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Autore: Christine_Heart    06/01/2019    7 recensioni
«Freddie è successo qualcosa?» mi chiede diretto Brian.
«No tesoro...» rispondo io scuotendo appena il capo.
«Sono solo preoccupato.» confesso alla fine senza esitare.
«Preoccupato?» mi fa eco Roger nervoso.
Annuisco piano alzando gli occhi e fermandomi su ognuno di loro.
«Per voi...» mormoro sicuro.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Roger Taylor, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I still love you
 
 
Impossibile, eppure, c'ero caduto anch'io.
Mi ero lasciato andare, mi ero perso, e adesso non so ancora se sono pronto ad andarmene.
Avevo altri progetti, altre idee, ora il tempo stringe, ed io sono stanco.
Ma non voglio fermarmi, fin quando avrò forza, fin quando ci sarà un briciolo di energia in questo corpo, continuerò a fare ciò per cui sono nato, cantare.
Ultimamente mi sono seduto a tavolino per parlare con Brian. Ha sempre avuto grandi progetti quel ragazzo, e questo, probabilmente l'ultimo che mi sta proponendo, è sorprendente.
Ma stasera, stasera basta lavoro, stasera non si parla di musica, stasera voglio stare un po' con loro come i bei vecchi tempi andati, come quando non eravamo ancora nessuno e passavamo le giornate a immaginarci qualcuno, a immaginarci su un grande palco, spontanei, noi stessi con il nostro grande talento.
Li ho invitati a casa mia, per rimanere un po' con me.
Avevo un progetto diverso per questa occasione, ma sono troppo stanco per permettermi altro.
Sono troppo stanco di fare tutto, perfino camminare.
«Freddie.» mi sento chiamare con calma.
Apro gli occhi e cerco di mettere a fuoco.
Non mi ricordavo di essermi rannicchiato sul divano e di essermi addormentato.
«Ehi.» saluto piano io mettendo a fuoco il volto sottile e la massa di capelli ricci di Brian.
«Ciao.» mi saluta lui con un sorriso.
Vedo John agitare un po' la mano e Roger accennare un riso spontaneo.
«Siete venuti alla fine, non vi aspettavo più.» scherzo mettendomi seduto.
I miei amici ridacchiano di fronte alla mia maestria nel fargli notare giocosamente che erano in ritardo di un paio di minuti, e rimangono in piedi, provando a bofonchiare qualche scusa o una risposta degna di me, ma non m'importa, è bello averli qui con me.
«Su forza, non state lì impalati, sedetevi pure.» gli dico svelto.
John annuisce, e tutti prendono posto senza aggiungere altro.
Rimaniamo un po' lì, in silenzio, persi nei nostri pensieri.
Quel salotto che era stato scena di tante feste, di tante prove, di tanti momenti, per la prima volta sembrava vuoto, malgrado le quattro persone presenti.
Deglutisco appena, con forza, e mi sistemo la coperta sulle gambe, quasi a voler nascondere quel fisico troppo asciutto, quasi irriconoscibile agli occhi di tutti.
«Freddie è successo qualcosa?» mi chiede diretto Brian.
«No tesoro...» rispondo io scuotendo appena il capo.
«Sono solo preoccupato.» confesso alla fine senza esitare.
«Preoccupato?» mi fa eco Roger nervoso.
Annuisco piano alzando gli occhi e fermandomi su ognuno di loro.
«Per voi...» mormoro sicuro.
Leggo lo smarrimento su i loro volti, ed è chiaro che non capiscono il perché.
«Cosa farete una volta che me ne sarò andato?» chiedo deciso.
«Freddie, non devi pensare a quest...» cerca di farmi ragionare John.
«Ma devo saperlo, cosa succederà ai Queen, quando io non ci sarò più?» lo interrompo quasi agitato, desideroso di sapere.
Attimi di silenzio, aspetto nervoso come non mai, poi...
«Non lo sappiamo Freddie.» mi risponde con un sospiro Brian.
«Nessuno c'ha mai pensato.» afferma John.
«Nessuno ci sta pensando.» conferma Roger annuendo.
Ed io assimilo l'informazione, con occhi bassi e volto serio.
Annuisco un paio di volte distratto, poi penso che sia arrivato il momento di dirgli ciò che penso veramente.
«Posso darvi un consiglio?» chiedo con uno strano groppo alla gola.
«Certo, sono sempre ben accetti i tuoi consigli.» mi dice Roger onesto.
«Non vi fermate.» dico convinto.
«Freddie...» quasi mi rimprovera Brian sistemandosi sulla poltrona.
«No, sono serio.» gli dico scattando verso di lui.
«Che senso ha fermarsi, solo perché...» mi fermo di colpo.
Sento la gola bruciare, e svelto afferro un fazzoletto, lo apro e ci nascondo le labbra, mentre una tosse terribile mi distrugge il petto.
Brian si allunga premuroso verso di me, ma io in tutta risposta, alzo una mano con eleganza verso di lui, per fargli capire che è tutto a posto.
Mi asciugo la bocca, e provo a nascondere una smorfia di dolore.
«Io guardo solo avanti, ve l'ho sempre detto, e dovreste farlo anche voi.» gli ricordo nascondendo il fazzoletto sotto la coperta.
Volevo essere preciso, diretto, volevo parlare e affrontare argomenti di massima importanza per me.
Volevo quasi convincerli, dirgli che sarebbe andato tutto bene, magari chiedergli un ultimo aiuto, e lo stavo facendo con il mio stile.
Deglutisco di nuovo, cercando di calmare il dolore alla gola.
«Sono cresciuto con voi, in un modo che non credevo possibile.» inizio tranquillo.
«E vi ho visto crescere come fa un padre orgoglioso.» confesso alzando la testa.
«Sì, sono fiero di voi tesori miei.» annuisco deciso.
«Abbiamo rischiato, e abbiamo dimostrato al mondo chi siamo veramente.» dico agitando il pugno come se davanti a me ci fosse un pubblico urlante.
 
Quello era Freddie.
Freddie, semplicemente Freddie.
 
