Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |       
Autore: Io_amo_Freezer    14/02/2019    1 recensioni
San Valentino è giunto… Ma ci sono persone che hanno valori più importanti a cui dare peso, e altri a cui non importa nemmeno; eppure, si vede che, per questo giorno, Cupido si sia davvero sforzato a stringere tutti nel cerchio dell’amore, e con loro maggiormente.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Dabi, Izuku Midoriya, Shigaraki Tomura, Shouto Todoroki
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Oggi aveva avuto davvero molte cose da sistemare, oltre l’allenamento quotidiano e duro a cui si era sottoposto, come ogni giorno da quando il primo anno nel suo primo liceo era cominciato; e c’erano stati anche vari compiti, il dover sistemare gli appunti e ripassare un paio di materie più impegnative di altre… Almeno aveva trovato il tempo di farsi una doccia, di rinfrescarsi e cambiarsi; non poté che sorridere, alzando di poco ma con fierezza il capo verso il soffitto dell’interno di quell’ospedale, con in braccio una mela caramellata, quasi velata dai troppi fiori stretti contro il petto, dentro una confezione plastificata, arrotolati in essa e adornati con un fiocco a stringere gli steli di quelle rose rosse, colore acceso e vivo quasi quanto il frutto in cima al bastoncino di legno.
Sorrise con dolcezza nel dedicargli uno sguardo, svoltando l’angolo con l’idea impaziente di vedere il sorriso della destinataria di quei doni perfetti: in fondo era una festa, e si era detto che doveva avere qualcosa di dolce anche lei. Ampliò il gesto sincero nel volto, a occhi chiusi mentre i suoi capelli spettinati e rigonfi, di un verde più scuro delle sue pupille, eccetto per alcuni riflessi neri, tremolarono lentamente al movimento inaspettato del vento, istantaneo e violento da farlo sobbalzare.
Strabuzzò gli occhi, inaspettato nello scontrarsi con una sagoma scura e leggermente più alta, che si limitò a ignorare, con uno sbuffo arrogante, che si fossero scontrati finendo con lo sbattere l’uno contro il petto dell’altro; e alla fine, dopo che l’altro si fu ripreso, successivamente allo scontro che lo aveva costretto a indietreggiare di un passo per calibrare bene il suo peso e a reggersi maggiormente su un piede, in bilanciamento per non crollare. E così, forse già nervoso per altro, decretò che fosse abbastanza per quel giorno, che era inutile maledire anche quel ragazzo, e continuò la propria avanzata con una spallata verso lo stesso che lo aveva colpito e che non aveva nemmeno fatto in tempo a chiedere scusa; lasciando echeggiare un nuovo grugnito, molto gutturale dalla sua gola, e macabro quanto un fiato gelido in una notte di temporali. A quel punto, ancora spaesato e facendo una smorfia per la sua scortesia, fu solo grato che la presa contro quei doni fosse ancora possente e mantenuta, che li avesse tenuti al sicuro mentre continuò, con sguardo attento, a scrutare quella sagoma dentro una felpa, scura come il buio, che sembrava inglobarlo, tanto che lo avvolgeva, come se non volesse essere osservato, o notato da nessuno mentre quel cappuccio enorme in testa nascondeva completamente il suo volto, ma, anche se ora, con le proprie pupille verdi, poteva scrutare solo la sua schiena, aveva potuto studiare la realtà di una chioma grigio chiaro venire fuori con dolcezza, e di certo morbida a vista, che però aveva nascosto senza scrupoli la maggior parte del volto, tra cui gli occhi; dando così anch’essi il loro contribuito in quell’oblio.
Scuoté il capo, tralasciando quei pensieri e il senso di preoccupazione verso di lui, procedendo con passo più svelto: l’orario delle visite era chiaro, anche se mancava ancora molto; e non poteva perdere altro tempo nonostante lo stesse facendo per uno sconosciuto abbastanza sospetto, ma si era ricreduto dato che aveva concepito che indossasse dei pantaloni di pigiama, azzurri, solitamente adibiti solo ai pazienti. Non erano di certo fatti suoi, e di certo doveva stare davvero male, almeno questa era stata l’impressione datagli da quella sagoma gracile e che tendeva a svanire alla vista di tutti. Per quanto sapeva che non fosse educato da fare, si voltò nuovamente, spinto ancora dalla curiosità e dal suo fare indagatore, ma era già svanito nel nulla; e con una smorfia delusa proseguì verso le scale per il prossimo piano.
 
 
Varcò la soglia, richiudendo la porta candida l’istante dopo e facendo piano alla consapevolezza che, all’interno del letto, ormai davanti ai suoi occhi, regnasse la figura gracile e lieve, quasi intangibile, della bambina; di Eri, che respirando delicatamente, come a non voler disturbare nessuno nemmeno nei sogni, sembrava voler apparire inesistente in quel frangente di completo riposo. Sospirando dalle narici, e scompigliandosi i capelli verdi con una mano, Izuku non poté fare altro che lasciare i fiori all’interno del vaso bianco che portò, con fare pacato, dall’angolo della stanza sul comodino; del medesimo colore. Rigirò poi, tra due dita, il bastoncino con la mela, quasi indeciso su cosa fare. Alla fine decretò a sé stesso di aspettare: anche se dormiva, l’importante era non svegliarla. Così, sistemando meglio una rosa, e un girasole che aveva aggiunto all’ultimo, in modo da avere un raggio di luce attorno a tutti quei cuori di petali vermigli, si voltò alla ricerca di una sedia.
