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Autore: Jonghyun88    09/01/2019    3 recensioni
Chichi decide di scrivere una lettera a Goku, ormai defunto da tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chichi, Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Marito mio,
ti scrivo mentre sono seduta alla scrivania di Gohan, quella che usava per studiare quando era piccolo e che poi è diventata di Goten. Sento profumo di legno e ricordi. Dalla finestra davanti a me si scorge il verde del prato ed il sole, quasi a sbeffeggiare il mio stato d'animo, splende alto illuminando il cielo.
E' passato tanto tempo.
E' passato tanto tempo, marito mio, da quando i miei occhi hanno incontrato i tuoi, scuri chicchi di caffè sinceri e puliti. Sei sempre stato un uomo leale. Non ricordo da qui a tempo addietro una sola volta in cui tu abbia tentato di imbrogliare il prossimo, un tuo amico o anche solo me o i tuoi figli, anche per gioco. Sei sempre stato completamente incapace di fare del male, almeno non volontariamente.
Ripenso ai tempi andati, a quando ti allenavi nel retro di casa e l'odore del riso bollito saliva alto fin sopra le nuvole. Ti osservavo mentre sbrigavo i miei doveri di moglie, quelli che mi erano stato insegnati fin da piccola. Essere asservita ad un uomo, fargli trovare qualcosa di caldo in tavola e divenire una buona amante. Eppure, nonostante fin dalla più tenera età mi sia stato imposto di essere arrendevole, non sono mai riuscita a tralasciare quel lato focoso del mio carattere; quel lato impetuoso, quello che più volte mi ha portato ad alzare la voce con te, sino a vedere i tuoi ciuffi corvini muoversi all'indietro sotto il peso della mia voce che usciva come un uragano nella notte.
Eppure,
te lo giuro,
marito mio la mia non era altro che preoccupazione.
Quante notti ho passato rannicchiata nel lato dei miei sogni, con una mano sotto il cuscino e l'altra aggrappata al cuore, nel tentativo di fermare quei battiti accelerati che seguivano il ritmo del mio pianto. Ho avuto i peggior incubi mentre ti avevo accanto, a dormire con le braccia spalancate ed il viso disteso.
Ho temuto di perderti più quando ti avevo vicino che quando eri lontano.
Non so spiegarti esattamente la motivazione, forse l'idea di allontanarmi da te, di vederti sparire all'improvviso quando sino al momento prima eri una sagoma seduta al tavolo a divorare cibo ed a ridere con i nostri figli, mi ha sempre fatto più male dell'idea di sentirmi dire che non saresti rientrato da un lungo viaggio o dopo una lunga battaglia.
Comunque sia, amore mio, sapevamo entrambi che quel momento sarebbe arrivato.
Parlavi di salvare il mondo, diversi universi, di sconfiggere nemici talmente forti da farmi pensare che avessi letto qualche manga di Goten o che ti fossi visionato una ventina di DVD horror ed il modo in cui mi raccontavi di questi nemici era fatale per me. Mi sentivo spezzare ancor prima che loro avessero potuto letteralmente farmi a pezzi.
Ti osservavo da un angolo della sala, sulla poltrona blu che era di mio padre, mentre sgranavo un baccello di piselli o intarsiavo l'ennesimo lavoro a maglia. Mi bastava alzare gli occhi solo un istante, incrociare i tuoi così grandi persi nel vuoto di un racconto, nell'esaltazione di un possibile futuro, per sentirmi, nuovamente, una parte infinitesimale della tua vita.
Brillavi, me lo ricordo come se ti avessi adesso davanti ai miei occhi. Brillavi di una luce diversa, ti partiva dalle pupille ed irradiava tutto il tuo volto mentre serravi i pugni raccontandomi come avresti annienato la prossima minaccia.
Combattere, lo sappiamo entrambi, è stato il tuo unico grande amore.
Ci siamo conosciuti che eravamo poco più che bambini, ci siamo sposati all'improvviso, per una promessa innocente fatta ad una bambina già troppo maliziosa per l'età che aveva. Con la tua ingenuità e semplicità hai accettato di prendermi accanto a te, di condividere gli anni che mi avrebbero reso sempre più vecchia, che avrebbero stinto il nero dai miei capelli ed avrebbero solcato i lati della mia bocca con rughe profonde.
