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Autore: MaikoxMilo    28/12/2018    5 recensioni
Lo so, il titolo sembra una soap opera di basso livello, ma siccome è una one shot per strappare due risate, mi sembrava idonea.
La storia è ambientata nei due inframezzi del capitolo 11 de "La guerra per il dominio del mondo", del quale è necessaria la lettura almeno fino al capitolo medesimo. Avviene tra il risveglio di Camus nell'ospedale e il ricongiungimento con le allieve avvenuto il 7 luglio. Mette inoltre in luce il ruolo di Death Mask nella sua fuga e fa luce su alcune cose già trattate nella serie principale.
Come dicevo all'inizio, spero di strapparvi un sorriso, buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio, Pisces Aphrodite
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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Camus e Death Mask – Manuale di fuga dall'ospedale

 

 

5 luglio 2011, pomeriggio

 

 

Bisognava essere dei coglioni, ma proprio degli emeriti, rivoltanti, coglioni ai quali puzzava pure la vita, ecco!

Questo il pensiero fisso di Death Mask, ritto in piedi intento a camminare vorticosamente nel largo piazzale che lo separava ancora dalla sua meta. Non sapeva cosa cappero ci facesse lì, o meglio, lo sapeva ma non riusciva ad accettarlo... era davvero arrivato fino a quel punto solo per sincerarsi delle sue condizioni?! SERIAMENTE?! LUI?!?

Sbuffò contrariato, buttando una veloce occhiata all'edificio davanti a lui: l'ospedale principale di Atene.

Si grattò la testa sempre più insofferente. No, decisamente le insicurezze non erano adatte a lui; lui era un uomo forte e deciso, d'azione, quello che voleva lo otteneva. Sempre!

Eppure eccolo, impaziente ed emozionato (anche se non l'avrebbe mai ammesso) come un bambino in attesa del giocattolo promesso dai genitori.

Arrestò di colpo il suo moto perpetuo, non prima però di aver piantato un bel calcio contro il muro della fontanella, più per scena che per altro.

“Aaaaaaah, fottiti, Aphrodite, tu e le tue idee malsane e pure di merda!”

 

 

Era il pomeriggio del 4 luglio, quando quel gran marmocchio di Kiky era giunto a dare la lieta novella alla dodicesima casa. Fortunatamente in quel momento vi si trovavano solo lui e il Cavaliere dei Pesci all'interno del tempio, non avrebbe tollerato la presenza di altri.

“Ragazzi, Camus ha aperto gli occhi e si è svegliato dal coma questa mattina!!!” aveva trillato la voce infantile dell'apprendista del caprone del primo tempio.

Death Mask non aveva visto direttamente il moccioso in faccia, poiché si stava dirigendo a prendere un sorso d'acqua nelle stanze private del parigrado, ma allo scandire della parola 'svegliato', aveva avvertito distintamente il peso sul cuore scendere un poco verso l'intestino.

"Davvero, Kiky?! E' vigile?” aveva esclamato a quel punto Aphrodite, stupito e genuinamente sollevato.

"Sì! Sì! Mi è stato detto che Marta era con lui. Chiaramente non sta ancora bene, ma si rimetterà!” aveva continuato il bambino, sempre più entusiasta.

Ohoho! Sono così felice! E' così incredibilmente bello che mi verrebbe da adornare tutte i templi con le rose, non escludo che più tardi lo farò, oppure direttamente quando Cammy uscirà dall’ospedale!” aveva quindi affermato il Cavaliere dei Pesci, mettendosi le mani sulle guance per poi acutizzare il suo tono, già tendente allo stridulo, in maniera MOLTO POCO virile.

"Tze! - si era lasciato sfuggire a quel punto Death Mask, nascosto dalla penombra del tempio - Quante scenate per una questione simile, neanche avessimo vinto al superenalotto!"

Aveva tirato automaticamente un calcio alla colonna più vicina per dare sfogo al suo sentire. Ne aveva sentito il bisogno senza sapere nitidamente perché.

"...e tu, Deathy, non sei contento?!”

Eccolo il maledetto scaricabarile, nonché primo premio di domande inopportune! Ma davvero, che cacchio aveva nella testa, quello?!

Malgrado la discreta voglia di mandarlo a quel paese su due piedi, Death Mask si era girato verso i due astanti per regalargli il suo consueto sorriso di scherno.

"Se fosse morto per così poco, non sarebbe stato degno del nome che porta, quindi tutte queste manfrine per qualcosa di normale, per favore, non fatemele subire!"

"COOOOSA?! - si era risentito subito il nanerottolo, neanche gli avesse appena insultato l'Ariete d'Oro - E' un nostro amico, dovresti..."

La mano di Aphrodite si era mossa elegantemente per calmarlo per poi rivolgere al compagno il suo sguardo azzurrino strettamente percettivo -che si fottesse anche quello, dannazione!- Death Mask non aveva potuto far altro che avvertirlo tutto su di sé.

"Ora, se non vi dispiace, vado a dissetarmi, cercate di non starnazzare troppo, mi indisponete!” aveva semplicemente tagliato corto, prima di incamminarsi verso i piani di sopra per rimuginare tra sé e sé.

Tutti e dodici i templi erano provvisti di stanze private per ogni Cavaliere d'Oro e, del resto, in tempi di crisi, fin dalle ere del mito, la casta più alta dei difensori della dea era costretta a presiedere in quel dato luogo per un tempo indefinito; ci sarebbe mancato altro che, per una seccatura simile, non avessero avuto nemmeno gli agi tipici di una vita normale!

Per la verità, Death Mask non visitava mai le altre dimore, ad eccezione di quella di Aphrodite e, a volte, Shura, quindi non è che sapesse per certo se ogni tempio potesse avere delle nette differenze con altri, né se fossero tutti fatti con lo stampino o meno, a parte ovviamente la Tredicesima Casa, comprensiva di salone per le riunioni, infermeria, mini terme e, perfino, una piccola sala adibita a Terapia Intensiva per i casi più gravi.

Da fuori, tanto per dirne una, la Casa dell'Acquario sembrava di certo la più piccola, ma era pressoché certo che ci fosse, o ci fosse stata, una biblioteca. Andava quindi da sé che tanto mignon non potesse esserlo!

Ecco, dannazione! Si era bloccato un attimo nel ripensare al custode di quel tempio. Parallelamente la morsa sul suo petto era tornata a farsi prepotentemente sentire. Dannazione, non se ne era andata?! Kiky li aveva informati che Camus si era svegliato, no? Allora che ragione aveva, lui, di sentire quel maledettissimo peso?!

SBADABAM!

Senza soffermarsi due volte, frustrato da quel pensiero così insistente, aveva assestato un poderoso pugno contro il muro, incrinandolo paurosamente. Non avevano alcun rapporto, lui e Camus, si, e allora perché...

"Così mi rovinerai le pareti, Masky, e sai perfettamente che mi sono impegnato molto per pitturarle di verde acqua!”

La voce di quella spina nel fianco di Aphrodite lo aveva raggiunto da dietro le spalle, facendolo sussultare nonostante il tono tranquillo.

"Ah, sei tu, Aphro...” aveva solo mormorato, mascherando il viso dietro una mano. Era stato colto in fallo e preso in trappola. Semplicemente irritante che capitasse proprio a lui, il glorioso Death Mask!

Il Cavaliere dei Pesci, senza aggiungere altro, si era limitato a passargli il bicchiere pieno d'acqua -ah, giusto, era salito per quello!- sempre con quell'espressione estremamente percettibile in volto.

Death Mask, a sua volta senza dire altro, aveva semplicemente preso ciò che gli veniva posto per poi tracannare giù il liquido incolore e insapore come si confaceva con i cicchetti che tanto apprezzava bere.

Non sarebbe stato affatto male abbandonarsi all’alcool, come gli capitava a volte, soprattutto dopo il loro ritorno alla vita... tuttavia si trovavano in una situazione di emergenza e vi era l'ordine tassativo di rimanere vigili e attenti. Bella vita di merda, davvero! Priva di gioie, priva di lussi, rischiando di morire ogni due per tre e pure senza la possibilità di ubriacarsi quando più gli aggradava, BLEAH!

"Dovresti andare subito in ospedale, sai?”

Quasi aveva sputato quanto appena bevuto.

COSAAAAA?!” aveva gridato l'attimo dopo, gli occhi sgranati. Stava sicuramente scherzando, sì, doveva essere così, perché non poteva parlare sul serio.

Purtroppo gli occhi del compagno erano quanto di più serio e severo avesse mai scorto in lui.

Aphrodite, non pensavo assumessi droghe, tra le tue erbe, per uscirtene con frasi del genere: io in ospedale a trovare il ghiacciolo, ma che sei matto?!”

Per chi lo aveva preso, per un'infermiera? E poi in quel luogo da inferno c'era già stato il giorno prima e ci era mancato poco che due delle nuove allieve dell'iceberg ambulante non lo mettessero alla gogna!

"Non fare il bambino, Deathy, tu stesso volevi andarci, o ricordo male? Ed io e te sappiamo perché, non c'è bisogno neanche di starlo a dire!” lo aveva immediatamente rimbrottato il fritto misto di pesce.

Aaaaah, che bello se fosse stato veramente del cibo, almeno avrebbe potuto mangiarselo e farlo sparire. E invece no. Lui stava lì. A mordergli la coscienza. Come se ce ne fosse stato veramente bisogno, poi!

"Ti devo ricordare che ci sono stato ieri?”

"Ma ieri era ancora in coma, giusto?"

"Certo ma, sempre ieri, per un soffio, due delle tre arpie che si ritrova come allieve non mi fustigavano sul posto!”

"Francesca e Marta hanno fatto più che bene a trattarti così, dopo quello che hai combinato! E comunque la più piccola ti ha regalato parole gentili, o sbaglio?”

Aveva abbassato lo sguardo, colpevole. Era vero, la mocciosa di nome Marta gli aveva regalato parole che mai si sarebbe aspettato di sentir sussurrare da qualcuno; lo aveva fatto con una dolcezza e un'empatia tali da metterlo completamente in soggezione. Ciò nonostante era stata Francesca quella che lo aveva sconvolto dal profondo dell'animo.

Al pensiero della ragazza più grande, si era distrattamente posato una mano sul colletto, dove lo aveva afferrato, e strettamente trattenuto, Francesca. Si era scoperto, ancora una volta, sinceramente meravigliato della forza e dell'impeto con cui si era approcciata nei suoi confronti. Non c'era stata la benché minima traccia di paura, in lei, sebbene, così come le altre, avrebbe dovuto essere sconvolta dagli ultimi avvenimenti. Contrariamente, al posto di quello, vi era stato, anche se per un unico secondo, un cosmo di dimensioni colossali.

