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Autore: _Lightning_    22/01/2019    6 recensioni
Tony lanciò l’ennesima occhiata nervosa all’orologio da polso.
La sensazione di aver preso una decisione avventata aveva iniziato a pungolarlo sin quando si era presentato al Pentagono, aveva assunto contorni sempre più definiti man mano che si era addentrato nei suoi labirintici corridoi ed era diventata una fastidiosa certezza nel momento in cui aveva varcato la soglia dell’ufficio di Ross.

[post-Sokovia // pre-Civil War // PoV Tony // Missing Moment]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Schegge'
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Serie: Schegge
Compromessi
 


“Was it all worth it,
Giving all my heart and soul
And staying up all night
Was it all worth it?

Was it all worth it all these years?”


[Was It All Worth It – Queen]




15 Marzo 2016

 
Tony lanciò l’ennesima occhiata nervosa all’orologio da polso.
La sensazione di aver preso una decisione avventata aveva iniziato a pungolarlo sin da quando si era presentato al Pentagono, aveva assunto contorni sempre più definiti man mano che si era addentrato nei suoi labirintici corridoi ed era diventata una fastidiosa certezza nel momento in cui aveva varcato la soglia dell’ufficio di Ross.
Nel trovarlo vuoto aveva represso l’urgenza di approfittarne per girare i tacchi e andarsene, e si era invece seduto con circospetta cautela sulla sedia imbottita di fronte alla scrivania, in attesa. Si era aspettato un arredamento opulento, in linea coi lucidi pavimenti in marmo fiancheggiati da pomposi ritratti che aveva appena attraversato, ma l’ufficio del pluridecorato generale dell’esercito era spartano e asettico, se non per le sue onorificenze in bella mostra.
Portò l’indice a sostenere la tempia, il gomito puntato contro il bracciolo della sedia girevole mentre lasciava vagare lo sguardo da una lucida targhetta d’ottone all’altra, passando per gli attestati e riconoscimenti militari appesi al muro e sulla teca incassata nella libreria con le numerose medaglie scintillanti appuntate sul velluto blu.
Si sentiva nella tana del leone.
La maniglia della porta che si abbassava lo fece trasalire appena, e si voltò a inquadrare Thaddeus "Thunderbolt" Ross che si stagliava nell’ingresso, con il volto atteggiato a un’espressione di puro fastidio a malapena stemperata dal sorriso cordiale quanto quello di un avvoltoio.

«Vedo che non ha perso il vizio di sbucare dal nulla nei momenti meno appropriati,» esordì l’ex-generale a mo’ di saluto, chiudendosi la porta alle spalle.

«È un vizio vantaggioso, signor Segretario,» replicò Tony, accennando un sorrisetto scaltro e calcando il suo nuovo titolo. «Almeno stavolta non ho dovuto braccarla nei peggiori bar di Bella Coola1,» aggiunse, e quel commento fece quasi sparire la bocca di Ross sotto i suoi folti baffi.

Uno a zero per lui, considerò soddisfatto Tony, recuperando però un’espressione più composta.
Ross lasciò seccamente cadere sulla scrivania i fascicoli che aveva sottobraccio, prima di sprofondare nella propria sedia continuando a fissarlo come se sperasse di fulminarlo con la sola imposizione dello sguardo grazie a un qualche potere conferitogli dal suo nomignolo. Tony dubitava che Thor avrebbe approvato.

«Devo dire che non mi aspettavo quasi più una sua visita,» disse il Segretario, reclinandosi sullo schienale.

Tony non poté evitare una lieve alzata di sopracciglia a quell’affermazione.

«Mi aspettava?»

«Non avevo escluso l’ipotesi che a qualcuno della vostra “banda” venisse in mente di farsi vivo, nonostante il persistente silenzio radio,» ribatté Ross.

«Ammetto che abbiamo mancato di spedire qualche cartolina di Natale al Pentagono e compagnia, ultimamente, ma non vuol dire che non siate sempre nei nostri pensieri,» svicolò Tony, centellinando sarcasmo e parole.

«Bene, almeno la cosa è reciproca,» commentò lui con melliflua ambiguità.

 Il sorriso falso che gli rivolse segnò una pausa netta nel discorso.
Tony si accomodò meglio e accavallò con disinvoltura le gambe, celando il suo nervosismo. Aveva pensato di stare aprendo la partita, invece a quanto pareva era entrato nel secondo tempo di una probabilmente già a suo svantaggio.