Trovandola e portandola al cospetto di quel giaciglio, sedendosi si mise ad elucubrare meglio i suoi pensieri, sul fatto se avesse davvero fatto bene a prenderle dei fiori: non la conosceva ancora bene, e forse non le sarebbero piaciuti, e sapeva che, di solito, molti prendevano dei cioccolatini per questa festa, ma riguardo a quello aveva pensato e, appunto portato, la mela candita: anche quella l’aveva fatta lui, pensando sarebbe stato più dolce un dono a cui aveva dato vita con le sue stesse mani, per non parlare che le aveva promesso che gli è ne avrebbe preparate altre, dopo la prima che le aveva fatto assaggiare al festival culturale. Sbuffò silenzioso, davvero impensierito dalla consapevolezza di poter aver sbagliato: era stato avventato: non si era soffermato troppo a pensare se sarebbe andato bene o meno, aveva agito con il cuore, volendo che sorridesse e ricevesse amore anche durante quel giorno, in cui tutti gli altri avrebbero fatto altrettanto. Ammetteva, però, di aspettarsi Mirio al suo arrivo, ma forse, stanco, era andato via, o magari, nel vederla dormire aveva preferito non disturbare. E forse avrebbe dovuto fare lo stesso anche lui; decretò nella testa, massaggiandosi, con l’indice, sotto il labbro e tenendo il mento con il pollice, con sguardo serio rivolto al terreno, forse troppo e molto marcato.
-Deku-san…?-
-Eri-chan!- sbottò, preso alla sprovvista da alzare le mani all’altezza del volto, e al punto da irrigidirsi fino a scontrarsi, con la schiena, contro lo schienale della sedia, producendo uno stridio da parte dell’oggetto stesso, che si lamentò per il gesto inconsueto e forte. -Mi dispiace! Non volevo svegliarti… Però, ecco…- portò gli occhi alla mano destra, ancora stretta a pugno per non lasciarsi sfuggire il dolce cibo; e così, sorridendo e chiedendo nuovamente perdono, lo porse alla bambina che, sgranando maggiormente gli occhi, in silenzio, sorrise nell’afferrarla, rendendosi lentamente conto dei colori accesi che erano comparsi a farle compagnia da illuminarle il volto delicato e le pupille rosse, come quelle rose fiammanti mentre le ciocche un po’ mosse, di un grigio intenso, scivolarono oltre le spalle, finendo dietro la schiena, velata da un vestitino grigio, abbottonato sul davanti, e che le arrivava alle ginocchia; intanto che un ciuffo andò a finire sul piccolo corno giallo, quasi inesistente ormai.
-Oggi è San Valentino, ho pensato di venire da te per portarti un po’ di amore. Sai, è la festa dell’amore, oggi.- rise, un po’ impacciato mentre si sfregò una guancia, decorata, come l’altra, da una sottile spruzzata di lentiggini, tra la sorpresa della bambina, forse non a conoscenza di cosa fosse quella festività.
-Anche Mirio-san ha detto la stessa cosa…- ci pensò su, per poi sorridere lievemente, un po’ tremolante con le labbra: ancora non abituata, ma quell’oscillazione smise subito dopo e fu subito un dolce gesto di felicità, perfetto. -È divertente: lui mi ha portato dei dolcetti e un palloncino a forma di cuore.-
Nel dirlo, la bambina indicò, con la manina scoperta per via dell’indumento sbracciato, dietro di sé e il regalo fluttuante che traballò un attimo, sotto il tocco del dito della piccola, che stringeva in una mano quel frutto candido, tenendolo da sopra le coperte che scaldavano le sue gambe.
-Oh, che bello.- esclamò in fretta, davvero felice, e immaginando che i dolci li avessero, magari, gustati assieme: forse Mirio era uscito per comprarli, ma, secondo lui era più probabile che avesse acquistato quei regali all’interno stesso dell’ospedale, dove, in un reparto apposito del primo piano, si potevano comprare dei regali per le ricorrenze, oltre che essere proprio un’edicola.
-E adesso anche tu hai portato dei regali! È davvero divertente e bello tutto questo!- si impuntò in avanti, con le mani aperte contro il materasso, in ginocchio; esprimendo tutta la sua gratitudine con quello sguardo che sprizzava un fuoco elettrizzante e le pupille piene di quella luce.
-Ti piacciono i fiori? Non sapevo quali avresti preferito, così sono andato sulle rose, che piacciono a tutti, credo… Beh, c’è una percentuale alta su quanti amino questo tipo di fiori, per non parlare del fatto che si tratta pur sempre del fiore più regalato. Ho comprato quella rossa, usata spesso, e di certo anche a San Valentino, anche se il rosso significa passione ardente, e avrei potuto prendere il rosa, che equivale ad amicizia, affetto e gratitudine…Però ho compensato con il girasole, pensando che avrebbe portato luce, e poi rappresenta gioia, spensieratezza…- aveva iniziato con una domanda, guardandola negli occhi, ma aveva finito con il mormorare un eterno monologo, il tutto fissando il nulla del pavimento; troppo riflessivo da perdersi nei suoi pensieri, esternandoli in borbottii come al solito.
-Mi piacciono.- decretò lei, invece, sorridendo per quel modo buffo di fare dell’eroe.