No, non avrebbe potuto in nessun caso appartenere ad una semplice neo allieva, sicuramente non si trattava di una persona qualunque e la sola idea di carpirne i segreti più intimi lo stava stuzzicando alquanto.

"Marta... - aveva intanto ripreso Aphrodite, incurante del suo sconvolgimento interiore - ti ha detto che il cambiamento avvenuto in te devi manifestarlo anche verso agli altri Cavalieri d'Oro, giusto? In sostanza, ha percepito ciò che non riesci ancora ad esprimere, Masky, proprio degno di una pesciolina come me, mi piace quella ragazza!”

Death Mask non aveva risposto, si era limitato ad annuire con ben poca convinzione: che rottura quella voce della sua coscienza di cui l'amico si era incoronato portavoce.

Che Marta fosse riuscita ad azzeccare in pieno cosa si stesse celando nella parte più intima della sua anima, aveva comunque poca importanza, perché lei, così come Francesca, non aveva la più pallida idea del suo passato. Non sapeva minimamente delle sue azioni perpetrate durante il periodo di Saga di Gemini. Non lo sapeva e non lo poteva nemmeno immaginare. Gli altri Cavalieri d'Oro invece sì!

Aphrodite poteva anche sproloquiare quanto voleva sull’ipotetico intuito che contraddistingueva i nativi dei Pesci, ma a conti fatti lui era totalmente impossibilitato a fare qualcosa, a meno che tutti i suoi conoscenti non potessero essere subitaneamente colpiti da una amnesia generale e diffusa, unico rimedio utile per cancellare il suo passato.

"...Quindi incominciare da Camus mi sembra la cosa migliore, soprattutto considerando che... - Aphrodite aveva continuato tranquillamente a parlare fino a quel momento, inascoltato - È in queste condizioni anche per colpa tua!”

"E quindi cosa dovrei fare, secondo te? Andare lì, mettermi in ginocchio, e implorargli perdono perché si trova in un letto di ospedale?! Non sono io ad averlo buttato tra le grinfie del nemico, non sono io ad avergli lacerato il petto, e non sono io ad avergli detto di sacrificare il suo corpo per salvare una stupida allieva che conosce da neanche una settimana!” aveva ribattutto subitaneamente Death Mask, punto sul vivo.

Non era corretto rendere lui il solo colpevole, e che cazzo... sì, lui ci aveva messo una buona mano nello sviluppo degli avvenimenti, ma tutte le colpe a lui... anche no!

"Oh, è vero, è da una settimana che le ragazzette sono qua... che carino Camus a proteggere così un'allieva! Non l'avrei mai detto ma anche lui deve essere cambiato moltissimo, anzi, che dico, in fondo è sempre stato un po' così: per le persone care, lui da l’anima, anche se tende a non darlo a vedere! Sa essere così adorabile!”

A Death Mask era rimasto il dubbio se mandarlo per davvero a quel paese per la direttissima, o se lasciar perdere... alla fine aveva scelto di uscirsene senza aggiungere altro per fare una passeggiata in solitaria.

"So che ci andrai, Masky, oggi o al massimo domani. Lo so!” era arrivato alla conclusione Aphrodite, con una evidente nota divertita nella voce. Pensava davvero di sapere tutto quell’idiota!

Death Mask, per la seconda volta, non aveva perso tempo a rispondere, piuttosto, limitandosi ad alzare il dito medio in direzione del parigrado, aveva banalmente sbattuto la porta dietro di sé.

 

 

Ed eccolo quindi lì, davanti all'enorme edificio che era l'ospedale più grande di Atene. Cosa ci facesse realmente e perché avesse seguito i consigli di quel pesce lesso, poi, era la vera domanda, ma arrivati a quel punto c'era ben poco da fare.

Si grattò velocemente i capelli in testa e sbadigliò, non curandosi nemmeno troppo di celare la sua dentatura impeccabile e il suo palato sopraffino.

Beh, già che si trovava lì tanto valeva ballare, no?!

Entrò nell'edificio con circospezione, quasi si trovasse in un covo nemico e fosse pronto a ricevere un qualche tipo di attacco; poi senza fiatare proseguì dritto fino alla reception.

Tossicchiò appena per attirare l'attenzione.

“Ehm, salve, sto cercando un... - si fermò un attimo, rimuginando su come chiamarlo - …un amico, ecco sì, dovrebbe trovarsi in questa struttura da un paio di giorni” concluse, prendendo un profondo respiro come se fosse stato in apnea.

La signorina al banco, di non più di 30 anni, non si curò di alzare lo sguardo, tutta trafelata a digitare ritmicamente alcuni pulsanti della tastiera del computer, ma senza ombra di dubbio lo aveva udito, visto che si affrettò a sussurrare velocemente un: “ solo un attimo, per favore!”.

Tale atteggiamento irritò Death Mask, abituato com'era a ottenere tutto e anche subito. Ma cosa ancora più grave: la signorina osava far aspettare lui, proprio lui che si era abbassato ad andare in quel luogo infernale lì. Allucinante! Tuttavia, non avendo alternative, aspettò come da richiesta.

“Mi dica tutto, come si chiama il suo parente?”

Death Mask ebbe una discreta voglia di prenderla a badilate nei denti: parente quell’essere là, ma nemmeno come amico o coinquilino, altroché! Sospirò tra sé e sé, chiedendosi per l'ennesima volta chi glielo avesse fatto fare.

“Ora, non so se lei mi intende... ma sto cercando un ragazzo di nome Camus, capelli blu, mezzo seghino... non può essere passato inosservato!” spiegò, con una parvenza di calma che a stento celava il disagio sempre più crescente.

E infatti non era passato inosservato.

Subito la signorina alzò lo sguardo nella sua direzione, improvvisamente febbricitante ed emozionatissima.

“Oh, certo che so chi è... e suppongo che Lei sia un suo commilitone!” esclamò, sempre più eccitata.

'Commilitone' non era proprio la parola giusta, visto la grande diversità di carattere e di ideali che c'era tra lui e Camus, ma non volendo perdere ulteriore tempo annuì senza aggiungere altre parole.

Rimasero qualche secondo a guardarsi, la signorina ancora con quell'espressione da ebete stampata in faccia, Death Mask sempre più nervoso e spazientito. D'altronde la situazione sembrava costantemente in stallo visto che la donna davanti a lui continuava a fissarlo con profondi occhi neri e un cipiglio di adorazione., neanche fosse stata testimone di una apparizione!

Poi la situazione si sbloccò.

Vide la signorina prendere un pezzo di carta dall'agenda e scrivere qualcosa velocemente con la penna per poi passarglielo con gesto automatico.

“E' scritto tutto su questo foglietto, tuttavia mi raccomando di prestare la massima attenzione, di lavarsi e disinfettare le mani, e di non porre troppi quesiti al paziente. E' uscito stamattina dalla Terapia Intensiva, ma è ancora molto debilitato”.

 

 

***

 

 

Reparto di chirurgia di emergenza, quarto piano, scala B, padiglione 3.

 

Death Mask lesse e rilesse quel foglietto un numero imprecisato di volte nel tentare di capire con precisione il luogo dove si trovasse quel benedetto ambulatorio. Odiava quei corridoi labirintici, quel bianco, su bianco, che non aveva mai fine e, naturalmente, odiava pure chiedere agli infermieri in orario di lavoro delucidazioni su dove andare.

Era infatti arrivato al quarto piano, lo capiva soprattutto dalla puzza di disinfettante e di alcool etilico che aleggiava nell'aria. Veramente disgustoso!

Più volte sbagliò stanza, la prima si ritrovò in camera di un vecchio dormiente e l'addome completamente coperto da bende insanguinate. Non indagò oltre e fuggì da quella camera rapido come vi era entrato. Non era di certo un bello spettacolo, malgrado fosse abituato da anni a vedere la morte in faccia, nonché a darla. Scacciò rapidamente quei pensieri.

La seconda volta fu anche peggio, trovandosi davanti ad una bambina senza più un braccio che guardava, con aria assente, fuori dalla finestra. Anche in quella circostanza scappò senza indagare ulteriormente.

Strinse con forza i pugni, tentando di calmarsi almeno un po'. Diamine, lui era un uomo, era abituato ai campi di battaglia e agli spargimenti di sangue, perché, dopo la sua rinascita, era diventato una così patetica mammoletta?!

Gli venne di nuovo voglia di sputare per terra, ma si trattenne, non avendo la benché minima voglia di disquisire con gli infermieri, quindi si limitò a mettersi le mani nelle tasche dei jeans e a cercare la sua meta.

La terza fu finalmente la volta buona. Nonostante questo seguitava a rimanere fermo, non trovando nemmeno il coraggio di entrare.

“Dai, maledizione, ormai ci sono!” imprecò tra sé e sé, tentando di dare un freno alla tremarella che, puntualmente, lo aveva colpito.

Si sentiva un patetico, brutto, granchio che tentava di nascondersi sotto le rocce della spiaggia; uno di quelli che Death Mask, da piccolo, avrebbe provato un insano piacere a schiacciare sotto i suoi piedi. Quasi quindici anni dopo la situazione si era ribaltata: era lui ad essere spiaccicato da qualcosa di inconsistente e inesplicabile. Di fatto, era un debole!

Fu forse per sopperire a questa sensazione sempre più crescente che decise in un lampo di spalancare completamente la porta davanti a lui e annunciare così la sua venuta:

“Ebbene sì, ghiacciolo, il grande Death Mask è q...”

Ma le parole gli morirono in gola, mentre istintivamente fece due passi indietro.

No, quello sul letto non poteva essere Camus, non poteva in alcun modo... poiché nulla era più rimasto dell'elegante alterigia che lo contraddistingueva. Death Mask ne fu terrorizzato, ancora di più che con il vecchietto, ancora di più che con la bambina. Non sapeva da cosa dipendesse ma quella era una sensazione devastante!

Rimase attonito all'entrata della stanza, cercando disperatamente una qualche spiegazione razionale davanti a quella visione del Cavaliere dell'Acquario che giungeva a lui così distorta.

Camus giaceva pressoché immobile, la pelle talmente chiara da poter benissimo appartenere a quella di un fantasma, i lunghi ciuffi appiccicati alla fronte pallida, come un raggio lunare, il respiro regolare ma pesante.

