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Autore: Satineblog    26/12/2018    5 recensioni
È la vigilia di Natale a Storybrook, la famiglia Charming è intenta nei preparativi per la cena di quella sera da Granny, in un clima di amore e gioia che però Emma non riesce a condividere fino in fondo. Anche Regina si sente estranea alla felicità che pervade la sua cittadina quel pomeriggio. Riusciranno le due donne a capire cosa le turba? Saranno abbastanza coraggiose da darsi ascolto e trovare quello che gli manca?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 La storia partecipa all'iniziativa Prompt Manip Christmas 2018 , indetta dal gruppo Facebook 'Maybe I need You'.

Guardava il mare. Con una tazza di cioccolata calda, panna montata e l’immancabile spolverata di cannella. Guardava il mare con aria malinconica, Emma, stretta nella sua giacca di pelle rossa, infreddolita nonostante il calore del sole sul viso e la tazza bollente tra le mani. Guardava il luccichio del sole sull’acqua e non sapeva assaporare fino in fondo l’atmosfera di gioia, amore e speranza di cui la sua famiglia era pervasa, il pomeriggio di quella Vigilia di Natale. Aveva avuto bisogno di una pausa. Da Granny tutti erano felici e sorridenti, Hanry selezionava canzoni di Natale no stop dal juke box, Mary Margaret e David erano alle prese con l’allestimento del locale per la serata. Granny si era persa in cucina tra i fornelli e Uncino aveva deciso di decorare un enorme albero di Natale posizionato appena fuori dal locale. Erano tutti felici, pieni di gioia ed entusiasmo per il grande cenone che li avrebbe riuniti quella sera intorno a una tavola imbandita, in attesa dello scoccare della mezzanotte. C’era amore dappertutto. E lei lo sapeva. Lo vedeva e lo sentiva. Ma un velo di malinconia, un sottile disagio, un piccolo vortice nero in fondo allo stomaco, aveva cominciato a farsi sentire, all’improvviso. Così aveva sentito il bisogno di prendersi una pausa.
 ‘Esco a fare due passi. ‘ aveva annunciato con un mezzo sorriso dipinto in volto.
 ‘Tutto bene Emma?’ si era assicurata Mary Margaret, cogliendo il sottile senso di disagio che pervadeva la figlia.
‘Si certo, perché non dovrebbe?’ aveva risposto prontamente lei ‘È solo che non sono abituata ad essere circondata da tanto amore. Torno subito!’
Uscì dal locale lasciando che la porta si chiudesse alle sue spalle. Diede un rapido bacio a Killian, rifiutó il suo invito ad accompagnarla e si incamminò lentamente verso il porto con la sua tazza di cioccolata tra le mani.
 
Anche Regina, dalla direzione opposta,  stava passeggiando verso il porto, in quel pomeriggio soleggiato e freddo della Vigilia di Natale. Era uscita di casa per cercare di smettere di sentire il rumore assordante della solitudine. Storybrook era una festa di luci e addobbi natalizi, l’aria profumava di frittelle e lei combatteva dentro di sè l’ardua battaglia con la volontà di incenerire tutto lanciando una delle sue sfere di fuoco. Camminava veloce, guardandosi le punte degli stivali, neri come il cappotto sbottonato, che si era infilata di corsa per la fretta di scappare dall’avvolgente silenzio che dominava Villa Mills.
Le note di una Jingle Bells improvvisa, suonata a tutto volume, la fecero sussultare, costringendola ad alzare lo sguardo per cercare di capire da dove provenisse la musica e se ci fosse qualcuno da punire per questo eccessivo spirito natalizio. Fu allora che la vide: Emma era seduta su una panchina poco lontano. Rannicchiata in se stessa, a gambe incrociate, teneva una tazza tra le mani. I capelli biondi le cadevano a boccoli sulle spalle, un cappellino grigio in testa. Si fermò di colpo, Regina. Dimentica del motivo per cui si trovava in quel luogo, senza più alcun rancore nel petto, non sentiva nemmeno più le note di quella canzone che pochi secondi prima l’aveva infastidita tanto. Si fermò ad osservare lo sceriffo di Storybrook da lontano. Quasi a voler studiare quella donna tanto arrogante, sfacciata e coraggiosa, quanto dolce come la bambina sperduta che continuava a vivere dentro ai suoi occhi. Rubava i dettagli, Regina. Li osservava senza fretta e li faceva suoi. Il profilo dolce e perfetto, le labbra carnose, le dita strette intorno alla tazza. Avrebbe giurato che si trattasse di cioccolata calda, con panna e cannella: la preferita di Hanry. L’atteggiamento strafottente da ragazzina ribelle. Non si spiegava, Regina, come Emma riuscisse a sprigionarlo anche restando semplicemente seduta su di una panchina. Quell’atteggiamento che la faceva sempre arrabbiare tanto, quella mancanza di rispetto che non aveva mai tollerato in nessun’altro, nè nella Foresta Incantata, nè tanto meno a Storybrook. Quell’atteggiamento di sfida tanto irritante, quanto eccitante. E nonostante tutto, non poteva fare a meno di pensare che fosse bella, quella donna piovuta dal cielo a sconvolgerle la vita.
 