Midoriya si ricredette un attimo, ridestandosi e spalancando le palpebre fino a quando gli fu possibile, ma poi sbuffò spensierato e gaio, con le mani a stringe la base della sedia su cui era seduto; in quella divisa scolastica, dalla camicia grigia come la chioma della ragazza che rise con lui prima di tornare a parlare, felici di quel momento insieme.
 
 
Stando con Eri-chan, il tempo era fuggito via, ma le aveva promesso di tornare presto, come ogni volta prima di alzarsi e riponendo la sedia da dove l’aveva presa. Certo, vedere il suo viso smettere di sprizzare quella luce aveva fatto male, ma era tardi e doveva tornare ai dormitori: il sole stava calando, ormai.
Sventolò la mano con sentimento, e con un sincero sorriso, ancora sul volto, guardandola nell’istante in cui tirò giù la maniglia con la mano, che risentì di quel tocco gelido su di essa; aprendo così la porta, affermando con troppa enfasi, nel volerne infondere anche a lei:
-A presto, Eri-chan!-
-Ciao, Deku-san!- si affrettò a dire, facendosi avanti con la mano anche lei e tornando a ridere felice, sporgendosi in avanti con il petto, lasciando ricadere le coperte in avanti, sul grembo; che Izuku si era premurato di rimboccare; e poi sospirò malinconica, studiando quel bianco che completava la stanza, di quella porta sigillata prima di voltarsi a scrutare i fiori, dal palloncino sopra di esso e legato dall’eroe ormai scomparso oltre la soglia, attorno al vaso, ad accompagnare la vista di quel regalo perfetto, mentre, ai piedi di quel contenitore, giaceva inerme, il bastoncino che aveva accolto quel dolce frutto ormai svanito nel nulla anche lui. Il tutto a formare un quadro perfetto, a sintetizzare come fosse stata sublime quella giornata. E sorrise.
 
 
-Midoriya…-
-Ah!- sobbalzò nel voltarsi di scatto dopo che le proprie orecchie avessero udito pronunciare quel nome, che poi era il suo. Ma riprese fiato, abbassando lentamente, poi, le braccia, da davanti al proprio viso, un po’ rosso dopo essersi reso conto della pessima figura fatta, e sperando di non aver esagerato con il tono da preoccupare Eri-chan, dietro la porta che aveva appena abbandonato. Si portò poi, gli occhi, in quelli eterocromatici dell’altro che, si rivelò essere, suo amico; e rimase sorpreso dal vederlo lì.
-Todoroki-kun?-
-Perdonami, non volevo spaventarti.- si affrettò ad aggiungere, ancora con il solito tono pacato, in quei, circa dieci centimetri in più che li separavano, e, diversamente dal verde, impacchettato in quel vestito elegante, dalla camicia bianca e la giacca nera abbottonata, ai pantaloni lunghi, raffinati come le scarpe, tutto medesimo colore della casacca e della cravatta attorno al collo, lunga da arrivare a sotto al petto. Midoriya riprese il fiato nei polmoni in fretta, ma lo bloccò in gola nell’esaminare tutto quello, nello studiare quella sagoma, alta, tonica e forte.
-Wow, come sei elegante, oggi, Todoroki-kun…- farfugliò, cacciando tutto fuori, dalle labbra semichiuse e gli occhi impiantati contro il petto, sconcertato ma positivamente; ammirato per come fosse attraente da così slanciato, e con quei vestiti, dimenticandosi completamente di dirgli di non doversi preoccupare, di non doversi scusare. Invece, tornando a parlare, quasi autonomamente, domandò: -Come mai questo abbigliamento?-
-Ohm, voglio dire… Non c’è nulla di male, però, ecco… Sempre se vuoi dirmelo, insomma… Perché altrimenti, ecco…!-
-Ho pensato di venire a trovare mia madre, e dato che è San Valentino, ho deciso di vestirmi bene, come regalo.-
-Oh, è davvero un bel pensiero, Todoroki-kun!- sorrise, anche se ancora rosso in volto, per i mormorii incasinati di poco prima, troppo impacciato per poter comporli in una frase compiuta, sospirando poi nel darsi dell’idiota per essersi intromesso in questioni personali. Certo, era lecito come domanda, ma avrebbe potuto anche evitare, e… Perché sì, fine. Di certo l’aveva infastidito, o forse no, o magari non lo dava a vedere…! Era, invece più ovvio, ora che ci rifletteva a mente lucida; squadrando malamente il pavimento per la pessima figura fatta, che fosse lì per andare a trovare sua madre malata; era ovvio, e invece invadente ciò che aveva detto lui; si rimproverò ancora. Forse avrebbe dovuto scusarsi…
-Ti andrebbe di venire con me, Midoriya?- chiese, andando dritto al punto che lo affliggeva e continuando a osservare il coetaneo con il solito sguardo impassibile; che, torturandosi le dita per chissà quale osservazione che stava generando la sua mente, scrutava tutto fuorché lui, almeno fino a che non sentì quella domanda.
-Eh? Ma l’orario delle visite è quasi finito…-
-È solo per poco.-
-V… Beh, ecco… Per tua madre andrà bene? Forse volete un po’ di intimità, e quindi… Avrete anche molte cose da dirvi e…-
-No, non preoccuparti. Vorrei farle conoscere un mio amico, e questa è un’occasione importante.- decretò risoluto, con serenità negli occhi, divisi di colore come i capelli; ma sempre seri e diligenti, come la sua posa, i suoi modi; tutto di lui era fermo ed educato. Quasi apatico, a volte, ma ammetteva che, di recente, lo aveva visto aprirsi maggiormente; sempre se non era stata una sua personale impressione.
