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Autore: Ladyhawke83    21/12/2018    6 recensioni
Note dell’autrice:
Eccomi qui, questa mia OS partecipa alla challenge natalizia indetta dal gruppo Facebook Boys Love. Pacchetto a sorpresa.
Avevo tre parole da dover utilizzare: Accendino - condensa - sollevato.
Una bella gatta da pelare insomma...
Qui compaiono i miei personaggi storici della long, più una coppia un po’ inusuale è secondaria: il mago Dorlas e la maga Wulos.
Il mio intento principale era di fare una cosa allegra e un po’ scanzonata, ma poi questa coppia ha preteso il suo spazio e tutto è diventato un po’ malinconico e angst.
Spero comunque vi piaccia.
Buona lettura e buone feste.
Ladyhawke83
Genere: Fantasy, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Vacanze in famiglia ...

 

Isabeau si girava e si rigirava nel letto, Airis dormiva poco distante e, a giudicare dal leggero russare della bambina, il suo era sicuramente un sonno profondo e sereno.

Che invidia! Pensò tra sé la druida, i cui occhi non ne volevano sapere di chiudersi, un po’ per la situazione strana in cui si trovavano, un po’ per la morsa di gelo che attraversava tutto il corpo, dalla punta dei piedi, al profilo delle orecchie, che con il  freddo, pareva  potessero staccarsi dalla testa e cadere da un momento all’altro.

“Non riesci a dormire?” La voce flebile  e calda di Callisto la riscosse dai pensieri.

“È per quello che ha detto Niven oggi, o per come ha reagito lui?”. Indagò lo stregone, mentre la stringeva a sé sotto le pesanti coperte, in cui erano entrati infagottati.

Quel lui, pronunciato da Callisto, assumeva sempre lo stesso tono infastidito, ogni volta che lo stregone parlava del mago.

Vargas, nonostante ora avesse una nuova famiglia, continuava ad essere una presenza costante, come una minaccia, una crepa sul cuore, sia di Callisto, che di Isabeau.

“Uhm... non è questo... è che...” Isabeau incespicò sulle parole da dire, un po’ perché Quella temperatura siderale le ghiacciava i pensieri nel cervello, un po’ perché non sapeva effettivamente cosa rispondere allo stregone, suo compagno.

“...ti senti a disagio vero? Da quando siamo arrivati qui, sei  un fascio di nervi, non sono uno stupido. Ho capito che è per lui e per il bambino...” sottolineò Callisto.

“Beh, non è facile...” cercò di giustificarsi Isabeau, voltandosi nel materasso per guardare in viso l’elfo.

“Su questo non ci sono dubbi. Però, pensa, poteva andarti peggio: avresti potuto essere al posto del povero Dorlas!” Entrambi a quel pensiero risero sottovoce, per non svegliare la bimba che dormiva nel suo lettino da campeggio, un po’ cigolante per la verità.

“Già, non lo invidio per niente, anzi... un po’ mi sento in colpa ad averlo lasciato solo, in balia di quella strega travestita da nobildonna...” Ammise Isabeau prima di lasciare un leggero bacio sulle labbra di Callisto, che in confronto a lei scottava e sembrava non temere per nulla quelle temperature sotto lo zero.

 

 

***

 

Due piani più sopra, e diversi gradi di calore in più nella camera, il povero Dorlas, nonostante la sua infinta pazienza e tolleranza, dopo l’ennesima lamentela della sua avvenente, quanto improbabile compagna di stanza, mostrava segni di cedimento emotivo.

“Come te lo devo dire che più di così non posso fare? Mi ha preso per un accendino automatico?” Esordì il mezzelfo al limite della sopportazione.

“Non è facile tenere a bada le fiamme, oltretutto in questo vecchio camino... preferiresti morire intossicata dal fumo, o peggio  incendiare tutta la casa, solo per non metterti addosso qualcosa di più... sei ridicola!” Sbottò infine Dorlas, alimentando un altra fiammella nel camino, col solo tocco delle dita.

“Ridicolo sarai tu! Qualsiasi mago, saprebbe fare meglio, persino mio cugino Vargas...” Rispose piccata lei, mentre un brivido di freddo la faceva sussultare scuotendole le spalle nude e il corpo fasciato in un vestito sexy ed elegante, ma per nulla adatto a quella situazione.