«E' bello sentirtelo dire Fred.» mi risponde Brian con un leggero sorriso.
«Lo penso veramente, non lo dico tanto per dire.» gli dico voltandomi verso di lui.
«Anche noi...» inizia col dire Roger, ma viene interrotto bruscamente.
«Ma tu, non hai paura? Non ha rimpianti?» chiede improvvisamente John, sorprendendo tutti.
Mi fermo a fissarlo, con la bocca semi aperta, poi sorrido quasi grato.
«Certo che ho rimpianti.» rispondo io come se stessi parlando ad un bambino.
«Tutti hanno rimpianti, chi non ne ha.» continuo ridacchiando.
«Mi piacerebbe tornare ragazzo, mi piacerebbe tornare indietro per una corsa sulle montagne russe, tornare a quando la vita era solo un gioco, chissà, forse avrei fatto scelte diverse, mi sarei fidato di persone diverse, sarei stato meno solo in quelle notti vuote...»
«Ma non si può fare, il tempo non si può cambiare.» affermo scuotendo il capo.
Distolgo lo sguardo da John, e con con voce bassa, come se stessi iniziando a leggere una favola aggiungo sincero: «Ho avuto una vita felice, ho affrontato le mie paure, e non sono cambiato, mai cambierò amici miei, fino l'ultimo dei miei giorni.»
E intanto Delilah sale sul divano al mio fianco.
«Ho bei ricordi.» chiarisco onesto, mentre gli accarezzo il pelo morbido.
«Bei ricordi, da portare con me.» dico portando una mano sul cuore.
Sorrido tra me e me, al ricordo di quante ne abbiamo passate.
«Brian che tra un libro e l'altro di astrofisica accorda la sua Red Special, pronto a qualsiasi prova.» e lo vedevo più giovane con i suoi ricci infiniti, intento a studiare un corpo celeste su un volume che sembrava pesare tantissimo, ma correre dal padre, appena aveva cinque minuti liberi per costruire assieme, lo strumento più bello che abbia mai visto, e una volta finito, suonare quella chitarra con l'abilità di un maestro, crearci dialoghi invisibili che si mischiano con le mie parole.
Riesce sempre a metterci l'anima in quello che suona, anche se alle volte un semplice assolo, sembra infinito.
«John che fa magie con il suo sound.» Per quanto questo ragazzo sia entrato in seguito nella band, mancava solo lui, per rendere indimenticabile questo gruppo. Mi è piaciuto da subito, con i suoi capelli stravaganti, ma con l'oro nelle dita, ha saputo fare davvero magie.
«Il Live Aid, dove abbiamo dato il meglio di noi.» iscritti all'ultimo, ma di nuovo insieme, dopo il nostro periodo da solisti, abbiamo ritrovato la gioia nel essere semplicemente i Queen.
«Mary con in braccio tua figlia Roger...» io e Roger ne avevamo passate tante, alle volte ricordo ancora il freddo pungente che mi entrava nelle ossa, ma quando all'apice del successo mi ha confessato che era nata sua figlia, tutto sembrava solo un brutto sogno.
«Ed io per una volta nella mia vita mi sentivo impacciato e timido, ma ero felice.» e vero lo confesso, adoro i bambini, ma esuberante come sono ho sempre paura di “distruggerli”.
«Dite la verità, avete scoperto un lato dolce di me che non conoscevate eh?»
«Sai essere così adorabile quando vuoi.» mi prendere in giro Roger.
«Sì, ma non è merito mio, ma dei vostri figli. Amo quei piccoli.» sorrido sereno, mentre nella mia testa l'immagine di un piccolo Richard che prova a dire chitarra si fa strada.
«Sono un bambinone anch'io.» dico facendo svolazzare la mano, come se la cosa appena detta fosse risaputa, ma ignorata da tutti.
E Delilah, quasi offesa nel sentire parlare di bambini, si alza, fa un salto agile e s'incammina verso la stanza accanto senza neanche degnarmi di uno sguardo.
«Viziatela.» mormoro io ridacchiando, mentre la guardo andar via.
Fisso una fotografia sul muro, una delle mie preferite, io di profilo sul palco con la mia giacca militare di colore giallo, che mi calza a pennello, alla mia destra il mio pubblico estasiato, alla mia sinistra i miei ragazzi che si esibiscono in un inchino finale.
«Siete stati la mia ragione, la mia voglia di vivere e il mio buon umore più di una volta, non voglio che questo essere positivo di voi, sparisca con me.» affermo onesto.
Ed era vero. Avevo avuto giornate decisamente nere, momenti in cui mi sentivo superiore agli altri, provocazioni che ho spesso accettato, ma loro, loro ci sono sempre stati. E in cuor mio, per quanto il restante mondo potesse dire il contrario, sapevo che ci sarebbero stati sempre.
«Sono stato padrone della scena e ho tenuto il mondo in una mano...chi può vantarsi di questo quanto me?» domando appoggiando la schiena al divano.
Sembrano rispondermi in silenzio, ma i loro occhi brillano.
«Abbiamo vinto battaglie incredibili, e avremmo potuto ancora continuare...»
«Esatto John.» sorrido io, sapendo che quella frase ha un doppio significato.
«Sai qual'è la verità Freddie?!» mi dice Roger schiarendosi la voce.
«Quale?» chiedo, anche se in verità so già la risposta.
«E' difficile accettare...accettare...» mi risponde, ma non riesce a finire, ed io non voglio che finisca, tutti lì dentro sapevano quanto era difficile dire addio.
«Lo so, lo capisco...veramente.» dico con tono flebile.
E li capivo davvero, se sarebbe successo ad uno di loro, probabilmente sarei impazzito per il dolore, non avrei mai sopportato una cosa del genere.
«Ma guardate il lato positivo.» dico con il mio solito ottimismo.
«Non sarò mai sul serio una vecchia signora.» rispondo accennando un sorriso e sollevando un sopracciglio, quasi a sfidarli a non ridere.
Roger ridacchia mentre scuote la testa, John sorride ma intanto si asciuga l'occhio sinistro.
«Sai che la frase che hai detto prima non era male.» confessa Brian per sdrammatizzare.
«Mi piacerebbe tornare indietro per una corsa sulle montagne russe...» ripeto piano.
«Ha del potenziale, vero?» chiedo inclinando il capo verso di lui.
«Potrei usarla.» affermo annuendo.
«Per che cosa?» mi domanda Roger sorpreso.
Li guardo, pesando le parole giuste da dire.
«Vorrei fare un ultimo video.» dico alzando le spalle.
«Video?» esclamano all'unisono i miei ragazzi.
«Sì, un ultimo disco...ho troppe idee per stare fermo ad aspettare.» annuisco deciso.
Ma i ragazzi non sembrano approvare quella decisione, e mi guardano incerti.
«Brian, stiamo già scrivendo un pezzo.» gli dico confuso, cercando una mano.
«Sì ma...» spiazzato, ci gira intorno.
«Ma cosa? Sono un vecchio attore, posso fare di tutto.» gli dico io nervoso.
«Dovresti riposare.» mi dice calmo lui, mentre i suoi occhi verdi si scontrano con i miei.
«Avrò tempo per riposare.» gli rispondo quasi offeso.
«Avrò tempo...» ripeto abbassando la voce quasi malinconico.
«Ma questo lo voglio fare, lo devo fare.» aggiungo deciso quasi agitato.
«Per chi?» mi chiede Brian spazientito.
Lo guardo in viso, e mi fermo a pensare un attimo a mani unite, mentre accarezzo distratto la mia fede nuziale, la stessa fede che ho regalato anche a Jim, come simbolo del nostro amore.
«Per voi, i miei amici, la mia seconda famiglia...» avrei fatto qualsiasi cosa per loro, e sarei stato pronto a gridarlo anche in quel preciso momento.
«Per Mary...» lei era stata e sarà sempre l'amore della mia vita, l'unica che mi ha capito veramente, e mi sarei presa cura di lei fino al mio ultimo giorno.
«Per Jim...» l'uomo che amo, il marito che ha deciso di starmi vicino fino alla morte.
«... per i miei fan...» coloro che hanno sempre ricambiato la mia energia.
