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Autore: elfin emrys    02/02/2019    1 recensioni
{Het!Merthur per ora one-sided, accenni di un ipotetico MerlinxMorgana, Fem!Arthur, 2x11}
Eleanor si girò e fece un passo indietro a vedere Morgana lì, in piedi, sveglia e vestita, quando l’aveva lasciata in camicia da notte. La guardò negli occhi. Si girò verso il padre. Respirò profondamente.
Capì.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Eleanor'
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Note iniziali: Salve a tutti <3 Prima di procedere con la lettura, ci sono delle precisazioni da fare. La fanfiction è una versione della puntata 2x11 (Morgana la strega, appunto) visto dal punto di vista di una Fem!Arthur, che ho chiamato Eleanor. Questa storia fa parte di una serie (Eleanor) ed è consigliabile, ma non assolutamente necessario, aver letto le altre storie per godere a pieno di alcune evoluzioni qui presenti. Essendo una versione femminile, ho dato per scontato che Eleanor avesse meno esperienza in fatto di armi e avventure rispetto alla controparte maschile, che fosse meno forte fisicamente e, soprattutto, che non fosse così ovvio che sarebbe salita al trono lei rispetto a un eventuale marito. Abbiamo avuto diverse regine nella serie, come Gwen stessa, ma anche la Regina Annis o Morgana, tuttavia le prime due assumono un ruolo veramente centrale solo in seguito alla morte del marito e Morgana è sostanzialmente un’usurpatrice. Un’altra cosa che ho dato scontata è che, essendo una principessa e non più un principe, ci si aspettasse da lei una maggiore delicatezza e gentilezza. Grazie mille per l’attenzione, vi lascio alla lettura <3
 
Morgana la strega
 
Era strano stare in mezzo ai cavalieri, ogni tanto. In alcune occasioni, Eleanor non aveva potuto fare a meno di sentirsi piuttosto in imbarazzo. I primi tempi non c’era stato spazio per il rilassamento: tutti gli uomini erano stati molto attenti a non fare cose che avrebbero potuto turbarla o altro. Col tempo, poi, era avvenuta una sorta di… “degenerazione”? La principessa non sapeva nemmeno come chiamarla. Fatto era che i cavalieri avevano cominciato a essere molto più tranquilli in sua presenza, come se avessero avuto di fronte nulla di più che un compagno. Inizialmente tutti quei petti sudati e polverosi avevano scandalizzato Eleanor che, nonostante tutto, cercava di mantenere un livello di pulizia piuttosto elevato. Dopo poco, tuttavia, avevano iniziato a essere attraenti e la principessa si era ritrovata a impegnarsi a non guardare qualcuno troppo a lungo, specialmente se si trattava di un giovane particolarmente affascinante.  Anche se iniziava a farci l’abitudine, a volte ricominciava a essere una situazione piuttosto stramba, come quella volta che si era sentita abbastanza a suo agio con Merlin da saltare l’aiuto di Gwen e iniziare a spogliarsi in sua presenza, o come quella volta in cui si era ritrovata a guardare troppo a lungo le braccia di uno dei cavalieri, o ancora quando aveva notato di aver cominciato a pensare che Merlin avesse delle mani decisamente belle e calde.
Scosse le spalle.
Ecco, quello era un problema.
Pazienza i cavalieri, ma da quando aveva cominciato, poco tempo prima, a pensare certe cose di Merlin non era stata più in grado di comportarsi normalmente con lui. Aveva iniziato ad arrabbiarsi più facilmente, spesso si trovava, quando si trattava di lui, a saltare ogni norma della buona educazione. A volte, sembrava un uomo persino a se stessa e la cosa, anche se da un lato la divertiva, non le era gradita.
Si morse le labbra, lasciando andare la testa sul tavolo e rilassando i muscoli dopo l’intenso lavoro dell’allenamento.
Era un problema anche perché, in realtà, non riusciva a stargli lontano per tanto tempo. C’era sempre un motivo per averlo intorno e la cosa tragica era che, fino a quando non si era resa conto che forse, in linea teorica, poteva anche trovare il servitore un filo attraente, non le dispiaceva neppure. Per questo, gli aveva affidato sempre più compiti e ormai, anche se era Gwen a continuare ad aiutarla a prepararsi per la notte, sistemare la stanza e, in generale, occuparsi di tutto quello che non era consono fosse un uomo a occuparsi, Merlin aveva una gran quantità di doveri nei suoi confronti, tanto che si poteva dire che in due facessero il lavoro di un unico servitore personale. Era il ragazzo a portarle da mangiare, ad accompagnarla all’allenamento, a occuparsi degli oggetti a esso correlati, a starle vicino durante le sue missioni, che stavano diventando sempre più frequenti.
Con l’attrazione, era cresciuto anche qualcos’altro.
Eleanor aveva notato come Morgana avesse cambiato atteggiamento nei suoi confronti. Spesso non era qualcosa di visibile, era più una mutazione sottile, che tuttavia modificava nettamente il loro rapporto. La principessa non poteva fare a meno di pensare che l’altra avesse notato quello che lei aveva iniziato a provare per Merlin e se ne sentisse, in qualche stupido modo, minacciata. Eleanor si era accorta di tante cose in quelle settimane e continuava a sentire del nervosismo al pensiero che forse fra il servitore e Morgana ci potesse essere qualcosa di più della semplice amicizia.
Ridiede una testata al tavolo e sperò che Merlin ritardasse con il pranzo.
 