“... e allora vai da tuo cugino e digli che io ci rinuncio! Sei una donna impossibile!” Gridò Dorlas, dimenticandosi delle buone maniere e dell’ora tarda.

La maga incassò il colpo, ma gli occhi le divennero lucidi, per lo sforzo di non piangere. Serrò i pugni e fissò Dorlas con atteggiamento di sfida.

“Sei... sei ingiusto! Non ho scelto io questa, né questo posto... Se non vuoi dividere la stanza con me, me ne vado!” La mezzelfa dai lunghi capelli neri e la scollatura generosa si girò sui tacchi e inforcando la porta lasciò solo il povero mago che sospirò.

“Oh Wulos, quella donna non cambierà mai...Ancora mi chiedo cosa ci ho trovato in lei...” Disse tra sé Dorlas, raccogliendo una delle forcine a firma di libellula, che nella foga dovevano esserle scivolare via dall’acconciatura.

 

***

 

“Dormi piccino... dormi tesor...” (1). Niven cullava il piccolo Viktor di appena pochi mesi, dopo averlo allattato, per farlo riaddormentare.

Nella stanza c’era un bel tepore, era quella più calda e più confortevole e Isabeau e Callisto l’avevano ceduta volentieri alla neo famiglia, nonostante le reticenze iniziali di Vargas, che avrebbe preferito dormire al piano terra, più per una sua fissazione, che per altro.

“Niven, prenderai freddo se resti così...” La voce di lui le arrivò calda e avvolgente quasi più della coperta che Vargas le mise premurosamente sulle spalle.

“Ci metterò un attimo... sai Viktor si è svegliato perché ha sentito quei due litigare...”.

Inutile negarlo, tutti in quella vecchia baita aveva sentito il battibecco tra Dorlas e a Wulos, forse anche qualcuno in paese...

“Sapevo che non era una buona idea metterli nello stesso posto. Quei due prima o poi si accoltelleranno!” Sorrise Vargas tra sé, anche se un po’ era preoccupato per l’incolumità dell’amico.

“Ma è stato carino da parte tua invitare Dorlas affinché Wulos non restasse sola durante le vacanze”. Sottolineò Niven elargendo al compagno un sorriso rassicurante.

“La definirei una mossa tutt’altro che carina, direi piuttosto che ho commesso un azzardo. Speriamo ne escano interi... non credevo avessero ancora dissapori dopo tutti questi anni...” Ammise Vargas costernato.

“Beh sai, si sono lasciati in malo modo, da quel che ho capito, e probabilmente certe ferite bruciano ancora... Forse dovrebbero solo parlarsi apertamente”.

Niven aveva un talento particolare nel capire le situazioni complesse e a srotolarle, facendone apparire la soluzione.

“È più facile che io diventi un guerriero, piuttosto che quei due facciano pace con se stessi” Il mezzelfo rise sottovoce, per non svegliare il figlio, che si era finalmente riaddormentato.

“Beh, se anche tu diventassi un guerriero tutto muscoli, corazza e istinto, ti amerei comunque” confessò La druida baciando Vargas sulle labbra, un tocco dolce delicato, ma che accese subito in lui la voglia di averla per sé.

“Attenta a ciò che desideri... potrei anche accontentarti!” Disse lui, con un tono malizioso e piuttosto divertito, mentre se la tirava sotto le pesanti coperte per spogliarla di tutti quei vestiti inutili.

Alla finestra uno spesso strato di condensa e di umidità celava una luna pallida e indifferente, circondata da placide stelle, in attesa della venuta del nuovo giorno.

 

***

 

“Lo sapevo che non era una buona idea portare quella bisbetica di una maga in vacanza con noi, ma Vargas ha insistito così tanto...”

“Che non hai saputo dire di no” concluse Callisto, mentre Isabeau si rimetteva sotto le coperte dopo aver controllato Airis nel sonno.

“Ma che freddo fa?” Disse seccata Isabeau, mentre dalle bocca le parole si trasformavano in nuvole di fumo.

“Vuoi che riaccenda la stufa?” Chiese lo stregone, mentre la sentiva battere i denti contro al suo petto.

“Ci metto un attimo sai...” Disse lui, già seduto sul letto, in procinto di alzarsi.