Gli avevano fatto indossare un camice aperto sul petto, le maniche tirate su oltre i gomiti, probabilmente per poterlo visitare meglio e, all'occorrenza, cambiargli le numerose flebo disseminate un po' ovunque.

Death Mask provò disturbo a quella scena, ma per una qualche oscura ragione, i suoi occhi non riuscivano a discostare lo sguardo dal parigrado.

Oltre alle flebo agganciate su buona parte delle estremità superiori, fili lunghi e sottili collegavano il suo corpo a dei macchinari. Le braccia ne erano quasi interamente oppresse, creando un coacervo di filamenti che rassomigliavano alquanto ad una ragnatela di qualche tipo.

Il Cavaliere del Cancro si sforzò di avvicinarsi a quel letto che puzzava di malattia, sangue e disinfettante. Era abbastanza evidente che il peggio fosse passato; Camus riusciva a respirare autonomamente, sebbene con fatica, le ferite avevano smesso di sanguinare, anche se, a giudicare dal colore delle bende, spurgavano comunque un qualcosa di giallognolo. Malgrado ciò, la sensazione che ebbe Death Mask fu qualcosa di terribilmente fragile... ed era assurdo accostare la fragilità ad un Cavaliere come Camus, detentore delle energie fredde e dei ghiacci che non si sciolgono mai... veramente inconcepibile!

Bene, e ora che si trovava lì... che fare?

Death Mask si ritrovò per l'ennesima volta nel giro di un'ora a grattarsi la testa, spaesato. Camus dormiva, era veramente il caso di svegliarlo?! Svegliarlo per dire cosa, poi?! Anzi, esattamente cosa cazzo ci faceva lì?! Era forse in quel maledetto posto per aver seguito i consigli di quel pesce lesso e pure fesso?!

Il Cavaliere del Cancro si ritrovò a fissare il soffitto, trovandolo stranamente interessante. No, non poteva tornare al Santuario, altrimenti Aphrodite lo avrebbe rispedito a calci nel didietro da dove era venuto, ma non poteva nemmeno svegliare Camus e dirgli che era lì, a quale pro?!

Però... avrebbe potuto alterare la verità davanti al Cavaliere dei Pesci, dicendogli che, sì, lo era andato a trovare e avevano anche parlato, perché no! Del resto era sempre stato bravo a mentire, quindi che problemi avrebbero potuto esserci a raccontare una mezza verità?!

Tronfio di aver trovato finalmente una soluzione, Death Mask ghignò tra sé e sé e lentamente si voltò, avvicinandosi, a passi baldanzosi, vero l’uscita. Tuttavia non la ragiunse.

Tra lui e la porta, infatti, si trovava un ostacolo non calcolato: il dannato comodino con sopra i dannatissimi fiori in un stramaledettissimo vaso.

Death Mask lo centrò in pieno, e poco ci mancò che i fiori, il vaso e tutta la roba posata lì sopra non finissero irrimediabilmente a terra.

Fortunatamente i sensi da Cavaliere d'Oro servivano a qualcosa oltre che a menar le mani, e così il Cancro fu veloce a recuperare tutto prima che gli oggetti cadessero e si sparpagliassero nei dintorni.

“MA PORCA DI QUELLA PUTTANA DI UNA MADRE SGUALDRINA!!!”

Se i sensi erano da perfetto Cavaliere, un po' meno lo erano le parole, pronunciate nella sua lingua madre e incrementate dal suo dialetto di origine.

Death Mask non ebbe il tempo di rendersi nitidamente conto del casino provocato, che subito avvertì un movimento repentino dietro le sue spalle.

“C-cosa fai qui... Death Mask?!” una voce flebile, ma che serbava ancora la sua vena irritante, non c’era che dire...

“C-ciao, Camus, come stai?” interloquì Death Mask, voltandosi in direzione della voce e regalando il sorriso più bonario e di circostanza di cui fosse capace.

“Te lo chiederò ancora una volta: cosa fai qui?!” ribatté l'altro, cercando di dare più fermezza possibile alla sua voce. Era debole e provato, lo si presagiva già dal volto ancora prima che dal tono, ma non esitava a mostrare la sua solita baldanza.

Death Mask sospirò rumorosamente, posando il vaso sul comodino e desiderando con tutto il cuore di trovarsi da un'altra parte; poi scoccò una veloce occhiata a Camus. Il Cavaliere dell'Acquario si era messo seduto, le braccia che lo sorreggevano appena, ma un sostegno sufficiente per mantenere una posizione sul 'chi vive'; gli occhi blu e luminosi, malgrado le ferite e il malessere lampante, lo scrutavano con profonda forza indagatrice. Si sentì quasi soverchiato.

“Perché sono qui, mi chiedi, non lo so neanche io... - affermò, sfidando il suo sguardo - Ma suppongo sia perché l'altro giorno ho avuto un incontro del terzo tipo con due delle tue allieve!”.

La frase ebbe il solo scopo di rendere Camus ancora più sospettoso e aggressivo.

“Cosa hai fatto, Death Mask?!”

Un sonoro 'beep beep' dei macchinari fece capire al Cavaliere del Cancro che i battiti del cuore di Camus erano accelerati, e non di poco. Questa non era assolutamente una cosa positiva per un malato.

“Santi di quei numi, ghiacciolo, calmati o ti verrà un infarto! Non sei già più che soddisfatto di aver rischiato la vita qualche giorno fa?!”

Qualcosa passò negli occhi di Camus, Death Mask non seppe definire cosa fosse, ma lo vide rilassarsi, mentre i suoi muscoli, rigidi fino a quel momento si sciolsero.

“Death Mask, tu...? - il Cavaliere dell'Acquario prese un profondo respiro, poi si appoggiò allo schienale - Perdona la mia reazione, ma non mi sarei mai aspettato di vederti qui!”

Il Cavaliere del Cancro si ritrovò a sbattere più volte le palpebre, incredulo. Che Camus avesse capito le ragioni che lo avevano spinto a recarsi in quel luogo di inferno? Capire? Camus??? Impossibile...

Tuttavia sembrava davvero essere riuscito a comprendere i suoi sentimenti, sebbene questo stonasse con il suo stesso essere di ghiaccio, tanto che si era messo a fissare fuori dalla finestra alla ricerca delle parole giuste da dire in un simile frangente.

Death Mask decise di precederlo.

“Sì, qualche giorno fa ho incontrato Marta e Francesca, è successo quando tu eri ancora in coma... quest'ultima mi ha preso per il colletto della maglia senza tanti complimenti, era completamente fuori di sé dalla rabbia e, in tutta onestà, metteva i brividi. - iniziò a spiegare Death Mask, avvertendo una strana sensazione di caldo invadergli le guance - Marta invece mi ha rivolto parole dolci, cioè dolci... in verità sembrava volesse psicanalizzarmi, la mocciosa, ma è prettamente lei che mi ha spinto a recarmi qui oggi”.

“E’ stata Marta? Lei… hai parlato con lei?” indagò Camus, una strana luce nei suoi occhi; una luce che Death Mask non gli aveva mai visto.

Si ritrovò tacitamente a chiedersi perché quella ragazzina dagli occhi cangianti avesse attirato così l'interesse del gelido custode dell'undicesima casa, al punto da fargli rischiare la vita... ma passò oltre senza chiedere delucidazioni su un atteggiamento simile.

“Sì, ma non domandarmi il contenuto delle sue parole, è... è imbarazzante!” biascicò Death Mask, abbassando lo sguardo.

“Capisco.”

Capire?! Capire cosa?! Non poteva sforzarsi di parlare un po' di più giacché lui era arrivato fin lì al solo scopo di fargli visita?! Non poteva abbassarsi anche lui, come già stava facendo lo stesso grandioso Cancer?! Macché, non sia mai!

"Non te lo chiederò, allora."

Fine. Sembravano già giunti al capolinea del dialogo. Non era facile cavare fuori le parole all'Acquario, men che meno in quei momenti, ma purtroppo gli era toccato di essere lì e doveva, perlomeno, provarci.

Trascorse qualche minuto prima che Death Mask si sentì nuovamente pronto per parlare, d’altro canto, far iniziare un altro dialogo a Camus era pura utopia, quindi qualcuno doveva necessariamente ‘rompere il ghiaccio’, se non si voleva finire come due belle statuine mute.

“Ti hanno detto niente i medici? Ricordi qualcosa della battaglia?”

Finalmente lo sguardo di Camus si posò sul parigrado, nel farlo, si sistemò alla ben meglio sul cuscino per appoggiarsi più comodamente sulla testata del letto. Gli costava fatica rimanere in quella posizione, la pelle in prossimità delle ferite tirava fastidiosamente e il male era atroce. Parallelamente, però, era l’unica postura che, secondo la sua indole, gli permettesse di conservare un minimo di ritegno.

“I medici sono omertosi, ma fa parte del loro lavoro. Per quanto riguarda la tua seconda domanda, invece, rammento di aver protetto Marta con il mio corpo, il dolore di quegli artigli è ancora ben vivido dentro me. Poi, di quel che è successo dopo, poco, a sprazzi. Avevo freddo, tanto, respirare mi costava dolore, finché ho percepito la presenza di Marta e Milo al mio fianco...” spiegò cautamente Camus, posandosi una mano sul petto.

“Minchia, Camus, per poco non ci rimettevi le penne e ne parli quasi come se fossi andato a comprare una giacca di jeans... sai in che condizioni sei giunto all'ospedale?!” borbottò Death Mask, con fare plateale. Sebbene il compagno gli celasse gran parte dei dettagli, era lampante che stesse normalizzando il tutto.

“No, non lo so. Sai com'è, ero incosciente con il petto squarciato, era un po' difficile percepire qualcosa in quei momenti! Ciò nonostante suppongo, dagli innumerevoli fili che mi legano a questi macchinari, che non fossi messo tanto bene!” ironizzò l'Acquario, in un tono che ricordava paurosamente l'amico Milo.

“Fosse solo quello! Hai perso ettolitri di sangue, necessitavi urgentemente di una trasfusione, ma il tuo corpo non l'ha retta e sei andato in arresto cardiaco. Ti hanno ripigliato per il rotto della cuffia e se non ci fosse stata Marta, che miracolosamente ha il gruppo sanguigno perfettamente compatibile al tuo, forse tu non...”

“Aspetta, cosa ha fatto Marta?!”

Death Mask si accigliò. Guardò il parigrado che, per la prima volta da quando lui se lo ricordasse, per inciso come un bambino imbronciato ed evanescente, mostrava del vero e proprio interesse verso una persona all'infuori di Milo o del suo allievo prediletto. Strano ma vero...