«...per i miei gatti...» i miei compagni di una vita.
«...per la mia famiglia...» non sarei nessuno senza di loro.
«...per me.» ed era vero, perché volevo mettermi in gioco un ultima volta.
«Perché?» mi chiede John senza capire.
Sospiro con forza, anche se capisco la loro preoccupazione, sono davvero debole ultimamente, ma sento di poter fare ancora qualcosa per questo mondo.
«Perché vi amo ancora, li amo ancora, e voglio che si sappia.» dico tutto d'un fiato alzando il capo, e annuisco due volte.
«Per il semplice motivo che ogni volta che qualcuno canta le nostre canzoni, balla sul nostro ritmo, io mi sento vivo più che mai.» continuo sincero.
Deglutisco di nuovo, e mi sistemo a sedere di nuovo nervoso.
«Sono sempre stato un giovane ribelle, questo è vero.» confesso, come se i presenti fossero persone estranee alla mia vita privata.
«Ma ho avuto la fortuna di fare ciò che volevo, ho avuto la libertà di un artista, la libertà di creare e di cantare nonostante gli enormi problemi che abbiamo avuto. Abbiamo creato uno show colorato, potente, teatrale, eccentrico ed elegante. Abbiamo avuto la prepotenza di esprimerci, il carisma di vere rockstar.» dico con il cuore a mille.
«Abbiamo parlato al pubblico in modo diretto, lasciandogli una carica ed un energia esplosiva, ma siamo stati sempre naturali, sempre noi stessi, spontanei e uniti.» dico sincero.
Guardo dritto davanti a me, perso nelle mie parole.
«Non me ne voglio andare nel silenzio, non sarebbe da me.» confesso poco dopo.
«Sono sempre stato orgoglioso e geloso del mio lavoro.» ed era vero, tutti lo sapevano, ho sempre amato il mio lavoro, e ho sempre dato il massimo.
«Ma in un modo o nell'altro, ho sparso briciole di pane ovunque, e se un giorno qualcuno le coglierà, diventerà importante grazie a me, se s'ispirerà a ciò che ho fatto, ne sarà valsa la pena.»
«Non sarò dimenticato.» dico con voce lieve.
E finalmente credo che abbiano capito il mio timore, perché li sento trattenere il fiato.
«Non succederà mai questo.» mi dice con delicatezza Brian.
«Vivrai per sempre.» aggiunge Roger deciso.
«Sarai un eterna leggenda Freddie.» dice John annuendo sicuro.
«E voi con me.» rispondo sorridendo.
Basta così, avevo detto anche troppo, e a malincuore, avevo toccato punti dolenti, e vederli con gli occhi lucidi, sinceramente mi spezzava il cuore, ma dovevo farlo, ero loro amico e mi stavo spegnendo lentamente, e li volevo al sicuro, li volevo tranquilli.
«Non sarà facile, ci saranno giorni difficili, e mi dispiace.» confesso sentendo l'amaro in bocca.
«Ma fatelo per me, continuate a vivere con il mio ricordo.» gli chiedo quasi pregandoli.
«Non dico continuate con la musica, ma se avete progetti, iniziative, idee, desideri, realizzateli, divertitevi, per il vostro bene e quello dei vostri figli.» continuo con più energia.
«Non voglio vedervi tristi, senza speranza, senza forze, dopo la mia dipartita, non riuscirei a sopportalo.» confesso ancora, senza smettere di guardarli.
«D'accordo Freddie, ci possiamo provare.» mi dice insicuro Roger.
«No, nessuna prova, fatelo e basta vi prego.» gli dico scuotendo il capo.
«Aiutatemi con questi ultimi progetti, poi sarete liberi di fare tutto ciò che volete.»
«Accetterò ogni vostra scelta, ogni...» mi fermo perché il solo pensiero di non vederli più, e soprattutto di vederli separati per sempre, mi fa chiudere lo stomaco.
«Tutto...» mormoro, ma la mia mano trema.
«...Solo se le vostre strade si divideranno...» e per qualche strana ragione i miei occhi si fermano in quelli castani di John, che mi guarda con improvviso dispiacere.
«... non vi sfaldate, continuate ad essere amici, a vedervi, a sentirvi, per favore.» gli chiedo alla fine, perché era davvero quella la mia ultima richiesta.
«Andate avanti, non vi fermate.» mormoro piano, così da fargli capire la frase iniziale.
Li vedo annuire decisi, distratti nel loro dispiacere, ma decisi.
«Non vi dimenticherò mai, vi porterò con me, ovunque andrò.» confesso infine con un sorriso delicato che dice tutto. E le loro reazioni sono istantanee:
Brian sorride tra sé, ingoiando un po' di saliva mentre distoglie lo sguardo.
John stringe le labbra nel tentativo di non piangere, mentre si passa una mano tra i capelli.
Roger annuisce, sorridendo commosso mentre si fissa le scarpe.
Ed io sento gli occhi arrossarsi, e sono quasi sicuro che non era per la malattia.
«Brindiamo, che ne dite?» chiedo, con un battito di mani, per rallegrare il momento.
«Certo.» mi risponde subito Roger.
«Perché no.» gli fa eco John.
«Cosa ti servo, Fred?» mi chiede Brian alzandosi in piedi e spostandosi verso il tavolino degli alcolici, che era sempre ben rifornito.
«Vodka!» esclamo io cercando di alleggerire la situazione.
«Vodka, per tutti mio caro!» dico con una risatina.
Brian stappa la bottiglia, e versa da bere. Porge il primo bicchiere a Roger, poi a John, poi ne riempie due, e si avvicina al divano. Fa per porgermelo, ma io con un sorriso gli chiedo di aspettare un attimo. Sposto la coperta, tenendo sempre il fazzoletto ben nascosto, poi mi sposto alla base del divano con molto calma.
Con enorme fatica, e credo che la cosa sia visibile a tutti, perché sia Roger che John fanno due passi verso di me per aiutarmi a mettermi in piedi, ma sanno che fin quando non sono io a chiedere aiuto, riesco da solo, e quindi indecisi aspettano il da farsi, fin quando non mi alzo in piedi.
Respiro affondo come dopo una lunga corsa, e cerco di capire se le gambe mi reggono. Visto che la cosa sembra funzionare, sorrido di sbieco a Brian e prendo un bicchiere che subito alzo verso il nulla, in attesa della loro risposta.
«A te Freddie.» gli sento dire quasi orgogliosi.
«A voi amori miei.» rispondo io con lo stesso tono.
Buttiamo giù il nostro alcool, e lo sento scorrere prepotente nel mio corpo. L'unica medicina che ultimamente faceva davvero effetto sul dolore.
Mi fermo a fissare il bicchiere vuoto, chiedendomi quante bottiglie mi serviranno ancora per rimanere abbastanza vigile da fare ciò che desidero.
Poi alzo gli occhi, e capisco che la vodka non ha cambiato proprio nulla.
«Dai, venite qui...» gli dico posando il bicchiere e allargando le braccia.
Posano i loro bicchieri dove capitano, e con un'attenzione infinita mi abbracciano.
«Vi ho visto provare a trattenere le lacrime, e lasciarvi andare in seguito soltanto una volta, quando vi ho detto della mia malattia...» gli sussurro piano.
«E anche se ancora non avete capito che detesto vedervi così, perché continuate a piangere come delle femminucce...» gli dico quasi arrabbiato, ma la voce s'incrina.
«...non fa niente, vi voglio troppo bene.» gli dico alla fine con un sorriso.
Gli stringo a me, con quelle poche forza che ho.
«Amici per sempre?» chiedo provando a trattenere le lacrime.
«Per sempre Freddie» sento dire piano a John, mentre Brian e Roger mormorano la stessa cosa.
E dopo questo, non ce la faccio più, il re crolla, e mi lascio sfuggire una lacrima, che scende lenta sulla mia guancia.
«Grazie...» dico piano, senza lasciarli andare.
Avrei portato via con me, anche questo dolore misto a gioia, questo abbraccio infinito che mi ha riscaldato il cuore. Lasciare persone come loro, amici leali e fedeli, sarebbe stato un vero peccato, perchè sapevo che mi sarebbero mancati, più di chiunque in questo maledetto mondo.
 
