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Autore: michy michy    30/01/2019    2 recensioni
Mai Artù, il principe erede al trono di Camelot, avrebbe pensato di dover fare la babysitter ad un bambino di 7 anni.
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Il piccolo lo guardò e, con esitazione, gli disse: "Mi chiamo Merlino"
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Artù lo abbracciò: il moccioso che gli aveva appena salvato la vita, ora stava a piangere sulla sua spalla. Non pensava che prendersi cura di un bambino sarebbe stato così faticoso, soprattutto se quel bambino era Merlino.
Genere: Azione, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Artù non era abituato ad alzarsi presto. Soprattutto se a svegliarlo era il pianto di un bambino. Socchiuse gli occhi e, credendo di essersi immaginato il tutto, ritornò a dormire. Per quanti sforzi facesse, però, il lamento sembrava deciso a non lasciarlo prendere sonno, rendendosi conto così che forse quel suono non se l'era immaginato.
Scattò su in piedi dal letto e afferrò una spada che teneva attaccata alla parete. Silenzioso solo come colui che, dopo aver affrontato diverse battaglie, sapeva cogliere di sorpresa il nemico, si avvicinò di soppiatto, fino a giungere alle spalle di qualcosa, o meglio, di qualcuno. Artù fece un passo in avanti e lo sconosciuto, allora uditolo, cercò di scappare, rendendosi conto di trovarsi in una situazione pericolosa.
“Non così in fretta” affermò il principe, afferrandolo: lo sollevò da terra e si rese conto che effettivamente era un bambino, all'incirca di sei o sette anni, inoltre aveva un aspetto familiare, per non parlare, poi, dei vestiti che indossava; era sicurissimo di averli già visti da qualche altra parte.
Il piccolo lo guardò e sicuramente qualcosa nel suo volto lo aveva rasserenato perché si asciugò le lacrime e si avvicinò al collo di Artù, stringendolo forte.
Il principe rimase immobile e con un mucchio di domande in testa: chi era quel bambino? Come aveva fatto ad entrare nelle sue stanze? Ma soprattutto, perché sentiva la spalla bagnata? Allontanò il piccolo da sé il poco che bastava a darsi un'occhiata, così da notare, con suo incredibile disappunto, di essere stato ricoperto da muco e da lacrime. Decise di non badarci troppo per questa volta: ora aveva ben altri problemi. Fece scendere dalle braccia il piccolo, riluttante a dover rimettere i piedi a terra.  
 
“Allora...” iniziò Artù, incrociando le braccia al petto nudo, “... chi sei?”
Il bambino alzò la testa ed esitò un attimo a rispondere: sua madre gli aveva ricordato di non parlare mai con gli sconosciuti, ma lui sapeva di potersi fidare dell'uomo che lo iniziava a guardare un po' spazientito.
“Ti hanno forse tagliato la lingua? O forse non sai parlare?” chiese ironicamente il re, sollevando un angolo della bocca.
Il piccolo lo guardò con gli occhioni azzurri spalancati: “No! Mi chiamo Merlino” gli rispose deciso.
Artù perse ogni traccia del sorriso che prima lo accompagnava: Merlino? Il suo Merlino? In un ragazzino? Riabbassò lo sguardo, così da incontrare nuovamente quei bellissimi occhi azzurri, che ora però erano riempiti di lacrime.
“Mamma, dov'è la mia mamma?” chiese il piccoletto, iniziando a rigare il suo bel viso di lacrime. Artù non seppe far altro che prenderlo in braccio e appoggiarlo al suo petto; era in grado di uccidere un uomo persino ad occhi bendati, ma non sapeva cosa fare per consolare un bambino.
Accarezzò dolcemente i capelli scuri di Merlino, mentre si dirigeva verso il suo letto, dove l'adagiò, continuando ad accarezzargli i capelli, fino a quando il piccolo non si addormentò completamente.

Artù sospirò: senza ombra di dubbio era stata la magia ad aver fatto ringiovanire il suo servitore. La vera domanda era: chi l'aveva fatto, ma soprattutto, perché? Forse l'incantesimo era destinato a lui, ma, come era già successo altre volte, il suo fedele servitore vi s'era messo in mezzo e lo aveva protetto, finendo con il ridursi in questo stato.
Doveva ammettere però che non gli dispiaceva così tanto doversi occuparsi di un moccioso, soprattutto se quel moccioso era Merlino. Così, con questo pensiero, si coricò sull'altra parte del letto e, dopo aver dato un bacio sulla fronte al bambino, chiuse gli occhi.
   
 
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