«Di cosa stiamo parlando?» tastò il terreno, schermandosi dietro un sorriso falso quanto quello del Segretario.

«Lei di cosa era venuto a parlare?» lo aggirò l’altro, senza scoprire le sue carte.

Tony imprecò mentalmente, ma stette al gioco.

«Sa, è da mesi che i Vendicatori si ritrovano la posta intasata da più lettere ed e-mail del solito,» cominciò con forzata leggerezza. «E sul podio dei contenuti non ci sono più i disegni dei bambini, ma la Sokovia,» concluse in tono più grave.

«La cosa non dovrebbe sorprenderla.»

«Affatto. Mi chiedo solo se ritrovarsi assediati da cumuli di carta straccia e pixel porterà realmente a qualcosa a lungo termine.»

«Mi sta dicendo che le è indifferente?»

«Le sto dicendo che non ci dormirei la notte anche senza ricevere il promemoria giornaliero di ciò che ho sbagliato,» sbottò Tony, con le occhiaie a corroborare quell’affermazione. «Allo stesso tempo, affidarsi semplicemente alla rabbia e al dolore delle persone sperando che la prossima volta faremo meglio non è una risposta sufficiente né efficiente a ciò che è accaduto.»

A quel punto Ross poggiò i gomiti sulla scrivania, continuando a studiarlo a fondo coi suoi occhi slavati e inespressivi, ma ora ravvivati da una scintilla d’interesse più consistente. Tony non seppe se esserne incoraggiato o meno, ma concluse comunque il discorso:

«Non possiamo neanche sperare che qualcosa del genere non accada più in futuro, e quando accadrà ci troveremo di nuovo a puntarci il dito addosso a vicenda chiedendoci cosa avremmo potuto fare per evitarlo,» disse d’un fiato, sperando che il tutto trapelasse come una metafora e non come la puntuale descrizione di ciò che stava accadendo al Complesso in quel periodo. «Abbiamo – i Vendicatori, intendo – bisogno di… di regole e linee guida per ogni evenienza, di direttive che non si limitino a un “salvate il mondo e tanti saluti” e…»

«Stento a credere che queste parole vengano da qualcuno che ha sempre apertamente ignorato qualsiasi “direttiva” e si è fatto più volte beffe del governo degli Stati Uniti,» lo interruppe Ross, con un misto di divertimento e acredine e il chiaro intento di metterlo alla prova.

«Ho superato la mia fase ribelle, Segretario, e non mi sento in colpa per aver ignorato delle direttive provenienti da quello che si è rivelato un pezzo grosso dell'HYDRA2,» ribatté con fredda puntualità. «Chissà come sarebbe bello il mondo se all’epoca avessi ceduto la tecnologia Arc a loro,» aggiunse, con fare provocatorio e falsamente sognante.

Ross incassò il colpo in silenzio, per poi scrutarlo con aria stranamente soddisfatta.

«Si contraddice da solo, Stark,» gli fece notare con fare quasi canzonatorio. «Vuole fornire dei limiti ai Vendicatori, ma allo stesso tempo giustifica l’atto di valicarli e poi si lamenta delle conseguenze.»

Tony sostenne il suo sguardo, ma contrasse la mascella. Si chiese se non si stesse ponendo in modo un po’ troppo veemente per qualcosa che non era neanche sicuro di voler sostenere e che aveva evidentemente dei contorni molto fumosi nella sua testa.

«Se ci fossero dei limiti ben chiari forse ci penseremmo due volte prima di superarli, e se avessimo delle garanzie non ci lamenteremmo delle conseguenze,» rigirò il discorso, ostentando la massima dimestichezza in materia.

Ross ci pensò su per qualche istante.

«Questa sarebbe la sua proposta? Controllare i Vendicatori invece di licenziarli?»

«Non sto dicendo di controllarli, ma di legalizzarli

Ross lasciò ricadere le mani intrecciate sulla scrivania, con gli indici puntati verso di lui in un gesto indefinibile che poteva essere scherno, come anche approvazione.

«Un protocollo,» interpretò, e Tony storse appena la bocca, non del tutto soddisfatto da quella definizione.