Eleanor aprì gli occhi, svegliata da un forte tuono. Si mise stancamente le mani sul viso, sbuffando frustrata. Quel temporale non ci voleva proprio. La principessa cercò di sistemarsi meglio fra le morbide lenzuola e si beò del calore che proveniva dalla stoffa. Si mise a giocherellare distrattamente con i lacci dell’abito da notte a occhi chiusi, sperando di riuscire ad addormentarsi. Ci aveva messo tanto già all’inizio ed era insolito per lei non cadere subito in un sonno profondo, quindi non sapeva bene cosa fare.
Si rigirò nuovamente nel letto e sistemò diversamente i capelli. Alzò il cuscino. Lo riabbassò. Aprì gli occhi e guardò in basso, osservando la camera avvolta nella quasi totale oscurità. L’abito nuovo che si era fatta cucire pendeva da una gruccia davanti all’armadio, poco lontano c’era il luccichio del suo specchio. Si mise a osservare, annoiata, le curve del seno che si alzavano e abbassavano col suo respiro.
Ecco, si stava rilassando, c’era quasi…
Un tuono.
No. No, non ce l’avrebbe fatta.
Con uno sbuffo roco, Eleanor scostò le coperte e si alzò. Poggiò i piedi nudi sul pavimento freddo e corse vicino al tavolo per prendersi le scarpe.
Si accese le candele e iniziò a vestirsi con gli abiti maschili, che erano molto più facili da mettersi, finché non fu nuovamente al caldo. Sospirò, lasciandosi andare pesantemente sulla sedia, e incrociò le braccia.
Arricciò le labbra, prendendo in mano un tovagliolo che stava ricamando prima di cena e ricominciò pigramente il suo lavoro.
Dopo diversi minuti, sentì del vociare nel corridoio. Poggiò il pezzo di tessuto e aprì la porta, vedendo delle guardie parlare. Una di esse le si avvicinò, vedendola affacciata.
-Mia signora.
-Cosa succede?
-Ci sta un intruso nel castello.
Eleanor spalancò gli occhi.
-E allora suonate le campane, cosa state aspettando?
Ritornò dentro a prendere la spada e ricorse fuori, facendo cenno alle sentinelle di seguirla e di farsi raccontare tutto.
Finalmente la sua insonnia stava portando dei frutti.
 
I passi di Eleanor si facevano via via sempre più veloci e irati. Le guardie l’avevano messa al corrente della situazione e la ragazza non aveva potuto fare a meno di constatare, di nuovo, la totale incompetenza di alcuni degli uomini che, teoricamente, avrebbero dovuto proteggere Camelot e il castello.
La principessa aveva i nervi a fior di pelle.
-Che vuol dire “L’abbiamo perso”?! Potrebbe essere pericoloso.
Un’ombra spuntò da dietro l’angolo ed Eleanor la spintonò su un muro, tirando immediatamente fuori un pugnale per puntarlo al collo dello sconosciuto. Quando vide gli occhi di Merlin guardarla, non poté fare a meno di rimanere sorpresa.
-…Merlin?
Il ragazzo alzò le mani e strinse le labbra, facendo cenno con il dito al pugnale, ben puntato contro la sua giugulare.
-Ah, sì, scusami…
Eleanor rimise a posto l’arma.
-Che ci fai sveglio a quest’o-
-Morgana. Sono nelle stanze di Morgana.
Scosse piano la testa, non capendo cosa il servitore stesse intendendo, finché il significato di quella frase non le giunse alla mente. Spalancò gli occhi e sentì una fitta di paura arroventata nelle tempie.
Senza dire nulla, iniziò a correre verso le stanze della sorellastra, sperando di arrivare in tempo. Sentì le guardie e Merlin correrle dietro e, quando arrivarono al giusto corridoio, ricominciò a camminare, sentendo nuovamente la ragione farsi strada nella mente.
-Sei proprio sicuro?
La voce di Merlin era affrettata.
-Assolutamente sì, io… li ho visti con i miei occhi.
Eleanor sentì qualcosa prenderle lo stomaco, ma fece finta di nulla.
-E che ci facevi qui?
-Ho sentito voci nella mia…
-Nella tua?
-Sì, insomma, nella mia camera e ho pensato fosse il caso di indagare.
Nella sua camera? Davvero?
La voce le uscì profonda.
-Sinceramente è difficile a credersi.
Tanti erano i pensieri che affollavano la mente di Eleanor in quell’istante e la ragazza strinse le labbra.
-A cosa?
Merlin suonava lievemente allarmato e la cosa non fece altro che infiammare ancora di più lo stomaco della principessa, il sospetto a riempirle il corpo.
-Niente.
Lascia indietro, lascia indietro…
Eleanor affrettò ancora il passo, concentrata nel lasciare le sue inspiegabili emozioni dietro di sé: ci avrebbe pensato quando Morgana non sarebbe stata in pericolo.
Si avvicinò silenziosamente alla porta della sorellastra e avvicinò l’orecchio al legno. I rumori delle guardie che si avvicinavano la confondevano e non riusciva a capire cosa stesse succedendo all’interno della stanza. Tuttavia, le parve di sentire un rumore estraneo dentro e si allontanò.
Vide Merlin avvicinarsi alla porta per fare il suo stesso lavoro e Eleanor lo prese per una spalla, allontanandolo. La ragazza prese un gran respiro e, con tutta la forza che aveva in corpo, diede un calcio alla porta, poi un altro. Sospirò di sollievo vedendola spalancarsi. Si precipitò, dunque, al suo interno e Merlin venne con lei.
La principessa sguainò la spada e, non vedendo nessuno di fronte, si girò per vedere se ci fosse stato un nemico alle spalle, poi ruotò nuovamente. Era… confusa.
-Che cosa credete di fare?
Morgana era seduta sul letto, incolume, e li guardava con le labbra spalancate. Eleanor sentì del calore sulle guance, rendendosi conto di essere entrata con un gruppo di uomini dentro la camera di una fanciulla. A lei non avrebbe fatto piacere.
-Io…
La principessa continuò a guardarsi intorno.
-Credevo che… ci fosse un intruso…
Morgana alzò gli occhi al cielo e si coprì con le coperte, vedendo le guardie avanzare per controllare.
-Al momento l’unico intruso sei tu.
Eleanor drizzò le spalle a quel commento. Aprì le labbra e le richiuse, non sapendo bene come rispondere. Non era la prima volta che veniva cacciata dalla stanza della sorellastra, eppure in quel caso le sembrava strano. Non sapeva cosa fosse, ma… ecco, era stato il richiamo verso di lei a stupirla, quando avrebbe avuto più senso sgridare le guardie o Merlin per essere entrati senza permesso nella camera di una donna.
La principessa aprì le spalle, la schiena dritta.
-Qualcuno è entrato a Camelot, non hai sentito l’allarme?
-Certo che sì! Non sono al sicuro nelle mie stanze?
-Ah…
Eleanor si guardò nuovamente intorno e, nuovamente, non vide nessuno. Tossì.
-Se mi permetti, vorrei perquisire le tue stanze.
-Non farai nulla del genere!
La principessa sbarrò gli occhi a sentire il tono allarmato dell’altra ragazza.
-Non mi sembra il caso di essere così categorica.
-Pensi che se ci fosse qualcuno qui dentro io non lo saprei?
Prese un respiro profondo e si passò la lingua sulle labbra secche, rendendosi conto in quel momento del fatto che Morgana non sembrava avere alcuna intenzione di lasciarla fare e che era assurdo pensare che l’altra fosse tanto stupida.
-Sì, certo. Scusa.
Volse le spalle al letto della sorellastra e guardò malissimo Merlin, che sembrava confuso più di lei stessa. Fece cenno alle guardie di uscire e quelle, in silenzio, obbedirono. Chiuse la porta dietro di sé e si passò una mano sulla fronte, sentendo un imbarazzo cocente nel petto.
Merlin farfugliò.
-Io… non capisco…
Eleanor lo guardò con un’occhiata furente.
-Mi dispiace, Merlin, cosa per l’esattezza non capisci? L’avermi fatta sembrare un’idiota di fronte ai miei uomini o al fatto che…
La ragazza sbuffò, tentando di trattenersi dall’insulto.
-C’era qualcuno lì dentro. So che c’era.
-Sì.
Strinse le labbra e alzò le sopracciglia.
-Ti do un consiglio, Merlin: in futuro concentrati su quello che sai fare meglio, cioè niente.
La principessa si allontanò a grandi passi, non preoccupandosi del servitore. Com’era… mph! Non ci poteva credere! Merlin lo sapeva anche quanto era importante per lei avere un ruolo attivo in caso di nemici. La ragazza era ben consapevole del fatto che si sarebbe dovuta guadagnare fino all’ultima goccia del rispetto delle guardie e dei cavalieri, il fare una tale figura di fronte ad anche uno solo di loro la mandava in bestia.
Vide arrivare un piccolo gruppo che aveva mandato a controllare altre alee del castello e quasi grugnì a sentire che neanche loro avevano trovato nulla.
Continuò a camminare nei corridoi, pensando a cosa fare.
 
