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Autore: Bellamy    29/12/2018    0 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
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Visto sottosopra il mondo aveva tutt’altro aspetto e suscitava un strano effetto di errore e insicurezza a vederlo. L’unica certezza era l’albero sul quale ero appoggiata, sottosopra anche io, le gambe agganciate al tronco. Ma certezza significava sempre sicurezza?
Io non lo sapevo più.
 
 
 
 
 
Erano passate quattro settimane da quando ero ritornata a casa, dalla mia famiglia. Una settimana dopo il mio arrivo salutammo i Denali e lasciammo Forks per raggiungere Willinston, nel Nord Dakota, una cittadina abitata da poche e schive anime, praticamente disabitata in inverno e con una modesta fauna. Tutto ciò era perfetto per noi. Esme comprò una piccola ma accogliente e calda, particolare che importava di più a me che agli altri, casetta nelle vicinanze di un lago ghiacciato. A quanto pare Willinston era solo una fermata: i Cullen avevano intenzione di spostarsi altrove e quindi il nuovo acquisto non subì molte modifiche e decori. Proprio per questo motivo non ci presentammo alla piccola comunità e rimanemmo confinati nel bosco perennemente innevato.
La versione di Forks del nostro trasferimento era: Carlisle aveva ricevuto una importante offerta di lavoro altrove, offerta che, a malincuore, non poteva rifiutare per poter campare cinque figli. Indiscutibilmente Carlisle era una grave perdita per la città.
La nostra versione: la scuola aveva contatto Esme e Carlisle, formalmente i miei genitori, per domandare della mia improvvisa assenza. La voce iniziò a girare per tutta la città. Le signore tutte rossetto della segreteria del liceo avevano proposto, tra di loro, anche di interpellare la polizia locale ma i nonni rassicurarono che mi ero beccata solo un brutto malanno. Dopo le rassicurazioni arrivò, veloce come un fulmine, l’irrinunciabile offerta di lavoro dall’altra parte del continente che ci avrebbe portato via dallo stato di Washington.
In realtà era ora di cambiare aria. Emmett e Jasper convennero che era stupido rimanere dove i Volturi sapevano trovarci. Esme e Carlisle, restii ad andarsene, erano convinti che non avremmo avuto più problemi con l’Italia ma accettarono la proposta. Per loro io ero ufficialmente tornata a casa e non avevano nessuna intenzione di riconsegnarmi nelle mani di Aro né di ascoltare una simile proposta in futuro. Il caso era chiuso e sigillato, si doveva voltare pagina.
Ritornare a casa era come ritornare a respirare e a vedere dopo mesi passati al buio rinchiusa in una stanza. Ritornare alla normalità e ricominciare a fare azioni automatiche come svegliarsi la mattina nel proprio letto avevano preso tutt’altro volto. Rivalutai tutto, anche le piccole cose. Capii che, da un momento all’altro, tutto ciò accanto a sé poteva scivolare via.
Recuperai l’abitudine in poco tempo perché questa era l’unica che desideravo ardentemente: ritornare a fare le solite cose con la mia famiglia. Mi meravigliavo di tutto anche quando aprivo la finestra e annusavo l’aria che gelava i polmoni.
I primi giorni a casa furono abbastanza destabilizzanti, come una convalescenza dopo essere stati per giorni incoscienti.
I Cullen non mi lasciarono sola neanche per un attimo, i loro occhi sempre puntati su di me e su ogni mio minimo movimento. Erano provati dalla mia assenza e impauriti che potessi sparire sotto ai loro occhi da un momento all’altro. A volte mi guardavano come se davanti a loro ci fosse stato un fantasma anziché me. Questo riscaldava il mio petto di quel calore che tanto mi mancava. Ed ero felice che ancora mi volessero con me e che non mi avevano dimenticata.
Erano anche preoccupati per la mia salute: non ero ritornata da loro come mi avevano salutata prima di partire e i chili persi lo dimostravano. Il mio corpo era già molto magro e tonico ma le ossa sembravano forare la palle più del solito, le gambe e le braccia sembravano due steli. Il mio corpo stava assumendo le sembianze di quello di Alice.
