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Autore: Satineblog    01/01/2019    3 recensioni
La seguente One Shot è il continuo di una storia che ho pubblicato il 26/12/18, intitolata “Mai più sola.”. Può tuttavia essere compresa senza lacune anche da chi non ha letto la precedente.
Racconta la singolare giornata di Emma, successiva alla Vigilia di Natale: incastrata da una sorpresa preparata per lei da Uncino, la ragazza si sente profondamente in colpa perché non riesce a togliersi dalla testa Regina, le sue labbra e il bacio dolcissimo che si sono scambiate la notte appena passata.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Emma! svegliati Emma è quasi mezzogiorno!!!”
La voce di Mary Margaret, come un tuono dentro la sua testa. 
“Mmaaaammmmaaaa!!” 
Seguita da quella di Hanry.
Profumo di caffè, una mano salda le accarezza i capelli: “Coraggio, dormigliona! Tutti ti aspettano di sotto per il brunch!”
Emma si sedette lentamente sul letto, scostò i capelli che le cadevano arruffati sul viso e si stropicciò gli occhi ancora assonnati: “Grazie David! Mi ci voleva proprio un buon caffè!” 
“Puoi chiamarmi papà” le rispose lui dolcemente. 
Emma sorrise. Non riusciva ancora a credere di avere dei genitori. Non riusciva a credere di essere la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro. E faceva molta fatica a chiamarli mamma e papà. 
“Ti lascio sola, così puoi vestirti, ma non farci attendere troppo, Killian e tuo figlio sono affamatissimi!” 
“Killian?? Come mai è qui?” domandó Emma stupita, tentando di nascondere un velo di fastidio, provato all’idea di vedere capitan Uncino.
“Bè è il tuo fidanzato, no? Uno di famiglia ormai..”
“Già, il mio fidanzato...” sospiró la ragazza. 
“Tutto bene Emma?” Chiese David preoccupato per l’incupimento, apparentemente senza alcuna spiegazione, della figlia. 
“Si papà.” lo rassicurò lei, alzandosi dal letto: “Mi vesto e vi raggiungo.”
Lui le diede un bacio sulla fronte e scese le scale, riportando al piano di sotto la tazzina vuota del caffè. 
 
La colazione era abbondante e Emma affamata come sempre: pancake con sciroppo d’acero, cioccolata calda, crema spalmabile alla nocciola, uova e pancetta. Hanry e Killian avevano già comunicato a mangiare, quando li raggiunse. Diede un bacio distratto al capitano che le porgeva la guancia e prese posto accanto a sua madre. Il profumo delizioso di tutte quelle prelibatezze, le risate e il calore del camino riuscirono a placare almeno un po’ quel senso di ansia che il suono della parola “fidanzato” le aveva procurato al risveglio. Hanry era sereno, felice con la sua famiglia ritrovata e andava spaventosamente d’accordo con Killian, Biancaneve e David erano così sdolcinati e pieni di attenzioni reciproche da risultare quasi fastidiosi. 
“Che cosa potrei desiderare di più?” continuava a ripetersi questa domanda nella mente, più e più volte, come a volersi convincere di non conoscere perfettamente la risposta. 
“Posso mostrarti una cosa Swan?” le chiese Killian tendendole la mano e interrompendo il flusso dei pensieri che giravano a vuoto dentro la sua testa. 
L’attenzione del resto della famiglia si catalizzò all’istante su di loro, e Emma si ritrovò circondata da occhioni illuminati e sorrisi impazienti. 
“C-certo..” rispose titubante.
Biancaneve cominció a battere le mani in modo quasi isterico. 
“Bene ragazzi, andate pure e divertitevi!” disse David, alzandosi da tavola, “Io e Hanry abbiamo da fare oggi pomeriggio, dunque non dovrete preoccuparvi, potete stare via senza pensieri.”
A Emma sembrava un complotto. 
“Ah, si? E cosa avete da fare di tanto importante?” domandó a suo padre.
“Il nonno mi mostrerá come aggiustare il motore della vecchia auto del dottor Hopper!” rispose Hanry con entusiasmo. 
“E cosa c’entra il dottor Hopper?” chiese Emma confusa.
