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Autore: Mash    25/02/2019    0 recensioni
Un demone si risveglia dal suo sonno e come ogni 30 anni deve continuare la sua maledizione. Uccidere tutti coloro che professeranno il loro amore per lui per trovare finalmente colei o colui che sarà in grado con i suoi sentimenti di spezzare finalmente il maleficio che lo lega da più di un secolo.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al COWT9
Quote: Il sole splendeva, non avendo altra alternativa. (Samuel Beckett, Murphy)


Prologo
 
 
08 settembre 20XX ore 00.10 – tetto della cattedrale di St. Paul – Rivendell
 
La creatura si guardò intorno facendo ben attenzione a tutti i particolari della città in cui si trovava. Mentre abituava la vista, si stupì dei nuovi, immensi grattacieli costruiti nel centro della città, così come i centri commerciali e le strade, che erano state ampliate a dismisura e avevano ormai fatto abbattere i pochi spazi verdi che ricordava esserci stati. Quanti anni erano passati dall’ultima volta che aveva osservato quel luogo? Come se l’avesse evocata, la memoria tornò subito. Come sempre erano passati trent’anni.
Nonostante il cambiamento, tutto sembrava sempre uguale: lo stesso odore di smog, lo stesso cielo coperto da fitte nuvole basse, le stesse inutili, meschine, persone che camminavano senza meta, assorbite dalla solita routine. Solo loro non cambiavano mai, queste, erano identiche a quelle che lo avevano tradito secoli prima.
Quando si risvegliava dal suo lungo sonno, tornava al principio ma allo stesso tempo la sua era come una nuova esistenza, ampliata dagli stessi vecchi e pesanti ricordi.
Il sole splendeva, non avendo altra alternativa e così lui, proprio come il sole che doveva brillare nel cielo, era condannato a ritornare in quella città ogni trent’anni, dopo la prigionia in uno stupido libro. Se gli umani avessero continuato a comportarsi in quel modo, il suo involucro sarebbe presto stato distrutto.
Era ancora nella stessa biblioteca da circa cento anni, ma non sapeva quando il suo libro avesse lasciato la dimora precedente, il luogo in cui tutto era iniziato.
L’unica cosa che sapeva era quello che avrebbe dovuto fare a ogni suo risveglio se voleva essere liberato dalla sua maledizione.
Uccidere quante più persone avrebbe ritenuto opportuno.
C’erano state volte in cui aveva deciso di non volerlo fare e aveva semplicemente atteso di tornare nel libro. Alcune in cui aveva solo ucciso senza rispettare le regole, un po’ per il gusto di farlo e un po’ per noia; e altre, dove aveva tentato di trovare il modo per uccidersi e farla finita una volta per tutte, troppo stanco di non riuscire a trovare il modo per distruggere le catene che lo tenevano prigioniero. Quello che avrebbe deciso di fare quella volta non lo sapeva ancora.
Una cosa però era chiara, era stanco della sua maledizione, stanco che quella strega avesse scelto una simile punizione per il suo tradimento, stanco di dover abbandonare le città quando, in qualche modo, si stava divertendo. Se avesse potuto, avrebbe ucciso quella donna milioni di altre volte, solo per il gusto di sentire la sua mano trapassare il suo petto e strappare il suo cuore senza alcun ripensamento.
Aveva infranto una promessa sugellata con il sangue e aveva ricevuto ciò che la donna pensava si meritasse. Aveva cercato di ribellarsi al giogo che lo teneva ormai imprigionato da più di due secoli, ma tutto quello che aveva provato a fare era naufragato e lui si trovava ancora lì, a ripercorrere gli stessi passi e nel compiere le stesse azioni.