Hai accettato di giustificarti tutte quelle volte che io sbraitavo e tu non capivi, me ne rendevo conto, ma ti scusavi ugualmente con animo sincero, consapevole di avermi ferita senza mai aver compreso realmente cosa ci fosse di male nel seguire la tua indole, nel tuo essere Sayan.
Ad oggi, con le spalle curvate dal peso degli anni, dopo aver riscoperto una saggezza che credo sia conclusiva, che arrivi solo alla fine dei proprio giorni, posso sussurrarti con certezza che non c'è mai stato nulla di sbagliato in ciò che eri. Se dovessi chiedermi se sono mai stata in grado di mutare un lato del mio carattere, del mio personale istinto, all'alba della mia ottantaquattresima primavera risponderei per certo che no, non ne sono mai stata in grado.
Ma tu ci sei riuscito, hai raggiunto tutti quegli obiettivi che per i più sono impossibili ed hai mitigato la ferocia intrinseca nella tua razza con quella spontaneità e bontà d'animo che ancora oggi rimpiango, specialmente nelle notti di luna piena, quando dal finestrone della camera i raggi cangianti invadono le lenzuola ed io mi domando per quanto tempo ancora resteremo distanti.
Ogni tanto, e sorrido nel raccontartelo, parlo al silenzio quasi che tu potessi sentirmi.
Sono una sciocca, amore mio, lo so bene. Sono una di quelle persone che si rende conto solo dopo, solo dopo aver perso per sempre.
Conservo nel cassetto del comodino una tua vecchia divisa, quella che ti venne regalata dal maestro Muten per il tuo compleanno. E' consunta; l'arancione che un tempo splendeva infuocando la tua figura ora non è che una tenue imitazione di un sorbetto al melone e ci sono degli squarci, brandelli di stoffa che si dividono lasciando liberi milioni di fili di cotone. Non ho mai voluto rammendarla. Mi affascina l'idea di poter conservare qualcosa di te esattamente così come tu l'hai lasciato, senza raschiare, senza rattoppare, senza mettere una pezza che porti il mio nome laddove c'è bisogno soltanto del tuo.
Se accosto il tessuto alla bocca ed inspiro profondamente, percepisco ancora il tuo profumo. E' diventato un rito ormai. Apro il cassetto sfiorando col dorso il logo sul petto annusando nell'aria e poi lo richiudo con la massima velocità possibile. Voglio intrappolare quel tuo odore ancora per molto, custodendolo gelosamente, talmente gelosamente da negarlo persino a me stessa.
Quanto vorrei poggiare il viso nella piega fra il tuo collo e la spalla. Quanto vorrei sentirmi cullare dal sollevarsi ritmico del tuo petto premuto contro il mio ed assaggiare la tua bocca ancora una volta soltanto, mentre le tue dita tracciano il perimetro dei miei fianchi e mi prendi in braccio come se fossi fatta di aria.
Sono solo una sciocca sentimentale.
Sarà l'avanzare dell'età. Sono sempre più stanca e riuscire ad arrivare a fine giornata è ormai per me più un dovere che un piacere. Quando ogni singola cellula del proprio corpo desidera solamente una cosa, marito mio, non è forse giusto dargliela? Non hai sempre fatto così anche tu, inseguendo quel fuoco che ti ardeva dentro e che ti ha reso grande, in ogni senso, un nome che freme fra le labbra della gente e che fa palpitare il mio cuore come se avesse quarant'anni di meno?
Conosco già la tua risposta. Posso immaginarti in ogni minimo dettaglio, seduto sullo sgabello in giardino mentre tagli la legna da ardere nel caminetto, con la canotta bianca che lascia al vento le tue braccia muscolose e solamente una sottile scia di sudore che imperla la tua fronte. Solleveresti lo sguardo posando l'ascia a terra e spalancheresti la bocca in un sorriso dolcissimo accogliendo la tua tipica espressione più pura:
''Urca!''
Potrei scrivere ancora a lungo, continuerò a farlo nei meandri della mia mente, tracciando idiogrammi come se fossero promesse nel mentre che il veleno intorpidisce i miei sensi ed il peso di questa stilografica si fa pesante, talmente pesante che finirà col rotolarmi a terra, incastrandosi nell'ammaccatura del parquet che hanno creato Gohan e Goten durante uno dei loro litigi.
Nel buio dei miei ultimi istanti di vita, io ti ringrazio marito mio. Per avermi donato quel bene più grande e prezioso che mai avrei potuto raggiungere se non ti avessi avuto accanto per così tanto tempo: la grandezza di essere semplicemente sé stessi.
Ti amo,
tua per sempre
Chichi.



 

   
 
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