Triste. Era triste, Emma, doveva ammetterlo. Essere onesta con se stessa le era sempre riuscito difficile, ma da quando aveva spezzato il sortilegio lanciato dalla Regina Cattiva, la sua vita era cambiata: si era ritrovata circondata dall’amore dei suoi genitori, di suo figlio, e adesso anche da quello di Uncino. Aveva imparato a fare pace con il passato, a credere in se stessa e darsi ascolto. Dunque non poteva fare a meno di sentire tristezza. Come una mancanza. Una sensazione che inspiegabilmente collegava al volto di Regina. Occhi neri profondi le balenavano nella mente, inutili i suoi tentavi di scacciarli. Affondavano sommersi da un tumulto di pensieri alla rinfusa, per poi ripresentarsi di nuovo con insistenza. Gli occhi neri di Regina. Quelli che non riusciva a sostenere a lungo in uno sguardo. Quelli che a una lettura superficiale sembravano ricolmi unicamente di rabbia e rancore. Quelli che lei vedeva invece pervasi da una solitudine immensa, da un bisogno di amore e comprensione e accettazione rimasto insoddisfatto troppo a lungo. Un bisogno simile al suo. Forse era per quello che la sentiva così vicina a sè. Nonostante i battibecchi, le battaglie, le litigate. Nonostante i gesti estremi che aveva compiuto per andarle contro, come quando aveva tagliato quell’albero di mele rosse nel suo giardino. Era diventato un gioco eccitante, provocare sua maestà e tenerle testa con atteggiamento di sfida. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per vedere ancora e ancora  le sue labbra rosso fuoco incresparsi per la rabbia, mettendo  in risalto quella cicatrice che la contraddistingueva e che Emma trovava tremendamente sexy.
Lo spazio tra le sue labbra socchiuse. I denti bianchissimi. Con il mento rivolto appena verso l’altro. Emma si sorprese ad immaginare Regina, seduta alla sua scrivania, nel maestoso ufficio del sindaco. Le labbra leggermente socchiuse, per mantenere la concentrazione. Si sarebbe potuta perdere, in quello spazio tra le sue labbra.
Questa visione le suscitó emozioni contrastanti. Era senza dubbio piacevole, ma in qualche modo la infastidiva.
Fanculo! Pensó. Fanculo ai tuoi capelli. Vaffanculo alla tua forma che si staglia snella contro la luce del mattino che picchia strafottente, sfonda il vetro della finestra dell’ufficio, infrange tagliente le tende, e ti avvolge, inebriandomi della tua figura snella che si staglia sul mio sguardo.
E vaffanculo anche al tuo profumo. Che riempie il corridoio e si sente già a metà. Lo respiro a fondo, di nascosto. E dà i brividi. Ti osservo. Spostarti sicura da una stanza all’altra, parlare guardano tutti dall’alto, con la coda dell’occhio, perché non meritano la tua attenzione. Non troppo, almeno.
Come mi fa arrabbiare questo atteggiamento strafottente da principessa sul suo piedistallo dorato, quando invece sei la più insicura del reame. Mi accende un fuoco in fondo allo stomaco che divampa nelle vene fino a sbriciolarsi nelle estremità del corpo. E mi affascina da morire. Questo tuo atteggiamento strafottente. Quando mi parli con quel tono, pensandoti inattaccabile, ti farei tacere all’istante mordendoti le labbra. Ti tirerei i capelli con rabbia dolce, per sollevare il viso e baciare la linea sinuosa del collo, lasciandoti il mio graffio sulla pelle. Ti spingerei contro il muro e ti spoglierei. Piano. Con decisione. Senza darti il tempo di pensare. Senza sentirti più parlare. Solo respirare. Ti sentirei respirare forte, assaggiandoti con la lingua. Ti mangerei. Fino a veder brillare nei tuoi occhi quella luce che dice mille parole. Tutte quelle che non sei capace. Tutte quelle che soffochi, nei tuoi sguardi dal piedistallo.
 