Si era addirittura abbassato a chiedere aiuto ad altre streghe che sperava avrebbero potuto liberarlo dal maleficio lanciato dalla loro congiunta, ma nessuna di esse era mai riuscita nell’intento e a volte – ne era certo – alcune non avevano voluto nemmeno provarci.
Aveva quindi assecondato quanto la sua carnefice gli aveva detto.
Nel periodo di tempo che gli avrebbe donato il maleficio avrebbe dovuto innamorarsi di nuovo di qualcuno e anche questa persona avrebbe dovuto provare per lui gli stessi sentimenti ma il problema arrivava dopo.
Se qualcuno gli avesse detto che lo amava, la maledizione sarebbe scattata e lui, anche se si fosse ribellato, sarebbe stato spinto a uccidere chiunque avesse pronunciato quelle parole.
Era un destino crudele il suo.
Aveva perso la donna che amava per mano di quella strega e poi il suo maleficio lo condannava a perdere qualsiasi altra persona avrebbe nuovamente amato per mano propria.
Nonostante però avesse trovato innumerevoli persone che avevano giurato di amarlo, nessuna di queste era mai riuscita a spezzare il maleficio.
Era certo che il problema derivasse dai suoi sentimenti, ancora ancorati al passato; una parte di lui, infatti, pensava ancora alla donna che aveva amato e per cui aveva rischiato tutto, finendo in quella situazione.
Nel corso degli anni aveva pensato molto a lei e nonostante una parte nel suo profondo continuasse a provare dei forti sentimenti per la donna, sapeva bene che ormai era diventata più un ideale effimero che un vero e proprio sentimento d’amore.
C’erano dei giorni in cui non riusciva nemmeno a ricordare il suo viso e questo, unito all’insoddisfazione di dover sottostare alle regole di qualcun altro, lo intristiva.
Però, il ricordo sfuocato della donna gli donava la speranza che qualcuno riuscisse a conquistare ancora una volta il suo cuore. Certo, per un demone innamorarsi era difficile, ma non impossibile.
Malgrado ciò non era ancora riuscito a trovare la persona che avrebbe spezzato il maleficio ed erano ormai passati secoli; aveva sedotto innumerevoli creature della notte ed esseri umani, molti avevano detto di amarlo e aveva divorato moltissimi cuori, ma nessuno aveva mai spezzato la maledizione.
Non gli era chiaro chi fosse da incolpare, se gli altri, che prendevano l’amore troppo alla leggera o se stesso, che aveva il cuore ancora chiuso nel ricordo di una donna che non sarebbe mai più tornata. Come dicevano in passato, la colpa doveva trovarsi nel mezzo, lui aveva sigillato il suo cuore e aveva cercato solo qualcuno che potesse sciogliere la sua maledizione ma alcune delle persone che aveva incontrato non provavano sentimenti sinceri nei suoi confronti. Era quasi una sfida per vedere se avrebbe mai veramente amato qualcun altro oltre quella donna. Una cosa era certa, non aveva mai provato niente nell’istante in cui la sua mano trapassava il petto delle sue prede. Certamente non amava uccidere per colpa di qualcun altro, ma, nemmeno era pentito per quello che era spinto a fare se ciò significava poter tornare a nuova vita. Chissà se qualcuno sarebbe mai riuscito nella missione e lui sarebbe di nuovo tornato libero sulla Terra. Forse dentro di sé si dava già una risposta, anche se la sua testa continuava a negarlo, spingendolo a compiere il massacro ogni volta.
Se per lui morire fosse stata una concreta possibilità, l’avrebbe abbracciata da tempo; ma aveva provato a interrompere il maleficio facendosi del male e tentando di porre fine alla sua vita, ma niente sembrava avere effetto, come se fosse quasi diventato immortale.
Potere che non aveva mai avuto.
“Questa volta andrà diversamente…” sussurrò il demone iniziando a muoversi.
 