«Pensavo più a una… carta dei diritti,» scrollò le spalle senza entusiasmo, consapevole però di aver fatto breccia. «Un qualcosa che ci lasci libertà di agire, che ponga un freno se necessario e che non ci rivolti contro l’opinione pubblica nel momento in cui commettiamo un errore,» espose con sicurezza, prendendosi tempo per formulare la proposta nel modo più conciso e chiaro possibile.

A quel punto Ross s’incupì, abbandonando il proprio atteggiamento neutrale e scivolando nell’accusatorio:

«Sta parlando di uno scarico di responsabilità.»

«Sto parlando di tutele al momento assenti…»

«Dei superumani hanno davvero bisogno di essere tutelati?» gli parlò sopra Ross.

«… e di diritti, e di doveri,» continuò imperterrito Tony, tenendo il punto.

«Mi sembra che vi siate presi entrambi senza chiedere alcun consenso,» sottolineò l’altro con asprezza.

«Ci spettano in quanto esseri umani.»

«Lei è umano.»

«Così come gli altri,» replicò lui a denti stretti, sentendo un principio di rabbia annebbiargli i pensieri per quell’insinuazione, a dispetto di tutti i contrasti avuti recentemente coi suoi compagni. «Nessuno di noi ha scelto di diventare chi è adesso per pura bontà d’animo. Quasi nessuno,» si corresse poi prima di essere colto in fallo, alzando gli occhi al cielo.

«Qui stiamo esulando dall’argomento,» lo rimbrottò il Segretario. «Non siamo qui per discutere se degli esperimenti da laboratorio siano umani o meno,» concluse, quasi seccato.

«Giusto, non divaghiamo,» cinguettò Tony, con falso brio che celava a malapena la sua stizza, «O saremmo costretti a chiamare in causa anche certi incresciosi incidenti coi raggi gamma e una brutta copia del siero del super-soldato che avrebbe fatto accapponare la pelle a mio padre.»

Ross illividì, o meglio, il suo volto virò su un malsano purpureo che gli infiammò le guance cadenti.

«Attento a dove cammina, Stark. Non tutti sono disposti a prostrarsi al suo passaggio,» sibilò, con la bocca irrigidita dalla rabbia che si muoveva appena nel parlare. «E le consiglierei di non portare di nuovo a galla determinati incidenti, soprattutto in concomitanza con la vantaggiosa scomparsa del dottor Banner.»

«Non vi è alcun vantaggio per nessuno, mi creda,» lo rimbeccò Tony, frenandosi dal dire altro e riprendendo con prontezza il discorso prima che Ross potesse approfondire quel commento. «Il punto è che noi avremmo potuto fregarcene di tutto e tutti, del mondo e della sua sicurezza. Invece abbiamo deciso che ci importa, a prescindere da chi siamo diventati e da quanto abbiamo da perdere,» conclude, trapassando il Segretario con sguardo fermo ed espressione ferrea.

Ross si lasciò ricadere contro lo schienale, ancora alterato ma chiaramente impegnato nel recuperare il controllo di sé.

«E quanto potremmo mai perdere noi, se decidessimo di “licenziarvi”?» chiese infine, di nuovo sferzante.

Tony abbassò per una frazione di secondo lo sguardo, col portale che gli si spalancava davanti. Non quello a New York, ma uno ben più terrificante in un futuro forse non poi così lontano, lo stesso che aveva intravisto e cercato di ritardare costruendo un’armatura difettosa attorno al mondo rischiando di stritolarlo.

«Tutto,» rispose infine, più gravemente di quanto avrebbe voluto. «Avete bisogno di noi, che vi piaccia o no. E noi dobbiamo poter agire in vesti ufficiali, con tutto ciò che questo comporta.»

Ross sembrò ruminare a lungo su quell’ultima affermazione, col volto che riprendeva lentamente il suo colorito naturale, senza per questo farsi meno cupo.

«Non è certo il primo a dire che i superumani vadano controllati,» dissee infine, guardingo.

Tony rinunciò a correggere quell’espressione, e si limitò a dissentire in silenzio. Considerava già un passo avanti il fatto che non si stesse più parlando di licenziare i Vendicatori, o peggio di rinchiuderli, come molti avevano proposto ultimamente.

«Lo SHIELD fece un pessimo lavoro in merito, ma molti pensano che sia il caso di fare un altro tentativo. La cosa è stata tenuta in sordina fino ad ora, ma delle normative...» esitò brevemente, «Degli “accordi” sono nell’aria ormai da un bel po’.»

