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Autore: Sa_Sa    27/02/2019    0 recensioni
One shot sul chitarrista dei Queen: Brian May
All'interno troverete dei titoli di alcune canzoni che potranno accompagnare la lettura, l'ascolto non è obbligatorio.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Corsi per tutto il viale, arrivando completamente distrutta all'entrata del palazzo. La varcai e cominciai a cercarlo, infilandomi in quasi tutte le stanze, infastidendo ogni persona presente alla sua postazione di lavoro, senza mai trovarlo. "Ab." sentì una voce provenire dalle mie spalle, ma sfortunatamente non era la sua. Mi girai e trovai Roger, con ancora le bacchette in mano "È nella stanza qui accanto." disse, rispondendo quasi telepaticamente ad una domanda che ancora non gli avevo posto. "Come?" risposi fingendo di non capire dove volesse arrivare. "Avanti, non ci provare con me. Abbiamo finito le prove poco fa, ti ho detto che è in quella stanza." terminò indicando la porta, sorridendo. Annuì di risposta, superandolo e camminando verso la porta, adesso lentamente ma con la tachicardia in aumento. Mi sembrò di averci messo secoli nel fare quei tre metri, ma finalmente arrivai. Sollevai la mano, in procinto di bussare ma mi fermai non appena sentì provenire degli arpeggi dall'interno della stanza. "It started off so well..." Decisi di non interromperlo, così rimasi accanto la porta, seduta per terra e con la schiena contro il muro freddo. "They said we made a perfect pair I clothed myself in your glory and your love How I loved you How I cried..." si fermò per qualche secondo, provando delle note, per poi trovarle e continuare con degli accordi. "The years of care and loyalty Were nothing but a sham it seems The years belie we lived a lie I love you till I die..." All'istante delle lacrime cominciarono a cadere sulle mie guance, senza che me ne accorgessi. Sapevo che non avrei retto ancora per molto, quella situazione mi stava distruggendo lentamente e probabilmente stava succedendo lo stesso a Brian. Nascosi la testa tra le braccia, evitando che qualcuno potesse rompermi le palle vedendomi in quello stato, anche se poco funzionale come cosa, ma non feci abbastanza in fretta poiché il biondino, rimasto nel corridoio, si avvicinò subito a me. "Tutto bene Ab?", sentì la chitarra fermarsi. "Sì Roger, tutto bene." risposi sarcastica, alzandomi e correndo nella stanza più vicina. Capì di essere entrata appena in tempo, sentendo la porta della stanza di Brian aprirsi e rimasi a guardare, nascosta, dalla fessura di fronte a me. "Roger." lo chiamò Brian, sulla soglia, e Roger, ancora una volta senza aver ricevuto alcuna domanda, indicò la stanza in cui ero entrata, lasciando che Brian mi vedesse. Non appena i suoi occhi incontrarono i miei scappai nella stanza, chiudendo la porta e appoggiandomi di schiena contro il muro. Sentì dei passi farsi più vicini e subito dopo vidi la maniglia della porta scricchiolare e muoversi, sembrava quasi un film dell'orrore, ma si aprì pochi istanti dopo, lasciando intravedere il volto del riccio, che al contemplo riuscì a tranquillizzarmi e a far aumentare il mio battito cardiaco. Mi vide al buio, contro la parete e sorrise, divertito dalla scena a cui aveva appena assistito. "Guarda che non ti faccio niente." disse, vedendomi indietreggiare, per poi avvicinarsi, lasciando la porta semi-aperta, quando avrebbe potuto chiuderla e baciarmi, purtroppo però questo non sarebbe più successo. Sempre con quel suo sorrisino si avvicinò a me, posando la mano sulla mia guancia, accarezzandola. Inizialmente quel sorrisetto del cazzo mi infastidiva, ma più si avvicinava più le mie mani cominciavano a tremare, così come ogni mia singola parte del corpo, ero agitatissima. Al suo tocco si fermò tutto, il cuore prese a rallentare, il mio respiro divenne regolare. Chiusi gli occhi tenendo bene in mente il suo sguardo, non riuscivo a pensare a nient'altro. Ma li riaprì subito, ricordandomi che quegli occhi erano proprio di fronte a me e mi stavano osservando, mentre facevo l'ennesima figura di merda. "Ab, è successo qualcosa?" mi chiese piegando di