Eleanor parò il colpo e sorrise. Era migliorata moltissimo ed era consapevole che tutti coloro che la circondavano se n’erano accorti. Più giorni passavano, più si allenava, più si sentiva più forte, più veloce. Le era più facile fare… quasi ogni cosa. Quella mattina in particolare, che aveva la frustrazione della notte prima da sfogare, stava dando davvero il meglio di sé.
Il cavaliere cadde a terra ed Eleanor gli diede la mano per farlo rialzare. Si guardò intorno e la ragazza incontrò lo sguardo di Leon, che sembrava soddisfatto almeno quanto lei stessa. La principessa, poi, si girò verso il bordo del campo, dove Merlin stava a sistemarle le cose.
Non c’era.
Il sorriso scemò.
 
-Andiamo, Merlin, muoio di fame!
-Sapete, il buon cibo richiede tempo per essere preparato!
Il servitore poggiò il piatto sul tavolo ed Eleanor si chinò a guardarlo. Era sbobba.
-E quanto… ci è voluto per preparare questa meraviglia?
-Quasi una clessidra.
La principessa sbuffò una risata ironica.
-Ma davvero? Una clessidra?
-Il tempo che ci vuole per farla addensare.
Eleanor chiuse le palpebre, ascoltando il rumore umido del contenuto del cucchiaio cadere nel piatto. Aveva sempre odiato le zuppe, fin da bambina. Sospirò pesantemente.
-Addensare…
Sobbalzò quando le campane iniziarono a suonare. Si alzò immediatamente e prese la cintura con la spada, legandosela in vita.
-Seguimi.
Uscì quasi correndo e Merlin la seguì.
 
La principessa prese la torcia ed entrò nella stanza del tesoro. Accese un lucerniere che stava lì e continuò a guardarsi intorno, cercando attentamente segni di movimento recente. La sua indagine non durò a lungo.
-Il Cristallo di Neahtid.
Eleanor arricciò le labbra e si mise a osservare la serratura, alla ricerca di segni di scasso. Sbatté le palpebre, non trovandone.
-Non è stata forzata…
Merlin guardò con lei.
-E questo che significa?
La principessa respirò profondamente e chiuse gli occhi, immaginando già lo sguardo severo del padre.
-Significa che qualcuno ha rubato le mie chiavi.
Sentì l’impulso di piangere. Le aveva ricevute dopo così tanto lavoro, così tanto impegno. Aveva fatto di tutto per convincere Uther ad affidargliele ed erano qualcosa di prezioso per lei, non per il tesoro di cui aprivano le porte, no, ma per la fiducia e la stima che stavano a indicare.
Continuò a guardare tristemente la serratura, quasi sperando di notare all’ultimo dei segni che stessero a indicare che la sua prima analisi era sbagliata.
-Era prezioso il cristallo?
-Non sarebbe stato qui sotto altrimenti.
-Giusto.
Eleanor deglutì e continuò a osservare il contorno. Non c’erano altri punti dove la polvere era stata tolta, non c’era una ragnatela rotta, una qualunque cosa fuori posto.
-Chiunque sia stato sapeva esattamente cosa cercare.
-Così pare…
-“Così pare”? Non hai altro da dire?
La ragazza lasciò andare uno sbuffo esasperato.
-Dimmi, Merlin, chi è uno di quelli che deve assicurarsi che le mie stanze siano sempre chiuse a chiave? Chi è uno di quelli che deve assicurarsi che cose del genere non succedano per nessun motivo?!
Lo superò e ringraziò il cielo che le guardie, evidentemente capendo il suo nervosismo, si fossero spostate al suo passaggio.
-Mi dispiace!
Ignorò la voce di Merlin e salì le scale fino ai piani superiori. Chiamò uno degli uomini che stavano pattugliando i corridoi.
-Andatemi a chiamare la serva di Lady Morgana.
Se aveva sgridato Merlin, per giustizia, aveva anche qualcun altro da rimproverare.
 