“No, ti prego, ho paura. Quella stufa è vecchia. E se poi moriamo intossicati nel sonno?” Lo fermò Isabeau parlandogli sottovoce.

“Come sei catastrofica, basta tenere socchiusa la finestra e non succederà nulla. Ti preferisco calda e rilassata, che non tutta surgelata!” Disse lo stregone, alludendo alla temperatura dei piedi di Isabeau, che era prossima all’azoto liquido.

“E va bene, mi hai convinto scheggia. Però facciamo a turno per controllare che non ci sia fumo, intesi?” AcconsentìIsabeau mentre passava uno strano accendino a forma di lungo fiammifero allo stregone dai capelli bianco celesti.

“E che ci dovrei fare con questo?” Domandò lui, perplesso.

“Hai ragione. Scusa dimentico sempre che anche tu puoi accendere il fuoco come loro...” si scusò La druida, ma ormai il danno era fatto. Una volta di più aveva fatto sentire, inconsciamente, Callisto inferiore a Vargas e a Dorlas, i due maghi contro lo stregone.

“Già... e non è l ‘unica cosa che so fare meglio, ma non importa...” sottolineò rassegnato L’elfo, mentre lei cercava le parole adatte per scusarsi.

“No, lascia perdere” La fermò lui “non serve che ti scusi, lo capisco. Lui sarà sempre un passo avanti a me, ma mi basta sapere che ora sei qui con me, che siete qui con me, per sentirmi sereno” le disse accendendo un fuocherello basso nella vecchia stufa, che cominciò ad irradiare calore nella stanza.

“Posso abbracciarti?” Chiese lei.

“Devi” Le Rispose lui, allargando le braccia e stringendosela contro, mentre un leggero odore di legna bruciata e incenso si levava intorno a loro.

“Ti amo...” confessò Callisto sentendosi sollevato al pensiero che lei fosse lì con lui.

“Lo so” Rispose Isabeau e druida e stregone rimasero fermi ed abbracciati per un lungo momento, che sembrò durare tutta la notte.

 

***

 

“Già di ritorno? Vargas dormiva e non ti ha aperto?” Insinuò Dorlas volutamente beffardo.

“Non stava dormendo...” Disse Wulos, e nel farlo abbassò lo sguardo imbarazzata.

“Ah...” si limitò a rispondere Dorlas rimanendo con la bocca semiaperta.

“Ho scaldato un po’ la stanza e ti ho procurato una coperta in più”. Disse lui, cercando di mantenere un tono più dolce e conciliante, di quello che aveva usato poco prima.

“Grazie...” sussurrò lei, sempre guardandosi gli stivali.

“Wulos, senti... io...” cominciò Dorlas che intendeva davvero scusarsi e cercare di essere gentile per il quieto vivere, buttandosi il passato alle spalle.

La maga non lo lasciò finire. Gli si avvinghiò contro, rubandogli un bacio disperato, famelico. 

“Ehi... ma cosa...” cercò di obiettare il mezzelfo dai capelli castani, ma lei lo zittì con un altro bacio ed una supplica.

“Dorlas... ti prego, non parlare. Non rovinare tutto...” la mano di Wulos andò ad infilarsi sotto il maglione del mezzelfo, là dove lei sapeva perfettamente che a lui piaceva essere toccato, e nel contempo gli baciò il collo. Più che un bacio, sembrava un morso, ma tanto bastò per non far capire più nulla al mago che gemette a metà tra la frustrazione e il piacere.

“Wulos, noi non dovremmo. Ricordi come è finita l’ultima volta?” Riuscì ad articolare lui, mentre le carezze di lei si facevano più esplicite.

“Il tuo amico, nonché il mio adorato cugino Vargas, si sta divertendo, perché non possiamo farlo anche noi?” Domandò lei soffiandogli le parole all’orecchio, mentre con la mano affondava tra i suoi capelli lunghi e ordinati.

“Non ti sto chiedendo di amarmi, solo di lasciarti andare...” continuò lei, mentre Dorlas si inebriava del suo profumo, fin troppo dolce, ma impossibile da dimenticare.

Quanti anni erano passati dall’ultima volta che avevano fatto sesso? 

Cinque, no sei... eppure il corpo rispondeva perfettamente, cieco di fronte al passare del tempo e assoggettato solo al desiderio.