poco la testa per guardarmi meglio. "No, stavo solo... volevo passare ma poi, Roger... ho sentito la chitarra e..." mi fermai un attimo per prendere aria, aria che probabilmente mancava da un po' al mio cervello, date le parole insensate che avevo pronunciato un attimo prima. Guardai verso il basso, per non imputtanarmi ancora con i suoi occhi, e le sue labbra... ed eccomi che avevo alzato di nuovo lo sguardo, dimenticando la sottospecie di frase che stavo componendo. Brian si avvicinò piano alle mie labbra, quasi sfiorandole ma si fermò subito, deglutendo. Lo odiai per non averlo fatto, ma d'altronde ero stata proprio io ad impedirglielo, qualche giorno prima. "Scusami, è stato un errore venire qui." dissi spostandomi di lato e allontanandomi da lui. Lo vidi abbassare lo sguardo e restare fermo di fronte al muro, mentre io mi diressi verso la porta, con un altro carico di lacrime pronto a sfociare dai miei occhi. "Ab aspetta." disse Brian, riuscendo ad afferrarmi per una mano. "Se ti va possiamo suonare qualcosa insieme. Tra un paio d'ore partiremo, possiamo stare ancora un po' insieme... come dei semplici amici." continuò girandosi verso di me e mostrando uno dei sorrisi più falsi che potesse mai fare, cercando di avvicinarmi a lui e portandomi via dalla porta. Mi asciugai velocemente la lacrima che era già scesa, sperando che non l'avesse vista, per poi voltarmi e annuire. "Torniamo di là allora." terminò sorridendo ancora, sta volta sul serio; poi si avviò alla porta trascinandomi con sé. Una volta nel corridoio trovammo ancora Roger che mi sorrise, alzando le sopracciglia, ma mimai un "No" testa, facendogli cambiare subito espressione. Probabilmente speravamo nella stessa cosa, ma quella stanza non cambiò affatto nulla. "Perché oggi vivi nel corridoio?" chiese Brian rivolgendosi a Roger, confuso. "Aspetto Freddie." rispose il batterista, lanciandosi su un divanetto dietro di lui. "Mmh, buona fortuna allora." continuò serio Brian, aprendo la porta di fronte a lui. Quando entrammo nella stanza Brian si separò da me, avvicinandosi alla chitarra acustica, sedendosi e posizionandola sulle gambe. Poi alzò lo sguardo e vedendomi ancora ferma vicino la porta, mi fece segno di sedermi accanto a lui. "Puoi suonare quella se ti va." spalancai gli occhi sorpresa dalle sue parole, raramente aveva permesso a qualcuno anche solo di toccare la sua Red special, me compresa, figurarsi in quel particolare momento. Brian si accorse della mia espressione e rise "Fai poche storie, se vuoi usala, altrimenti siediti e stai buona.", "Non mi va di usarla, ma mi siederò solo perché mi va, non perché me lo stai permettendo." scherzai, sentendomi terribilmente stupida. "Sto preparando delle canzoni per il nuovo album, sono incomplete, ma iniziano a piacermi." disse ordinando gli spartiti sul pavimento e iniziando a suonare "Questa è la mia preferita", le sue dita presero a sfiorare le corde, producendo una melodia delicata, malinconica, alla quale si aggiunse la sua voce. "It started off so well They said we made a perfect pair I clothed myself in your glory and your love How I loved you How I cried The years of care and loyalty Were nothing but a sham it seems The years belie we lived a lie I love you till I die..." "Qui ho intenzione di inserire il ritornello, ma ancora non so quale sarà." disse senza staccare gli occhi dalla chitarra. "The slate will soon be clean I'll erase the memories To start again with somebody new Was it all wasted..." "Okay. Ti prego, puoi cambiare canzone?" lo implorai lasciando cadere la testa sul muro dietro di me. Brian sorrise "Va bene." cercò ancora tra i fogli disordinati sul pavimento, prendendo un altro testo. Una volta trovato si alzò con il pezzo in mano e si diresse verso la sua Red Special, inserendo lo spinotto dell' amplificatore e producendo un suono che mi fece venire all'istante. "Eccone un'altra" continuò, leggendo un secondo testo. "Take me to the room where the red's all red Take me out of my head's what I said, yeah..." Improvvisamente non capì la decisione presa qualche giorno prima, di non vederci mai più "PER IL NOSTRO BENE", oltre che il