Uther alzò lo sguardo. La severità dei suoi occhi le trapassarono il petto.
-Ti dispiace?
La ragazza strinse le labbra a sentire quello che poteva essere pericolosamente vicino a un singhiozzo salirle la gola.
-Non è abbastanza.
L’uomo si girò e iniziò a camminare avanti e indietro.
-Hanno forzato la serratura?
La bocca di Eleanor tremò e si sentì umiliata a sentire il tono della sua stessa voce.
-No, padre.
-E come sono entrati nella sala del tesoro?
La principessa chiuse gli occhi e giocherellò con il fiocco che il suo vestito aveva dietro la schiena. Si prese un secondo per non sembrare tremante, poi parlò.
-Hanno rubato le chiavi.
-Come è stato possibile?!
Uther le si avvicinò. Era arrabbiato, incredulo, deluso e quell’ultima sensazione colpì Eleanor dritto al cuore. Non poté fare a meno di abbassare lo sguardo. Di nuovo, mosse il capo nel tentativo di rimanere impettita, anche se cominciava a sentirsi davvero tanto piccola in confronto al padre.
-Sono entrati nelle mie stanze.
-Questa è una grave mancanza.
Uther ricominciò a camminare, più lentamente, nella stanza.
-Il cristallo di Neahtid era custodito per un buon motivo.
Eleanor rimase in silenzio, non volendo irritare di più il padre.
-È uno strumento magico. Nei giorni dell’epurazione, moltissimi stregoni sono morti nel tentativo di proteggerlo. Qualunque cosa sia, è importante per loro.
La ragazza respirò profondamente, sentendosi più tranquilla del fatto che Uther sembrava non volerle ritirare le chiavi.
-Perlustrerò la città. Farò tutto il possibile.
Si allontanò dal re.
-Eleanor!
Si girò a guardare l’uomo, che sembrava preoccupato come poche volte l’aveva visto nella sua vita.
-Il cristallo non può cadere in mani nemiche.
Dopo un attimo di silenzio, annuì.
-Sì, padre.
La principessa uscì dalla stanza, tentando di non velocizzare di troppo il passo. Merlin, che fino a quel momento era stato presente, la seguì.
-Eleanor?
La ragazza alzò lo sguardo al cielo. Non voleva parlare con lui in quel momento.
-Ehm… vi ringrazio.
-Per cosa, esattamente? Aver mentito a mio padre per salvarti la vita?
-Sì.
La sua voce suonò quasi cattiva persino al suo stesso orecchio.
-Rimettimi in una situazione simile e ti butterò nelle prigioni io stessa.
Si girò e alzò un dito indice verso il ragazzo.
-E, Merlin? Tu e Gwen dovete sperare che ritroviamo quel cristallo.
 
Gwen entrò nelle stanze della principessa.
-Mia signora.
La ragazza la guardò dallo specchio.
-Ah, Gwen. Vieni, aiutami a…
Le fece cenno verso il corsetto. La serva le si avvicinò, sollevata dal sentire la padrona più tranquilla rispetto alla notte prima, in cui l’aveva rimproverata per aver lasciato le sue stanze aperte, eppure molto perplessa. In silenzio, la aiutò a svestirsi per indossare la camicia da notte.
-Cosa c’è, Gwen? Sembri silenziosa.
-No, mia signora, nulla.
La serva cominciò a riordinare i gioielli, ma Eleanor la fermò.
-Gwen… Cosa è successo?
La ragazza la guardò e inclinò il capo.
-Ecco, Lady Morgana mi è sembrata un po’… strana stasera.
La principessa assottigliò gli occhi.
-In che senso?
-Mi ha cacciato dalla sua camera. Non era mai successo e quindi… nulla, sono solo sorpresa. Sicuramente avrà avuto i suoi motivi.
Si morse il labbro inferiore, poi fece cenno a Gwen di sedersi con lei.
-Ultimamente è spesso così, non pensi anche tu?
La serva ci mise un secondo di troppo per rispondere, per decidere di essere totalmente sincera.
-Sì.
-Quale pensi possa essere il motivo? Non si è aperta con te?
Gwen abbassò il capo e lo scosse lentamente, triste.
-No.
-Io non voglio sembrare troppo irruenta. Morgana mi ha sgridato spesso per la mia poca delicatezza.
La principessa sbuffò una risata.
-Quindi non la sto spingendo a dirmi qualcosa che evidentemente non mi vuole rivelare. Spero lo faccia presto, ma più tempo passa e più mi sembra che la distanza fra di noi aumenti. Capisci?
Gwen annuì.
-Purtroppo sì. È così anche con me. A volte mi sembra… non so neanche come dirlo… diversa. Non saprei spiegare altrimenti. Ho provato a venirle incontro, ma quando chiedo lei fa finta di niente.
La serva sorrise.
-Quando tenta di rassicurarmi sembra quasi che sia tornato tutto normale.
Eleanor si guardò le mani e si accarezzò distrattamente un callo che si stava formando fra le dita a causa dell’uso della spada. Pensò a Merlin e ai tanti sospetti che aveva avuto e continuava ad avere, costantemente, ogni giorno. Aveva notato come il ragazzo sembrava osservare Morgana sempre più attentamente e le sue frequenti assenze ai suoi allenamenti o ad altri impegni con lei cui in precedenza non era mai mancato. Forse, e nell’intimità della sua stanza poteva anche ammetterlo, era un po’ gelosa.
-Pensi che…
-Cosa?
-No. No, niente. Buonanotte, Gwen.
La servitrice si alzò e sistemò le lenzuola della ragazza, poi fece per uscire. Si fermò sulla porta.
-Se mi permettete, tante cose stanno cambiando. Voi avete un nuovo ruolo nel castello. Vedrete che, col tempo, anche Morgana troverà il suo posto in questo nuovo equilibrio.
Eleanor sbatté le palpebre, riflettendo sulle parole dell’altra ragazza. Sorrise.
-Grazie, Gwen.
Quella uscì.
 