“Non ti hanno detto nemmeno questo i medici? Suppongo che, per il loro codice, il nome del donatore, chiunque egli sia, debba rimanere anonimato. Comunque mi è stato riferito che Marta, durante l'operazione d'emergenza, ti ha donato il suo sangue. Devi ringraziare anche quella peste, se sei ancora vivo!"

Un singulto sfuggì dalle labbra di Camus, mentre, per la seconda volta, il 'beep beep' della macchina accelerava di colpo. Il suo sguardo, persino più traslucido di prima, saettò immediatamente verso la finestra nel tentativo di celare le proprie emozioni. Al Cavaliere del Cancro non sfuggì quella mossa evasiva. Sempre più strano...

“Si può sapere perché tutto questo interesse per Marta? Non è che ti sei innamorato e stai sperimentando la tua prima cotta adolescenziale in ritardo?!” chiese Death Mask, ghignando, pizzicandolo sottilmente perché era troppo bello farlo.

“Lei è... mia sorella!”

“CHE COSA?!”

Death Mask non riuscì a trattenere una esclamazione di stupore, quasi cadde all'indietro. Quindi quella ragazzina impacciata e timida, dagli occhi blu cangianti a seconda della luce, era niente popò di meno che la sorella dell'algido ghiacciolo privo di emozioni?!

“E’ così. L'ho scoperto qualche giorno fa perché mi ha nominato sua madre e le sue origini, le stesse che coincidono con le mie.”

“Cioè quindi ti hanno affibbiato un'allieva che sarebbe tua sorella?! Ciao che conflitto di interessi! Ecco perché ti sei fatto mezzo ammazzare!!!”

“Non lo potevamo sapere. - biascicò ancora Camus, stringendo le leggere lenzuola con le lunghe ed eleganti dita. La sua pupilla traballo appena, come una fiamma di una candela mossa dal vento – Anche io... anche io mi ero già rassegnato all'idea di non rivederla mai più, e invece... 17 anni... sono passati 17 anni!”

Death Mask era sempre più stranito da quelle rivelazioni, si chiese come fosse possibile non averla riconosciuta prima, e ancora di più come nessuno, nemmeno lo stesso Camus, avesse potuto accorgersene. Poi si tranquillizzò, del resto quante possibilità c'erano di recuperare proprio la sorella minore di Camus tra la moltitudine di persone che avrebbero potuto essere iniziate ai segreti del cosmo?! Bello scherzo del destino, comunque!

Camus, come tutti, era stato separato dalla famiglia in tenera età, era possibile che si ricordasse qualcosa del suo passato, ma si trattava comunque di ricordi lontani nel tempo e nello spazio, senza contare che, grossomodo, a giudicare dall'età, doveva aver lasciato la casa d'origine quando Marta era ancora in fasce... non avrebbe dunque potuto in alcun modo riconoscerla!

“Hai detto che... che ho avuto un rigetto e lei ha donato il suo sangue per me?” chiese di nuovo Camus, cercando ulteriori conferme. Sembrava emozionato. O forse agitato, a giudicare dal suo tremore. O ancora... bo. Non è che Cancer ne capisse poi così tanto di sentimenti.

"Sì, un rigetto, un... aspetta, come l'ha chiamata quel gran caprone di Mu?"

"Shock anafilattico, forse, anf?"

“Eccolo il sapientone che tutti conosciamo! Certo che sì, il termine è quello. In primis, hanno fatto le analisi, ti hanno dato sangue A positivo come il tuo ma, come ti dicevo, è stato un macello. A momenti ci tiravi le cuoia e tanti saluti, quindi è intervenuta Marta, si è offerta di sua sponte. Il vostro gruppo sanguigno, del resto, coincideva pienamente, e ora so perché."

"L-lei... - Camus si stava vistosamente agitando, era sbiancato ancora di più mentre, disperatamente, tentava di mantenersi dritto - L-lei non poteva sapere che i-il suo gruppo..."

"Lei no, ma probabilmente Milo sì."

"Milo... - rimuginò su Camus, guardando un punto non ben definito del muro. Il tremore aumentò - Ora capisco."

"Immagino che lo scorpionide fosse già a conoscenza della vostra parentela, nevvero?” ribatté Death Mask, sforzandosi di comprendere cosa frullasse nella testa del Cavaliere dell'Acquario, perché reagiva in maniera strana, inusuale, non da lui, insomma, o meglio, non da lui nei confronti di Cancer, ecco.

Era contento? Commosso? Oppure preoccupato, a giudicare dal fremere delle sue sopracciglia? Perché doveva essere così ottusamente complicato?!

“Non doveva lasciarla fare!"

"Ah, no? - berciò quasi Death Mask, trattenendo a stento l'esasperazione perché, anche se l'altro era malridotto e, in fondo in fondo, provava pena per lui, non scorreva comunque buon sangue tra loro - Dovevano lasciarti morire?!"

"Milo non doveva consentire a Marta di farlo! - si spiegò Camus, alzando un poco il tono, sebbene fosse ancora molto debole - E' esile di costituzione, sono certo che non avesse i requisiti per la trasfusione, eppure mi ha donato perfino più sangue di quanto sarebbe permesso dare!"

"Questa mi giunge nuova, non..."

"Me lo ha riferito Milo stesso, stamattina, mentre, tra i denti, implorava il mio perdono per aver rischiato la vita di mia... mia sorella. - Camus prese una breve pausa, fremette - Io non capivo, ma adesso... adesso mi è tutto chiaro!"

"..."

"Hanno rischiato troppo. - ragionò ancora lui, ormai perso nelle sue congetture, gettando un occhio nervosamente fuori dalla finestra - Hai rischiato troppo per me... Marta!"

Death Mask sapeva che dietro quel semplice richiamo si celasse molto di più che un semplice nominativo: in quelle poche parole si nascondeva tutto l'universo oscuro e misterioso di Camus dell'Acquario. Ma a lui, per ovvie ragioni, non interessava più di tanto.

Si ritrovò a domandarsi se avesse sufficientemente espiato la colpa, se da quel momento in poi avrebbe potuto andarsene e 'amici come prima'. Tuttavia dentro di lui era perfettamente consapevole di non aver ancora pronunciato le due paroline famose che, pur risultando palesemente inutili, in quanto il danno era stato bello che fatto, aveva comunque il bisogno sviscerale di pronunciare.

Era ancora intento a domandarsi come agire, che un improvviso movimento attirò il suo interesse: Camus aveva puntellato le braccia sui due bordi del letto e, con gesto lento ma deciso, aveva buttato già una gamba fuori dalle lenzuola.

“Scusami, Signor Ghiacciolo, posso sapere cosa stai facendo?” chiese ironicamente Cancer, inarcando un sopracciglio.

“Devo... devo uscire di qui, mi sono riposato anche fin troppo!”

Death Mask non riusciva a credere alle proprie orecchie. Lui, sempre così ligio e perfettino che, ancora con le ferite fresche, sragionando, dava voce al suo impulso di uscire dall'ospedale per andare... andare dove, di grazia?!

“E dove vorresti...?”

“Voglio... voglio allenare le mie allieve prima del prossimo scontro e devo ringraziare Marta per quello che ha fatto per me. Lei... lei ancora non sa che sono s-suo fratello maggiore, malgrado questo non ha esitato a...”

“Camus, cosa CAZZO stai dicendo?!” esclamò Death Mask, posizionandosi proprio davanti all'Acquario per impedirgli di compiere i suoi intenti.

"Devo andare da mia sorella, spostati, Death Mask!"

"Per fare cosa? Come ci arrivi, strisciando?! Non ti reggi manco seduto, a momenti!"

“Death Mask, togliti!”

"No!"

"Togliti, ho detto, non sarò così indulgente una terza v..."

"E anche se non fossi indulgente, cosa potresti farmi nelle tue attuali condizioni?!"

"!"

“Un fico secco, puoi farmi, ecco la verità!”

"Ti s-sbagli. P-posso..."

"HO DETTO CHE NON SE NE PARLA NEANCHE DI FARTI USCIRE OGGI!"

Si ritrovò più concitato del previsto, come se volesse impedire a tutti i costi ad un amico di compiere una enorme e colossale cazzata.

Camus inaspettatamente non ribatté nulla, troppo occupato a recuperare fiato a seguito dei movimenti appena compiuti. Si dovette trattenere il petto, strinse dolorosamente le palpebre, ansimando, prima di sforzarsi di alzare il capo per sfidare il compagno almeno con lo sguardo. Era visibilmente stremato, ma il suo sguardo era determinato come non mai

“Come volevasi dimostrare, non ne sei in grado!” affermò il Cancro, imprimendo fermezza nella sua voce. Davvero stava facendo la mamma chioccia con un suo parigrado?! Chi era lui per permettersi di dare consigli?!

“Può essere, anf, anf... ma non posso comunque rimanere qua mentre là fuori sta per imperversare una guerra!”

"Anche fosse, non hai alternative. Starai qui a rimetterti, non ci serve un peso inutile che non sa reggersi nemmeno in piedi con le sue sole forze!"

"Non puoi capire come mi sento! Non hai una sorella, non sai cosa significhi... anf, anf... - Camus dovette tranquillizzare il respiro, prima di continuare - Non sai cosa significhi aver creduto di averla persa per sempre, essersene fatto una ragione, per poi trovarsela di nuovo davanti, a rischiare la vita insieme te, perché è finita nello stesso tuo pantano, quando mai... MAI, ugh, avresti voluto che si insozzasse con questa... con questa merda con la quale ti sei rassegnato a convivere da anni!"

Doveva essere arrabbiato per intercalare in quella maniera assolutamente non da lui, o forse, più atrocemente, sentirsi completamente impotente. La questione, però, non cambiava minimamente.

"E a me, di questo, me ne dovrebbe fregare qualcosa?!" berciò, prima di ritrarsi istintivamente nel vedere il fascio di luce che aveva solcato, furente, le iridi blu di Camus.

Gli andava bene che era debilitato, altroché, perché quella sola occhiata, senza neanche l'ausilio dei poteri, era bastata per ghiacciarlo sul posto.

"So bene che non ti frega nulla né di me né di lei, non sto chiedendo né il tuo parere, né tantomeno un tuo aiuto. Ti devi solo levare da qui e lasciarmi passare!"

"Per stramazzare poi dall'entrata della stanza, sempre se ci arrivi, si intende, e dover poi chiamare pure l'aiuto?"

"N-non stramaz-zerò, anf, n-non..."