La verità era che loro due non si erano mai veramente amati, la loro breve storia d’amore, era stata più che altro una storia d’attrazione e di odio, più si detestavano e più il sesso era incandescente, come una miccia pronta ad esplodere.

“Wulos non...” cercò di resistere Dorlas, con gli ultimi brandelli di lucidità, ma il mago dovette capitolare quando lei gli sfiorò sapientemente con una mano il membro eretto, infilandosi avidamente nei suoi jeans neri, che aveva sbottonato con foga poco prima.

“Dorlas... Facciamolo e basta, altrimenti ci toccherà stare svegli a sentire i gemiti degli altri...” 

Il tono di Wulos era suonava a metà tra l’infastidito, l’invidioso ed il noncurante.

“Non sono un tuo passatempo sessuale, né un oggetto”

Dorlas la staccò bruscamente da sé e la guardò negli occhi, convinto più che mai che fare sesso con lei non fosse una grande idea, in quel momento.

“Oh Dorlas... sei così, così...” 

Wulos non trovava aggettivi per rendere il modo in cui lui stava facendo sentire: rifiutata, offesa, sola.

La solitudine era stata la sua costante negli ultimi anni.

Il suo cuore era stato calpestato e ridotto in mille pezzi, e lei si era detta che più a nessuno avrebbe permesso di ridurla così.

Si era innamorata di un uomo comune, nonostante tutto, un soldato, un essere umano: Francesco.

Solo a ripensare al suono del suo nome, la mezzelfa ebbe voglia di gettarsi a terra e versare tutte le lacrime che, nel tempo, aveva ricacciato indietro per il troppo orgoglio,

Lui l’aveva illusa dicendole di amarla e poi era fuggito a fatto compiuto. 

Wulos l’aveva scovato grazie ad un incantesimo banale che di solito si utilizza per cercare oggetti smarriti, ma ciò che la maga aveva perso ritrovando il Cavaliere dell’Imperatore, era stato il proprio cuore.

Si era presentata da lui con l’intenzione di parlare, di dirgli che lo capiva, che capiva la sua vita di sacrifici, che lo avrebbe aspettato, cosa che non era da lei, abituata com’era ad essere lei quella desiderata e attesa.

La scena che si era ritrovata davanti era la più classica: quella di un tradimento. 

Francesco se ne stava tranquillamente avvinghiato ad una volgare donnaccia dai capelli biondo paglia e la voce da gallina, oltre che un seno troppo sproporzionato per quel corpo ossuto e sudato.

Era brutta, e per nulla alla sua altezza, ma questo la guardia reale, colui a cui lei aveva giurato fedeltà e amore incondizionato, pareva non notarlo. 

Troppo preso a farsi fare un lavoretto di mano da quella specie di prostituta.

Wulos aveva represso ogni reazione, ogni sillaba, serrando labbra e cuore e se ne era andata senza una parola, smaterializzandosi con un teletrasporto rabbioso e istantaneo.

Era riapparsa poi nell’unico posto dove si fosse mai sentita a casa: l’Academia.

Cercando suo cugino Simenon Vargas, l’Arcimago, era incappata in Dorlas, che a suo modo aveva cercato di consolarla, visto il suo evidente turbamento. Il mezzelfo dagli occhi celesti come il cielo d’inverno, era convinto che Wulos fosse la più grande scassamani (2) di tutti i piani conosciuti, ma non poteva certo ignorare le lacrime di quella donna, e la disperazione dipinta su quel volto bellissimo, ma troppo austero.

Si erano poi ritrovati mezzi nudi, avvinghiati, a consumare quello che di certo non era amore, ma forse non era stato neanche solo sesso.

“Come sarei io? Sentiamo...”. La incalzò Dorlas, riportandola al presente.

“Sei pedante... e presuntuoso...” Il tono di Wulos suonò leggermente incerto, mentre lei cercava di evitare lo sguardo di lui.

“Ha parlato la regina dell’umiltà...” 

Dorlas si sedette sul letto, senza curarsi dei propri pantaloni sbottonati e di quel suo maledetto vestito scollato.

“Ti ho solo chiesto di fare sesso, non di sposarmi...” Sibilò la maga piccata. Non era abituata a sentirsi rifiutata, ma dopo il tradimento di Francesco, la fiducia in se stessa era andata notevolmente diminuendo, anche se lei si ostinava a mantenere una maschera di indifferenza e superiorità.