-Oh? Va bene, allora… Grazie.- annuì, a stento, stringendosi nelle spalle poco dopo e mordendosi il labbro inferiore appena l’altro gli diede le spalle per fargli strada: lui non sapeva dove si trovasse la stanza della madre, e nel non avere la visibilità del coetaneo e ne approfittò per torturare la sua giacca grigia, ai bordi; stringendoli con le mani, con sguardo quasi bastonato: sarebbe stato all’altezza delle aspettative di amici che si aspettava la madre di Todoroki? O forse sarebbe sembrato un pessimo esempio… O peggio, un tempista!
-Siamo arrivati.-
-Eh? Oh, giusto.- alzò il capo, deviando un’inserviente che stava annodando dei palloncini a forma di cuore contro il muro; ma nel farlo trattenne il fiato, stringendosi nelle spalle e strizzando gli occhi quando Todoroki abbassò la maniglia, distaccando la porta dal muro lentamente, senza fretta; purtroppo per Midoriya fu un agonia atroce, ascoltando come il petto gli bruciasse di ansia e con gli spigoli di tale sentimento a stringerlo e a farlo piccolo per la paura di presentarsi come un pessimo esempio, forse per i suoi modi di fare, forse perché timido… Oh! Cosa poteva fare? Ormai non poteva più tirarsi indietro!
-Todoroki… Oh.-
Entrò dopo di lui, stando dietro la sua schiena, quasi come uno scudo, il suo personale, caldo e gelido, scudo; fin troppo protettivo, pensò al punto da arrossire; e, forse lo fu anche per la diversa struttura fisica, come anche l’altezza, che lo nascondeva completamente. Di conseguenza, la madre di Todoroki non lo aveva ancora visto, e non sapeva se fosse un bene o un male mentre chiuse lui la porta, in silenzio e con l’incertezza più viva nello sguardo, mentre le labbra tremolarono in un mugugno che si tenne dentro, fissando il pavimento con angoscia e occhi bassi, stando di lato, quasi a poter sfiorare la schiena del compagno con la propria spalla, maledicendosi di essere così maleducato: avrebbe dovuto salutare, come prima cosa! Aveva iniziato male, ma non riusciva a parlare!
-Hai portato un tuo amico, vedo.-
Oh, cavolo! Come aveva fatto a vederlo!, si irrigidì di colpo, immobilizzandosi giusto l’attimo per capire che fosse stato scoperto perché Todoroki si era spostato leggermente, indicandolo con la mano aperta, con il palmo verso l’alto; pronto di certo a presentarlo.
-Oh, m-mi scusi! Buon pomeriggio, i-io sono Midoriya Izuku, signora! Felice di fare la sua conoscenza!- esclamò di botto, inchinandosi educatamente in avanti con il busto, sempre più inflessibile, in preda ai pensieri più agitati che mai si sarebbe aspettato di avere, e in un momento che sarebbe dovuto essere tranquillo per chiunque. Almeno credeva… Perché per lui non lo era?
Oh, no…, si rabbuiò di colpo, a occhi sgranati all’inverosimile mentre il battito, udendolo nelle orecchie, sembrava impazzito alla consapevolezza amare di ciò che aveva appena fatto: aveva urlato troppo. Però… Si calmò un attimo… Stava ridendo, concretizzò, rilassando le spalle e rialzandosi leggermente con lo sguardo, mentre Todoroki, ancora serio, osservava sua madre con attenzione, con fare felice mentre riconobbe la stessa luce, piena di positività, che albergava anche nelle pupille della madre… Però… Forse rideva perché era buffo?, tornò ad agitarsi interiormente, rialzandosi con la schiena e boccheggiando con le labbra, senza prendere nuovamente aria, e senza riuscire a pronunciare nemmeno una sillaba.
-Non c’è bisogno di essere così formale, Izuku. Puoi chiamarmi tranquillamente Rei.- terminò poi, abbassando la mano che era andata a coprirle la bocca con serenità, intanto che il sole, ancora in procinto di salutare, le scaldava la schiena rivolta alla finestra che mostrava i colori vivi del cielo e delle nuvole, così in alto da sovrastare le stelle, forse.
-Ohm, va bene, Rei.- farfugliò un attimo, sorridendo poi forzato e impacciato mentre si sfregò la guancia con l’indice, a occhi chiusi mentre l’imbarazzo non voleva svanire, restando a imperlare le sue paure di fare quella pessima figura che, sentiva, di aver già fatto e che avrebbe continuato a compiere; ma almeno sembrava gentile, come Todoroki. Riaprì gli occhi, volendo scrutare ancora quel volto, spossato un po’, nello sguardo, dalla stanchezza, ma vivo e allegro; dello stesso tono di colori, grigio, nelle pupille, simile a quella destra del figlio; e anche il colore bianco della chioma lunga che scivolava con eleganza dietro le spalle, era lo stesso dell’ultimogenito, nonostante quest’ultimo li avesse corti, e sul lato sinistro fossero completamente rossi, diversi e separati dall’altra metà, come anche l’occhio celeste, situato sul medesimo lato, limpido rispetto alla chiazza vermiglia che attorniava tutta la fronte fin sopra la guancia e senza intoccare il naso, dritto e semplice; aggraziato come lo fosse completamente in quel corpo. Izuku era certo che fossero molto simili, e sorrise: Todoroki era gentile e premuroso come sua madre. Lo poteva vedere chiaramente in quel preciso momento.