-Tu sai dov’è il cristallo?
-Penso di sì, Sire.
-Capisco… E come hai avuto questa informazione?
-Esercitando la professione di medico ho a che fare con molte persone e so che sono giunte loro delle voci, hanno visto delle cose. La notte scorsa ho parlato con un uomo che mi ha detto che il cristallo è stato rubato da una banda di rinnegati capeggiata da un uomo di nome Alvarr.
Eleanor tentò di trovare nella propria mente il nome che Gaius aveva nominato, ma non ne aveva ricordo.
-Chi è quest’informatore?
-Penso che sia giusto proteggere la sua identità, Sire. Se i rinnegati venissero a sapere del suo tradimento la sua vita sarebbe in pericolo.
Uther sospirò.
-Capito.
La principessa, dopo un secondo di silenzio, si permise di intervenire
-Gaius, dov’è questo Alvarr?
-L’ultima volta è stato visto nella valle di Chemray, mia signora.
Il re fece un cenno verso la figlia.
-Raduna le guardie, voglio che si indaghi sulla questione.
Eleanor saltò dritta in piedi e, alzando il lungo vestito per essere più veloce, chinò lievemente il capo.
-Sì, padre.
Uscì in fretta dalla sala del trono, già pensando a cosa si sarebbe dovuta portare dietro, quanti uomini e che strategia sarebbe stata meglio usare. Sentì la voce del padre sfumare.
-Grazie, Gaius. Ancora una volta ti sono debitore.
Poi non sentì più nulla. Fece diversi passi avanti prima che una mano le prendesse la spalla.
-Eleanor, non penserai di partire per questa missione, vero?
Morgana l’aveva raggiunta e sembrava allarmata.
-Non penso di partire, sto partendo per questa missione.
La sorellastra sbuffò incredula.
-Ma…! Darai la caccia a una diceria.
-È vero, ma per ora è l’unica pista che abbiamo.
Eleanor vide Morgana venirle davanti e bloccarla, con un sorriso sulle labbra. La sua voce aveva un tono tenero e la principessa si sentì infastidita da quell’improvviso interesse che era evidentemente fasullo.
-Stai perdendo tempo, te l’assicuro.
La bionda non poté fare a meno di sentire gli angoli della bocca alzarsi.
-Morgana… Non pensavo che ti importasse.
-Di cosa stai parlando?
La voce di Morgana si era fatta improvvisamente seria ed Eleanor non poté fare a meno di rispondere in maniera falsa, esattamente come l’altra aveva fatto poco prima.
-So badare a me stessa, lo sai.
La sorellastra alzò gli occhi al cielo.
-Lo so, è una combinazione di…
-…Talento innato e duri addestramenti, sì.
-Lo so, qualcosa che ti rende più odiosa di prima.
Eleanor rise e la superò, continuando a camminare velocemente verso le proprie camere, dove sperava di trovare già Gwen per aiutarla a cambiarsi il più rapidamente possibile. 
 
Si era portata dietro una grande quantità di uomini, molti a cavallo e altri come fanteria. Non sapevano quanto era grande il gruppo di ribelli, ma era stato abbastanza vasto per aggredire una carovana di Camelot e uccidere almeno un cavaliere: Eleanor era consapevole che bisognava temerli per la loro abilità e non solo per le loro virtù magiche.
Erano partiti la mattina, sotto lo sguardo attento di Uther, e il viaggio era stato breve.
La valle di Chemray si stendeva sotto di loro, nebbiosa.
Eleanor deglutì preoccupata, pensando a quello che li attendeva.
-Sarà meglio per Gaius che abbia ragione…
Merlin non rispose, capendo cosa intendeva.
La principessa avanzò nuovamente, il rumore dei cavalli dietro di lei.
 
