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Autore: Feisty Pants    17/01/2019    2 recensioni
Seguito di "High School Holmes".
Anna, Kristoff, Judy, Nick, Elsa, Jack e amici hanno ognuno la propria vita. Lavoro, amicizia, famiglia, felicità ma anche tante difficoltà quotidiane. Ora, come protagonisti, ci sono i loro figli immersi nella scuola e in tutte le sue avventure. La ribelle Emma, la dolce Ariel, la calma Aurora, il musicista Michele e tanti altri vivranno dei momenti significativi per ogni adolescente. Anna, Kristoff e company riusciranno ad affrontare la missione più difficile di tutte, ovvero essere dei buoni genitori?
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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CAPITOLO XIV

SCONOSCIUTI


Nel pomeriggio dello stesso giorno…


Emma camminava per le strade di quella città che ora, alle 18.00, si muoveva in modo frenetico. Le persone uscivano dagli uffici con il sorriso per poter finalmente tornare a casa e riabbracciare i propri cari. C’erano dei papà che tenevano per mano i propri bambini, adulti indaffarati che parlavano al telefono con i colleghi di lavoro e donne che uscivano dai supermercati con borse cariche di alimenti. Emma osservava tutto ciò e sentiva continuamente delle strette al cuore quando vedeva quelle situazioni. A quell’ora, in genere, suo padre Kristoff rientrava in casa e preparava la cena visto che Anna, bene o male, rientrava sempre più tardi.
Emma socchiuse gli occhi e ricordò momenti della sua vita passata che aveva rimosso da ormai troppo tempo. Le tornarono in mente le partite a carte con Ariel e il papà prima di cena, le risate e i giochi mentre si mangiava, i discorsi seri e, infine, il film tutti insieme sul divano.

Ora tutto questo dov’era? Sparito. Emma aveva buttato tutto nel cestino e si trovava sola in una città sconosciuta. Visto che iniziava a farsi buio, la ragazza si sedette su una panchina per capire che cosa fare. Era in piedi dalla sera prima, aveva trascorso la notte più brutta della sua vita, era scappata da Biff che sicuramente la stava cercando ed ora non sapeva dove andare. A pranzo si era comprata un panino nel primo bar aperto e per la cena non voleva mangiare nulla perché l’agitazione le aveva tappato lo stomaco.  Non aveva il coraggio di chiamare nessuno, non aveva un posto dove dormire, temeva che Biff spuntasse da qualche parte per attaccarla… immersa da quei pensieri la ragazza cominciò a piangere mostrando di nuovo la sua fragilità. Alla fine la quindicenne era umana, aveva dei sentimenti, dei pensieri, delle paure e l’averle represse per troppo tempo non le aveva fatto bene.

Stava continuando il suo pianto liberatorio quando qualcuno la interpellò.

“Che c’è, hai provato gli schifosi panini di Igeo? Ah, lo sapevo che quel panificio fa schifo!”

Emma smise immediatamente di piangere e sollevò il volto per osservare chi le stava parlando. Davanti a lei c’era un ragazzo alto, magro, con i capelli mori e gli occhi castani nascosti da due occhiali quadrati. All’apparenza lo sconosciuto sembrava buono e simpatico, un prototipo di ragazzo che Emma non aveva mai visto.

“Ehm, sì in effetti non era buonissimo quel panino” rispose la ragazza asciugandosi le lacrime.

“Allora, visto che mi sembri un po’ sciupata, ti porterei a mangiare in un posto carino di qui… è ovvio che tu non sei di queste parti e magari ti serve una guida!” continuò il ragazzo sorridendole con serenità.

“Ah che stupido… mi chiamo Luca e sappi che ti puoi fidare di me. Non ti mangio mica! Sono un povero studente di Psicologia, che male potrei farti?” terminò lui ridendo e facendo sorridere anche Emma.

Emma esitò un attimo per poi alzarsi e seguirlo. In effetti in quella condizione cosa aveva da perdere? Almeno lo sconosciuto simpatico l’avrebbe fatta mangiare e stare al caldo. Per la notte ci avrebbe pensato dopo.

“Eccoci arrivati! Guarda io ti consiglio un piatto di mare! Qui sono davvero buoni!” disse lui indicando il menù del ristorante.

“Ehm…non ho abbastanza soldi…” aggiunse Emma abbassando lo sguardo intimidita.

“Hey tranquilla! Sei una sorta di forestiera, offro io. Ah…e non metterti in testa strane idee eh! Non è un appuntamento e non voglio provarci con te!”
spiegò Luca entrando nel locale e facendo accomodare la ragazza ad un tavolo.

“Tu abiti qui?” chiese poi Emma riuscendo, finalmente, ad aprirsi un po’ con lo sconosciuto.