Nel dirlo Ross si chinò di nuovo in avanti scrutando la sua reazione, che non fu composta come avrebbe voluto e fece così strada a un cipiglio sospettoso.

«Accordi?» ripeté, prendendo tempo. «Cosa mi sono perso?»

«Il mondo che volete tanto proteggere ha capito da tempo che non può lasciarvi fare ciò che volete e limitarsi a raccogliere i pezzi rotti che vi lasciate dietro. Si discute di alcuni provvedimenti che…»

«Quindi c’è una discussione in atto,» lo interruppe Tony, rianimandosi. «Alla quale potremmo prendere parte per…»

«Si svegli, Stark,» sbottò Ross, irritandosi di nuovo. «L’ONU ci sta lavorando sin dall’incidente Insight, e quello in Sokovia è stata solo l’ultima goccia,» mise in chiaro, senza possibilità d’appello e raggelando il suo intervento speranzoso.

«Non ci avete interpellati,» constatò quindi con freddezza, sentendo evaporare ogni traccia di buona volontà nel mantenersi cordiale.

«Avreste dovuto farvi avanti voi per primi quando il conto delle vittime si è fatto troppo alto, ma evidentemente le questioni mondane non sono di vostro interesse,» lo rimbeccò aspramente il Segretario, facendolo ammutolire. «Il grosso è ormai fatto. Starà poi a voi decidere da che parte stare,» concluse in tono definitivo.

Tony rimase interdetto per poco più di un secondo, il tempo per assorbire quell'informazione e realizzare che la sua gita al Pentagono era stata del tutto inutile.

«Crede davvero che accetteremo un documento che non abbiamo neanche mai letto o discusso?» ironizzò quindi incredulo. «Ci state chiedendo di firmare a occhi chiusi,» lo accusò, a un passo dallo scattare in piedi e sentendo crescere la frustrazione per quella manovra imprevista.

Partendo con quell’atteggiamento dispotico si sarebbero inimicati all’istante metà dei Vendicatori, che non erano notoriamente persone a cui piaceva sentirsi dire cosa fare – lui incluso. E non si sentiva di escludere che vi fosse anche una qualche lotta sotterranea tra le varie potenze per accaparrarsi una fetta di controllo più ampia su di loro.
Imprecò tra i denti. La sua idea iniziale era di trovare un compromesso che entrambe le parti fossero egualmente inclini a rispettare di volontà propria, ma quella che gli stava dipingendo Ross aveva tutta l’aria di essere una gabbia mascherata da libertà. Poteva già sentire le proteste di Rogers che gli massacravano i timpani.

«Vi stiamo chiedendo di pazientare. Avrete modo di discuterne ampiamente a tempo debito,» lo rabbonì Ross, in modo troppo subdolo per essere convincente. «E se volete avere qualche speranza di ottenere delle modifiche, vi consiglierei di dimostrarvi collaborativi. Abbiamo emendato la Costituzione, non vedo perché il vostro diritto d’esistere debba essere differente.»

Tony tacque e mantenne solida la sua maschera di sdegno, pur trovando una traccia di ragionevolezza in quelle ultime parole, che servirono a placarlo almeno in parte.
Si mosse agitato sulla sedia, chiedendosi perché quella mattina non se ne fosse rimasto al Complesso invece di infilarsi la Mark e volare fino a Washington seguendo l’impulso del momento. Si rispose pensando alla cappa di rimprovero inespresso che prendeva a schiacciarlo non appena si trovava tra quelle mura, alle occhiate accusatorie lanciate dietro le sue spalle, a quanta energia gli costasse ignorarle e a quanto fosse immensamente più semplice chiudersi in laboratorio per evitarle del tutto. Forse era un bene avere le mani legate, o era sicuro che avrebbe trovato un modo per peggiorare la situazione e inimicarseli ancor di più.

«Immagino che queste siano informazioni riservate,» commentò infine, sollevando lo sguardo verso Ross.

«Per ora conto sulla sua discrezione. A breve diverranno comunque di dominio pubblico,» confermò lui.