Avevano rallentato. La strada era battuta ed era possibile incontrare altri viaggiatori, quindi non era sicuro continuare a cavalcare. Il silenzio era pesante almeno quanto la nebbia, l’umidità entrava fin dentro le ossa di tutti loro, tanto che Eleanor poteva sentire di avere, addirittura, i capelli bagnati.
-Non so perché ti porto sempre in queste spedizioni, passi il tempo a morire di paura.
Merlin rispose, indignato.
-Io non ho paura.
-Sì invece, e posso provarlo.
-Non potete.
-Se non fossi spaventato diresti le tue… stupidaggini.
Merlin aprì la bocca, rosso sulle orecchie.
-Io dico le mie stupidaggini!
Eleanor rise, sentendo un piccolo calore all’altezza dello stomaco.
-Ma! Faccio… i miei… soliti discorsi, quindi non ho paura.
La principessa continuò a ridere. Non sapeva perché, ma era sempre rassicurante, in qualche strano modo, avere Merlin vicino. Quando lo sentiva muoversi a fianco, anche lei sentiva di essere un po’ meno spaventata. Rimase in silenzio cercando di negarsi l’evidenza fino a un bivio. Si bloccò e tutti fecero altrettanto dietro di lei.
La principessa guardò le due strade: erano identiche.
-Dove andiamo?
-Non lo so.
Eleanor rimase sorpresa dalla risposta.
-Pensavo che Gaius ti avesse indicato la via.
Merlin la guardò e annuì.
-Infatti. Solo… che lui non mi ha parlato di questa zona.
La bionda aprì le labbra, incredula. Perché ogni volta che ricominciava a sentirsi bene in presenza dell’altro, quest’ultimo doveva fare qualcosa per farla inquietare?
Lo vide scendere dal cavallo.
-Merlin!
Era incredibile. Già tutto quello che era successo era anche colpa sua perché se lui o Gwen avessero ben sorvegliato le sue stanze il cristallo non sarebbe mai stato rubato. Inoltre si permetteva pure di non sapere la stra-! Ma cosa stava facendo?
-Merlin!
Il ragazzo la ignorava e continuava ad andare in avanti, come se stesse pensando. Eleanor alzò gli occhi al cielo e si mise una mano sul fianco.
-Merlin, sto parlando con te.
L’altro la ignorò nuovamente. La principessa scese da cavallo, andando incontro al ragazzo.
-Cosa stai facendo?
-Il loro accampamento… è da quella parte.
Eleanor guardò la strada indicata e arricciò le labbra.
-Sì, e tu lo sai perché…?
-Lo so perché… perché… ehm…
Dio, non ci poteva credere.
-Beh, io ci rinuncio.
La ragazza andò nuovamente verso il cavallo per risalire in sella.
-Perché ho visto questa!
Eleanor si girò e guardò dove Merlin stava indicando. Un’unica orma era nel fango, visibile. Alzò il sopracciglio, non capendo come avesse fatto a non notarla.
-E allora? È solo un’orma, chi ci dice che appartiene a un rinnegato?
Si rigirò.
-Ma ce ne sono altre!
La principessa si bloccò e alzò gli occhi al cielo. No, stavolta era sicura non ce ne fossero altre, ci aveva fatto ca-Ah…
Si schiarì la voce e si grattò l’angolo del naso.
Beh, erano effettivamente l’indizio migliore che avevano.
Guardò Merlin, vedendolo sorridere leggermente.
Quanto le dava fastidio!
-Seguitemi.
Le guardie e i cavalieri le vennero dietro, uno portava entrambi i cavalli, il suo e quello di Merlin.
Lasciarono gli animali al lato della foresta, legati e nascosti alla vista dei comuni viaggiatori, poi proseguirono a piedi nel bosco, seguendo alcuni segni lasciati dalle stesse persone cui, con tutta probabilità, appartenevano anche le orme.
Gli alberi erano fitti e stretti, diversi da quelli delle selve che circondavano Camelot. Le loto foglie erano verdi scure e la nebbia, sebbene si fosse schiarita con l’avanzare del giorno, aveva lasciato dietro un’aria bagnata e pesante.
Eleanor in testa e Merlin poco distante, i cavalieri avanzarono, facendo il meno rumore possibile, finché la principessa non intravide delle tende. Si piegò ancora di più e tutti fecero altrettanto. Involontariamente mise una mano di fronte al servitore, mettendoglisi di fronte. Merlin non la lasciò fare e le arrivò direttamente accanto. Si piegò per sussurrarle all’orecchio.
-Vedete? Ve l’avevo detto.
La principessa deglutì e continuò a osservare bene le tende, non notando segno di vita. Rimase così diversi secondi, finché non avanzò di colpo, correndo verso l’accampamento.
-Aspettate! Cosa fate?
Ignorò Merlin e proseguì, ascoltando attentamente ogni suono. Tutti le vennero dietro.
Eleanor varcò la soglia dell’accampamento, ancora piegata, e arrivò quasi al suo centro. Nessuno era in vista.
Si chinò a prendere un po’ di carbone, sentendolo freddo.
-Beh, quelli che si trovavano qui adesso, di sicuro, non ci sono più.
Sospirò pesantemente.
-Invece ci sono.
Riuscì a malapena a sentire le parole di Merlin che si piegò per evitare una freccia. Le era passata vicinissimo al naso e la ragazza sentì il respiro accelerarsi. Un urlo trafisse il silenzio e i gemiti di due suoi uomini fecero in modo che la principessa si risvegliasse dall’attimo di smarrimento.
-Presto, al riparo!
Eleanor si unì a Merlin, ma notò che i rinnegati li avevano circondati. Si guardò intorno. Tentò di regolare il respiro per riuscire a rimanere lucida e pensare razionalmente. Anche se le riuscì molto più velocemente di altre volte, non era il momento di congratularsi con se stessa e non un pizzico d’orgoglio le scalfì la mente, ora preparata.
Guardò Merlin e gli strinse una spalla, facendogli cenno di mettersi al sicuro, poi cominciò a vagare per l’accampamento. Ignorò i suoi uomini, lasciando che impazzasse la battaglia, alla ricerca del cristallo.
Diversi uomini la fermarono ed Eleanor riuscì a sconfiggerli uno a uno, continuando a cercare fra le tende e gli oggetti. Quando capì che non avrebbe trovato nulla, cominciò a occuparsi dei rinnegati, uccidendoli uno a uno: aveva ormai capito che solo se li avessero sconfitti tutti avrebbe avuto il tempo per trovare il cristallo, se stava ancora lì.
Solo quando estrasse la spada dall’ultimo uomo si guardò intorno per capire che avevano vinto. Si girò vedendo tutte le guardie andare verso un unico sconosciuto e lei stessa si fece avanti, all’erta. Se c’era una cosa che aveva imparato nelle sue missioni, era quella di stare estremamente attenta fino alla fine e non la sorprese, quindi, il fatto che l’estraneo avesse improvvisamente ripreso la sua arma per attaccarla. Riuscì a fermarlo senza grandi problemi, sebbene l’uomo fosse molto forte, e lo tenne per la camicia, puntandogli la spada al petto.
-Portami il cristallo.
-Perché ti interessa? A cosa può servirvi?
Eleanor, sentendolo muovere e capendo che non sarebbe riuscita a resistere a lungo, fece cenno a delle guardie di tenerlo.
-Dov’è il cristallo?
-Quante vite sono andate perse oggi? E per cosa?
La principessa lasciò la spada e, dopo un secondo di esitazione, cominciò a cercargli per le tasche, finché non trovò un sacchetto. La grandezza era quella giusta e la robustezza… Poteva essere lui.
Lo sconosciuto continuò a parlarle.
-Non potete controllare il cristallo. Non ne avete il potere!
Eleanor si allontanò e solo quando fu distante qualche passo aprì il sacchetto e ci guardò dentro, per assicurarsi di aver trovato davvero quello che cercava.
-Nessuno di voi ce l’ha!
Merlin la guardava e la ragazza ricambiò lo sguardo. La sua espressione era… strana. Forse era rimasto provato da quella missione, considerando che neanche lei era stata leggera con lui. Si dispiacque di averlo affaticato così, sebbene fosse contenta del fatto che erano sopravvissuti entrambi e che entrambi avrebbero rifatto, incolumi, ritorno a casa.
Eleanor si girò a guardare i suoi uomini che arrestavano il rinnegato, poi si allontanò in silenzio, per trovare un posto dove accamparsi anche loro.
 
Il fuoco schioppettava vivace e riscaldava l’ombra del crepuscolo. Nuova nebbia sarebbe scesa durante la notte, ma nessuno di loro sentiva più la paura di disperdersi.
Merlin continuava a rimanere seduto, con la testa appoggiata alla mano, stanco. Eleanor rimase a guardarlo per qualche istante, prima di sedersi vicino a lui.
-I cavalli hanno bisogno di mangiare e di bere.
L’altro non le rispose.
-Merlin?
-Scusate?
La principessa aggrottò le sopracciglia.
-Non è la risposta che mi aspettavo.
-Cosa?
Merlin tolse finalmente la mano dal viso.
-A cosa stai pensando?
-Che… quando siamo entrati nell’accampamento era una trappola, sapevano del nostro arrivo.
Eleanor scosse piano il capo.
-E allora?
-Come facevano a saperlo?
La ragazza alzò le spalle.
-Sono… sono stregoni, dico bene? Avranno usato la magia, no?
Tirò fuori il cristallo, ancora infagottato, dalla tasca. Prese la mano di Merlin (riusciva a sentirne il calore anche oltre i guanti…) e lo posò sopra.
-Merlin, devi proteggere questo cristallo a costo della vita.
-Perché io?
-Io non posso sorvegliarlo anche mentre dormo.
-Neanch’io.
Eleanor respirò profondamente. Voleva che lui lo tenesse per dargli l’ultima possibilità di redimersi della stupidaggine che aveva fatto con le sue stanze e un piccolo pezzo di lei desiderava darglielo anche perché non si sentiva al sicuro a tenere un oggetto che si diceva avere grande potenza magica vicino a sé tutta la notte. Di Merlin, in quel frangente, si fidava di più, ma non se la sentiva di dirglielo.
La principessa alzò le spalle e andò a prendere una coperta da mettere vicino al fuoco per riposarsi.
 