 
***
 
24 Novembre 1991
 
Abbasso il volume del televisore, e senza rendermene conto indietreggio fino al letto, dove crollo seduto con gli occhi vitrei e la bocca semi aperta. Ero già stato avvertito, Peter Freestone stava facendo il suo giro di chiamate per dirlo ad amici e parenti, ma se lo diceva anche la televisione, allora la cosa era vera, non si poteva più tornare indietro.
Freddie se n'era andato per sempre.
Il telecomando mi cade di mano e guardo ipnotizzato una foto di lui che stanno trasmettendo, mentre continuano a parlare di come si è spento.
Avevo perso un'amico, un collega, e ora mi sentivo solo, vuoto ed inutile.
Sento gli occhi bruciare, e qualcosa di caldo scende lentamente sul viso.
«David...» mi sento chiamare con dolcezza.
Sposto lo sguardo, e una donna da lunghi capelli neri, si avvicina a me, quasi spaventata.
«Va tutto bene, amore?» mi chiede preoccupata.
«Iman...» mormoro io, senza avere la forza di dire altro.
«Non...non...» balbetto senza sapere cosa dire.
Non riesco a rispondergli, fisso di nuovo lo schermo, e poi crollo.
Nascondo il volto nelle mani, e singhiozzo, dando sfogo a tutto il mio dispiacere.
Il dolore è così forte che quasi non sento l'abbraccio confortante della donna che amo.
 
Ero stato da lui un po' di tempo fa, per fargli compagnia.
Era sdraiato a letto, con la finestra aperta che guardava sul giardino, ultimamente guardare fuori, sembrava calmarlo, o così mi ha detto Brian.
 