08 settembre 20XX ore 10.45 – centrale di polizia di Rivendell
 
“Ho bisogno di un caffè!” tuonò una voce in maniera così forte che i vetri dell’ufficio della centrale tremarono.
“Subito signore!” scattò il giovane precipitandosi immediatamente fuori dall’ufficio per poi dirigersi verso la macchinetta del caffè con il cuore che batteva all’impazzata e non aveva intenzione di fermarsi in alcun modo. Si passò una mano tra i corti e spettinati capelli castani e poi, con un sospiro, si abbassò per prendere il caffè al suo nuovo capo.
Quello non era assolutamente uno dei migliori giorni che aveva passato nella sua vita.
Se pensava che solo poche ore prima avesse salutato sua sorella, tutto contento di iniziare la sua carriera di detective, era quasi assurdo.
A quanto pareva però, la fortuna non aveva giocato per niente dalla sua parte, e anzi, lo aveva spedito in un luogo che rassomigliava più all’inferno che a una stazione di polizia.
Il caos regnava ovunque, con agenti che andavano e venivano, superiori che urlavano, criminali seduti sulle sedie della centrale pronti a essere interrogati e i telefoni che squillavano in continuazione.
Sbuffò recuperando una bottiglietta d’acqua per sé e poi si diresse verso l’ufficio del suo superiore fermandosi per un istante davanti alla porta senza essere in grado di aprirla, avendo entrambe le mani occupate. Come se la porta gli avesse letto nel pensiero, si spalancò, mostrando il barbuto comandante con un dito alzato e un’espressione arcigna sul volto.
“Se non riesci ad aprire la porta avendo entrambe le mani occupate, fai due viaggi ragazzo.” Dovette trattenersi dallo scoppiargli a ridere in faccia.
L’altro l’aveva detto con un tono così serio che per un istante non si chiese se lo stesse prendendo in giro. Quando comprese che in realtà parlava sul serio, tentò di assumere un’espressione risoluta che però non gli riuscì particolarmente bene.
“Mi scusi, è solo che non sono ancora abituato alla vita in ufficio, avevo pensato di entrare subito in azione e invece mi ritrovo qui a portarle il caffè.” disse, come spinto a dover dire la verità per chissà quale motivo.
“Coloro che non hanno poteri speciali, raramente possono permettersi di entrare in azione su una vera scena del crimine; puoi ritenerti fortunato che ti abbia ammesso alla squadra unicamente per via dei tuoi voti accademici” disse per poi continuare “Essere il migliore del corso varrà pur qualcosa, spero. Ma dovrai dimostrarmi di essere veramente adatto a mandarti sul campo, prima di potermi fidare di te e farlo.” Concluse, sorridendo per la prima volta da quando il giovane l’aveva incontrato in quella strana mattina.
Biascicò qualcosa che doveva essere un ringraziamento e poi uscì, dirigendosi alla sua scrivania, ritornando con la mente agli anni di accademia, forse i più difficili della sua intera vita.
Daniel Thermian era un anche troppo normale, senza poteri particolari, una corporatura esile e non particolarmente alto, poco più della media; i capelli erano corti e ribelli e gli occhi di un verde cangiante, che davano quasi sull’ambrato, sempre attenti a quello che gli accadeva intorno. Aveva ventisette e da quattro anni aveva conseguito il diploma all’accademia di polizia, per poi diventare da poco più di un mese detective, conseguendo uno dei punteggi più alti di tutti i comuni umani diplomatisi quell’anno e negli anni precedenti.