“È proprio questo il punto. E comunque, se anche lo facessimo, qui è ora, non risolverebbe nulla, come non lo ha fatto in passato”

Nelle parole di Dorlas si percepiva una certa nostalgia, forse un rammarico, ma Wulos, impegnata com’era a pensare solo a se stessa, non se ne accorse.

“Però ti era piaciuto vero?” Quella domanda tradì una certa fragilità di Wulos, che in pubblico mostrava d’essere una gran donna, indipendente, un po’ snob, e fin troppo convinta di essere la migliore in circolazione, e in privato invece si sentiva a pezzi, soprattutto dopo essersi innamorata per la prima volta, e perdutamente, di uno per cui non ne valeva la pena.

“Me lo domandi come se quella nostra volta, fosse stata la tua prima volta...” 

Dorlas sapeva che non era così, ma fu sorpreso di vedere l’imbarazzo dipinto sulle gote di lei.

“In un certo senso lo è stata, per me...” Ammise a fatica Wulos, avvicinandosi al mezzelfo seduto sul giaciglio.

Il mago intuì il senso di quelle parole e le prese la mano, lei non si scostò.

“Mi dispiace che lui non abbia saputo amarti come meritavi...”

Le parole di Dorlas erano sincere, anche se velate di dolore, il suo dolore, per non essere riuscito a tenere con sé la sua amata Adelaide, il suo tutto, la sua metà di cuore.

“Per favore, ti chiedo solo di farmi sentire ancora come allora, almeno per stanotte...” Wulos gli si sedette accanto e stavolta lo guardò stringendogli la mano, che non aveva mai lasciato da prima.

“Non posso Wulos. Fare l’amore con te è stato bello, e lo sarebbe ancora, ma non posso darti quello che cerchi...”

Dorlas fece una pausa accarezzandole i capelli scompigliati “...come tu non puoi darlo a me. Siamo due anime ferite e disilluse, aggiungeremmo solo dolore ad altro dolore”.

Wulos sapeva che Dorlas aveva ragione e non avrebbe mai trovato tra le sue braccia il suo amore perduto, ancor prima di sbocciare, eppure voleva disperatamente sentire un po’ di calore, di sollievo da quella dolorosa condizione.

“Puoi abbracciarmi almeno?” Chiese Wulos, mentre una lacrima furtiva scivolava via dai suoi luminosi occhi verdi.

“Certo... Vieni qui...” Dorlas sorrise, mentre se la trascinava sotto le coperte, mettendosi dietro di lei per cingerle i fianchi.

“È solo una tregua, domani tornerai a essere la maga petulante, snob e viziata... guai a te se lo dici a qualcuno...”

Wulos rise, mentre lui le sussurrava queste cose all’orecchio.

“E tu il mago pedante, noioso e rigido che sei sempre stato...” 

“Ehi! Quello noioso e rigido è tuo cugino, non sono io!” Si finse offeso Dorlas.

“Come vuoi tu... Buonanotte... e grazie”. Disse lei, mentre pian piano scivolava tra le braccia di Morfeo.

“Buonanotte anche a te” Disse Dorlas pensando fugacemente al viso di Adelaide e ai suoi occhi violetti.

 

***

Tutti gli occupanti di quella vecchia casa dai muri spessi e le finestre pieni di spifferi, furono svegliati dalle grida di Airis che, tutta entusiasta correva tra i corridoi e le scale verso il portone di ingresso.

“Nakiii’ell!” Gridava la piccina, in quel suo modo un po’ sbiascicato, tipico di una bimba di due anni.

Non ci volle molto per capire che era arrivato il giovane druido, Nak’ell, il figlio di Isabeau e Vargas, per passare le vacanze con la sua famiglia allargata, e per godersi un po’ la sorellina Airis, ed il nuovo arrivato, il piccolo Viktor.

“Ho interrotto Qualcosa? Sono arrivato troppo presto?” Chiese il ragazzo, vedendo le facce dei rispettivi genitori, un po’ assonnate e tirate.

“No. No...” risposero in contemporanea Vargas e Isabeau, guardandosi poi.

“Abbiamo solo dormito un po’ troppo al freddo...” sottolineò Vargas, che dalla bocca faceva uscire nuvolette di vapore insieme alle parole.