Per questo motivo Carlisle mi costrinse a bere soprattutto sangue umano, sforzo che a me non dispiaceva per niente, e a mangiare, cosa che potevo benissimo evitare, ma decisi di non fare capricci e mangiai tutte le gigantesche portate che Esme mi serviva. Quando i miei muscoli si riempirono di nuovo, dopo due settimane dal mio arrivo ricominciai a cacciare.
La loro apprensione raggiunse i massimi livelli quando iniziarono a farmi l’interrogatorio, ognuno aveva le proprie domande alle quali non volevo rispondere. Volevano essere a conoscenza di ogni singolo dettaglio, mi ripetevano che se mi fosse capitato qualcosa a Volterra loro non se lo sarebbero mai perdonato.
“Tesoro, sei troppo importante per noi quando lo capirai?”, mi domandò una volta Esme.
Il problema era che qualcosa veramente era successo a Volterra e non riuscivo ad ammetterlo di fronte ai loro occhi preoccupati. Non volevo angosciarli ulteriormente, non volevo richiamare alla mente ricordi che speravo dimenticare, invano, per sempre.
Il primo ad iniziare, comunque, fu Carlisle.
Eravamo nel suo studio, luogo che poteva essere scambiato tranquillamente per una biblioteca. Era una grande stanza, ne poteva contenere almeno due. I muri erano quasi ricoperti da librerie, dipinti realizzati già quando nonno era vivo o ancora più antichi – storsi il naso quando sotto ai miei occhi passò una opera raffigurante Aro, Caius, Marcus e Carlisle durante il suo soggiorno in Italia -  e tanti manufatti provenienti dal tutto il mondo.   
Nello studio era presente anche una piccola scrivania, di lato al divano al centro, in legno ricoperta da carte e progetti di Esme, una lampada era appoggiata sopra.
A completare l’arredamento c’erano un materassino in pelle e in un lato più lontano della stanza delle apparecchiature d’ospedale, oggetti che non erano soliti trovarsi a casa di un medico. Carlisle era più che un medico ma, in una casa piena di vampiri, a chi potevano servire? Forse a me???? Carlisle non mi aveva mai fatto lastre…. o ecografie.
Mi svegliai alcune ore dopo il mio arrivo a casa. Esme e Rosalie, rimaste nella mia camera a vegliarmi, avevano notato che le lenzuola delle letto in cui ero distesa si stavano macchiando di sangue. L’odore che stava impregnando la stanza era inconfondibile. Io mi svegliai qualche secondo dopo per lo stesso motivo: le varie cicatrici nel mio busto si stavano aprendo e fiumiciattoli di sangue stavano straripando.
Dopo avermi fatta distendere nel materassino, Carlisle mi diede una bicchiere di sangue da bere e si mise a lavoro. Quando vide lo stato del problema fece una espressione perplessa.
“Quando eri a Volterra le ferite si sono aperte?”
Io balzai sentendo la domanda “Sì.” mormorai, facendomi piccola piccola.
“E”, iniziò a domandare, la voce atona non traspariva nessuna emozione, “come hai trovato una soluzione?” domandò, estraendo dalla pelle un filo di ferro. Strinsi i denti, cercando di non pensare al dolore.
“Sono riuscita a trovarli, i fili.” risposi, la foce flebile.
 Carlisle si chinò verso il mio stomaco e iniziò a fare il suo lavoro. Mi chiese: “E come hai fatto?”
“Cosa?”, domandai io.
“A ricucire le ferite”, rispose Carlisle sempre chino su di me, “non l’hai mai fatto da sola.”, mi ricordò.
Ah. Era vero, non l’avevo mai fatto da sola. Era sempre stato Carlisle. Ma cosa gli potevo rispondere? Non volevo dirgli che mi ero affidata ad un vampiro neonato armato di filo di ferro e acciaio. Non volevo, la paura di qualsiasi reazione di Carlisle mi frenava.
“Da qualcuno avrò imparato guardando.”, risposi alla fine, abbozzando un sorriso.
Carlisle sorrise alla mia battuta ma capii che non se l’era bevuta.
Alzò gli occhi verso di me, non esprimevano nessun sospetto o disappunto, erano sereni. “Non vuoi dirmi come è andata?”