-Todoroki mi ha parlato molto dei suoi compagni di classe, e mi ha detto anche di te. Aspiri a essere un grande eroe, vero?-
-Sì, sarò l’eroe che sorride sempre in ogni situazione per aiutare gli altri! Come All Might!- esclamò con fierezza, con il pugno destro davanti al petto, e forse i suoi occhi scintillarono maggiormente di verde mentre Todoroki si era seduto sul letto attaccato al muro; accanto a sua madre, ancora sulla sedia davanti alla finestra, tra una delle due tende azzurre scuro legata e un largo tavolo, robusto e di un legno vivo; in quella stanzetta non troppo grande, ma piena di oggetti; come gli scaffali alla sua destra, anche attaccati al muro mentre a sinistra c’era, oltre al tavolo, anche una grande televisione nera, al momento spenta.
-Sei molto determinato. C’è la farai di certo con questa energia.- sorrise ancora, con le mani in grembo, unite sopra al camice che indossava mentre la frangia tremolò davanti alla punta del piccolo naso prima che si girasse verso il proprio figlio. -Sei davvero bellissimo oggi, Todoroki. Sei elegante per qualcuno di speciale, per caso?-
Ancora estremamente rosso per aver urlato ancora, rimase un po’ disconnesso per quella domanda, ascoltando il suo stesso suono nell’ingoiare un groppo amaro di saliva, tremolando con le dita al timore di ciò che presto lo avrebbe atteso, scrutando con non poca paura il ragazzo eterocromatico, ma cercando comunque di tornare a respirare: continuava a dimenticarsi di farlo, e i polmoni iniziavano a lamentarsi sempre più per quello, come anche il cervello. Di questo passo sarebbe crollato; che sia per l’ansia del momento, che per la mancanza d’aria in bocca e dentro di sé.
-Ho pensato sarebbe stato un bel regalo per te, per San Valentino.- spiegò, pacato, ancora seduto e con la schiena ben dritta mentre una scarpa sfregò contro il pavimento di parquet chiaro, rettangolare intanto che sua madre lo osservava senza perdere il minimo pezzo di buon umore.
Spirò con un sorriso dalle narici, quasi non sentendo più le gambe da sentirle traballare come gelatina fino al terreno, ma si contenne, capendo che il cervello stesse perdendo colpi per la poca aria gassosa, dato che quella era stata anche la spiegazione che aveva dato a lui… Decretando però che, forse alla fine non aveva fatto poi una così pessima figura, alla fine… Ci teneva a incoraggiarsi, e poi, magari, contando il tutto nell’insieme, forse era vero, insomma. Cercò comunque di riprendersi, rasserenandosi e rendendosi conto solo in quel momento di aver torturato le proprie dita tra loro, davanti al petto, in attesa di quella risposta che lo aveva fatto volare fino al cielo e ritornare poi con i piedi per terra bruscamente e di botto appena la madre di Todoroki tornò a discutere con lui, ancora e sempre più con un tono materno:
-Izuku non restare là in piedi, puoi anche accomodarti.-
-L… La ringrazio.- annuì, e dato che non vedeva altri posti, non volendo ancora stare immobile come una statua davanti al loro sguardo, si affrettò a raggiungere Todoroki, stando però a qualche centimetro di distanza e reggendosi, con le mani a pugno, ai propri pantaloni neri, massacrandoli fino a stropicciarli.
-E tu? Hai qualcuno di speciale per questo giorno?-
-Come? Oh, no, no.- scuoté il capo, ridacchiando piano prima di rifletterci e correggersi: -In realtà, sì: sono andato a trovare Eri-chan, una mia amica. La conosce anche Todoroki-kun… Ohm, comunque, volevo che ricevesse un regalo, così le ho preparato una mela caramellata e le ho comprato dei fiori: ne è stata molto felice, ed era proprio questo che speravo. Quindi, alla fine, sì, ho qualcuno di speciale per questo giorno.- sorrise ancora, lievemente e allentando un po’ quella rigidità del suo corpo, come anche sulla presa delle mani, rilassandosi così nonostante il pensiero di Todoroki fosse ben presente e pulsante come risposta perfetta a tale domanda, cosa che tornò a lasciarlo legato dall’imbarazzo e rigido.
-È stato un gesto proprio da San Valentino.- commentò piano, lei, intanto che Todoroki osservò il coetaneo, analizzando quella notizia, forse perché non aveva ancora capito il motivo della sua presenza in ospedale fino a ora, e aveva provato a carpirne il motivo da sé, nella sua testa. In quell'istante però aveva ottenuto un quadro totale della situazione, ed era più sereno di sapere che non fosse stato lì per degli accertamenti, dato tutte le ferite che si era procurato in passato. Adesso poteva stare tranquillo, sorrise, lieve e con uno sguardo pieno di luce nello scontrarlo con la sagoma di Midoriya, che continuava a evitarlo, nel discutere con sua madre.