“Ha una vecchia auto ferma da tempo nella sua rimessa - le spiegó David - così mi sono offerto di provare a ripararla.”
“E io sarò il suo braccio destro!” continuó Hanry con evidente entusiasmo. 
“Ma non sarà pericoloso?” domandó lo sceriffo preoccupata. 
“Non farei correre a mio nipote nessun tipo di rischio, per nessun motivo al mondo Emma. Fidati di me!” la rassicurò David. 
Emma cercó conferma nello sguardo di Biancaneve: “D’accordo!”, concluse. 
Hanry le si lanciò al collo ricoprendola di baci, per poi correre al piano di sopra a prepararsi. 
La casa di Mary Margaret era un po’ stretta per tutti, da quando, dopo il sortilegio, anche David e Hanry si erano trasferiti a vivere con loro: Emma viveva nel timore che Hanry, costretto a dividere la camera con lei, potesse rimpiangere la sua stanza a Villa Mills. 
L’immagine della grande casa di Regina si fece spazio nella sua mente. L’attenzione si focalizzó sulla donna. Sola, in quella grande casa. Chissà come stava. Non l’aveva ancora sentita dalla sera precedente. Si erano baciate su quella panchina, davanti al porto, strette una all’altra, avvolte dalla coperta calda di Granny, unico riparo dalla neve e dal freddo. Se non fosse arrivato Killian ad interromperle, magari adesso sarebbero insieme, in quella grande casa dalle pareti bianche. Colta alla sprovvista Emma, che non si aspettava di vedere il capitano, si era alzata di scatto e gli era corsa incontro, lasciando Regina da sola e senza spiegazione alcuna. Temeva che il fidanzato avesse potuto vedere la scena, e non voleva certo che scoprisse in quel modo la verità. Per fortuna non si era accorto di nulla. Aveva lasciato il resto della famiglia e del gruppo di amici da Granny per i festeggiamenti della Vigilia di Natale, e si era incamminato per cercarla, dal momento in cui lei era uscita rincorrendo Regina e non era più tornata. Rassicurato nel vederla sana e salva, si era poi offerto di riaccompagnarla a casa. 
“Allora, andiamo?”
L’attenzione di Emma fu nuovamente richiamata alla realtà dalla voce del capitano che la esortava a seguirlo. 
La ragazza indossó la sua solita giacca di pelle e il cappello di lana, si avvolse nella sciarpa che le aveva regalato Ruby per Natale e seguì Uncino. 
 
“Dove siamo diretti?” domandó lungo la strada, curiosa e  preoccupata allo stesso tempo. 
“Tra poco lo vedrai.” rispose Killian  stringendole un braccio intorno alla vita. 
Regina. Emma prese il telefono per controllare i messaggi. Niente. Non le aveva scritto niente. Chissà cosa aveva pensato. Doveva vederla, subito. 
“Killian io..”
“Ecco, ci siamo!” la interruppe lui coprendole gli occhi con la mano buona. 
“Non sbirciare eh..” le raccomandó. 
Emma annuì rassegnata e si lasciò guidare da quell’uomo che, passo dopo passo, le fece salire dei gradini per poi farla camminare su di un pavimento scricchiolante. Dopo qualche istante si fermò e le concesse finalmente di vedere: 
“Ma siamo sulla Jolly Roger!” esclamó la ragazza.
“Emma.. “ esordì Uncino posizionandosi di fronte a lei e assumendo un tono improvvisamente serio. 
“Vedi, qui, in questo preciso punto della mia nave, il Coccodrillo uccise la mia Milah” continuó. 
Emma zitta, tratteneva il respiro. 
“Da quando sono rimasto senza di lei, non sono più stato in grado di amare. Invece ora, grazie a te, il mio cuore ha ripreso a battere. Ha ritrovato calore e speranza. Ha ritrovato amore.”
“Oh, Killian..” sospiró Emma quasi in lacrime. 
“Per questo ti ho portata qui. Per poterti dire grazie. Per avermi salvato dall’oscurità che si era impadronita del mio cuore. E per donarti questo.” proseguì lui, estraendo un anello dal taschino della giacca. 
Emma si sentì morire. Vide tutta la sua vita passarle davanti, come dovrebbe accadere solo in punto di morte. Temeva di trovarsi di fronte a una proposta di matrimonio. Decisamente azzardata, assolutamente prematura e oltre ogni dubbio fuori luogo, dal momento in cui lei non faceva altro che pensare a Regina.