La sua voce era cambiata, più sottile, più debole, ma aveva sempre quel fascino irresistibile.
Quando mi ha visto, i suoi occhi si sono accessi in quel classico luccichio di gioia, che aveva soltanto quando stava su un palco.
Gli ho sorriso con dolcezza, ho preso una sedia, e mi sono seduto accanto a lui.
Chi lo conosce davvero bene, sapeva del suo lato fragile, vulnerabile, che nascondeva sotto un strato di forza,è sempre stato una persona incredibilmente forte, ma ora quella debolezza era visibile, e si rispecchiava nel suo fisico.
Ma nonostante tutto, era abbastanza in forza per raccontarmi qualcosa, e ascoltare.
Fin quando stanco, senza preavviso, ha chiuso gli occhi per paio di minuti e si è addormentato.
Non me la sono sentita di andarmene, così ho preso una rivista, ho ripreso posto e mi sono messo a sfogliarla. Avevo una voglia matta di accendere una sigaretta, ma sarebbe stata una crudeltà nei suoi confronti. Ho anche preso il pacchetto, tirato fuori quel bastoncino maledetto, solo per fissarlo e schiacciarlo nel portacenere, con una forza tale, che si è spaccata in due.
Delilah non si era mossa dal suo fianco, muovendo con calma la coda, mentre mi fissava con una certa curiosità.
E siamo stati in silenzio per un po', io con la mia rivista, lei con la sua coda.
«Ma sei rimasto?» mi sento dire all'improvviso.
Mi giro verso Freddie, e lui sta lì con la testa poggiata sul cuscino che mi guarda.
«Me l'hai chiesto tu.» gli ricordo io con un accenno di sorriso.
«Non è questo che fa un amico?» gli chiedo divertito.
«Non hai un lavoro tu?» mi chiede lui sullo stesso tono.
«Come ben sai la musica ha sempre i suoi tempi.» chiarisco io, avvicinandomi.
Prendo di nuovo posto accanto lui, e per qualche strana ragione gli stringo la mano.
«Grazie...» mi mormora lui.
«Non ho fatto niente di che...» rispondo confuso io.
«No, in generale, grazie per quello che hai fatto per me, è stato importante, davvero.» mi dice, e tira fuori uno dei suoi sorrisi onesti.
«Grazie a te Freddie.» sorriso io con la stessa onesta.
«E' stata una bella esperienza, ci siamo divertiti.» confesso dopo, sapendo che la cosa era vera.
«Sì, alle volte mi chiedo come sia possibile che il mio studio di registrazione a Montreux, sia ancora in piedi.» scherza, provando ad alzarsi.
«Abbiamo fatto un bel lavoro, è vero.» convengo io, mentre l'aiuto a sedersi sul letto, e gli sistemo un cuscino dietro la schiena.
«Un buon lavoro? Under Pressure è stato un successo.» mi dice lui scioccato, mentre si sistema.
«Sì, hai ragione.» rido io riprendendo posto.
«Dovrei tornare a Montreux...ho del lavoro da finire.» mi confessa subito dopo.
«Mi avevi detto che volevi finire con Innuendo?» gli chiedo smarrito.
«No, dipendesse da me non finirei mai.» afferma lui con tristezza.
«Questo sarà l'ultimo disco che vedrò pubblicato.» continua senza scomporsi.
«Ma i ragazzi hanno altro materiale, hanno un paio di demo che ho fatto quando mi sentivo in forza, ma toccherà loro montarlo, io non credo di farcela.» dice accarezzando le coperte.
«Perché dici così?» chiedo io con tristezza.
«Perché lo sento David...» mi confessa lui guardandomi negli occhi.
«Però non mi posso lamentare, va bene così.» afferma dopo guardando il soffitto.
«Posso andarmene in pace.» dice alla fine.
E malgrado tutto il suo volto è oscurato dalla tristezza solo per un attimo.
«Quando te ne sarai andato, puoi lasciarmi un posto libero accanto a te...» gli dico in un sussurro, quasi fosse un segreto tra di noi.
Si volta verso di me come per dire: “Che intenzioni hai, scusa?”
«...Vorrei vedere l'alba sul mondo assieme ad un amico.» gli dico garbato.
«Credo che si possa fare.» annuisce piano lui, quasi divertito.
«Di certo non diranno di no ad un re.» gli faccio notare io.
Sorride di nuovo, mentre abbassa la testa.
«Come farò a riconoscerti? Passeranno anni.» mi chiede lui insicuro.
E anche in questa situazione si vedeva il suo buon cuore, non aveva paura di andarsene e sperava che i suoi amici lo raggiungessero dopo anni.
«Avrò con me un uccellino azzurro.» gli dico annuendo.
E per quando Freddie non sembra capire, annuisce senza insistere, mentre una leggera brezza sposta alcuni disegni fermi sul muro. Conoscevo bene quei disegni.
«Mi è sempre piaciuto il tuo simbolo, ha un bel significato.» confesso fissando il foglio che continua ad agitarsi, mentre due leoni sembrano prendere vita.
«I Queen, che coraggio chiamarsi così.» affermo dopo quasi congratulandomi.
«Sono sempre stato un po' sfrontato.» ridacchia lui.
Si passa una mano sulle labbra e ritorna serio.
«Io ho sempre adorato i tuoi alter ego, Ziggy Stardust, Aladdin Sane, Major Tom, l'uomo delle stelle, L'Alieno...» dice tenendo il conto.
«Rispecchiavano te in ogni modo, ma il mio preferito però credo che sia il White Duke, ha così fascino, ed è così elegante, mi sarebbe piaciuto fare una pazzia con questo Duca.»
E probabilmente i miei occhi mi tradiscono, perché sarebbe piaciuto anche a me.
«Poi hai messo la testa a posto.» mi dice lui divertito.
Scoppio a ridere di gusto, e quando riesco a riprendermi gli chiedo:
«Io?» gli dico ammiccando verso l'anello che portava alla mano sinistra.
Lui abbassa gli occhi, guarda il riflesso dorato, e sorride.
Poi ritorna su di me e mi chiede: «Ma ho ragione?»
«No, che cosa strana che hai detto.» ribatto io.
«Non proprio a posto, sono sempre io.» rido guardando fuori dalla finestra.
«Siamo cambiati certo, le nostre performance, la nostra relazione con il palco, siamo cresciuti, abbiamo cambiato look, ci siamo innamorati, ma non siamo mai cambiati veramente, il nostro spirito non è mai cambiato veramente, non abbiamo mai messo la testa a posto, e non di certo per la musica.» chiarisco io con un sospiro rilassato.
E Freddie capisce cosa voglio dire, anche il suo spirito era rimasto puro e deciso, voleva fare musica, ed è quello che ha fatto, con ogni mezzo. Eravamo cambiati nell'aspetto, ma non nello spirito, e questo lo ha sempre saputo. Mi sorride.
«Vorrei chiederle di sposarmi.» gli dico senza pensarci.
Freddie sapeva di mio figlio, e sapeva di Iman, come stavo bene con lei. Non avevo segreti per lui, e lui non ne aveva per me, quando mi ha detto di Jim, di essersi innamorato di lui, di volersi unire a lui fregandosene di un pezzo di carta, di voler essere suo marito o di chiamarlo così a dispetto di tutto, sono stato felice, perchè era giusto, non c'era niente di sbagliato, e in sua compagnia Freddie mi è sempre sembrato più tranquillo, più calmo e rilassato, insomma quasi al sicuro da tutti.
«Se ti fa sorridere così, credo che sia una buona idea.» mi dice piano lui, come quasi ad approvare, a benedire quel futuro matrimonio.
Poi mi fissa, quasi a voler scolpire il mio viso nei suoi ricordi.
«Sai che non riesco più a vedere il ragazzino che passava davanti al mio banchetto di abiti vintage e si fermava di fronte ad un paio di stivali di cui si era innamorato?» mi dice lui, ritornando indietro con gli anni, probabilmente nostalgico anche di quel tempo.
«Ho ancora quelli stivali.» ridacchio io incrociando le braccia imbarazzato.
«Davvero?» mi chiede lui sorpreso.
«Sì.» annuisco io ancora ridendo.
« E avendo il fisico di un ragazzino, potrebbero anche andarmi.» scherzo di nuovo.
Poi mi schiarisco la voce e torno serio, felice del fatto che ricordi ancora il giorno in cui ci siamo conosciuti, il giorno in cui siamo diventati amici.
«Hai fatto un bel gesto, è stato un regalo davvero gradito.» gli dico come a volerlo ringraziare ancora.
«Capivo la tua situazione, anche io e Roger volevamo sfondare con la musica, ma non avevamo neanche i soldi per comprarci da mangiare.» mi dice lui sospirando.
«Ma poi ci siamo ripresi.» annuisce piano lui.
«Hai fatto cose straordinarie.» gli dico sincero.
«Vero, e tu hai ancora tanto da dare.» afferma con un sorriso spontaneo.
 