-Ammetti di aver rubato il cristallo di Neahtid?
Uther stava in piedi di fronte al rinnegato che, in ginocchio, attendeva la sua certa condanna. Eleanor incrociò le braccia, ancora con in abiti maschili, con una lunga giacca a coprire i vestiti sudici della missione.
-Lo ammetto.
-Ammetti di aver complottato contro il tuo re?
Il labbro del prigioniero tremò, come se volesse dire qualcosa, prima di guardare verso di Uther.
-Lo ammetto.
Il re avanzò verso di lui, la sua voce molto più calda e quasi accogliente.
-E hai agito da solo? Non ti è stato fornito aiuto da nessun cittadino di Camelot?
-Io ho agito… da solo.
Eleanor alzò un sopracciglio. Non ci credeva, ma non avevano mezzi per dimostrare il contrario e quell’uomo, che avevano scoperto essere proprio Alvarr, era il capo dei rinnegati: era il prigioniero migliore che avrebbero potuto portare.
-Sei colpevole di tradimento. Sei un nemico di Camelot, Alvarr.
La ragazza seguì con lo sguardo il padre sedersi sul trono, poi alzò gli occhi, guardando verso Morgana. Sbatté le palpebre.
La sorellastra sembrava stravolta e quasi sull’orlo delle lacrime.
Eleanor si irrigidì a notarlo.
-Io ti condanno a morte.
-E morirò con onore.
La principessa guardò il rinnegato, poi Morgana. Il labbro della donna aveva tremato leggermente a sentire le parole di Uther. Eleanor non poteva non chiedersi se…
Guardò ancora Alvarr. Non ci aveva fatto caso prima, ma era un bell’uomo, in realtà. O, almeno, aveva sicuramente il suo fascino.
Si rivolse nuovamente verso Morgana.
Era assurdo, eppure…
-Essere un nemico di Camelot non è un crimine.
Peccato che invece lo sia, pensò Eleanor.
La voce di Uther era quasi annoiata da quell’ultima affermazione, come infastidita da quella frase che aveva sentito tante e tante volte.
-Portatelo via.
-Uther, siete voi il criminale!
L’uomo venne portato via e quando il prigioniero varcò la soglia, il re si alzò. Andò verso la figlia e le sorrise, poggiandole una mano sulla spalla. Lei chinò lievemente il capo e uscì, seguita da delle guardie.
Dopo diversi passi, si voltò per vedere Morgana, visto che aveva intenzione di parlarle, ma non la vide. Aggrottò le sopracciglia, ma andò avanti.
Le avrebbe parlato dopo cena.
 
Eleanor bussò alla porta.
-Morgana?
Nessuna risposta. Ribussò e dopo un secondo Gwen le aprì.
-Scusa, posso parlare con Morgana?
La voce della sorellastra le giunse dalla toeletta.
-Non desidero vedere nessuno.
Eleanor sospirò ed entrò ugualmente, facendo cenno a Gwen di allontanarsi perché voleva avere un discorso privato.
-Ho detto che non desidero vedere nessuno.
-Io, invece, desidero parlare con te.
Le donne sentirono il tonfo della porta chiusa dietro le spalle e Morgana si girò a guardarla. Eleanor avanzò nella stanza e rimase in silenzio. Non sapeva come iniziare la conversazione, come arrivare al punto.
-Ebbene?
La voce della mora era infastidita e l’altra era ben consapevole sarebbe stata cacciata fuori da un momento all’altro. Sospirò e lo chiese direttamente.
-Conoscevi quell’uomo?
Morgana sbarrò gli occhi.
-Come, scusa?
-Rispondi e basta, conoscevi quell’uomo?
La mora non le rispose e si alzò, pallida in volto. Quella era già una risposta sufficiente ed Eleanor non attese di sentire le sue scuse.
-Cosa hai detto a Uther, perché non eri a cena oggi?
Di nuovo, l’altra non parlò.
-Morgana, quell’uomo, quell’Alvarr… è come un truffatore, che usa il proprio fascino per irretire le menti di chi lo ascolta. Non voglio sapere come l’hai conosciuto o perché, ma non lasciare che la sua… possibile avvenenza ti accechi, sei una donna intelligente, sai anche tu che…
-Dove vuoi arrivare, Eleanor?
-Sembravi sconvolta oggi, alla condanna.
La mano della principessa tremò leggermente mentre gesticolava.
-A prescindere dal fatto che sia o meno un nemico di Camelot, non ti puoi permettere di lasciarti, non so neanche come dirlo, sedurre da uomini per cui comunque non è bene tu provi qualcosa.
Morgana aprì le labbra, esterrefatta.
-Proprio tu mi fai un discorso del genere…
-Che intendi?
-Merlin!
Eleanor si irrigidì.
-Che c’entra Merlin ora?
Morgana la guardò dritta negli occhi.
-Non mi vorrai dire che non provi nulla per lui.
-…Come?
Eleanor arrossì, tuttavia sbuffò e mosse in segno di diniego la testa.
-La servitù parla, Eleanor.
Morgana le si avvicinò.
-Solo Uther non si è ancora accorto di nulla, è talmente cieco da lasciare ancora che lui venga sempre con te in ogni missione.
Se la vergogna non l’aveva ancora inghiottita al primo accenno all’argomento, lo stava facendo in quell’istante. Eleanor poté quasi sentire la servitù e chissà chi altro sparlare di lei, di quello che poteva o non poteva provare. L’idea che tutti l’avessero capito –Dio, magari persino Merlin stesso!- le era nauseante.
Sentiva la mascella rigida.
-Non sono qui per parlare delle dicerie che si mettono in giro sul mio conto, ma sulla realtà delle tue reazioni.
-Non c’è nulla da dire.
-Come le confidenze che ci facevamo quando eravamo più piccole, nello stesso modo.
Morgana indietreggiò.
-Non ci sono mai state confidenze fra noi da piccole.
Eleanor sentì un fiotto di sgradevole calore nella testa.
-Come?
-Esci dalle mie stanze.
La ragazza aprì le labbra, confusa dall’ultima affermazione dell’altra.
-Eleanor, esci dalle mie stanze.
Morgana era categorica ed Eleanor riuscì finalmente a dare un nome all’immenso bollore che le stava prendendo le tempie: offesa.
Uscì, tentando di non sbattere la porta dietro di sé.
 