Io, invece, mi misi nella difensiva. “Non c’è niente da dire: sono riuscita a trovare i fili, mi sono messa davanti ad uno specchio e mi sono ricucita tutta.”
Mi coprii gli occhi con un braccio così da non vedere l’espressione di Carlisle che continuò a ricucirmi come se fossi un capo da rattoppare.
Dopo il nonno fu il turno di tutto il resto della famiglia. Ad alcune domande risposi…. cambiando un po’ versione alle cose.
Mi chiesero di Aro e i suoi fratelli e come mi avevano trattata essendo loro ospite. Non avevo che belle parole per loro - dentro di me però bollivo - e giustificai il motivo del mio drastico cambiamento di peso e di forze solo perché avevo rifiutato l’idea di cambiare dieta, preferendo digiunare.
“Aro me lo proponeva sempre ma io rifiutavo. Vedere come chiamano a sé gli umani è agghiacciante.”, dissi ed Esme mi abbracciò.
“Ma potevi fare un eccezione!”, protestò lei, abbracciandomi più forte.
Riguardo gli umani non mentii, ogni volta che vedevo le file di turisti entrare nel Palazzo dei Priori il mio cuore perdeva battiti. Riguardo la dieta a volte Bella mi portava del sangue umano ma non volevo riportare questo dettaglio.
Sapevo di non essere stata completamente onesta nei confronti della mia famiglia. Non mi piaceva mentire ma soprattutto non mi piaceva mentire a loro, non lo meritavano. Non volevo dire loro la verità perché non volevo causare reazioni che potevano avere delle conseguenze spiacevoli.
Una loro probabile reazione sarebbe stata andare a Volterra e chiedere ragione ad Aro. Come poteva reagire lui? Non ne avevo idea e questo mi spaventava. I Cullen si sarebbero messi nei guai e questo lo volevo evitare.
Ero ben cosciente che erano in grado di difendersi ma perché sfidare la sorte? Preferivo proteggere la mia famiglia anziché rivederla a Volterra, come l’altra volta. Solo ricordare quella giornata mi struggeva. Fra tutti era il ricordo che di più volevo dimenticare.
“Da quanto tempo eravate a Volterra?”, domandai quando, una sera, Carlisle decise di far riaffiorare quel giorno nella memoria di quasi tutti i presenti.
“Poco meno di una settimana”, rispose Carlisle, “quando tu non c’eri giravano voci di una imminente guerra che coinvolgeva anche i Volturi e, non sapendo nulla, eravamo preoccupati e abbiamo deciso di venirti a prendere, per ogni evenienza.”, concluse.
La guerra… La guerra con gli altri mezzi vampiri. I Cullen lo sapevano? Erano a conoscenza che esistevano altri come me? Il cuore inizio a battermi veloce.
Erano venuti a Volterra, preoccupati per me e per il mio coinvolgimento nella battaglia e, attraverso Andrew, le uniche cose che potei dire a loro furono che io volevo rimanere in Italia. I miei occhi si sbarrarono e si fissarono sul pianoforte, terrorizzati.
“Io…”, iniziai.
“Tranquilla Nessie”, fece Jasper che avvertì il mio cambiamento d’umore e con il suo dono mi calmò immediatamente. “Bella ci ha spiegato tutto.”
Cosa?! Bella? Spiegato tutto?
Intontita dall’ondata di tranquillità che mi circondava, non reagii di fronte alla piega che stava assumendo la situazione.
“Cosa?”, esordì Emmett.
“Quando andammo a Volterra”, iniziò a spiegare Jasper, “Renesmee ci disse che voleva rimanere lì.”
Arrossii e mi coprii il volto con i capelli. Volevo sprofondare negli abissi.
Questa volta Emmett si voltò verso di me: “In che senso non volevi andartene?” mi domandò, il suo volto era confuso e sorpreso mentre i suoi occhi sprizzavano sia ira che incredulità.
“Aspetta Emm”, lo fermò Rosalie, “fai continuare Jasper e lascia in pace Nessie!”
Anche Rosalie era incredula ma cercava di contenersi e aspettare che il fratello continuasse a spiegare.