-Grazie, Rei.- si sfregò la guancia, ancora, con l’indice, impacciato prima di voltarsi verso l’eterocromatico, attirato dal suo sguardo, sentendolo troppo presente addosso prima di tornare a guardare la signora, non sapendo bene come influire con l’amico, in quel momento, mentre sorrise con forza. In realtà, non sapeva come interagire con nessuno dei due e non capiva, né la ragione, né il perché.
-Izuku, vuoi parlarmi un po’ di te? Frequenti spesso mio figlio? Non sarà molto chiacchierone, ma se lo si conosce bene si finisce di sicuro per apprezzarlo così com’è. È una brava persona.- esclamò, parlando con fin troppo sentimento, lasciando fuori uscire il cuore in quelle parole mentre andò a sfiorare e stringere la mano di suo figlio che la osservò con un nuovo sorriso, rilassando gli occhi con dolcezza e ricambiando quel gesto con lei anche se temette che, quelle parole avrebbero messo in difficoltà il suo coetaneo.
-Come?- si riprese, ricredendosi un attimo di ciò che stesse accadendo, e ragionando, intuendo e ipotizzando che forse, Rei, volesse aiutarlo a integrarsi in quell’incontro. Arrossì un po’ sulle gote, decorando le lentiggini con quel colore purpureo e stringendo nuovamente i lembi del pantalone tra le mani prima di scuotere il capo lentamente, con un piccolo sorriso, e puntando le pupille verso le proprie scarpe rosse che penzolavano senza toccare terra; lasciando entrambi un attimo confusi. -No, io trovo che Todoroki-kun sia di ottima compagnia, penso sia molto simpatico e dolce… Cioè, voglio dire che è una brava persona, e…! Ehm, ecco, comunque, è anche un ottimo amico… M-mi ha anche aiutato contro Stain, e… E, sì, di recente fa anche qualche battuta, quindi… Ohm… Io trovo sia fantastico, insomma.-
Oh, santo cielo! Cosa cavolo aveva detto? Si era lasciato trasportare, e nonostante l’imbarazzo evidente che lo perseguitava non era riuscito a fermarsi! Forse si era sbilanciato troppo! E se Todoroki avesse percepito i suoi sentimenti? No, impossibile! No, non poteva essere… No, definitivamente non poteva essere. Caspita! Lo sentiva! Sentiva gli occhi di Todoroki essere più spalancati del previsto per quelle parole che aveva appena pronunciato, anche se ancora composto e calmo, era palpabile il suo scetticismo: ma perché aveva parlato?, cedette amaro a quella domanda, quasi pronto a chiedere scusa, immobile e senza aver il coraggio di voltarsi; se non fosse che la signora fece un sospiro sicuro e grato, attirando la sua attenzione da fargli alzare nuovamente il capo.
-Queste parole mi rendono fiera. Perché ora so che Todoroki ha davvero un ottimo amico su cui contare. Posso, quindi stare tranquilla e contare sul tuo supporto.-
-B-beh, e-e-ecco, sì… Ma Todoroki-kun è molto bravo di per sé, quindi, non penso abbia bisogno di me.- parlottò frettolosamente, tornando a torturarsi le dita tra di loro, con i due indici e piegarsi a vicenda e distendersi, osservandoli attentamente con un mezzo ghigno, quasi dispiaciuto di averlo detto, ma era la verità: Todoroki non aveva bisogno di lui.
La cosa più incredibile era, però, che Todoroki stesso non avesse parlato molto… Non pensava che sarebbe stato in disparte… Forse era colpa sua. Se non ci fosse stato avrebbe parlato molto più volentieri con sua madre… Si sentì in peccato, a quella consapevolezza. Avrebbe dovuto rifiutare, ma sarebbe stato anche da maleducati alla fine, no? Non sapeva che pensare…
-Sei davvero speciale, Izuku. Todoroki me lo aveva detto.-
 
 
Caspita, era stato davvero… Non lo sapeva ben definire; forse incredibile, perché aveva conosciuto la madre del suo amico, forse sconveniente per Todoroki che non aveva parlato affatto… Accidenti! Però, lui non sembrava mostrare disinteresse nei suoi confronti, ora, o, peggio, odio… Era solo… tremendamente calmo, come sempre.
Sospirò, cercando di calmarsi mentre si recavano verso l’uscita, senza dare molta importanza all’abbellimento che avevano sparso ovunque, per quel giorno festoso, ma lanciando evidenti, anche se non volesse che lo fossero, sguardi a Todoroki, ammirandolo un attimo in quei modi, in quella camminata, in quel respirare… Gli piaceva così tanto, mormorò, tornando a scrutare il pavimento, con una smorfia di derisione verso sé stesso per non riuscire a dirglielo. E abbassò le spalle lentamente, con ormai il sole spento fuori e con il cielo a farsi sempre più tetro; aggrottando un attimo le sopracciglia però nel puntare gli occhi in una direzione precisa, oscurata dalla poca luce, in quel corridoio illuminato dalle finestre, ma con l’ombra a echeggiare nei punti morti, dove ormai il sole non poteva più fare altro, essendo svanito nel nulla. Guardò un attimo la figura che gli dava le spalle, e che riconobbe in fretta, come un’illuminazione nella testa; come quella di quella mattina, a cui era andato incontro. Stava discutendo, e sembrava anche molto adirato, ma non riusciva a vedere oltre di lui, per via dell’oscurità e che, a differenza degli atri reparti, non avessero ancora acceso la luce, lì. Sperava che andasse tutto bene, si rammaricò; forse doveva andare a controllare? Continuò a studiarlo, ma alla fine, forse stanco, fece per avanzare, permettendogli così di scrutare ciò che aveva nascosto, cosa davvero ardua adesso che notava fosse anche più alto della sagoma ormai andata, ma che subito si premurò di seguire con sicurezza, senza dargli tempo di studiare bene il suo volto.