Regina che si trovava da sola da qualche parte. Regina che si meritava da lei una spiegazione. 
“Questo anello apparteneva a Milah.. - riprese Hook senza poter minimamente intuire i pensieri della donna che aveva di fronte - e ora voglio che lo tenga tu. Per troppi anni è stato mio. Per troppo tempo è stato il ricordo di un dolore implacabile, di un desiderio cieco di vendetta, di pensieri oscuri che, grazie a te, non mi appartengono più. Custodiscilo. Te lo dono insieme al mio amore, al nuovo me cui hai dato la forza di venire fuori.”
“K-Killian..” 
Decisamente sollevata, Emma non riusciva comunque a trovare le parole per rispondere a una così dolce dichiarazione d’amore. Non era certo il momento adatto per dire al suo fidanzato che aveva baciato un’altra. Una donna. La Regina Cattiva, per giunta. Era confusa e spaventata e provava un’estrema tenerezza per quel pirata che la guardava con gli occhi da bambino, mista a un senso di colpa lacerante per non riuscire a smettere di pensare a Regina. 
“Killian io devo andare.” riuscì infine a dire,  prima di scendere dalla nave e correre verso il centro di Storybrook, abbandonando Uncino incredulo e frastornato. 
 
Emma corse senza fermarsi fino a raggiungere il suo Maggiolino giallo, parcheggiato di fronte al locale di Granny dalla sera prima. La città era deserta, avvolta da una luce fioca, in quel primo pomeriggio uggioso e nuvoloso. Una volta in auto, mise in moto, diretta a Villa Mills. Con il cuore in gola suonó il campanello, ma nessuno rispose. Tentó di nuovo dopo qualche secondo, ma la casa sembrava deserta: non una luce, nessun segno di vita. Decise allora di chiamare Regina al cellulare, ma anche quello suonava a vuoto. Risalì in auto, infreddolita e abbattuta. Non sapeva cosa pensare. Temeva di averla ferita o fatta arrabbiare e non aveva idea di dove potesse trovarsi e di cosa stesse facendo. Mise di nuovo in moto la sua vecchia auto e cominció a girare senza meta nella periferia di Storybrook, fino a quando si trovó di fronte al cimitero: “Ma certo! La cripta! Come ho fatto a non pensarci prima?” esclamò ad alta voce. 
Parlava spesso da sola,!ad alta voce quando era nervosa. Abbandonó il Maggiolino sul ciglio della strada e si addentró nel cimitero. La porta della cripta di Regina era socchiusa, la scostò titubante e vi entró. Tutto era buio e umido. Scese le scale facendosi luce con il cellulare. Si fermò di colpo quando sentì un rumore metallico provenire da una piccola stanza sulla destra. Si affacciò con cautela e vide Regina intenta a gettare ingredienti in un grande pentolone fumante, che cuoceva al fuoco di un falò acceso proprio al centro della stanza. La donna sembrava molto concentrata, non alzava mai lo sguardo, leggeva con cura quella che Emma immaginava essere una specie di ricetta, da un libro vecchio e logoro, e aggiungeva elementi alla sua pietanza, mescolando di tanto in tanto. I capelli le cadevano sul viso, le sue labbra inconfondibilmente rosse come il fuoco, la fronte corrucciata. Sembrava preoccupata. Le sue curve sinuose strette in un tailleur nero come la notte. I tacchi ticchettavano sul pavimento di pietra quando si spostava per recuperare gli ingredienti necessari. 
Emma diede un’occhiata più attenta ai barattoli aperti sul tavolo accanto al calderone: semi di papavero, polvere di zenzero, frutto della passione, fragole disidratate, un’ampolla contenente del liquido rosso che non sapeva definire. Fasci di foglie di salvia essiccate bruciavano formando un cerchio di fumo denso intorno alla donna, come a proteggere e garantire la buona riuscita di quella che non era certo la ricetta di una cena prelibata.
Emma pensó che Regina sembrava una vera strega, in quella location così cupa e tetra, circondata da stani ingredienti, a mescolare quella pozione sospetta. 