Si alzó di scatto dalla panchina, sconvolta dallo scorrere incontrollato dei suoi pensieri, lasciando cadere la tazza a terra. Come aveva potuto anche solo permettersi di pensare certe cose in merito a quella che era stata la peggior nemica di sua madre? Come aveva potuto anche solo permettersi di pensare certe cose, quando la relazione con Killian funzionava alla perfezione e la rendeva felice?
Decise di fare ancora due passi, prima di tornare da Granny. Decise che forse sarebbe stato meglio se prima fosse tornata in se stessa.
Si diresse inconsapevole verso Regina, che continuava ad osservarla e, vedendosela arrivare incontro, riprese a camminare con eleganza e disinvoltura, guardando sicura davanti a sè.
Quando alzó lo sguardo e se la trovó di fronte, Emma trasalì. Regina fu piacevolmente colpita dal rossore che vide spandersi sulle gote della madre di suo figlio, quando i loro sguardi si incrociarono.
‘Buongiorno, Regina.’
Sillabò Emma con evidente disagio.
‘Ciao Emma!’
Rispose l’altra con un sorriso sicuro.
‘Che fai da queste parti?’ continuò il sindaco.
‘Veramente facevo solo due passi. I preparativi per la serata da Granny procedono alla grande, così mi sono presa una pausa. Tu invece?’
Regina abbassó lo sguardo, e la sua sicurezza lasció spazio alla malinconia che l’aveva spinta ad uscire di casa poco prima.
‘Tutto bene?’ Emma si era accorta di quel cambio d’umore.
‘Veramente... no.’ rispose con sincerità Regina, mostrandosi stranamente fragile.
‘Che succede?’ incalzò Emma, evidentemente preoccupata.
‘Mi sento sola. La casa senza Hanry è vuota, il Natale senza Hanry è vuoto..’
‘Oh, Regina, mi dispiace! Ma non devi restare da sola, festeggia con noi!’
Esclamò lo sceriffo, dando retta all’istinto.
‘Veramente?’ rispose Regina stupita.
‘Certo! Ci vediamo da Granny per le 20!’
‘D’accordo allora! A più tardi!’
‘Ci vediamo dopo!’ gridó Emma allontanandosi nella direzione da cui era venuta.
‘Emma?’ la ragazza si voltò per rispondere al richiamo di Regina: ‘Grazie.’ disse il sindaco di Storybrook, con una luce dentro agli occhi che Emma non aveva mai visto prima.
 