«Vero, e tu hai ancora tanto da dare.» queste parole mi riecheggiano in testa, e per quando strano, aveva ragione lui, potevo fare ancora altro, e l'avrei fatto.
E nonostante il pianto, mi sento ancora stordito, stanco, non riesco a riprendermi del tutto.
Con mia sorpresa sento la mano di Iman accarezzarmi il volto, e finalmente riesco a vederla. Gli sorrido per non farla preoccupare ancora, e gli chiedo con gentilezza di rimanere solo, avevo bisogno di stare solo, e di ragionare.
Sarei andato, un ultimo saluto era dovuto, dovevo andare.
Mi aveva confessato che avrebbe odiato invecchiare, “Sarebbe così noioso essere un settantenne, ho vissuto una vita piena, e anche se morissi domani, non me ne fregherebbe niente.” così aveva detto, e all'epoca credevo che stesse scherzando, ma forse in cuor suo già sapeva.
Mi alzo tremante, le gambe non mi reggono, ma riesco lo stesso ad avvicinarmi alla scrivania.
Apro il cassetto, e tiro fuori un paio di foto, verso il fondo trovo quella che stavo cercando.
Noi due di profilo io e che sembro accennare un sorriso, lui che conviene con una mia idea, io con la mia camicia bianca, lui con la sua canottiera aderente, così diversi eppure così simili.
La giro, e leggo le parole scritte con una calligrafia perfetta:
 
Ad un grande amico
Freddie Mercury
 
Potrà sembrare una cosa infantile piangere nella solitudine di una stanza, ma alle volte aiuta, soprattutto se si piange una brava persona, una persona straordinaria, splendida, altruista e generosa, se si piange per un amico fedele.

 
 
 




 
Note dell’autrice:
Ho sempre desiderato scrivere qualcosa dedicato ai Queen, soprattutto a Freddie, ma per qualche strana ragione mi sono sempre rifiutata di farlo, forse troppa paura di scontrarsi con la leggenda, ma dopo il film Bohemian Rhapsody, film che sto amando alla follia, non lo so, qualcosa è scattato dentro, e mi sono buttata, c'ho provato.
Confesso che il progetto iniziale non era per niente questo, aveva a cha fare con un verso della canzone "Who Wants to live forever", ma poi ho iniziato a scrivere, scrivere senza pensare, seguendo l'istinto, e alla fine questa nuova idea che stava prendendo forma mi piaceva.
E' stato un esperimento in tutti i sensi, di norma non scrivo in prima persona, non scrivo cose così serie, e cerco di non prendere spunti, ma qui c'era così tanto da dire che era impossibile.
In un certo senso mi sono sentita coinvolta da questa storia, quando ho scoperto della morte di Freddie ci sono rimasta male, alle volte piango tutt'ora per la morte di David che per qualche strana ragione sentivo una forte affinità con lui, volevo omaggiarli con qualcosa di bello, spero di esserci riuscita in qualche modo.
 
Ringrazio in primis Freddie e David, i due uomini che non scenderanno mai dal mio piedistallo della musica. 
C'è tanta musica nella mia vita, tanti cantanti che adoro e stimo, ma voi sarete sempre i primi.
Ringrazio i Queen per la musica e il tempo che mi concedono sempre.
Ringrazio Rami Malek che con la sua passione e bravura ha acceso qualcosa in me. (Ragazzo mi hai dato una gioia, continua così, e lasciami in questo stato di beatitudine.)


In un certo senso, è così che vedo ancora Freddie, felice sul suo palco, con la sua corona in mano a ringraziare chi di dovere.

 

Spiegazioni:

 

  • Perso: All'inizio quando Freddie dice di essersi perso, sta facendo riferimento a tutti i suoi eccessi; droga, alcool e sesso, ma può essere considerato anche una fase della sua malattia. Anche nel film Bohemian Rhapsody viene detta una cosa simile.