Ma non riusciva nemmeno ad alzarsi, non aveva forza nelle braccia per compiere alcuno sforzo e, più tentava di liberarsi, più le flebo attaccate alle braccia sembravano penentrargli nella carne. Era umiliante...

“Stringiamo un accordo, se ti va... - interloquì Death Mask, raddrizzando la schiena e sovrastandolo - Tu rimani qui ancora oggi e domani, io ti aiuto a fuggire dopodomani!”

“Perché dovrei aspettare ancora? I nemici non aspetteranno che io mi rimetta completamente!”

“Perché al momento sei legato a questi macchinari peggio di un salame. Se tagliamo la corda ora, scatteranno qui orde di medici che ti costringeranno a letto più di quanto non stia facendo io ora. Invece se aspettiamo ancora un po', è fattibile che ti tolgano tutti questi tubicini, quindi possiamo architettare un piano migliore di quello che hai partorito tu ora!” spiegò pratico il Cavaliere del Cancro, abbozzando un occhiolino.

“Mi aiuteresti... a che pro, anf? ”

“Perché te lo devo.” sussurrò ancora Death Mask, discostando lo sguardo.

"Me lo devi?"

"Sì, i debiti si ripagano."

Camus lo scrutò a fondo con occhi profondi e indagatori, sembrava nuovamente capire quel qualcosa di silenzioso che Cancer non riusciva a far trapelare, e tutto questo rendeva ancora di più la situazione irritante. Terribilmente irritante.

"Non mi guardare così, e che diavolo! Marta mi ha dato la stessa occhiata, l'altro giorno, non ne ho bisogno, grazie!"

“Va bene, allora. Hai ragione a dire che non sono in grado di muovermi al momento, tuttavia... - prese un profondo respiro, ammetterlo non era affatto facile - dopodomani ho davvero bisogno della tua complicità, Death Mask!” pronunciò le ultime parole in poco più di un sussurro appena accennato.

Camus dell'Acquario era sempre stato, fin da bambino, fin troppo orgoglioso. Persino in tenera età non aveva mai accettato il benché minimo aiuto esterno, nemmeno sotto tortura. Crescendo, questo suo lato non aveva potuto far altro che inasprirsi ulteriormente.

Death Mask inevitabilmente sbuffò, ritrovandosi a pensare che, se in quella particolare circostanza, veniva a chiedere aiuto proprio a lui, di certo la faccenda era parecchio seria.

“Puoi contare su di me, Camus, sono esperto nelle fughe, domani mi studierò un piano per farti uscire di qui!” asserì il Cavaliere d'Oro, poco prima di avviarsi verso la porta.

“Death Mask..." lo richiamò il compagno, in tono strano.

Cancer si voltò nella sua direzione. Era tornato a distendersi, il petto nuovamente frenetico, gli occhi chiusi, mentre impastava con la bocca e tentava di trovare una posizione comoda sul cuscino.

"Gra-grazie!”

"Puah, ora non mi fare il melodrammatico, però! - lo riprese, mettendosi le mani in tasca per poi uscire tremendamente imbarazzato - Pensa solo a recuperare le energie il prima possibile!" gli disse ancora, a mo' di saluto, prima di allontanarsi e riscoprirsi inaspettatamente un poco più sollevato nello spirito.

 

 

***

 

 

7 Luglio 2011, tarda mattinata.

 

 

Ci aveva effettivamente pensato tutto il giorno precedente, ma non ne era venuto a capo. Del resto come far fuggire un paziente dall'ospedale senza darlo a vedere alla miriade di medici e infermiere che quotidianamente ci lavoravano?!

Death Mask sbuffò rumorosamente, mentre a passi più sicuri si dirigeva verso il consueto luogo infernale. Quel giorno lì era più caldo del solito; più caldo addirittura della sua Sicilia. In genere non gli dispiaceva il caldo, anzi, l'estate era sempre stata la sua stagione preferita, ma da quando era giunto ad Atene si era ritrovato a rivalutare il concetto stesso di 'caldo'. Lì l'afa non allentava minimamente la morsa, per tutti gli stramaledetti dei! Quando viveva a Catania, se non altro, poteva benissimo farsi dei gran bei bagni nel suo bellissimo mare, non aveva pensieri, né tanto meno doveri; diventato Cavaliere invece, era tutto molto più complesso e, se si poteva dire, frustrante. Ancora una volta si chiese chi cappero glielo avesse fatto fare, poi rimembrò che non aveva avuto scelta alcuna, semplicemente era stato preso e stipato lì, ad allenarsi per assurgere al rango più alto delle schiere di Atena, e tanti saluti!

Si sistemò meglio lo zaino che portava appresso e che, puntualmente, lo faceva sudare come un operaio. Non aveva ancora partorito un piano adeguato ma, per fortuna, gli era venuto in mente che Camus non possedeva abiti in quel luogo, visto che i precedenti erano inservibili, ragion per cui ne aveva presi di suoi vecchi.

Entrò nella grossa struttura e sospirò di sollievo, assaporando il refrigerio del marmo che si respirava lì, perfetto ossimoro della padella bollente che era l'asfalto fuori.

“Oh, abbiamo di nuovo il commilitone!!!” lo salutò con impeto la signora della volta scorsa, riconoscendolo. A Death Mask venne immediatamente in testa una brillante idea.

La ponderò per qualche nanosecondo, prima di considerarla sufficientemente adeguata e praticabile. Ghignò tra sé e sé.

“Oh, buongiorno, signorINA, come è attraente oggi! - iniziò con fare bonario, avvicinandosi a lei - Eh sì, come vede sono tornato a far visita al mio sfortunato migliore amico... sa, sento tanto la sua mancanza!”

“Oh, ci mancherebbe, mi chiami pure con il mio nome: Athanasia!!!” cinguettò lei, mentre gli occhi le cominciarono a brillare di luce propria.

Death Mask sorrise beffardo, notando che il suo antico fascino non era che sopito. Le donne… era così facile carpirle, bastava usare due o tre paroline adeguate, apparire come un figo e… bum, queste cadevano come tante mele dagli alberi.

Bene, occorreva soltanto giocare adeguatamente le proprie carte davanti a quell'essere tutta occhioni dolci per lui.

“Vede, oggi avevo pensato che il mio amico potesse avere piacere ad uscire a prendere una boccata d'aria ma non voglio farlo muovere troppo, poveretto, non con quelle orribili ferite sa per caso se è possibile avere... mmm, non so, una sedia a rotelle?!” cominciò a sondare il territorio, posizionando una mano davanti alla signora, sul banco in modo da mettere in risalto i muscoli temprati dai duri allenamenti.

“Oh, questo non saprei proprio, dovrei chiedere se è in condizioni di uscire. Come sa, le sue ferite non erano da poco, mi sembra di ricordare che dovesse stare ancora in stanza per un periodo di almeno 7 giorni”.

Un periodo di almeno 7 giorni?! Ci sarebbe mancato altro! Come glielo spiegava a Camus, che già voleva andarsene due giorni prima?! Marcava davvero male...

“Signorina, Lei non può proprio...? - disse con voce suadente, lasciando volutamente la frase in sospeso - Insomma, lo ha visto come era ridotto il mio caro amico, no?! Non pensa che meriterebbe, quantomeno, una boccata d'aria? Su, non mi sembra una richiesta così inconciliabile, ci sarò io a prendermi cura di lui...”

La signora ridacchiò tra sé e sé, probabilmente colpita dall'audacia del fascino irrefrenabile delle chele del granchio. Death Mask era fiero di sé stesso, quella femmina stava facendo il suo gioco, bastava lavorarsela ancora un po’ e avrebbe ottenuto tutto da lei.

“Beh, sì, effettivamente quel poveretto è immobilizzato a letto da quando è arrivato, anche questo non è il massimo...” mormorò la donna a bassa voce, sistemandosi meglio i capelli ricci.

“Allora? Può farmi questo favore?”

“Sì, certo che sì, vado a chiedere immediatamente... - si alzò in piedi la signora; un urlò di gioia si alzo prepotentemente da qualche parte nel corpo di Death Mask, aveva vinto tutto e su tutti i fronti - Tuttavia anche io ho un favore molto importante da chiederle, lei mi intenderla senz’altro, no?” proseguì lei, guardandolo con espressione maliziosa.

“E quale sarebbe? Comunque sì, sono pronto a...”

Ma non ebbe il tempo di finire la frase che la signora, finito di scrivere qualcosa su un foglietto, glielo infilò nella tasca dei jeans senza perdersi in troppi convenevoli.

“Glielo dia al paziente di nome Camus, per favore!”

E detto ciò si allontanò verso il corridoio, l’aria beata di chi aveva trionfato.

 

 

***

 

 

Pochi minuti dopo Cancer Death Mask aveva la tanto agognata sedia a rotelle, che spingeva nel mezzo degli ambulatori con fare seccato, e... un foglietto contenente un numero di cellulare!

Imprecò tra sé e sé, sentendosi sconfitto, un miserabile secondo, per non dire terzo o quarto. Quella maledetta femmina di legno non era rimasta assuefatta dal suo fascino, bensì da quello di quel coglione di Camus... Inconcepibile, davvero inconcepibile!

Che cosa diavolo ci avesse trovato in quel capellone dell'Acquario lo sapeva solo lei. Dove erano le vere donne che apprezzavano l'uomo virile dai capelli corti e i muscoli temprati dalle fatiche?!? Tutto il mondo stava andando a puttane, ne era sempre più certo.

Quando entrò in camera di Camus era ancora furente, tanto da non accorgersi dell'occhiata sorpresa che gli rivolse il Sacro Custode della Giara del Tesoro.

“Sei davvero venuto.” constatò lui, genuinamente sorpreso. Il suo tono di voce era appena più alto della volta precedente, ma non ancora sufficiente a mascherare il malessere che sembrava ormai irrimediabilmente parte di lui.

“Era una promessa da Cavaliere. Per quanto ti possa sorprendere, mantengo ciò che dico!” sbuffò il Cavaliere del Cancro, posizionando la sedia a rotelle contro il muro vicino al letto..

“Quella... dove l'hai presa?” indagò Camus, inarcando un sopracciglio.

“Storia lunga.”

"Che l'hai portata a fare?!"

"Scusami, ghiacciolo, come pensavi di uscire da qui?!"

"Con le mie gambe. Non sono paralitico!"

"Certo, e magari mi dirai anche che stai bene!"

"Sì, io..." provò a convincerlo con una dimostrazione, cercò di mettersi dritto per mostrare che stava in piedi, ma a metà gesto, neanche finito ma solo abbozzato, fu colpito da un vistoso capogiro che lo fece ricadere a letto. Chiuse di scatto gli occhi.