Mugugnò, almeno non era nulla di serio, pensò, abbassando il capo e continuando ad avanzare, forse con aria troppo cupa, al pensiero di aver sbagliato qualcosa con l’amico; e che fu impossibile non essere notata da quest’ultimo stesso, che aggrottò le sopracciglia prima di aprire bocca.
-Cosa c’è?-
-Ohm…- alzò il capo di scatto, fermandosi appena lo fece lui, davanti alla porta scorrevole e a sensori, completamente di vetro intanto che la gente, attorno, continuava a passare, entrando o uscendo senza dargli troppa importanza, forse non riconoscendoli. -Beh, ecco… È solo che, per colpa mia non hai parlato con tua madre.- ammise alla fine, quasi con un sospiro liberatorio intanto che la porta si richiuse, solo per poi riaprirsi e così via; data la loro presenza, praticamente sul tappeto e a un passo da essa; a infastidire il meccanismo.
-Midoriya, io volevo farti incontrare mia madre, perché desideravo che la conoscessi.- spiegò. -Non volevo parlare per darti tempo di ambientarti, e mia madre lo sapeva, per questo è rimasta tranquilla a farti domande. Non sei stato scortese, tutt’altro. E sono felice che hai accontentato la mia proposta: era molto importante per me.-
-Come? Davvero? Oh, beh, tua madre è molto simpatica.- annuì sincero, più sereno di sapere che fosse tutto programmato, e che, quindi, non aveva fatto nulla di male, tantomeno impedirgli di parlare. -Sono molto felice di aver fatto questa esperienza… In questo modo mi sento molto più vicino a te.- esordì poi, avvampando di istinto e tenendosi le dita tra di loro, sgranando gli occhi lentamente e completamente, per ciò che aveva appena osato dire. Malediceva la sua sincerità…
-Mi dispiace!- urlò in fretta, guardandolo negli occhi e gesticolando frenetico con le mani, causando però solo un rossore eccessivo in più sul suo volto, che lo circondò completamente da farlo sudare: si era tutti voltati a guardarli, per il suo tono troppo elevato.
-Mi piaci, Midoriya.-
-… Che?- restò con le mani in aria, davanti ai propri pettorali, e la bocca spalancata, puntando gli occhi verdi, scintillanti e di un tono molto più intenso di prima, quasi pronti a brillare, di prendere il posto del sole e irradiare tutto il mondo di quel chiarore che coceva più delle fiamme di Todoroki mentre si scontravano con quelli di quest’ultimo, ancora composto ma che, lentamente, si avvicinò con il volto verso il suo. A quel punto, tremolando con gli arti con fare incerto e lieve, come a negare quel comportamento, fece un passo indietro, e Todoroki gli permise solo quello perché poi si impossessò delicatamente ed egoisticamente delle sue labbra, cominciando pian piano ad assaporarle mentre le porte scorrevoli continuavano ad aprirsi e chiudersi, come impazzite, tanto fossero frenetiche nel farlo. Fuori di testa come la mente di Midoriya in quel momento, che era trasalito solo un attimo prima di lasciare che continuasse con ingordigia.
Sbatté le palpebre un paio di volte, troppo veloce da non sembrare fosse possibile; spirando tutta l’aria tenuta addosso in quel frangente, con Todoroki a scrutarlo, ancora a premere sulle labbra, giocherellando un attimo nel tenerle contro le proprie, e pungendo nel spingere in avanti per imprimere il sapore dell’altro su di sé, staccandosi finalmente ma restando chino per poter essere osservato ancora da quegli occhi pieni di entusiasmo, così vicini da sfiorarsi con la punta dei propri nasi; e con le iridi che vibravano mentre sembravano voler immergersi, come desiderosi di tuffarsi, nei suoi. Lo sentiva, Todoroki: Midoriya bramava altri baci, o almeno era quello che la mente gli suggeriva, e non sapeva se era per lo sguardo languido del coetaneo, o per convincersi lui stesso per non soffrire per un imminente rifiuto.
-E ti sbagli, Izuku: io ho bisogno di te.- volle chiarire, in ogni caso, la frase detta da lui poco prima; sperando che aprisse il suo cuore: un rifiuto era pur sempre meglio di una bugia.
-To… Todoroki-kun…- farfugliò, bloccandosi subito dopo. Restò fermo, senza riuscire a calcolare altro, senza carpire che alcune persone, vedendoli baciarsi si fossero fermati, forse a vedere cosa sarebbe accaduto, o forse altro… Midoriya continuava a pensare solo a quanto fosse stato mozzafiato, come non riuscisse più a riprendersi… Il suo cuore batteva troppo, e il suo respiro: non capiva nemmeno se fosse tornato a riprendere ossigeno e a ricacciarlo sotto forma di anidride carbonica, tanto fosse immobile come una statua, e nonostante ciò percepiva comunque il suo corpo tremare, il che non aveva senso. Ma… Ma era felice. Era davvero felice per ciò che era accaduto! Todoroki lo aveva baciato!, arrossì, o forse non aveva mai smesso e il tono scarlatto era solo aumentato, ma continuò a fissare il ragazzo dai capelli bicolore, sorridendogli sincero e forzandosi di parlare, perché l’altro stava ancora aspettando una risposta, e forse era più agitato di lui in quel momento, mentre gli teneva le spalle tra le mani, quasi timoroso a non volerlo far scappare; come se lui avesse voluto poi.