  • Ultimamente mi sono seduto a tavolino per parlare con Brian: Si sta palrando della canzone “The Show Must Go On”. Seppur accreditata a tutti i membri della band, nasce dalla mente di Brian May, il quale ne scrisse gran parte del testo dopo aver sentito la celebre sequenza iniziale alle tastiere ideata da Roger Taylor e John Deacon. Lo stesso May dichiarò alla rivista Guitarist, nel 1994: “All’inizio era solo una sequenza di accordi, ma ebbi questa strana sensazione che poteva trattarsi in qualche modo di qualcosa di importante, mi appassionai molto e ci lavorai su alacremente. Mi sono seduto con Freddie e insieme decidemmo quale avrebbe dovuto essere il tema e abbiamo scritto la prima strofa. È una storia lunga, quella canzone, ma ho sempre pensato fosse importante perché avevamo a che fare con cose di cui era difficile parlare, in quel momento, mentre nel mondo della musica si poteva fare.”

  • Io guardo solo avanti: Riferimento al film Bohemian Rhapsody che mi piaceva.

  • Mi piacerebbe tornare indietro per una corsa sulle montagne russe: E' un verso della canzone “These Are The Days Of Our Lives”. Tecnicamente il testo è di Roger, e l'ha scritto pensando ai propri figli, alla vita e ai ricordi, però mi piaceva l'idea che fosse Freddie ad avere questo “rimpianto”.

  • Delilah: Per chi non lo sa, era la gatta preferita di Freddie.

  • Red Special: E' la chitarra che May suona usualmente. All'età di cinque anni incomincia a suonare il pianoforte, ma la sua vera passione è la chitarra. Incomincia a prendere confidenza con la chitarra suonando l'ukulele-banjo o banjolele (George Formby style) portato in guerra da suo padre. May apprende molto velocemente i fondamenti dello strumento e ben presto si cimenta nel suonare una chitarra flamenca amplificata da un pick-up da lui stesso costruito. I suoi genitori, Harold e Ruth May, non sono in grado di acquistargli una costosa Fender Stratocaster, così nel 1963, a sedici anni, May, con l'aiuto del padre ingegnere, incomincia a costruire la sua Red Special, ultimata nel 1965 e utilizzata ancora oggi. Il suono della chitarra non soddisfaceva comunque il chitarrista, che fu completamente soddisfatto solo quando decise di usare come plettro, dopo innumerevoli prove, una monetina da 6 pence. La Red Special, nome che deriva dalla colorazione rossastra del mogano e dall'unicità dello strumento, fu battezzata così dagli amici di Brian, e risultò di fattura così pregevole che anche dopo aver raggiunto il successo May si rifiutò di usare, se non in rare occasioni, altre chitarre. È in assoluto l'oggetto più caro a May che lo lega in qualche modo anche a suo padre, che lo aiutò nella costruzione dello strumento.

  • Un semplice assolo, sembra infinito: Freddie si annoiava durante gli assoli di chitarra di Brian May. Gli assoli di chitarra di Brian, durante i live show dei Queen, a volte superavano i dieci minuti. Durante un particolare assolo piuttosto lungo, Freddie, in attesa dietro le quinte, disse: “Per l’amor di Dio! Andiamoo a fare shopping e usciamo di qui!“.

  • John che fa magie: Fa riferimento al brano “A kind of Magic” canzone che hanno scritto assieme, e usata in seguito anche nel film Highlander - L'ultimo immortale.

  • Richard: E' il primo figlio di Mary Austin. Freddie ha insegnato al piccolo Richard (nato nel 1990) le prime due parole pronunciate: "trattore" e "chitarra".

  • Fisso una fotografia sul muro, una delle mie preferite, io di profilo sul palco con la mia giacca militare di colore giallo, che mi calza a pennello: Non so se esiste una foto del genere, ma la giacca sicuramente è vera, è praticamente il simbolo di Freddie, ed è stata indossata per la prima volta al concerto di Wembley 86. Io faccio riferimento proprio a questo concerto qui.

  • Vecchia signora: I Queen affettuosamente venivano chiamati anche Vecchie signore.

  • Vorrei fare un ultimo video: “These Are The Days Of Our Lives”.

  • Fede nuziale: Allora Freddie e Jim non si sono mai sposati, anche perchè all'epoca il matrimonio tra due persone dello stesso sesso era illegale, ma hanno indossato fedi nuziali e usavano la parola marito per riferirsi l'un l'altro. Erano molti innamorati e a loro stava bene così, prova di questo un anedotto raccontato da Jim: Una sera: “Ogni volta che esci di casa ti togli quel maledetto coso. Perche?” ho chiesto. Freddie non ha detto niente, e ha fatto scivolare di nuovo l'anello al dito, poi mi ha baciato e ci siamo messi a letto. Dopo quella notte Freddie ha sempre portato la sua fede nuziale, non se n'è mai staccato, nemmeno per lavarsi le mani.” Ha capito che era importante per Jim, e pur di farlo felice, ha mostrato la fede a tutti senza vergogna.

  • Sono un vecchio attore: Faccio sempre riferimento alla canzone “The Show Must Go On”. Il pezzo in pratica racconta di un’esistenza che si avvia verso la conclusione, attraverso il racconto di un vecchio attore di spettacolo: «Another hero, another mindless crime / Behind the curtain, in the pantomime / Hold the line / Does anybody want to take it anymore?» (Un altro eroe, un altro crimine inutile / Dietro il sipario, nella pantomima / Resistere / C’è qualcuno che ancora ce la fa?); l’attore in questione è ovviamente Freddie, debole nel fisico ma ancora forte nello spirito: «Inside my heart is breaking / My make-up may be flaking / But my smile still stays on» (Dentro mi si spezza il cuore / Il trucco si sta sciogliendo / Ma io continuo a sorridere). Brian May fu capace di scrivere con così tanto trasporto e passione che sono sempre stati in molti ad essere convinti che l’autore del pezzo fosse in realtà lo stesso Mercury, che fosse lui in prima persona a raccontare di come vedesse la sua vita dissolversi lentamente. E in effetti, strofe come «I guess I’m learning / I must be warmer now / I’ll soon be turning round the corner, now / Outside the dawn is breaking / But inside in the dark I’m aching to be free» (Credo di iniziare a capire / Ora dovrei essere più cordiale / Presto girerò l’angolo, infine / Fuori inizia ad albeggiare / Ma dentro, nell’oscurità / Muoio dalla voglia di essere libero) e «My soul is painted like the wings of butterflies / Fairytales of yesterday will grow but never die / I can fly, my friends» (La mia anima è colorata come le ali delle farfalle / Le favole di ieri crescono ma non moriranno mai / Io posso volare, amici miei) assumono un significato autobiografico difficile da non notare.