“Sì, ho un appartamentino in affitto da circa due anni. Tra poco mi laureo e vedrò dove andare. Tu come hai detto di chiamarti?”

“Veramente non l’ho detto. Sono Emma” si presentò lei ringraziando il cameriere per averle portato da bere.

“Emma, bel nome. E quanti anni hai?” domandò lui portando alla bocca il bicchiere.

“Ehm… tra un mese faccio i 16… sono in seconda superiore”

Luna non si aspettava una risposta del genere e finì per ingozzarsi con l’acqua e tossire.

“Oddio, sono perseguibile per legge allora! Io ho 23 anni… cosa ci fai in una città completamente da sola?!” chiese lui incuriosito dalla strana adolescente.

La ragazza non riuscì a rispondere. Affermare di essere scappata le metteva una certa vergogna.

“Sei scappata, ho capito” intuì lui.

“Come lo sai?!” domandò lei colpita dall’intuito del ragazzo.

“Perché è la stessa cosa che feci io due anni fa trasferendomi qui. Avevo una situazione pesante a casa e me ne sono andato. Posso dirti, però, che scappare non serve. Io ora ho trovato un equilibrio con la mia famiglia e ho imparato a convivere con le due realtà. Devi riuscire a farlo anche tu…con chi sei venuta qui?” domandò lui senza farsi troppi scrupoli.

“Dei deficienti…ho sbagliato tutto” cominciò a dire la ragazza intenzionata a svuotare il sacco di fronte a una persona che pareva molto competente e sensibile.

“Quest’anno mi faceva schifo tutto. La scuola mi ha mandata in crisi perché non mi dava niente, mi annoiavo a studiare, la mia migliore amica mi ha piantata in asso, mia sorella più piccola mi stava addosso, i miei genitori mi guardavano come se fossi una bambina e io ho finito per attaccarmi ad un gruppo di ragazzi un po’ ribelli.”

“E scommetto che ti sei fidanzata con il loro leader e hai capito a tue spese che è una persona poca affidabile” la interruppe lui facendo un cenno con la testa per indicare i segni rossi ancora ben visibili sul collo della ragazza.

“Esatto… il modo con cui mi ha trattata ieri sera mi ha fatto spaventare e capire che stavo facendo una cavolata. Di sicuro i miei genitori mi stanno cercando e probabilmente anche la polizia ma io non so che cosa fare. Da una parte non voglio tornare, dall’altra ho capito di aver sbagliato e che loro non meritano tutto questo” concluse Emma con rammarico non riuscendo a guardare l’altro in volto.

“Ok ascolta…sei minorenne, sicuramente quando tornerai avrai delle conseguenze e probabilmente i tuoi amichetti passeranno guai grossi visto che ti hanno praticamente costretta a vivere con loro. Tu però non puoi tornare se non capisci chi sei…”

“Che intendi dire?!” chiese Emma confusa.

“Sei partita per trovare la tua vera identità e ora vuoi tornare a casa più confusa e distrutta di prima. Devi capire di avere sbagliato veramente e avere la voglia di ricominciare per diventare una persona migliore. Senti, non mi pare che tu abbia altre alternative, ma ti proporrei di restare in questa città ancora per qualche giorno. A casa mia ci sono due letti separati…e stai tranquilla che non ho intenzione di fare nulla con te. Abbiamo 8 anni di differenza, potresti essere mia sorella anche se sei veramente una bella ragazza per l’età che hai” propose il giovane facendo per alzarsi e pagare il conto.

Emma ci pensò qualche secondo. Quel ragazzo l’attraeva, possedeva qualcosa che non aveva mai visto nelle altre persone. Lo conosceva da qualche ora e già si sentiva al sicuro con lui, come quando si sta vicino ad un amico capace di farti sentire al riparo. Luca era semplice, simpatico, serio e maturo al punto giusto. Probabilmente aveva affrontato dei problemi molto seri che erano riusciti a farlo cambiare in meglio…da una persona così c’era solo da imparare.

A casa di Luca…


L’appartamento era piccolo ma confortevole. Aveva una camera con un letto singolo, un bagno un po’ stretto e un bel soggiorno con angolo cucina molto raffinati.

“Sì beh, adesso ti preparo il divano. Dicevo di avere due letti ma in realtà intendevo il divano. Mi spiace ma, per quanto sia comodo, non ho intenzione di cederti il mio letto. Sembrerò maleducato ma io non riesco a dormire negli altri posti” spiegò Luca prendendo una coperta e un cuscino dall’armadio.

“Va benissimo, anzi…stai già facendo tanto per me!” ringraziò Emma sedendosi su una sedia.

“Dimmi un po’ Emma… quali sono le tue passioni, i tuoi sogni?” chiese Luca mettendo dell’acqua a bollire sul fuoco.