testo, gli sarei saltata addosso all'istante. Era completamente assorto nel pezzo, muoveva tutto il corpo a ritmo della canzone e le sue mani erano frenetiche sulla tastiera, con i ricci che gli rimbalzavano sulla fronte e sul viso. Per non parlare delle facce assurde che faceva, le quali rendevano il tutto come se fosse la cosa più semplice e, per lui, spontanea di questo mondo, quando in realtà non si riuscivano a distinguere neanche i movimenti che le sue mani compivano. Me lo sarei fatta senza ritegno. "Hey take me to the room where the green's all green And from what I've seen it's hot it's mean Gonna use my stack It's gotta be Mack Gonna get me on the track Got a dragon on my back Take me to the room where the beat's all round Gonna eat that sound..." "Non so ancora come continuare, ma che te ne pare?" s'interruppe, girandosi verso di me e aspettando un mio giudizio. "Il riff mi piace un sacco. Per quanto riguarda il testo... è sempre meglio di "You call me sweet like I'm some kind of cheese, waiting on the shelf", questo poco ma sicuro." risposi restando seria una cosa come cinque secondi, per poi scoppiargli a ridere in faccia. Ma Brian non sembrò affatto divertito, semplicemente sorrideva continuando a fare degli arpeggi ed evitando il contatto visivo. Mi zittii e rimasi lì accanto a lui, abbracciata alle mie ginocchia. Restai lì ad ascoltarlo, smise di cantare e cominciò ad improvvisare; di solito passava da qualcosa di eccessivamente smielato all' Heavy metal, ma stavolta compiva gesti meccanici, privi di emozioni, semplicemente spostava le dita producendo delle note, come se stesse eseguendo un banale esercizio, privo di alcun senso. Decisi di fermarlo con la prima cosa che mi passava per la mente, quasi spaventata da quella situazione. "Partite stasera allora?" domanda alquanto stupida, dato che ero lì proprio per quello, nonostante il fatto che fosse stato lui stesso a dirmelo qualche minuto prima, ma il mio cervello era andato a farsi fottere da circa un'oretta, quindi non avevo altra scelta. "Già, partiremo tra una o due ore penso, non appena verranno a prenderci." disse infilando la mano sotto la camicia, strofinandosi la clavicola. Doveva smetterla, non so per quanto ancora sarei stata in grado di controllarmi. "Mi mancherai." affermai dal nulla e subito dopo ci guardammo, entrambi sorpresi per quello che avevo detto pochi istanti prima. Le guance mi andarono a fuoco e pregai affinché quel silenzio imbarazzante terminasse, ma invece di rimangiarmi ciò avevo appena detto, presi la sua mano, accarezzandola e giocando con le sue lunghe dita, senza mai guardarlo negli occhi. "Parti con noi." quella frase mi rese la ragazza più felice al mondo. Era come se per un attimo ci fossimo dimenticati entrambi della cazzata che avevo commesso qualche giorno prima e tutto finalmente si stava sistemando. "Brian non credo sia il caso..." risposi ancora con lo sguardo rivolto sulle sue mani. "Ti prego, vieni con me." disse avvicinandosi ancora e liberandosi una mano per poterla poggiare sulla mia guancia. Senza dare una risposta mi fiondai sulle sue labbra, baciandolo e dimenticando tutti quei giorni passati senza di lui. Portai le mani ai lati del suo collo e lui mi strinse, avvolgendomi tra le sue braccia. Riuscì a sentire il suo sorriso sulle mie labbra, seguito dalla mia risata felice, quasi isterica. Finalmente non sentivo più quel fottuto peso che opprimeva ogni cazzo di giornata passata a pensare a lui e al mio "non voler tornare indietro" per sistemare le cose. "Se è successo ci sarà stato un motivo", "Questa cosa ti aiuterà", "Prima o poi smetterai di pensare a lui e le cose cambieranno" tutte puttanate che la mia mente elaborava per farmi pensare ad altro e permettermi di studiare almeno dieci minuti senza pensare a lui. Ma adesso non ce ne sarebbe stato più bisogno, era tutto sistemato. Lui era lì con me e lo stringevo con tutte le mie forze, come se volessi impedire al tempo di portarmelo via di nuovo. Per un attimo tornai alla realtà e mi staccai da lui, osservandolo e continuando a sorridere. Le sue labbra toccarono nuovamente le mie, dischiudendole con la