-Anche tu mi piaci. Mi piaci molto.- esclamò, con poco fiato e balbettando anche, ma era riuscito comunque a esprimersi, a dire quel pensiero che lo tormentava la notte, e la cosa più bella fu vedere Todoroki quasi infiammarsi, cacciando vapore caldo; e congelarsi al tempo stesso da provocare una nebbiolina gelida; per quelle parole, restando a occhi sgranati prima di sbattere le palpebre, risvegliato dal bacio che, questa volta, fu Midoriya a donargli, sforzandosi di stare un po’ sulle punte, e ringraziando mentalmente che l’altro non si fosse raddrizzato del tutto con la schiena.
Si staccò, ridacchiando ma per poco nell’udire sempre più i battiti di mani tutto intorno a loro, e così si voltò, sobbalzando e finendo con il coprirsi il volto con le mani: tutti lì stavano acclamando quella performance, generando anche commenti dolci su quei baci, e lui non poté che vergognarsene tremendamente, da mugugnare intanto che Todoroki decise, più sereno e di nuovo con la schiena rigida, a mantenere il volto con trasparenza e sicurezza, di tornare a parlare, in modo da riottenere la sua attenzione:
-È stato davvero un ottimo San Valentino, questo, per me.-
Divise due dita da davanti al proprio occhio, rivelando ancora troppa gente attorno, ma preferì andare a scrutare il sorriso di Todoroki, annuendo e lasciando scivolare le mani giù dal volto con un sospiro incerto, per poi calmarsi e comprimere il pensiero su come fosse vero, anche per lui, quella frase. Fece per parlare, però la presa nuova e calda che sentì addosso al proprio arto lo fece desistere per poter osservare meglio come, Todoroki, fosse pronto a non lasciare più la sua mano. Sentì il proprio volto farsi paonazzo per la forte emozione, e tossicchiò per riprendersi, avanzando così verso l’uscita finalmente: cominciava a soffocare, là dentro.
-È… È un San Valentino perfetto.- mormorò poi, con il vento a scompigliargli la chioma, facendogli strizzare gli occhi con dolcezza prima di socchiuderli verso la mano ancora legata all’altro. Era vicino a Todoroki, e lo sarebbe stato per tutti i giorni a venire.
-Non mi aspettavo che anche tu provassi…- borbottò, senza completare la frase e restando in silenzio il tempo che Todoroki riprendesse per lui, rispondendo.
-Avevo paura ad aprirmi solo per essere rifiutato. Però non potevo continuare in questo modo, e la tua maniera di fare nei miei confronti mi ha fatto pensare, o meglio, sperare che anche per te fosse lo stesso.- discusse, ancora con serietà mentre, ormai in strada, continuarono per il marciapiede, verso la propria dimora scolastica intanto che Izuku comprendeva che avessero avuto lo stesso dilemma, ma, al contrario, lui non avrebbe mai avuto il coraggio di farsi avanti... Riconobbe di essere stato un po’ codardo, ma aveva preferito restare al suo fianco come amico, piuttosto che allontanarsi nell’essere rifiutato.
-Ti andrebbe… Todoroki-kun, se non è un problema, vorresti cenare con me?- mormorò, per poi partire e chiederlo di botto, volendo mostrargli come ci tenesse anche lui, a quella relazione, sempre se lo fosse ufficialmente.
-Ceniamo spesso assieme, nella sala mensa del dormitorio.- parlottò lui, avendo in mente, al momento, quello; volgendo così gli occhi in quelli di Midoriya, dalle gote di nuovo arrossate ma dallo sguardo deciso e che deragliò a quelle parole.
-Eh? Sì, ma… Io intendevo un… un appuntamento, ecco.- si strinse nelle spalle, volgendo poi una timida occhiata all’altro che, sorridendo, concordò in fretta.
-Sarebbe perfetto.-
Si illuminò, tenendosi bene alla mano dell’altro e annuendo a quelle parole, che furono semplicemente una frase compiuta, eccelsa, pacata e sicura che ritrovava, rappresentava in tutto ciò che era Todoroki. Sbuffò una risata, convinto di essere finalmente una coppia, e gettandosi in fretta, poi, tra le braccia del coetaneo più alto, stringendolo dopo aver attorniato le spalle e il collo con le braccia.
Un brivido lo colpì, raggelando e riscaldando il proprio corpo assieme a quello di Midoriya appena compì quel gesto innocuo, e prontamente ricambiò la stretta, cullando la spina dorsale dell’altro con delle flebili carezze, e spirando una metà di vapore caldo e sia freddo, nell’insieme, nell’incavo del collo del ragazzo che mugolò, fremendo con un sorriso per quel clima misto e che continuava a mescolarsi dentro di lui, ispirato da Todoroki che si distaccò il giusto da terminare il tutto con una vampata frenetica di un bacio folgorato dai loro due cuori.
 
Fine.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Io_amo_Freezer