“Non ne ho” rispose schietta la ragazza rendendosi conto di essere veramente vuota. Non aveva desideri, non sapeva più cosa le piaceva, cosa la ispirava…non si conosceva per nulla.

“E…allora dimmi qualcosa su di te” stuzzicò ancora Luca porgendole la tazza di tè.

“Non so più niente di me… e dico per davvero. Ci sto pensando ma non mi viene in mente nulla. Mi sento così confusa” rispose Emma scuotendo la testa.

“Perfetto allora abbiamo capito qual è il nostro obbiettivo!” esclamò il ragazzo mettendosi in piedi e dirigendosi verso una buffa lavagnetta a forma di elefante.

“Che fai con quello?” rise Emma nel vedere quell’aggeggio da bambino piccolo.

“Tutto! E’ essenziale per vivere avere uno strumento di questo tipo! Ci scrivo sopra tutto… per ricordarmi qualcosa, per tirarmi su di morale quando sono triste, per divertirmi. Ora ti spiego ciò che ho capito, e fidati che non mi comporto così perché studio psicologia eh, ma… tu, cara Emma, non te ne andrai da qui finché non scoprirai: CHI SEI!”

Durante la spiegazione il ragazzo aveva preso un gessetto azzurro e aveva scritto: “Chi sono?” su quella bizzarra lavagnetta.

“Ed ora ti consiglio di andare a dormire, devi essere molto stanca dopo una giornata in giro. Se hai bisogno di farti una doccia fai pure, tanto non vengo a spiarti…ho troppo sonno per farmi prendere dagli ormoni. Buonanotte Emma, e rifletti su ciò che ti ho detto! Prima capirai chi sei e meglio starai!”
Concluse Luca sorridendo all’ospite e allontanandosi.
Emma si distese sul divano e fissò il soffitto ripensando a quella giornata e a come l’avesse cambiata. In 24 ore aveva capito di essersi comportata male, di non volere più una vita come quella di prima e di desiderare il ricongiungimento con la sua famiglia. Luca poi, che dire…era perfetto. La ragazza non capiva ma il suo corpo si trasformava e le mandava dei segnali quando era a contatto con lo sconosciuto. Sentiva il cuore battere forte, una sensazione di pace e spensieratezza e una forte attrazione nei confronti dell’altro. Forse era ammaliata dal modo con cui lui le parlava, o per la bravura con cui le diceva le cose aiutandola a interiorizzarle o dalla capacità di farla sentire al sicuro.

Emma sapeva che non doveva fidarsi degli sconosciuti, ma Luca era diverso.

A casa di Elsa…


“Rapunzel? Che ci fai qui?” disse Elsa vedendo la cugina dal citofono e correndo ad aprirle.

“Devo parlarti, ed è abbastanza urgente” affermò la donna entrando in casa e spogliandosi la giacca.

“Dimmi tutto, ti posso offrire qualcosa?” chiese Elsa facendola accomodare sul divano.

“Nono, tranquilla. Sono andata a scuola perché Pietro ha fatto a botte con un compagno. Cosa abbastanza insolita per lui… ma pare che l’abbia fatto per difendere Ariel” spiegò la donna cercando di essere esaustiva.

“Ariel? Cosa c’entra?” replicò Elsa sempre più dubbiosa.

“I nostri figli la stanno proteggendo dal bullismo. Non ci hanno detto nulla, ma pare che appunto Ariel sia una vittima da molto tempo.” Concluse Rapunzel accavallando le gambe.

“Oh no…povera Anna!” sbuffò Elsa mettendosi le mani tra i capelli.

“Esatto…stessa cosa che ho pensato anche io. E’ già distrutta per la fuga di Emma, per il fatto che la cosa stia uscendo troppo allo scoperto e lei non si sa dove sia e in più…”

“E in più è incinta di nuovo…” concluse Elsa guardando l’amica in volto.

“No aspetta, che? Questo non lo sapevo!”

“L’ho capito da sola… è venuta a trovarmi dopo il lavoro ed aveva un sacco di nausea, tanta preoccupazione e un test di gravidanza nella borsa. Non le ho detto nulla perché penso che nemmeno Kristoff ne sia a conoscenza.”

“Ecco questo spiega il nostro discorso. Non si sente degna di diventare madre di nuovo e l’idea di avere anche l’altra figlia bullizzata non so quanto possa far bene alla sua salute e a quella del piccolino che forse aspetta” ipotizzò Rapunzel.

“Io ne parlerò direttamente con mia nipote. Magari Ariel riuscirà ad aprirsi e confidarmi tutto. Farò anche un bel discorsino ad Aurora… il bullismo è grave e bisogna intervenire al più presto.” Terminò Elsa con convinzione.

“Speriamo si risolvi tutto” aggiunse Rapunzel prima di tornare a casa.

 
…Speriamo…
  
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