Aveva fatto la gavetta come semplice agente dal suo diploma fino a due anni prima, quando aveva provato a studiare per diventare un detective a tutti gli effetti. Essere un umano senza poteri paranormali era molto complicato per la sua epoca, soprattutto se la tua aspirazione era far carriera nella polizia. Da quando le varie razze credute fino a quel momento semplice superstizione erano uscite allo scoperto e il governo aveva cercato di uniformarsi grazie esperimenti che avevano creato specie completamente nuove, tutto si era fatto più difficile per quelli che nascevano come comuni umani. Gli organi delle forze dell’ordine erano occupati per la maggior parte dalla categoria dei mutanti.
Anche il suo capo era uno di essi, per la precisione aveva poteri di telecinesi.
Era quindi raro incontrare semplici umani che svolgessero lavori ad alto rischio, ed era ancora più raro trovare detective senza poteri paranormali. Lui era una delle poche eccezioni che, come si diceva, confermava la regola.
La città in cui si trovava non aveva mai avuto grandi casi negli ultimi anni, ma, aveva voluto essere trasferito in quel luogo per via di alcuni omicidi ciclici in cui si era imbattuto più volte nel corso dei suoi studi. Il caso non sembrava complicato, persone scomparivano nel nulla, e a volte comparivano solo i loro cadaveri, o quello che ne rimaneva. Nelle vittime ritrovate c’era sempre una parte mancante, il cuore. Per questo motivo il colpevole era stato ogni volta creduto un licantropo, che, a causa dell’influsso lunare, impazziva e iniziava a uccidere vittime casuali.
Per Daniel però, doveva esserci un’altra spiegazione. Il caso non poteva essere così semplice e avere cadenze così lineari. Era stato affascinato fin da quando in accademia aveva studiato i primi casi archiviati come irrisolti, si era quindi informato, nel corso del tempo, su ogni caso che potesse minimamente essere a essi connessi e aveva creato talmente tanti appunti che avrebbe potuto riempirci un’intera stanza. Aveva scoperto che quella serie di omicidi era accaduta almeno altre tre volte nell’arco di un secolo, ma non erano in molti a pensarla come lui, anche perché, da quello che aveva letto sui casi archiviati, si aveva sempre un colpevole che confessava i suoi misfatti senza aiuto di particolari mezzi di persuasione e proprio per questo, i poliziotti non avevano mai sospettato ci fosse un filo conduttore per alcuni di quei casi che lui invece aveva inserito tra le sue ricerche.
Lui non aveva mai creduto che la soluzione potesse essere così semplice, e ormai, se aveva calcolato bene gli anni trascorsi, prima della fine di quell’anno si avrebbe avuta la prima vittima. Era stato spinto a conseguire il titolo di detective proprio perché questo gli avrebbe permesso di poter investigare per proprio conto e soprattutto di poter accedere a fascicoli che da semplice agente gli erano proibiti. Era rimasto un unico problema. Il non avere poteri speciali, che purtroppo lo rendeva inferiore agli occhi dei suoi colleghi e che non gli avrebbero permesso tanto facilmente di entrare in azione sul campo, cosa a cui sperava di poter porre rimedio in qualche modo. Essendo gli umani senza poteri la minoranza nella civiltà odierna, non era ben accettato da tutti all’interno dell’ufficio della polizia e al momento era relegato a portatore di caffè e consigliere, dei compiti che non l’avrebbero portato tanto lontano nel fermare un assassino.
Sospirò aprendo il file sul computer, iniziando a mettere insieme i pezzi dei casi precedenti, per creare un fascicolo che avrebbe in seguito presentato al suo superiore, sperando di ricevere un riscontro positivo in quello che aveva scoperto nel corso dei suoi studi.
 