Il sindaco di Storybrook estrasse con cautela una piccola ampolla contenente un liquido trasparente e ne fece cadere tre gocce nel calderone. A quel punto la pozione cominció a gorgogliare e ribollire, minacciando di straripare. 
“Ci siamo..” sussurró Regina, avvicinandosi a una nicchia nel muro e estraendone un coltello dall’impugnatura scarlatta. 
Quando vide la lama affilata appoggiarsi alla pelle morbida della mano di Regina, Emma non riuscì a trattenersi: “Non farlo!” gridó, spaventando a morte l’altra donna, che lasciò cadere il pugnale a terra. 
“Cosa stai facendo Regina? Sei impazzita per caso?” la rimproveró Emma con un misto di rabbia, dolcezza e preoccupazione nella voce.
Regina abbassó lo sguardo senza rispondere. Emma le si avvicinò tendendole una mano, che lei afferró con titubanza. Lo sceriffo la tiró verso di sè, prendendole anche l’altra mano. 
“Puoi dirmi che cosa stavi per fare?”
Regina alzó lo sguardo con gli occhi velati di lacrime. 
Emma le accarezzò dolcemente il viso. 
“A me puoi dire tutto, lo sai..” la incoraggió. 
“Sono passata da Gold stamattina. Ho preso un po’ delle tue lacrime.” cominció, mostrandole la piccola ampolla di vetro dalla quale aveva fatto cadere tre gocce di liquido trasparente poco prima. 
Emma voleva interromperla e domandarle il perché di un gesto così insensato e soprattutto come facesse Gold ad avere le sue lacrime. Ma restó zitta e attese che Regina proseguisse il suo racconto. 
“Poi sono venuta qui e ho cercato nel vecchio libro di mia madre un incantesimo che potesse... che potesse tenerti legata a me per sempre..” confessó Regina, arrossendo per l’imbarazzo. 
“Oh, Regina!” esclamò Emma, stringendola in un abbraccio. 
“Non hai bisogno di una pozione per tenermi legata a te. Non serve la magia..” la rassicurò. 
“Ma.. ma ieri te ne sei andata via, con Hook. Insomma, pensavo fosse successo qualcosa tra noi, era bello, è stato bello, e lo volevo tanto..”
“Lo volevo tanto anche io, Regina. Me ne sono andata via senza salutare e senza spiegazioni, hai ragione. E me ne sono pentita subito. Solo che ho avuto paura che Uncino scoprisse la verità e non volevo accadesse in quel modo. Provo comunque affetto per lui. Vorrei riuscire a non ferirlo troppo. E così ho ferito te. E ti ho pensata tutto il giorno, credimi. Appena sono riuscita a liberarmi sono corsa a cercarti.”
“Vedi, Emma... -disse regina lasciandole le mani- quando ho adottato Henry, sapevo che tu eri sua madre. Ho chiesto a Sidney di fare qualche ricerca e in un batter d’occhio avevo in mano i documenti ufficiali di nascita e conoscevo il tuo nome e la tua storia. Ho capito subito che si trattava della figlia di Biancaneve. Della salvatrice, destinata a distruggermi. Ero determinata a restituire il bambino, a fare in modo che io e te non ci incontrassimo per nessuna ragione al mondo. Ma qualcosa dentro me lo ha impedito. Ho avuto la sensazione fortissima di lasciar fare al destino. Così ho deciso di tenere Hanry e di aspettare che tu arrivassi nella mia vita. Per vedere che cosa sarebbe successo. Temevo che avresti causato la fine della mia felicità, la fine della mia esistenza. Mi trovavo proprio qui, con Henry in fasce, quando ho preparato una pozione che mi aiutasse a vivere il passare degli anni senza angosciarmi troppo per il tuo arrivo. E poi sei arrivata. Bellissima. E si, mi hai sconvolto la vita. Ma non è stata la fine, è stato l’inizio. Di una nuova me. Hai portato amore nella vita di Hanry e nella mia. Hai risvegliato la mia voglia di scoprire, di amare, di assaporare le piccole cose di ogni giorno. I miei occhi hanno imparato di nuovo a vedere il bello dentro alle cose, grazie a te. E vedi, non vorrei che te ne andassi via, adesso che ti ho trovata...”