A Death Mask venne da ghignare, ma si trattenne. In fondo faceva pietà ed era ovvio, meno che a lui, che non stesse ancora bene.

"Eccolo là il nostro campione! - lo prese comunque animatamente in giro, non resistendo all'incipit della provocazione - Vedi perché l'ho portata? Per velocizzare la fuga."

"..."

"No, non fare la faccia da cucciolo bastonato, con me non attacca. - scrollò il capo, sbuffando, prima di addolcirsi un minimo - Sarà meno stressante per entrambi portarti fuori con questa."

"I-io non... voglio!"

"E perchè, cosa ti ha fatto questa povera sedia a rotelle che io ho dovuto contrattare?!"

"E'... umiliante."

"Meglio allora zavorrarti in giro per l'ospedale tenendoti da sotto l'ascella o portarti in braccio?!"

"Per gli dei, no, NO!"

"E allora valuta tu il male minore."

Tacquero entrambi. Camus lo continuava a scrutare a fondo, guardandolo dritto negli occhi, Death Mask colse l'occasione per osservare meglio le condizioni del parigrado.

La pelle continuava ad essere di un bianco pallido, quasi surreale, quasi che si potesse attraversare da parte a parte. Ne ebbe impressione. Tuttavia, eccetto questo, le condizioni di Camus parevano in netto miglioramento: le bende non spurgavano più e alcune macchine, l'elettrocardiogramma fra tutte, erano state staccate dal suo corpo. Ne rimaneva solo una flebo tenacemente attaccata al braccio sinistro ancora pieno di lividi. Rispetto al chiarore innaturale della sua pelle, essi spiccavano assai, dando l’idea di dolere ancora alquanto.

Nettamente migliore il destro, nonostante fosse segnato in più punti anche quello, ma almeno libero di essere utilizzato senza particolari impedimenti.

"La sedia a rotelle. - si raschiò la voce Camus, guardando altrove - Preferisco quella ad altro." giunse infine alla dolorosa conclusione, a disagio.

“Saggia decisione. - acconsentì Death Mask, che comunque di voglia di portarselo sulla schiena ne aveva comunque meno di zero - Piuttosto, ti vedo comunque meglio." disse poi, con una punta di sollievo che si affrettò a celare.

“Sì. Per fortuna ieri sera, dopo l'ennesima visita, mi hanno alleggerito, se così si può dire. Purtroppo però alcune cose non è stato ancora possibile toglierle.” sospirò Camus, cercando di mettersi comodo, sempre più insofferente a quelle costrizioni che lo bloccavano lì.

Death Mask non volle indagare ulteriormente su cosa intendesse per 'alcune cose', decise quindi di togliersi fin da subito la patata bollente per sbolognarla al compagno.

“Ah, come ti accennavo prima, per averla... - e indicò proprio la sedia a rotelle - ho dovuto fare uno scambio di favori. Quindi poche storie, devo consegnarti questo foglietto!”

Lo recuperò dalla tasca dei jeans e glielo sbatté sul comodino con ben poca grazia. Camus lo prese tra le mani con fare circospetto, se lo girò e, quando scoprì di cosa effettivamente si trattasse, sgranò gli occhi.

“Ma questo è un numero di cellulare!” esclamò, inarcando un sopracciglio.

“Esatto, hai fatto centro, amico, complimenti!”

"Ho fatto... che?"

"Centro."

Continuava a non capire l'ovvio e a guardarlo come un bambino. Il Cavaliere di Cancer si chiese se non avesse un ritardo su quell'argomento, non che su molti altri campi fosse tanto avanti, si intendeva, perché Camus sapeva essere tanto acuto sulle questioni cerebrali e scientifiche quanto tardo su quelle emozionali e fantasiose. Decise di semplificargli lo sforzo.

"Hai fatto colpo su una giovane donna che lavora qui come infermiera." gli tradusse, pratico.

“E quando, se sono stato sempre qui su questo letto?! Quando, se ero più morto che vivo fino all'altro giorno?!” ribatté l'Acquario, visibilmente infastidito.

Era proprio vero che chi aveva pane non aveva denti, e viceversa. Aaaaaah, sogno infausto!

“Camus, io che ne so delle tare mentali della gente?! Probabilmente sarai piaciuto!”

“Io non comprendo come sia possibile!” affermò ancora, sempre più scettico e disgustato.

“Camus, Camus, Camus... come si vede che tu con le donne non hai mai avuto nulla da spartire!” ridacchiò Cancer, sempre più divertito dall'espressione del compagno d'armi.

Camus rimase in attesa di spiegazioni, per cui Death Mask, sospirando, si trovò nella situazione di doverglielo spiegare, un po’ come si faceva davvero con i bimbi piccoli e ingenui.

“Camus, devi sapere che l'altro sesso ha gusti un po' particolari, a volte. La tizia con cui ho stretto accordi, come ti dicevo, è una infermiera di questo ospedale, e tu sai come sono le infermiere...”

“No, non lo so.”

“Massì, massì che lo sai, stammi a sentire... - tossicchiò per darsi importanza, prima di guardarlo dall'alto in basso - Cerca di ricordare, tra le infermiere che ti hanno accudito in questi giorni, avrai, no, notato, una di loro che, ehm, ti guardava in modo un po'... un po' ammiccante, diciamo?"

"No."

"Pensaci meglio, da maschio non puoi non essertene accorto."

"Sai, Death Mask... penso avessi altro a cui pensare, tipo riuscire a respirare da solo, per esempio!" rispose sarcasticamente l'Acquario, a metà strada tra il seccato e il saccente.

"Va bene, allora te lo racconterò io. Devi sapere che tutte le femmine, chi più chi meno, hanno la sindrome da infermiera e desiderano prodigarsi per l’uomo quando lui sta tanto male. - iniziò, atteggiandosi da compagno di bevute più vecchio - Beh, caro Cammy..."

"Non chiamarmi con quell'orrendo vezzeggiativo!" lo fermò subito, quasi ringhiando.

"In ogni caso, questa ti avrà visto combattere coraggiosamente per la vita, ferito gravemente da chissà quale nemici, intubato per farti respirare e, infine, uscire vincitore dalla battaglia contro la morte. Le avrai fatto venire della sana voglia di… MMMMM, mi comprendi, adesso?!”

Camus sussultò visibilmente, colpito in pieno dall'ultima frase. Una sua reazione così enfatizzata era nei piani di Cancer, tutto desideroso di punzecchiarlo, ma mai si sarebbe aspettato un'espressione così distorta dell'Acquario, ora quasi terrorizzato davanti ad una spiegazione simile.

Costui non sa davvero nulla di sentimenti, come intenderà comportarsi con sua sorella, appena ritrovata, se appena si parla di emozioni imporpora in questa maniera?!” Si ritrovò a chiedersi Death Mask fra sé e sé, immaginandosi in veste di ‘Dottor Stranamore’.

“Questa roba è veramente malata, io con questa pazza non ci voglio avere nulla a che fare!” esclamò Camus, stropicciando di riflesso il biglietto per poi lanciarlo nel cestino dell'immondizia.

“COOOOOSAAAAA?! Ti lasci scappare un'occasione simile?! Io scherzavo, Cam, non so perché questa si sia interessata a te, ma è una cosa bella, sai?! Potresti spassartela, per una singola volta nella tua solitaria vita, siete grandi e vaccinati, nessuno ti dice che ti devi impegnare con lei, ma un po' di sano sesso, quello...”

“In ogni caso, non mi interessano minimamente queste cose e non è normale che questa si sia... dei, non ci voglio neanche pensare!”

“Per Atena, quanto sei gay, Camus! - lo pizzicò ancora Cancer, massaggiandosi la testa esasperato - Allora ammetti di essere in relazione con Milo, perché nessun uomo sano di zucca si lascerebbe sfuggire una simile..."

“DEATH MASK! U-ugh... - Camus tentò di alzare il tono di voce, ma i polmoni, in seguito allo sforzo fisico, vibrarono repentinamente. Rifiatò un attimo prima di proseguire - sei venuto per aiutarmi o per farmi perdere altro tempo prezioso?!”

“Sono venuto per aiutarti, Cumpà, e ora te lo dimostrerò!” affermò Death Mask, posando lo zaino a bordo del letto.

Iniziò ad armeggiare all'interno della sacca, sempre con gli occhi vigili dell'Acquario intenti a scrutarlo senza perdere il minimo movimento. Aveva la sensazione che non si fidasse totalmente di lui (e come dargli torto, del resto?!), ma non si sarebbe nemmeno mai aspettato una richiesta di aiuto da parte sua. Quella sì che lo aveva stupito fino al midollo.

Dopo diversi secondi riuscì a riportare alla luce quanto stava cercando, e lo fece in maniera trionfale.

“Tadaaaaan, ecco qui il grandissimo piano del grande Death Mask, tutto per te!”

“Sono... abiti?” domandò Camus, sempre più scettico.

“Beh, sì... ho pensato che non avevi vestiti con te, e quindi ne ho presi di miei vecchi!” spiegò il Cavaliere del Cancro, grattandosi la testa.

“Oh...”

Camus era in evidente stato di disagio, visto il lieve colorito rosa che gli aveva imporporato le guance. Per Death Mask fu quasi un sollievo vedere uno spettacolo simile, significava che la pelle del compagno aveva ancora la facoltà di ricreare un qualche colore, che non fosse quell'assurdo bianco cadaverico che sembrava ormai essere diventato parte della sua struttura.

Cancer ridacchiò tra sé e sé nel rammentare come la carnagione del parigrado non era mai stata comunque troppo scura, al contrario della sua. Le volte in cui, da bambino, durante gli allenamenti estivi, si era scottato come un'aragosta erano stati molteplici, e poi sempre a doverlo riempire di crema reidratante dopo, con tanto che lui aveva sempre odiato farsi toccare.

Un piccolo demonio travestito da angelo, quello era sempre stato!

“Quindi io... dovrei mettermi quei cosi?” chiese ulteriore conferma Camus, come ridestatosi da poco prima.

Ecco, per l'appunto!

“Ou, porta rispetto, si tratta di una mia maglia nera e dei miei bellissimi, nonché preziosissimi, jeans, un po' di rispetto! La biancheria invece l’ho comprata mentre venivo qui, tranquillo, non ci tengo a condividerla con te!”

“Quegli affari che tu chiami jeans sono assolutamente démodé e orrendi... senza contare che sono strappati in più punti... veramente terribili!” li giudicò Camus, alzando la testa in segno di supponenza e ostentando quel solito accento francese da perfettino.