Tony si prese qualche secondo per riflettere, prima di realizzare che non aveva davvero nient’altro da dire: ormai la faccenda esulava dal suo volere e non poteva far altro che aspettare, esattamente come aveva detto Ross. In un certo senso era rassicurante: niente grovigli politici da districare, niente discussioni scomode da portare avanti, niente conflitti di cui l’avrebbero ritenuto responsabile. Per il momento poteva forse permettersi di starsene dietro le quinte.
Si alzò senza fretta, abbottonandosi la giacca con studiata lentezza per dar tempo a Ross di obiettare, ma lui non lo trattenne.

«Il rappresentante ufficiale dei Vendicatori è il Capitano Rogers,» proferì infine, già mezzo voltato verso la porta. «Perché lo ha detto solo a me?»

«Finora lei è l’unico a cui sia venuto in mente di presentarsi nel mio ufficio,» rispose lui, prima di accennare un sorrisetto che sembrava quasi di complicità e che aumentò solo quella persistente sensazione di aver commesso un errore. «Potrei chiederle perché c’è solo lei qui, piuttosto.»

«Sono l’addetto alle relazioni pubbliche,» svicolò Tony, del tutto consapevole che nessuno dei suoi compagni avrebbe mai approvato quella sua iniziativa personale. «Anche se in questo caso avrò ben poco da riferire, visto che lei era impegnato in una riunione,» aggiunse comunque, a sviare il sospetto che gli altri fossero all’oscuro di quell’incontro.

«Sono sicuro che sarà in grado di ammorbidirli in vista della firma,» lo blandì infine Ross, in una richiesta non troppo velata che Tony aveva tutte le intenzioni di ignorare.

«Farò il possibile,» disse neutrale, avviandosi con un cordiale ma freddo cenno di saluto verso l’uscita.

Iniziava a mancargli l’aria, lì dentro.

«Ah, inutile dire che questi provvedimenti diverranno effettivi su tutti i superumani. Come procede la ricerca di altri candidati idonei al progetto?» lo fermò di nuovo, quando era già con una mano sulla porta.

Tony si sforzò di non voltarsi troppo di scatto e gli rivolse un finto sguardo trasecolato, come se sul momento non sapesse a cosa si stesse riferendo, per poi illuminarsi:

«Oh, un buco nell’acqua dopo l’altro,» mentì con un'alzata di spalle. «Ma la terrò certamente informato,» gli assicurò, sfoggiando un sorriso a trentadue denti che prometteva l'esatto contrario.

 
***
 

Atterrò davanti all’ingresso principale del Complesso che era già il crepuscolo, e si avviò subito all’interno mentre la Mark decollava in automatico verso il suo hangar. Fece appena in tempo a varcare la soglia della cucina, guidato dall’impellente bisogno di mandar giù due dita di whiskey, quando fu costretto a fare un brusco dietrofront: Wanda era affaccendata ai fornelli, precludendogli di fatto l’accesso all'armadietto degli alcolici. Non aveva alcuna intenzione di trovarsi a meno di due metri da lei, visto che ciò gli scatenava puntualmente un inspiegabile3 disagio misto a pelle d'oca e brividi che avevano solo marginalmente a che vedere con la consapevolezza di ciò che era le era accaduto per colpa sua.
Riuscì a svicolare via senza attirare la sua attenzione, e invece di scendere in laboratorio si avviò direttamente nei suoi alloggi: non si sentiva in vena di preparare la presentazione per il MIT e aveva già un mal di testa abbastanza molesto senza doverlo fomentare con quei maledetti occhiali. Superò rapido il chiacchiericcio sommesso della sala comune senza affacciarsi a salutare, fingendo di non sentire Rhodey che lo chiamava in lontananza.

Si chiuse con liberazione la porta alle spalle bloccandola a scanso di disturbatori intraprendenti e scalciò subito via le scarpe, districandosi poi dal soffocante tre pezzi attillato e rimanendo in mutande, suggellando così la sua volontà di non mettere più il naso fuori di casa per quella sera. Si versò distrattamente un bicchiere di whiskey con più ghiaccio che alcool, memore dell’ultima esperienza in merito4. Il liquore gli bruciò amaro la gola e si costrinse a non mandarlo giù d’un fiato, sedendosi invece sul letto a sorseggiarlo in un cupo silenzio, seguendo quella che da qualche tempo era diventata una routine solitaria.
La discussione con Ross continuava a svolgersi nella sua testa come un disco rotto, e se da una parte si pentiva sempre più di averlo incontrato, dall’altra sentiva crescere una curiosa sensazione di sollievo che rendeva più ampi i suoi respiri. Era persino assonnato, cosa che non accadeva forse da anni.
Riconsiderò con quieta perplessità ciò che era accaduto, facendo tintinnare pigramente il ghiaccio nel bicchiere finché la realizzazione non lo colpì.