-Merl-!
Eleanor inghiottì il nome che stava per pronunciare. Trattenne il respiro, facendo dei passi verso la propria stanza, a testa bassa, concentrata, le parole di Morgana ancora impresse nella testa.
Si lasciò andare sulla sedia nella sua camera, una mano a coprire la fronte.
Neanche si era resa conto di aver cominciato a vedere Merlin come un amico, che se lo era ritrovato come fratello.
Neanche si era resa conto di vederlo come un fratello… che già era diventato qualcosa di diverso.
Si ricordava di essere stata ripresa da lui per il suo comportamento capriccioso con una giovane cameriera, il salvataggio, ma poi? Quand’è che la sua presenza era diventata normale, quand’è che era diventata così necessaria?
Perché sapeva che Merlin aveva un bel profilo? E che aveva un buon odore? Come aveva fatto a scoprire che era bravo a rassicurare, a far sentire le persone come abbracciate anche senza fare nulla, a fare compagnia pure senza parlare?
Eleanor, improvvisamente, si era sentita in imbarazzo in sua presenza a causa di quei pensieri e la cosa l’aveva scossa nel profondo.
Eppure non era nulla rispetto al ciclo di pensieri che stava vivendo in quel momento.
Si morse l’unghia del pollice.
Non ci sono mai state confidenze fra noi da piccole
Morgana si sbagliava. O era lei a sbagliarsi? Si ricordava bene le sere perse a ridere e a raccontarsi cosa aveva fatto quello o un altro cavaliere, come si ricordava bene le mattinate spese a consolare la sorellastra dagli incubi che la scuotevano la notte, senza sapere cosa fare perché lei non ne aveva mai avuti.
Si ricordava ancora meglio la sensazione di non avere mai nulla di buono di dire, perché qualunque cosa avrebbe potuto scatenare una reazione inaspettata nell’altra bambina, la cura e la preoccupazione che Eleanor per anni aveva messo in ogni singola parola in quei momenti in cui Morgana le era sembrata più fragile. I discorsi immensi per non arrivare mai al punto vero, il tentare di fare esempi con cose pratiche, come le torri e le zuppe cattive e i cavalli e i bei vestiti, per provare, almeno, a far capire al meglio l’una all’altra cosa volevano dirsi.
Per lei quelle erano sempre state confidenze. Erano la cosa più simile avesse mai avuto a una confidenza.
E sentirsi dire che invece per Morgana non erano valse a niente era stato come se qualcuno le avesse calpestato lo stomaco. Si era sentita come se le avesse dato della stupida, dell’ingenua e, ciò che era peggio, come se tutto l’impegno e i pensieri e la cura che lei aveva messo in tutti quei momenti le fossero stati negati.
Perché lei ci aveva messo tutta se stessa per accogliere quella bambina un po’ più grande che era rimasta senza nessun altro e che era entrata nella sua vita e questo, questo non poteva essere negato.
Forse non era stato abbastanza, ma sì, fingere di non vedere che le aveva preso la sua bambola preferita, parlarle per poi lasciarla da sola se lei glielo chiedeva, tentare di distogliere la sua attenzione dai problemi che l’affliggevano per darle qualche minuto di serenità, dirle di non pensarci perché con lei funzionava quando aveva paura e quindi era un po’ come raccontarle cosa provava lei ogni giorno… era stato il suo meglio.
Non ci sono mai state confidenze fra noi da piccole
Non era vero. Eppure, Morgana l’aveva detto con un tono tanto convinto.
Eleanor si mise a osservare il tavolo, il legno scuro, e, con un brivido, se lo chiese: se per lei non era vero, in tutto quel tempo cosaaveva visto Morgana?
Il rumore delle campane fu talmente alto che la ragazza quasi sentì l’aria intorno a lei vibrare. Si alzò in fretta, legandosi i capelli. Afferrò la spada e corse fuori.
 
Eleanor si teneva la gonna quasi all’altezza delle ginocchia.
-Abbiamo perquisito ovunque, ogni angolo di Camelot.
-Ma è svanito!
-Sì, padre.
-Come?
Uther era furioso.
-Dimmi come ha fatto a scappare!
Eleanor mantenne la voce ferma.
-Sembra che le guardie siano state drogate.
Il re sgranò gli occhi, come colpito da una rivelazione.
-Cioè è stato aiutato… da qualcuno… a Camelot.
Il suo respiro era evidentemente accelerato ed Eleanor poté vedere chiaramente il sospetto prendere il posto dello stupore.
-Temo che sia così.
Uther abbassò il volto e scosse il capo.
-Che sia ben chiaro a tutti: chiunque abbia fatto questo ha tradito me, ha tradito il regno. Se scoprirò chi è stato maledirà il giorno in cui è venuto al mondo.
Eleanor si girò e fece un passo indietro a vedere Morgana lì, in piedi, sveglia e vestita, quando l’aveva lasciata in camicia da notte. La guardò negli occhi. Si girò verso il padre. Respirò profondamente.
Capì.
E fu come essere colpiti da un coltello.
 
Note di Elfin
Ma buonsalve :) L’ultima volta che ho aggiornato questa serie è stato… diverso tempo fa, eh eh eh. In realtà sono relativamente soddisfatta di questo episodio, anche se continua a darmi l’impressione di non essere mai finito. Originariamente c’era un pezzo con Merlin alla fine, ma ho deciso di spostarlo alla prossima ff, che sarà ambientata durante la terza stagione. Spero di metterci di meno, soprattutto considerando la quantità di pezzi che ho già scritto, ma anche per questa avevo già molte cose fatte e ci ho messo comunque un’eternità. Vi posso dire che ho intenzione di arrivare comunque fino alla quinta stagione e finché non avrò fatto almeno una ff per ogni serie non sarò contenta XD
Ho deciso di fare anche questo episodio per occuparmi un po’ di Morgana, che in realtà nel mio piano originario appariva molto poco. In senso, non ne parlavo molto.
Voglio ringraziare chi ha recensito Lancillotto e Ginevra, che è stata l’ultima cosa che ho scritto del gruppo di Eleanor, cioè chibisaru81Be_Yourself. Voglio anche ringraziare tutti voi che avete letto questa ff :3
Ditemi che ne pensate <3
Kiss
   
 
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