08 settembre 20XX ore 19.28 - casa Thermian
 
“Sono a casa.” bofonchiò il ragazzo togliendosi le scarpe all’ingresso dopo aver chiuso dietro di sé la porta e aver poggiato a terra la cartella che aveva portato a casa dal lavoro.
Una chioma di un forte colore castano scuro che dava quasi sul rosso, si affacciò dalla cucina sorridendo allegra, esclamando pimpante: “La cena è quasi pronta, sbrigati a sistemarti e poi vieni a mangiare che muoio di fame, fratellino.”
“Certo, certo.” ripeté il ragazzo dirigendosi in camera sua, poi, chiudendo la porta alle sue spalle, si sdraiò esausto sul letto, completamente esausto per la giornata appena trascorsa.
“Quanto ci vorrà prima che mi trattino seriamente?” si domandò, guardando fuori dalla finestra la città lontana illuminata dal bagliore di un’enorme Luna piena.
Improvvisamente il paesaggio fatto unicamente di tetti e di cielo stellato fu oscurato da un’ombra che sfrecciò su un tetto della casa vicina; incuriosito, Daniel si avvicinò alla finestra e l’aprì, certo di aver visto qualcosa, sporgendosi verso l’esterno alla ricerca di quell’ombra.
Mettendo a fuoco la strada comparve lo spettro di qualche istante prima.
In realtà si trattava di un uomo in completo scuro e lunghi capelli argentati legati in una coda bassa che si stava sistemando un cappello, sul ciglio della strada accanto all’ingresso che avrebbe portato dritto a casa sua. Daniel lo guardò interessato, fissandolo con attenzione.
Alla luce della luna, con il contrasto del completo scuro, la sua pelle sembrava bianca, quasi come fosse di porcellana. Non sembrava originario di quelle parti e aveva un’aura quasi eterea, ma nel complesso, non c’era una sola cosa che stridesse. Non riusciva a vederlo in volto, essendo l’altro girato verso la strada, però, c’era qualcosa in quella figura che lo turbava. Un’insolita curiosità non voleva lasciarlo andare, qualcosa dentro di lui sapeva che doveva vederlo in viso.
No, voleva vedere il volto di quell’uomo…
“Ehi!” lo urlò quasi senza pensarci, sperando di farlo voltare, realizzando subito dopo che la sua voce non l’avrebbe mai raggiunto e che se l’avesse fatto sarebbe sembrato solo ridicolo a gridare a uno sconosciuto in mezzo alla strada.
Invece l’altro si girò e incrociò i propri occhi con quelli del ragazzo alla finestra, che rimase come pietrificato. Non era un comune essere umano… I suoi occhi erano glaciali, del colore dei suoi capelli argentei, o almeno, dalla luce lunare sembravano avere quell’insolito colore; ma i suoi lineamenti erano delicati, come se non ci fosse il segno della fatica e del lavoro, angelico quasi, sebbene qualcosa in quel viso gli sembrava essere fuori posto. Sul volto dello strano personaggio si allargò un sorriso, scoprendo una fila di perfetti denti bianchi, ma dalle sue labbra non uscì alcuna parola, si limitò a fare un gesto con la mano destra in direzione di Daniel e poi si girò di nuovo verso la strada per scomparire nell’oscurità della notte, lasciando il ragazzo a domandarsi chi mai fosse quello strano individuo e perché lo avesse turbato e allo stesso tempo incuriosito così tanto.
“Daniel ti ho chiamato cento volte. Scendi?” domandò la ragazza, che, in un momento di distrazione, aveva aperto la porta della stanza e si era affacciata all’interno.
“A… Arrivo.” rispose il giovane, palesemente turbato da quello strano incontro. Vedere quel tipo gli aveva fatto scordare sia di sua sorella, sia della serie di omicidi che sarebbe ben presto iniziata.
 
30 settembre 20XX ore 03.32 – appartamento sconosciuto – Rivendell
 
La creatura si accese una sigaretta, aspirando annoiato.
Si voltò verso la figura al suo fianco, socchiudendo gli occhi, guardando l’espressione di confusione che era rimasta sul volto del cadavere della donna quando lui le aveva portato via il cuore, togliendole anche la vita che aveva innanzi.
Non era durata molto e già sapeva che la sua morte non sarebbe servita a niente, dato che lui per lei non provava alcun sentimento.
Almeno si era divertito e poteva dire di aver racimolato anche dei soldi che gli avrebbero permesso di comprare qualche bel completo e appagare qualche piccolo vizio, come erano ormai diventate le sigarette.
Si alzò dal letto ancora completamente nudo e poi si affacciò alla finestra.
La piccola Luna nel cielo lo fece sorridere e si domandò quanto sarebbe passato prima che la polizia fosse sulle tracce, dato che non avrebbe in alcun modo occultato il cadavere.
Tornò quindi a guardare la donna, anche lei nuda, e decise di apportare solo una piccola modifica a quanto aveva compiuto.
Rivestì quindi il corpo e la posizionò meglio sul letto, chiudendole gli occhi in un gesto di compassione e poi, dopo che anche lui fu di nuovo vestito, con un sorriso sghembo, uscì dalla porta, per tornare nel suo appartamento.


NdA:
Ci lavoro da anni.
La prima bozza, pubblicata nel lontano 2010 non ha mai visto fine, nonostante la storia sia stata finita in quegli anni su cartaceo.
E' stata riportata interamente in word e poi modificata più volte, e anche adesso, nonostante avessi apportato quella che credevo fosse l'ultima revisione, è stata nuovamente modificata e aggiornata. Cose sono state tagliate, cose sono state inserite successivamente... e non sono ancora sicura che questa sarà la storia definitiva, se mai ci sarà una versione definitiva; ma almeno il COWT mi ha permesso di metterci mano e di convincermi che in questo modo, per me, poteva andare bene.
Poi chissà, magari tra un mese, un anno o dieci mi farà schifo.
Per eventuali errori o sviste sarò contenta se mi scriverete qualcosa, perchè sicuramentece ne sono ancora.
Grazie per essere arrivati fino qui!
  
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