Quella sera, da Granny, lo stupore di tutti nel vedere entrare nel locale quella che ancora in troppi consideravano la Regina Cattiva, era tangibile. L’intervento tempestivo di Emma, che ricordó loro come Regina avesse contribuito a salvare Storybrook da una  distruzione certa, anche a costo della vita,  e a sconfiggere Peter Pan, mise prontamente a tacere ogni pettegolezzo, e Regina trascorse del tempo piacevole in compagnia di suo figlio, che era chiaramente felice di vederla lì. Assaporó quell’atmosfera piena di luci, musiche natalizie, suonar di campanelli e amore, ma allo scoccare della mezzanotte, nessuno si avvicinò a lei per augurarle Buon Natale, e questo le fece tornare in mente che quella non era casa sua. Non era la sua famiglia. E lei non era la benvenuta. Stava per prendere la porta, quando Emma l’afferró per un braccio:
‘Vai già via?’
‘Veramente..’
Jingle Bell Rock, Hanry e il suo adorato juke box, la interruppero.
‘Questa mi piace tantissimo, vuoi ballare?’ domando Emma, cogliendo l’occasione al volo, complice qualche bicchiere di vino di troppo.
Non lasció a Regina il tempo di rispondere e la tiró a sè stringendole i fianchi.
Emma faceva da guida, in quella danza tutt’altro che coordinata, in uno strambo mix tra il twist e la baciata. Regina non sapeva se essere infastidita, imbarazzata, a disagio o in disappunto per la situazione in cui improvvisamente si era trovata, ma la verità era che si stava divertendo moltissimo!
Le loro gambe si intrecciavano al ritmo di quella danza inconsueta, fianco a fianco, le mani di Emma sulla schiena. Quando la musica si interruppe, si ritrovarono occhi negli occhi, i nasi si sfioravano appena. Emma scostò dolcemente una ciocca di capelli che cadeva scompigliata sulla fronte di Regina, e improvvisamente si resero conto di avere gli occhi di tutti i presenti appiccicati addosso. A quel punto Regina non riuscì più a reggere l’imbarazzo. O forse non riuscì  a tollerare più a lungo tutte le sensazioni che il contatto con la pelle morbida di Emma le avevano suscitato, così uscì di corsa dal locale.
Lo sceriffo la seguì senza esitare.
‘Regina! Aspetta!’ le gridó inutilmente.
Faceva freddo. Aveva da poco cominciato a nevicare. Emma rimase impotente a guardare Regina correre via senza voltarsi indietro. Allora tornó nel locale, indossó la sua giacca di pelle rossa e, ignorando gli sguardi e le domande curiose della sua famiglia e degli amici più cari, afferró una delle coperte che Granny metteva a disposizione dei clienti durante i mesi invernali. Uscì di corsa sulle tracce del sindaco. La trovó poco dopo, era seduta sulla stessa panchina che aveva visto lei perdersi in fantasie proibite quel pomeriggio.
Emma le sedette accanto, senza dire niente.
Appoggió la coperta sulle spalle di Regina, avvolgendola dolcemente e coprendosi a sua volta, così che entrambe fossero almeno un pochino al riparo dalla neve e dal freddo.
Regina si voltò verso di lei, in lacrime.
‘Che succede?’
Sussurró Emma asciugandole le guance.
‘Io.. non lo so!’ rispose Regina frastornata.
Emma si fermò un attimo ad osservarla. Quanto era dolce, e piccola, e fragile, quella che tutti temevano come la Regina Cattiva. Quanto era splendidamente meravigliosa, nella sua veste più sincera, senza armatura e sfere di fuoco. Senza dire una parola appoggió la fronte alla sua, con una mano le sfiorò il viso e appoggió le sue labbra su quelle della donna. A quel contatto, un’onda travolgente di brividi pervase il suo corpo, cosicché quel timido bacio si trasformò ben presto in un bacio appassionato, che sapeva di lacrime e profumo, un bacio morbido, graffiante, affamato e dolcissimo.
‘Signorina Swan!’ esclamò Regina, interrompendola bruscamente.
Emma si pietrificó  sentendosi apostrofare in quel modo, temendo di aver fatto qualcosa di grave, di sbagliato o non gradito. Vedendo quello sguardo preoccupato e spaventato, Regina scoppió in una sonora risata.
‘Dai, che sto scherzando!’ la rassicurò. E poi: ‘Vieni qui, piccolina..’ disse, stringendola a sè in un abbraccio fortissimo e infinito. Un abbraccio capace di far sparire tutto il mondo intorno. Un abbraccio che cancellava timori e imbarazzo. Un abbraccio in cui i loro cuori battevano all’unisono.

 
   
 
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