Qualcun altro si stava occupando della faccenda. Magari non qualcuno di affidabile, magari non un loro sostenitore, o magari invece qualcuno di competente e responsabile che avrebbe fatto un buon lavoro. Non poteva saperlo e non dipendeva comunque da lui. Prese un altro profondo respiro, per poi mandar giù l’ultimo sorso di whiskey bevuto come sempre troppo in fretta. Non dipendeva da lui, al contrario di tutto ciò che era successo finora. 

Che ci pensassero loro, gli altri, per una volta. Non sarebbe comunque cambiato nulla di quanto era già accaduto, ma avrebbe almeno potuto sperare che non accadesse di nuovo.  Gli sembrava un compromesso accettabile.

Poggiò il bicchiere sul comodino e si coricò con la testa leggera, affondando con inaspettata facilità nel dormiveglia e sentendo già rilassarsi corpo e mente sfibrati da mesi d’insonnia, solitudine, sensi di colpa e preoccupazioni.

“Che ci pensino loro,” concluse, chiudendo gli occhi e addormentandosi quasi all’istante.

Per la prima volta da quando dormiva in un letto vuoto, non fece incubi.


 


Note:
1Bella Coola: Tony incontra Ross qui per la prima volta dopo l'incidente con Hulk ad Harlem (ne L'incredibile Hulk).
2Riferimento al Senatore Stern, membro dell'HYDRA che aveva tentato di sequestrare la Mark in Iron Man 2 per porla sotto il controllo del "governo".
3In questo headcanon Tony non è cosciente del fatto che sia stata Wanda a scatenargli la visione in AoU. Di conseguenza è convinto che sia opera dello Scettro e che quello che ha visto sia il futuro, non una sua paura.
4Riferimento alla bi-shot Lost In Translation, in cui Tony ha avuto una breve ricaduta nell'alcool.

Note Dell'Autrice:

Buonasera <3
Questa storia non era preventivata, ma ho avuto un'illuminazione che si è lasciata scrivere nel giro di tre giorni, quindi eccola qua in tempo record.

Il punto è che ho sempre trovato ridicole le affermazioni/teorie secondo le quali gli Accordi sarebbero partiti da Tony come singolo. Potrà anche avere una certa influenza, ma l'ONU non si mette certo a stilare un documento nel giro di qualche mese solo perché glielo dice Tony Stark – e la burocrazia richiede anni per approvare richieste ben meno spinose. Mi è sembrato più plausibile che l'idea aleggiasse da tempo nelle alte sfere politiche mondiali, senza che venisse resa di dominio pubblico. Trovo comunque poco credibile che gli Accordi vengano presentati ai Vendicatori con solo tre giorni d'anticipo rispetto alla scadenza per la firma a Vienna, ma potrebbe essere interpretata come una mossa strategica e studiata per evitare il formarsi di un'opposizione (o come pigrizia da parte della Marvel). Il tutto si svolge prima dell'incidente a Lagos.
Tutto ciò per dire che mi sono sentita in dovere di "tappare il buco", e il fatto che Tony non ne esca splendidamente è voluto. Adoro il suo personaggio, ma giustificarlo sempre sarebbe fare un torto alla sua complessità. Quindi qui fa il Ponzio Pilato della situazione :D

Detto ciò, spero che abbiate apprezzato la lettura e spero che lascerete un commento per famri sapere che ne pensate :)
Alla prossima,

-Light-

P.S. L'intro musicale, oltre ad essere un effetto collaterale della visione di Bohemian Rhapsody, è un rimando ai fumetti a cui ho già accennato altrove: Tony, di fronte alla salma di Rogers, ammette che non è valsa la pena intraprendere la Guerra Civile ("It wasn't worth it.")




  
Disclaimer:
Non concedo, in nessuna circostanza, né l'autorizzazione a ripubblicare le mie storie altrove, anche se creditate e anche con link all'originale su EFP, né quella a rielaborarne passaggi, concetti o trarne ispirazione in qualsivoglia modo senza mio consenso esplicito.

©_Lightning_

©Marvel
   
 
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