“È colpa mia... non pensavo che i riscaldamenti fossero rotti... evidentemente questa casa è troppo vecchia....” si scusò Isabeau, un po’ a disagio.

“Tranquillo, ci siamo arrangiati...” intervenne Callisto tutto sorridente.

‘Siamo pur sempre tra maghi e stregoni, no? La magia cosa ce l’abbiamo a fare...” sottolineò lo stregone, mandando frecciatine a Vargas soprattutto.

Airis si arrampicò quasi sulle gambe del fratello maggiore e gli chiese almeno per cinque volte di fila, con la sua vocetta squillante: “Nakiiel...neve... pupatto... noi...” che più o meno voleva dire “Nak’ell facciamo un pupazzo di neve insieme?” La bambina non aveva chiesto altro da quando era arrivata lì il giorno prima.

“Va bene. Va bene, va bene... però lasciami prima fare colazione, poi ti prometto che costruiremo un bel pupazzo di neve che si muove...” Promise Nak’ell che, nonostante fosse un adolescente di soli quattordici anni, dimostrava una pazienza infinita coi bambini, soprattutto con quella peste della sorellina acquisita.

“Siiiiii!” Gridò la piccola Airis, lo fece così forte che svegliò anche Wulos e Dorlas che ancora non si erano alzati, che si guardano in imbarazzo, indecisi sul da farsi, incapaci di dirsi alcunché.

Era giorno, l’incantesimo della notte era finito, e tutto ciò che era successo in quelle stanze, lì sarebbe rimasto, in attesa del prossimo anno.

“Scendo prima io...” Dorlas interruppe la coltre di silenzio e di freddo che li avvolgeva in quella gelida mattina di fine dicembre.

“Così nessuno farà domande e tu puoi sistemarti con calma...” aggiunse il mezzelfo dai capelli castani.

“Va bene” Disse fredda la maga. Sembrava un’altra persona rispetto alla Wulos di poche ore prima, ma Dorlas sapeva che quella era solo una maschera, le sorrise e si congedò, sparendo oltre il corridoio del secondo piano di quella grande casa.

La maga rimase da sola e si concesse qualche minuto per sé, prima di tornare dagli altri. Guardò fuori dalla piccola finestra della stanza e vide attraverso il vetro, una volta tolta la condensa con la mano, un pettirosso su un ramo.

“Come mi piacerebbe sentire il cuore leggero e libero come quel pettirosso” Disse tra sé Wulos, prima di indossare, in un gesto ormai automatico, la collana col ciondolo di smeraldo che le aveva regalato Francesco, e dalla quale non riusciva a liberarsi, nonostante le causasse costante dolore il ricordo della promessa che quel gioiello portava con sé.

“Verde come lo sono i vostri occhi, prezioso e raro come il sentimento che nutro nei vostri confronti”.

Così le aveva detto il cavaliere, quando gliel’aveva fatta indossare e lei gli aveva creduto, finché non lo aveva visto con quell’altra, allora quella stessa collana simbolo d’amore era diventata per lei un monito da osservare tutti i giorni: non fidarsi, mai. Di nessuno.

Anche se Dorlas coi suoi modi gentili e sinceri l’aveva fatta sentire sollevata, facendole pensare che forse poteva dare ancora una possibilità all’amore, dopotutto.

 

 

 

Note al testo:

  1. riprende la ninnananna cantata nel film d’animazione Disney “Robin Hood”
  2. Scassamani è un insulto che ho inventato e che rappresenta il corrispettivo di scassapalle, però riferito ai maghi che usano molto le “mani” per evocare incantesimi, mi sembrava più corretto e più fine usare questo. Uno scassamani è uno che rende impossibile la concentrazione e la relativa riuscita di un incantesimo, cosa per un mago inaccettabile...

 

Note dell’autrice:

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Avevo tre parole da dover utilizzare: Accendino - condensa - sollevato.

Una bella gatta da pelare insomma...

Qui compaiono i miei personaggi storici della long, più una coppia un po’ inusuale è secondaria: il mago Dorlas e la maga Wulos.

Il mio intento principale era di fare una cosa allegra e un po’ scanzonata, ma poi questa coppia ha preteso il suo spazio e tutto è diventato un po’ malinconico e angst.

Spero comunque vi piaccia.

Buona lettura e buone feste.

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