Dopo che Jasper iniettò una dose di tranquillità anche ad Emmett, il suo racconto continuò: “Renesmee non intendeva sul serio”, disse sicuro e rassicurante, “aveva risposto in quel modo perché Bella le aveva detto di farlo.”
“Bella?!”, esclamò Emmett. Io e lo zio esclamammo la stessa cosa solo che dalla mia bocca non usciva alcun suono. Cosa stava succedendo? Cosa sapevano i Cullen? Cosa aveva detto Bella che io non sapevo?
Jasper chiuse per un millisecondo gli occhi “Sì, Bella, lo scudo personale di Aro. Renesmee aveva detto che non voleva tornare a casa con noi solo perché Bella le aveva detto di dirlo.”
“E’ vero, Renesmee?”, mi domandò Rosalie. Io annuii, incapace di dire qualcosa. Preferii appoggiarmi alla versione di Bella che dire la verità: un vampiro con il potere della manipolazione mi costrinse a dire ciò che Aro desiderava.
“Perché l’ha fatto?”, domandò Emmett.
“Perché ci stava aiutando a portare via Renesmee da Volterra. Dovevamo convincere Aro che, dopo la decisione di Nessie, ci saremmo arresi.”
Da quel momento ero entrata in uno stato catatonico.
“E la guerra?”, domandò Emmett.
Jasper scosse la testa “Ne sappiamo quanto voi.”
Dodici paia di occhi si voltarono contemporaneamente verso di me, pretendendo risposte.
Continuai a guardare fisso davanti a me e feci spallucce. Non era necessario informarli di qualcosa che non importava. In quel momento non erano i Cullen ad organizzare una guerra contro dei licantropi servendosi dei mezzi-vampiri come pedine. Erano affari che non riguardavano loro.  
Ci fu un breve, pesante silenzio che circondò tutti poi, ripresa dallo stato comatoso, domandai: “Voi conoscevate già Bella?”
I Cullen non mi risposero subito, per qualche secondo mi fissarono, intensamente. I miei occhi e le mie orecchie erano spalancate, pronte a captare qualsiasi informazione.
“No”, rispose Alice, il tono di voce inespressivo. Emmett sbuffò, Rosalie alzò gli occhi al cielo.
“Ma è stata molto gentile nei nostri confronti.”, disse Carlisle, “Non tutti i Volturi sono come vengono di solito descritti, come Eleazar.”
“Le siamo debitori.”, aggiunse Esme.
Aggrottai la fronte e mi misi comoda nel divano, gli occhi sempre puntati sul mio pianoforte.
“Già”, concordai, alla fine.
I Cullen mi guardarono, in attesa che io continuassi.
“Bella non voleva far parte della Guardia.”, iniziai a spiegare, “L’ha fatto solo per salvare… sua sorella.”
Non riuscii più a continuare la mia spiegazione, la voce si affievolì. Un nodo si era formato nella mia gola impedendomi di respirare mentre il mio cervello faceva collegamenti i quali mi rifiutavo di analizzare, entrando in tilt.
I Cullen non chiesero altro quella sera e mi lasciarono riposare.
 
 
Intenta a voltare pagina, chiesi alla mia famiglia di non riprendere mai più come temi di conversazione né Volterra né i Volturi in mia presenza.
La mia cartella Volterra era stata sigillata e messa in archivio ma Alice non vedeva ancora con chiarezza il futuro dei Volturi non escludendo che io, purtroppo, ero ancora nei loro prossimi piani. Alice e Jasper, Emmett e Rosalie non erano certi che le incomprensioni con i Volturi fossero ufficialmente conclusi e le visioni di Alice davano loro ragione e li spingevano ad allontanarsi da Forks il più presto possibile.
Carlisle ed Esme non ebbero come contraccambiare. Una sera dissero che loro ponevano fiducia in Bella, lei avrebbe fermato qualsiasi piano di Aro che includeva me e i Cullen.
Ma gli zii non ponevano la stessa fiducia sulla vampira che, comunque, era un pezzo grosso della Guardia e quindi ci spostammo a Willinston.
Essere consapevole di un probabile ritorno dei Volturi nella mia vita suscitava in me l’infantile voglia di correre sotto al letto e proteggersi dal mostro cattivo.