A Death Mask partì un embolo.

“COSA?!

“Io li dovrei indossare? Non potevi chiedere consiglio a qualche altro Cavaliere d'Oro che magari, e dico magari, mi conosce di più?”

A Death Mask partì un secondo embolo.

“E a chi avrei dovuto chiederlo, a Babbo Natale?!”

“Se avessi chiesto a Milo lui di certo ti avrebbe consigliato cosa portarmi!"

"Il tuo amico sta allenando le due dolci allieve più Sonia, non era disponibile, spiacente!"

"D'accordo. Però persino Aiolia e Aphrodite sanno che io non indosso mai jeans strappati!”

A Death Mask partì un terzo embolo. Era decisamente troppo.

“Senti un po', francesino, voglio essere limpido con te... PRIMO: nessuno sa che oggi sono qua, lo sapeva giusto Aphrodite due giorni fa ma nemmeno lui è a conoscenza del mio piano di volerti aiutare ad uscire di qui; poi SECONDO: se fai così tante storie per degli abiti allora esci direttamente nudo, tanto non penso tu sia freddoloso, abituato come sei alle temperature siberiane, ma stai attento ai colpi di calore che già ti vedo svenuto per terra!” esclamò Death Mask, non reggendo più cotanta supponenza.

Seguirono attimi di assoluto silenzio, il tempo di uno scambio di sguardi in segno di sfida, poi l'Acquario, miracolosamente, cedette.

“Scusami, effettivamente le mie pretese sono completamente fuori luogo, è già tanto che tu sia venuto qui...” sancì, sconfitto, Camus, tornando a guardare fuori dalla finestra.

Fu in quell'istante che Death Mask, forse per la prima volta, riuscì a comprendere i comportamenti del compagno. Abituato com'era a cavarsela sempre da solo, memore delle difficoltà che si erano sempre create tra loro due, complice i caratteri bilaterali che facilmente cozzavano tra loro e trovandosi in una situazione molto difficile, si era reso conto di non avere altri su cui contare che lui, una persona talmente distante dal suo essere da sembrare come il bianco e nero.

Death Mask vide tutto questo negli occhi sfuggenti del compagno e, sempre per la prima volta, ne ebbe un moto di tenerezza. Decise di chinare il capo a sua volta.

“No, ci mancherebbe... anche per te deve essere una bella grana che sia venuto proprio io ad aiutarti, nemmeno io mi fiderei al tuo posto, ahahaha, quindi ti capisco!” ridacchiò, imbarazzato, grattandosi la testa.

Anche Camus sorrise timidamente, forse rincuorato dal tono pacifico del Cavaliere de Cancro, poi, con un rapido e risolutivo gesto, si staccò repentinamente la flebo dal braccio sinistro.

Lo schiocco che ne derivò fece rabbrividire non poco Death Mask. Automaticamente i suoi occhi si focalizzarono sul rivolo di sangue che ne uscì.

“Dovresti andarci piano, amico... l'emorragia che hai avuto è stata copiosa, lo stesso Mu non è stato in grado di fermarla!”

“Un goccio in più o meno non fa differenza rispetto a quello che è già fuoriuscito!” sentenziò Camus, tentando di avvicinarsi il più possibile al bordo del letto. Tuttavia messo uno dei due piedi a contatto con il pavimento, si bloccò, cominciando ad armeggiare con fare corrucciato sotto le lenzuola che gli coprivano la parte posteriore del corpo.

Death Mask lo vide girarsi più volte, forse nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa che si trovava sotto di lui... o direttamente dentro?

“Cam, si può sapere...?”

“Non avevo contato una cosa.”

“E sarebbe?”

“Il catetere.”

Death Mask sbiancò immediatamente, sgranando volutamente gli occhi.

“Io quello... NON te lo tolgo!”

“Non ti preoccupare, NON avrei chiesto una mano nemmeno a Milo per questo particolare frangente!” sbuffò Camus, tentando di celare l'imbarazzo che quella situazione gli procurava.

Death Mask sospirò di sollievo, lieto di non dover fare anche da infermiera in quella situazione. Ricordò improvvisamente un episodio in cui, da bambino, dopo una operazione, anche lui dovette subire quell'aggeggio malefico... un male allucinogeno, poi, per toglierlo, senza contare che aveva dei dubbi che si potesse estrarre autonomamente.

"Ehi, ma quell'affare ce l'hai proprio, ehm, dentro, vero?" chiese, sinceramente preoccupato.

Camus lo guardò come si poteva guardare un mentecatto o una persona decisamente stupida e tarda.

"Sai com'è... è inserito nell'uretra per arrivare fino alla vescica. Penso che ci possa arrivare anche tu da quale cavità lo hanno fatto entrare!"

"Oh, bello... SCHIFO!"

"Vuoi altre spiegazioni, oppure..?"

"No, no, no, passo... mi chiedevo solo se fosse possibile toglierselo da solo senza rischi o danni."

"Senza rischi o danni la vedo impossibile, ma non ho alternative."

"Però farà piuttosto male, no?!"

Anche Camus sembrava consapevole della fitta che, da lì a poco, lo avrebbe investito, forse proprio per questa ragione continuava a guardare, mordendosi il labbro inferiore, sottole lenzuola.

“Death Mask, ti devo chiedere un nuovo favore... - sospirò pesantemente Camus, rosso di nuovo in volto - Puoi... puoi guardare da un'altra parte?!”

“Ah, ma certamente, Cam... ora starò a vedere questo bellissimo muro bianco, tu prenditi tutto il tempo che vuoi!” affermò Cancer, il tono era volutamente alto ma non ironico, era giusto un modo per rassicurare il parigrado.

Camus sussurrò un 'grazie', poco prima di prendere un profondo respiro. Death Mask sentì trafficare sotto le lenzuola del letto ancora per qualche secondo, poi un sonoro TAC seguito da un singulto di dolore a stento celato. Cominciò a fischiettare un motivetto nella sua lingua, sempre con il piano di far tranquillizzare il compagno d'armi. Del resto poteva benissimo concepire che il silenzio della camera avrebbe potuto far imbarazzare un già turbatissimo Camus.

Passarono diversi minuti, e Death Mask sentì l'accennarsi di qualche passo nelle vicinanze del letto, pesante, aritmico...

“De-Death Mask, anf... puoi.. puoi girarti, grazie!” sussurrò Camus, affaticato.

Il Cavaliere del Cancro si voltò nel momento esatto in cui l'Acquario indossò la maglietta. Lo fissò senza proferire parola: le gambe di Camus erano piegate in avanti e divaricate allo scopo di dare più stabilità all'intera struttura ma, malgrado questo, la fatica dello stare in piedi, ritto, si presagiva ampiamente dalla curva della sua schiena.

“Accidenti, Camus, se sei un seghino! La mia maglia ti sta dannatamente larga, poi ci credo che fai fatica a rimanere dritto!” ironizzò Death Mask, non sapendo come altro comportarsi (perché di certo una mano non l'avrebbe mai accettata!).

“Cancer, non mi sembra questo il momento di fare dell'umorismo!” lo redarguì freddamente l'Acquario, scoccandogli una occhiata di avvertimento: era in una situazione di grave difficoltà, mai pungolare uno come Camus in una momento simile, MAI! Sarebbe stato come denigrare il suo orgoglio davanti ad una platea di soldati semplici, un'onta che non avrebbe mai perdonato a nessuno.

“Ok, ok scusa!” farfugliò Death Mask, alzando le mani in segno di resa, poi lo osservò in silenzio.

Era evidente che la debolezza di Camus non gli permettesse di fare grossi movimenti, vista la schiena leggermente ricurva e i passi lenti e incerti, ma Camus si ostinava a fissare, con trepidante attesa, la meta da raggiungere, ferma a pochissimi metri da lui; metri che, nelle sue condizioni, probabilmente parevano chilometri e chilometri di una strada piena di ostacoli.

“Proprio sicuro di non voler una mano, un sostegno?” insistette Death Mask, vedendolo in grave difficoltà.

“No, grazie. Io devo, da solo, raggiungere la sedia a rotelle... ne va del mio orgoglio di Cavaliere, e inoltre non posso pensare di farmi vedere dalle mie allieve in simili condizioni... No, devo essere io un sostegno per loro, non posso essere debole!” spiegò Camus, tenendosi una mano sul petto come ad infondersi coraggio.

Death Mask non poté fare a meno di ammirarlo, anche se solo un po'.

Ci vollero 5 minuti per completare l'azione, costata fatica e sudore, ma alla fine ci riuscì da solo.

Il Cavaliere del Cancro, tra gli affanni dell'altro che ancora doveva riprendersi, non poté fare a meno di pensare che se voleva davvero farsi vedere forte dalle allieve, avrebbe dovuto di certo migliorare i tempi di percorrenza e di postura, visto che sembrava un ottantenne intento a fare le scale. In salita. Per la seconda volta in un giorno. Ma questo non glielo disse, previa inclusione nella famigerata ‘Bara di ghiaccio’ una volta che il ghiacciolo si fosse sentito meglio, esperienza assolutamente da evitare, mica voleva finire come Hyoga!

“Molto bene, campione, ce l'hai fatta! Ora però ho bisogno che tu ti sieda tranquillo e che ti lasci spingere da me. Prima usciamo da questo posto, meno attireremo lo sguardo dei medici!” lo redarguì Death Mask, avvicinandosi a lui con fare solenne.

Camus, ancora in affanno per lo sforzo precedente, lo accontentò placido, posizionandosi sulla sedia a rotelle con un sonoro sbuffo.

Ah, allora è più docile del previsto!” si ritrovò a pensare Cancer, mentre usciva dalla camera con il compagno d'armi appresso.

Il piano non era granché elaborato: bastava trovare una uscita di emergenza e far scappare Camus da lì, poi se la sarebbe vista lui con i medici e le infermiere. Tuttavia era strettamente necessario mantenere un profilo basso per attirare l'attenzione il meno possibile.

Si ritrovò a sorridere da solo davanti a a quella situazione assurda che vedeva lui e l’undicesimo custode intenti a scappare dai corridoi, fin troppo bianchi, dell'ospedale principale di Atene. Ma la cosa più assurda era che si stava fottutamente divertendo!

Mai, nella vita, si sarebbe immaginato una situazione simile, neanche nei suoi sogni più accaniti!

“Maaaaaaaa... che mi dici della tua allieva più grande? Di quella Francesca, intendo...” domanda innocente la sua, ma solo apparentemente.