  • Riposare: Quando Freddie dice che avrà tempo di riposare, in verità la cosa ha un doppio significato, sia che avrebbe riposato a letto, sia che probabilmente molto presto l'avrebbe fatto per sempre, per questo dopo sembra rattristarsi e non conclude la frase.

  • Vi amo ancora: I still love you. E' così che si conclude la canzone “These Are The Days Of Our Lives”, ed è così che Freddie saluta i suoi fan.

  • «...Solo se le vostre strade si divideranno...» e per qualche strana ragione i miei occhi si fermano in quelli castani di John: E' una cosa risaputa, ma in caso contrario, passo a spiegare. John dopo la morte di Freddie e dopo aver suonato un ultima volta con il gruppo la canzone dedicata all'amico “No One But You (Only The Good Die Young)”, John ha lasciato la band, confessando di non riuscire a continuare con questa strada, che senza Freddie i Queen non avevano ragione di esistere, ha addirittura sofferto di depressione dopo la scomparsa dell'amico. Era molto attaccatto a Freddie, in molti pensano che fosse quasi una figuara paterna visto che aveva perso suo padre molto gioavne. John tutt'oggi ha deciso di rimanere nel suo spazio, lontano dai riflettori del successo, e i suoi amici rispettano la sua decisione.

  • Vodka: Era l'unica cosa che Freddie beveva per trovare sollievo, e non lo dico io ma Brian in una sua intervista: Fui molto soddisfatto di come venne fuori, in particolare il modo in cui Freddie spinse la sua voce a livelli assurdi. Alcuni di quei versi li registrai in falsetto per lui e mi ricordo di aver detto: «Davvero non so se questo vuol dire chiedere un po’ troppo…». E lui se ne uscì: «Oh caro, non è un problema. Mi farò un paio di vodka, quindi andrò avanti e lo farò». E lo ha fatto. Anche qui faccio riferimento a “The Show Must Go On”. 
    In un'altra intervista Brian confessa: Freddie era indebolito dalla malattia, e spesso non riusciva a stare in piedi così beveva un po' di vodka, andava al mixer prendeva il microfono in mano e iniziava a cantare. Qui si parla di “These Are The Days Of Our Lives”.

  • Peter Freestone: E' stato l'assistente di Freddie Mercury per circa 11 anni : ha lavorato per lui , lo ha accompagnato nelle sue tournèe, ha vissuto con lui, lo ha assistito fino al giorno della sua morte, ed è stato suo amico. Da un'intervista so che è stato lui ad avvertire Roger della morte di Freddie.

  • Era sdraiato a letto, con la finestra aperta che guardava sul giardino: In un'intervista Brian racconta: L'ultima volta che l'ho visto, io e Anita siamo andati a trovarlo, ed era a letto. Le tende erano aperte, così poteva vedere il giardino. Parlavo proprio del giardino dicendo: “Interessante quel...” e lui: “Non dovete fare conversazione per forza. Sono felice che siate qua. Anche senza dire nulla, ci sentiamo vicini.

  • David Bowie: Freddie e David erano molto amici, e passavano spesso del tempo assieme, lo stesso Brian afferma che spesso stava con loro, ma non sono mai diventati veri amici. Non so se David sia mai andato a trovare Freddie negli ultimi mesi prima della sua scomprsa, mi piaceva solo l'idea di vederli assieme un ultima volta.

  • Innuendo: è il quattordicesimo album in studio del gruppo musicale britannico Queen, pubblicato nel 1991. Fu l'ultimo lavoro del gruppo pubblicato con il frontman Freddie Mercury ancora vivo. La copertina di Innuendo è ispirata alle illustrazioni di J.J. Grandville. Made in Heaven è il quindicesimo ed ultimo album registrato in studio dalla rock band britannica Queen, pubblicato il 7 novembre 1995. Nei mesi precedenti alla sua morte, Freddie Mercury si preoccupò di incidere alcune tracce vocali fintantoché le sue condizioni di salute glielo avessero permesso, lasciando successivamente agli altri membri della band il compito di creare le basi musicali per questi brani. A due anni dalla morte di Mercury, tra la fine del 1993 e gli inizi del 1994, la band tornò in studio, dove preparò le basi musicali sia per i brani registrati tra il 1991 e il 1992, sia per altre parti vocali (registrate a partire dal 1980) che Mercury aveva affidato al gruppo per arrangiarle al fine di includerle nell'album. Made in Heaven deve il suo nome al titolo di una canzone che Freddie Mercury incise nel 1985 per il suo album solista Mr. Bad Guy, ripresa qui in versione differente dai tre Queen. Nel nome dell'album si può notare inoltre il riferimento al destino e a tutto ciò che esso comporta (in inglese l'espressione "made in Heaven" significa "realizzato in Paradiso".

  • Avrò con me un uccellino azzurro: Qui David sta facendo riferimento al suo ultimo video Lazarus. Il “bluebird” (in italiano “Sialia“), e da sempre simbolo di libertà e rinascita.

  • Banchetto di abiti vintage: La storia è vera. Freddie e Roger vivevano assieme in un appartamento un po' spoglio, ma siccome ancora giovanissimi e poco conosciuti, tiravano avanti con una bancarella.

  • Sarebbe così noioso essere un settantenne, ho vissuto una vita piena, e anche se morissi domani, non me ne fregherebbe niente.” E' stato detto per davvero da Freddie nel 1987.

  • Fotografia con dedica: Sto parlando di una delle più famose scene scattate al Live Aid 1985.

 

 

 

 

 

  
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