Neanche il pensiero di Andrew o di Bella stessa mi convincevano a ritornare. Io non volevo ritornare, là non c’era nulla che mi chiamasse a sé.
Non avevo avuto nessun motivo, dal principio, per andare a Volterra. L’avevo fatto solo per Carlisle e l’amicizia che lo legava ad Aro, discutibile quanto fosse.
E il desiderio di rivedere Andrew e Bella non era tanto forte da convincermi a tornare.
Loro facevano parte di un mondo totalmente diverso dal mio. Indifferentemente dai loro punti di vista e, anche se erano stato le persone più vicine a me durante il mio soggiorno in Italia, non c’era nessun legame che mi tenesse a loro. Non negavo che pensavo a Bella e a Andrew spesso ma per di più mi chiedevo come passassero le loro giornate, se pensavano a volte a me. Per loro, probabilmente, ero solo una persona di passaggio e i miei pensieri su di loro duravano pochi secondi.
E nonostante la pensassi come gli zii per me il viaggetto in Italia era una questione chiusa come lo era per Esme e Carlisle. 
A volte i Cullen si dimenticavano che il mio udito era più simile a quello di un vampiro che a quello di un umano. Ascoltai l’intera conversazione una notte, ancora a Forks, quando i Cullen erano convinti di essere protetti dall’incoscienza che regalava il mio sonno.
“Possiamo sempre far ritornare Renesmee a scuola.”, iniziò Esme, “Tutti credono che è stata male e un suo ritorno sarebbe normale. Non voglio farle saltare il suo primo anno di liceo così.”
“Può sempre ricominciare l’anno prossimo”, propose Emmett.
“E’ troppo pericoloso rimanere”, disse la sua Rosalie.
“Non c’è nessun motivo per cui dovremmo lasciare Forks.”, fece Carlisle, “Renesmee è tornata a casa e non ce la porterà via nessuno. Possiamo trasferirci quando i cittadini iniziano a sospettare di qualcosa, come abbiamo sempre fatto.”
“Non ne sono sicura… continuo a vedere tutto sfocato accidenti!”, piagnucolò Alice.
“Questo è un buon motivo per andarsene”, borbottò Rosalie.
“E se le visioni di Alice non c’entrassero nulla con Renesmee? Se fosse qualcun altro?”, domandò Esme.
“Questo non lo potremo mai sapere.”, rispose Emmett, “Dovremmo andarcene. Solo per precauzione, possiamo ritornare a Forks quando vogliamo.”
“Forse è come dice Esme”, iniziò conciliante Jasper, “che le visioni di Alice non riguardino Renesmee. Forse hanno problemi con i lupi in Europa ma….”
“E’ troppo rischioso rimanere qui, Jasper!”, lo interruppe Rosalie.
“… ma è imprudente restare. Come dice Emmett sarebbe solo per precauzione, non sappiamo cosa hanno in mente i Volturi adesso.”, terminò Jasper.
“No.”, disse con voce ferma Alice, “Renesmee ha lasciato Volterra senza il consenso di Aro e se avesse lasciato andare Nessie, di sicuro avrebbe voluto essere a conoscenza di ciò che stava accadendo. Bella non ha reso partecipe il suo signore al piano che stava architettando con noi e, facendo così, lei ha messo a rischio se stessa. Non sappiamo quale sia stata la reazione di Aro quando ha capito che Renesmee non era più dove pensava essere.”
“Aro sapeva che volevamo Renesmee indietro. Qualsiasi reazione abbia avuto, quella sorpresa dovrebbe essere l’ultima nella lista.”, disse Esme, la voce cupa.
“Aro sapeva che Renesmee voleva restare a Volterra.”, rispose Alice.
“E’ un bel casino”, commentò borbottando Emmett.  
Carlisle sospirò: “In ogni caso Bella e Edward non avrebbero fatto tutti questi sforzi senza assicurassi che Nessie fosse realmente al sicuro una volta a casa.”
Qualcuno sbuffò. Rosalie forse?
Dopo qualche minuto: “Per tutto il tempo in cui siamo stati a Volterra non abbiamo mai visto Edward.”, fece notare Jasper.
“Forse stava tenendo il gioco a Bella.”, suppose Esme.
  
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