“Ma io non vado da nessuna parte Regina!” rispose Emma, baciandola con passione. 
“Davvero? - chiese lei con la voce da bambina - perché tecnicamente potrei essere una specie di nonna per te, e insomma, cosa posso dare io a una giovane donna splendida e coraggiosa e piena di risorse come te?” 
“Non vado da nessuna parte, hai capito? -  le ripetè Emma guardandola negli occhi -non me ne vado perché noi due invecchieremo insieme. In una casa grande, vicino al mare. Avrà un portico con un’amaca, oppure un dondolo, dove resteremo sedute, a piedi nudi, le sere d’estate ad ascoltare il rumore dello scaccia pensieri dondolato dal vento, guardando le lucciole e inventando storie. La mattina ci sveglieremo all’alba, per vedere sorgere il sole, e poi ci riaddormenteremo abbracciate strette fortissimo, fino a giorno inoltrato. Non mi permetterai più di mangiare quei deliziosi cheesburger che mi piacciono tanto, perché la tua cucina è genuina e salutare, ma la casa saprà di caffè. Ti farò vedere tutti i film che ti sei persa, quando vivevi isolata dal resto del mondo a Storybrook o nel regno delle favole, li guarderemo insieme mentre mi passerai le dita tra i capelli e io ti graffierò dolcemente la schiena. Ci sarà una libreria enorme, piena zeppa di tutti i libri del mondo, e ce li leggeremo ad alta voce a vicenda, oppure no. Non sarai più da sola. Non dovrai più essere da sola nemmeno per un secondo, e nemmeno io. Le bimbe sperdute che ci vivono dentro, si tengono per mano, adesso. Un sacco di candele e incenso. Ti guarderò senza tempo e sarai bellissima. Avremo una stanza piena di erbe e intrugli, pozioni antiche e riti magici sconosciuti ai più. Litigheremo fortissimo per niente, tipo per quale musica ascoltare e ci diremo le cose più terribili e dopo piangeremo così forte che fare la pace sarà l’emozione più travolgente di sempre. Le notti di luna piena le passeremo ballando in giardino, nude intorno al fuoco, con corone di fiori in testa, e poi finalmente faremo l’amore. E quando ti bacerò non ci sarà respiro, verremo scaraventante fuori da noi, in alto, fino al cielo, per poi tornare giù, e non riuscire a smettere di sentire i morsi dentro allo stomaco. Perché è così che succede, quando le anime gemelle si ritrovano. Nelle sere d’autunno aspetteremo il tramonto con un bicchiere di vino, sotto al portico, con le lanterne accese e una coperta calda e morbidissima, ascoltando il canto dei grilli e respirando il profumo dell’erba appena tagliata. Ascolteremo le voci delle persone spegnersi lentamente, vedremo le luci delle case accendersi, e ci divertiremo un sacco restando per ore a sbirciare dalle finestre la vita degli altri. Forse riusciremo anche a vedere le lucciole. E mi racconterai di te. Vorrò sapere tutte le volte che hai pianto, le volte che hai avuto paura, quelle in cui hai riso così tanto da non respirare. Intreccerai le dita nelle mie. Imparerò a memoria tutte le tue cicatrici, perché ti starò a guardare. E a ascoltare. E a respirare. E a assaggiare. Imparerò dove soffri di più il solletico e dove detesti essere toccata. Potrò morderti il collo tutte le volte che vorrò. Ti insaponerò la schiena sotto la doccia e mi prenderò cura di te e tu di me.”
Sentendosi dire queste parole Regina scoppió in lacrime e abbracció Emma con tutto l’amore che aveva. Quella le prese il viso tra le mani, le bació la fronte e poi bació ogni lacrima che le rigava le guance. 
“Ho solo bisogno di un attimo di tempo per comunicare la mia decisione a Killian. Se sua maestà può concedermelo..” domandó Emma con dolce ironia.
“Vedremo, signorina Swan. Ma ogni concessione ha sempre un prezzo, non lo dimentichi!” la ammonì scherzosamente Regina. 
“In questo caso.. sono felice di pagare..” rispose lo sceriffo mordendole con enfasi il labbro inferiore, mentre, incontrollato, si piegava un un sorriso.
 
 
 
   
 
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