, si affidava al cuore, e se il cuore gli diceva di seguire Bucciarati chi era Fugo per impedirglielo? L’imbarcazione non era ancora scomparsa all’orizzonte, e già il ragazzo era combattuto tra il dare per morti i suoi compagni o sperare nel loro ritorno da quella folle impresa. Cosa poteva fare ora se non tornare a casa, alla sua Napoli, e aspettare i suoi compagni? Non erano passati dieci minuti e già si pentiva della sua decisione, ma con quale coraggio si sarebbe ripresentato alla squadra? Si sentiva un codardo, ma si arrese all’evidenza che era ormai troppo tardi per avere rimorsi e, come le campane della chiesa cominciarono a suonare, a testa bassa ritornò sui propri passi.

4. Requiem in silenzio

Cos’era successo? Un salto temporale, uno dei tanti, troppi, ma come era possibile? Mista aveva messo fuori gioco il corpo che conteneva l’anima del boss, l’ipotesi più probabile era quella di Polnareff, cioè che il boss soffrisse di doppia personalità. Ma era possibile sviluppare due personalità così distinte e separate l’una dall’altra? Era incredibile, e sarebbe stata quella la rovina della squadra. Neanche il tempo di capire, bisognava solo agire in qualche modo, dire a Narancia di controllare i dintorni con il suo stand. Ma dov’era Narancia? Un attimo prima era sul cancello, un attimo dopo era finito impalato proprio su quello stesso cancello, mentre i compagni urlavano disperati a Giorno di guarirlo. Quando aprì gli occhi tutti speravano che fosse Narancia a parlare, ma in realtà si rivelò essere Giorno, tornato a suo dire nel proprio corpo quando questo era già vuoto, quando Narancia era già passato a miglior vita. Fu allora che roteando gli occhi all’indietro il corpo del moro venne privato del soffio vitale, o almeno di ciò che rimaneva, per poi cadere esanime a terra. In un istante rivolse un addio silenzioso a tutti i suoi amici, e un’ultima curiosità futile, propria della sua indole infantile e per nulla seria, gli attraversò la mente: chissà come andava a finire quel libro che lui e Fugo non erano mai riusciti a finire.

5. Gli schiavi sopiti

Mista gliene aveva parlato: quello stand che aveva predetto la morte di Bucciarati. Al tempo gli aveva quasi riso in faccia, non riusciva a credere a una storia tanto ridicola. «Uno stand che predice la morte? Ma per favore!». Eppure, a distanza di mesi, si rese conto che non aveva mentito, Bucciarati era morto davvero, e si chiedeva se quella pietra avesse mostrato anche i volti degli altri. L’atmosfera era totalmente diversa: si sentiva la mancanza della genuina allegria di Narancia, della musica a tutto volume che si sentiva nonostante le cuffie, e si sentiva persino la mancanza di Abbacchio che se ne lamentava continuamente. Adesso a rallegrare gli animi e a fare un po’ di chiasso di cui quell’abitazione aveva tanto bisogno erano rimasti solo i Pistols con il loro svolazzare allegri dappertutto. Il tempo era passato, ma nonostante ciò ricordare i compagni perduti era gettare sale su di una ferita aperta. Soprattutto ricordare il turbolento ragazzo dagli scarmigliati capelli neri - Giorno e Mista se ne erano resi conto - era tremendamente doloroso per Fugo, il quale era profondamente cambiato dopo quella notizia. «Già prima non sorrideva mai, ora persino un funerale sarebbe più allegro di lui» aveva commentato un giorno Mista con il giovane capo dopo aver gettato un occhio al ragazzo assorto nella lettura. Sorrise chiudendo il libro; dopo tutto quel tempo era riuscito a finire il libro che aveva iniziato a leggere insieme al suo amico.
   
 
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