Sfortuna era che Camus, le velate sfumature, le capiva fin troppo bene...

“Perché... lo vuoi sapere?” controbatté infatti, piccato.

“Semplice curiosità.”

“Curiosità è chiedere informazioni personali di una ragazza che mi è stata affidata?”

“E' tanto per parlare, dai...”

“Non ne so niente.”

“Eddai, sei un tipo sin troppo preciso, ti sarai di certo documentato.”

“No!”

“Sei di coccio... ma non ti credo!”

“Come preferisci, la mia risposta è comunque no. E’ sotto la mia protezione, quindi gira al largo!”

Death Mask sbuffò sonoramente. Proprio non c'era verso di far parlare Camus, neanche sotto tortura, eppure lui doveva sapere, assolutamente. Dopo tanto tempo di apatia, quella strana ragazza dagli occhi svegli e dai capelli corvini aveva ridestato il suo interesse.

“Eddai, Cammy, non voglio mica fare una proposta indecente a tua sorella, quella so che è intoccabile e nemmeno mi interessa, io ti sto chiedendo informazioni su una maggiorenne, giusto?”

Camus si immobilizzò all'istante, le sue dita si strinsero in un pugno deciso.

“Guarda che se osi toccare anche con un solo dito Marta e le altre...”

“Sì, lo so... me la vedrò con te, ma lo hai già detto, Cammy!”

“Non chiamarmi con quell'orrendo vezzeggiativo, parbleu, mi fai raggelare le vene!”

“E detto dal signore dei ghiacci...”

“Poche ciance, Death Mask, vedi di rigare dritto, o appena mi riprendo...”

Era proprio fiato sprecato parlare con lui, su tutti i fronti. Death Mask si ritrovò a chiedere di cosa caspiterina parlasse con Milo, se la parlantina era la medesima che riservava a lui... preferì non chiederselo, dandosi il beneficio del dubbio.

Comunque non aveva intenzione di arrendersi, avrebbe scoperto qualcosa di più di quella Francesca, in un modo... o nell'altro!

“In ogni caso, Death Mask... - parlò pochi minuti dopo Camus, in tono basso ma gentile- Se davvero ti interessa conoscerla, puoi guardare uno dei nostri allenamenti. Se non creerai disturbo, ti posso assicurare che non ti congelerò istantaneamente. Ciò che stai facendo per me è molto di più di quanto mi aspettassi, sono quindi in debito con te, e poi… se Marta si è fidata di te, venendoti a parlare quando io ero in coma, forse anche io posso abbandonare l’ascia di guerra nei tuoi confronti e ripartire così dal principio.”

Death Mask non riusciva a credere a quanto detto dal ghiacciolino. Davvero... davvero lo stava formalmente invitando ad assistere all'addestramento?! Davvero aveva proferito quel discorso in un tono così amichevole?! Seriamente loro due avrebbero potuto ricominciare daccapo?! Dove stava l'inghippo?

"Ti fidi così tanto del giudizio di Marta?" gli chiese, scettico.

"E' mia sorella, devo avertelo già detto."

"D'accordo, ma non vi vedete da 17 anni, giusto? Allo stato attuale non potete considerarvi nemmeno lontani cugini che si vedono al cenone Natale, figurarsi fratelli di sangue!"

Camus accusò il colpo, guardò altrove, lontano, gli occhi tristi e profondi.

"Scusami, stavolta non volevo essere così schietto. - corresse il tiro Cancer, indovinando il suo malessere - Del resto, a momenti ti facevi ammazzare per lei, deve significare molto per te."

"E' così, significa molto per me. Anche se sono passati così tanti anni, anche se lei non ha alcun ricordo di me perché era troppo piccola per rammentare... l'affetto che provo per lei è immutato. - concesse Camus, non nascondendo un certo sospiro, prima di cambiare in fretta discorso nel sentirsi troppo esposto - Ma non è solo per lei che voglio darti una seconda possibilità, Death Mask, è che davvero, in questi giorni, hai fatto cose che il tuo vecchio te non avrebbe MAI fatto. Per questo io, per una volta, voglio avere fiducia in te come mio compagno."

“Oh, ehm, Cam, davvero, gr... - ma si bloccò improvvisamente, notando un camice bianco che li stava raggiungendo- OH MERDA!!!”

Mantenere un profilo basso... sì, ma non era così facile.

Il dottore, con dei grossi occhiali a coprirgli gli occhi stralunati, tirò fuori la cartella clinica del paziente, mentre a passi sempre più incalzanti si avvicinava a loro. Che razza di sfiga, oh, proprio quando l'uscita di emergenza era a poca distanza da loro!

“Signor Camus, non mi sembra che Lei possa ancora uscire dalla sua stanza, le avevo detto riposo assoluto per almeno un'altra settimana, ricorda?! Sa che è giunto qui in fin di vita?! Sa che, durante l’operazione, il suo cuore ha cessato di battere?! Sa che...” sciolinò il medico, desideroso di continuare l’elenco, mentre le rughe sulla sua fronte si facevano sempre più marcate.

“Sì, ma vede, Dottore, io devo...” cominciò un pacato Camus, ricercando le parole per fermare quel monologo. Sapeva tutto, ma non si sarebbe fermato. Doveva raggiungere immediatamente le allieve e parlare con Marta; la sua... Marta!

Death Mask fu invece più svelto a gesti, anziché a parole. Non era il tempo delle parole, quello, quindi, con un rapido salto, balzò dietro le spalle del medico, sferzando, con la mano destra, un rapido colpo alla base del cervelletto.

Si sentì un ganzissimo Shura per una decina di secondi.

TAC fu il solo rumore che si espanse nell'aria, e sarebbe stato seguito da un sonoro TUMP se il Cavaliere del Cancro non avesse preso per il camice il dottore, ormai svenuto in seguito al colpo infertogli.

Sorrise beffardamente in direzione di Camus, aspettandosi chissà quali complimenti o anche un semplice 'grazie', ma ottenne solo uno degli sguardi più schifati e indignati che avesse mai visto passare negli occhi dell'Acquario.

Merde! Ma sei rincoglionito, Death Mask?!”

Imprecazione. Freddo nell'aria, Ombra negli occhi.

Non era DECISAMENTE un buon segno se questi tre fattori venivano a convergere nelle mani di un'unica persona: Camus.

“Io cosa?! Ti ho tolto il problema, dovresti ringraziarmi!”

“HAI APPENA COLPITO UN MEDICO!”

“L'ho solo mandato nel mondo dei sogni...”

“Ma porca di quella miseria, è il dottore che mi ha salvato la vita e che mi ha seguito per tutti questi giorni!!!”

“OOOOOOOOOOHHH, SENTI, GHIACCIOLO: i tuoi debiti li paghi per gli affari tuoi, capito?! Io...”

Ma fu costretto a bloccarsi in seguito all'urlo di un'altra infermiera, appena sopraggiunta.

“E vaffanculo però, sfiga maledetta!” sibilò, mentre quella correva dall'altra parte del corridoio in cerca di aiuto.

Effettivamente non volle indagare su che cosa potesse sembrare tutta quella faccenda: lui con in mano il colletto di un medico abbandonato nei vicoli dell'incoscienza; da un occhio esterno sarebbe sembrato un vero e proprio assassino alla ricerca di un qualche tipo di vendetta contro tutto il reparto di chirurgia.

“Camus... pensi di riuscire ad alzarti e scappare in direzione dell'uscita di emergenza?” chiese sottovoce, non muovendo più un muscolo. Poteva sentire il terrore serpeggiare per i pavimenti, pronto a sollevarsi da un momento all'altro. Era solo questione di attimi prima dello scoppio del putiferio.

“Non lo so... ma suppongo di poterci provare, non avendo altre alternative!” ribatté l'Acquario, condividendo le sensazioni del compagno.

“Molto bene, campione! Temo che il mio aiuto termini da qui a breve, causa forza maggiore... ti prometto ancora una cosa però: ti guarderò le spalle finché non ti sarai sufficientemente allontanato da questo edificio!”

“Death, Mask, come farai a...” chiese cautamente Camus, alzandosi lentamente dalla sedia a rotelle. Un vociare non ben distinto si poteva udire dalla tromba delle scale. Un vocalizzo confuso, ancora lontano, ma in avvicinamento come uno tsunami.

“Fidati del tuo compagno più vecchio! Sì, lo so... non sono un buon partito, lo so bene, non lo sono mai stato... ma ora ho bisogno della tua fiducia: vai e non voltarti più indietro!”

Camus esitò ancora per qualche istante, soffermandosi sul viso del compagno. Ma non era poca fiducia la sua, o meglio, forse in parte era anche quello... tuttavia nel suo sguardo algido e scostante, Death Mask riusciva a vedere una miriade di altre cose.

“V-va bene, Deathy, allora andrò! Gr-grazie per tutto!” disse in tono solenne l'Acquario, scattando meglio che poteva in direzione della porta. Gli costò fatica, quel movimento rapido verso l''uscita, verso le allieve che tanto aveva preso a cuore dopo la faccenda avvenuta in Siberia diversi anni prima, ma non si lasciò sfuggire un singulto, né una qualche smorfia di dolore, non più.

Death Mask avvertì tutto questo mentre, con andatura pesante e leggermente goffa, gli passava accanto in un lampo. Sorrise e socchiuse gli occhi, soddisfatto del suo operato, improvvisamente però si rese conto di non aver detto la cosa più importante.

“Camus!!!” lo chiamò, voltandosi in direzione del parigrado, che era già in prossimità dell'uscita.

Entrambi i loro sguardi si incrociarono, occhi blu contro occhi blu, oceano contro oceano, o forse mare contro cielo, quello del dopo crepuscolo e del sopraggiungere della notte, chissà...

Camus, ti prego, perdonami... perdonami se, per colpa del mio operato, hai dovuto subire quelle ferite, perdonami se...

Ma le parole non uscivano, rimanendo incagliate sugli scogli, o tra le nuvole, chissà... chissà se mai avrebbe potuto dirglielo in tutta sincerità; in fondo, era davvero pentito per le sue effettive condizioni. Aveva ragione quello stronzo di Aphrodite, alla fine, la coscienza gli mordeva peggio di un serpente con la propria preda.

Inaspettatamente Camus sorrise e annuì con la testa, mentre il vocalizzo serpeggiante cominciava a sollevarsi minaccioso, soffiando come una vipera soffia poco prima dell'attacco.

“Non c'è bisogno di aggiungere altro... Tutti i debiti sono stati pagati, merci beaucoup, mon ami!”

 

 

  
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