lingua. Restammo in ginocchio, per permetterci di essere il più vicini possibili. Brian si spostò sul collo, baciandomelo mentre con la mano lo reggeva dall'altro lato, massaggiandolo. All'improvviso si sentì un rumore sordo dietro di me, mi girai e trovai la chitarra acustica di Brian al suolo, grazie a dio illesa. Mi scusai con Brian più volte mentre cercavo di lasciarla in equilibrio, poggiandola accanto ad una delle sedie presente nella stanza. Provai a girarmi, ma mi fermai quando Brian mi circondò i fianchi con le braccia e continuò a baciarmi il collo. Rimase dietro di me, portando un braccio poco sotto l'ombelico e stringendo, facendo aderire i nostri corpi, mentre l'altra mano sfiorò il mio seno, spostandosi verso il basso, accarezzando il mio addome e arrivando sulla mia intimità. Poggiò le sue dita sopra, muovendo l'indice e il medio in senso circolare, per poi tornare sull'elastico degli slip e sollevarlo, permettendo alla mano di raggiungere la pelle sotto di essi. Gemetti non appena cominciò a muovere le sue dita dentro me. Poggiai la mia testa all'indietro, sulla sua spalla, con i ricci che mi solleticavano il volto. Portai la mano sinistra al lato del suo collo, stringendolo man mano che la velocità delle sue dita aumentava. Qualche minuto dopo venni, abbandonandomi completamente su di lui, che ancora mi stringeva, lasciando una scia di baci che partiva dal mento e arrivava alla clavicola, a volte proseguendo più in basso. Decisi di alzarmi, portandolo con me, intenzionata ad abbassarmi nuovamente per arrivare all'altezza del suo membro, ma mi anticipò attraversando nuovamente le mie labbra con la sua lingua. Affondò maggiormente le sue dita nella mia pelle, sollevandomi e tenendomi in braccio per poi farmi sedere sulla coda del pianoforte dietro di me, mentre continuava a baciarmi senza sosta, spostandosi da un angolo all'altro della mia bocca e scendendo sul collo, mordicchiandolo. Abbassò le bretelle della mia salopette, sbottonandola e togliendomela, poi passò alla maglietta scura che portavo sotto quest'ultima, sfilandola. Mi avvicinò ancora, aumentando la distanza tra le mie ginocchia con i suoi fianchi, lasciando che i nostri corpi quasi si sfiorassero. Abbassai a mia volta la cerniera dei suoi jeans e lui lasciò che cadessero per terra, per poi spostarli con la punta del piede. Brian mi portò contro il muro, abbassando i miei slip e i suoi, penetrandomi subito dopo. Mi mancava quella sensazione, era una settimana che non potevo toccarlo e finalmente potevo sentire ogni sua minima parte vicino a me, dentro me. Aprì gli occhi, infastidita dai sottili raggi di luce provenienti dalle fessure delle tapparelle. Abbassai lo sguardo sui miei fianchi, trovando un braccio penzolante di Brian e presi la sua mano nella mia, tenendola per le dita. Mi girai lentamente, stando attenta a non svegliarlo e pochi secondi dopo mi ritrovai a sfiorare il suo naso, vicinissima a lui. Ancora non riuscivo a crederci, eppure ero di fronte a lui in non so in quale città, per "iniziare il tour con la band". Questo significava poter partecipare, seppur come spettatrice ad ogni singola prova e ad ogni concerto, il che mi elettrizzava come poche cose al mondo. Mi sentivo la ragazza più felice sulla faccia della terra solo guardandolo, mentre dei ricci caduti sul suo viso facevano su e giù coordinati dal respiro che usciva dalla sua bocca. I raggi illuminavano anche lui, ma di spalle, creando una sorta di aura intorno ai suoi capelli. Era dannatamente bello anche mentre dormiva. Mi avvicinai ancora, sfiorando le sue labbra e rimasi così ad ascoltare il suo respiro, diventato il mio secondo suono preferito, dopo quello della sua Red special. "Guarda che i miei occhi sono più su." disse svegliandosi e beccandomi a contemplare il suo corpo per intero "Stavi dormendo e ne ho approfittato." scherzai, finalmente puntando alle sue labbra, baciandolo delicatamente. Senza dire nulla Brian strinse le braccia intorno a me, avvicinandomi al suo petto e poggiando la sua testa nell'incavo del mio collo, lasciando che i suoi ricci mi soffocassero, coprendomi il volto. Ma non fiatai, lo lasciai fare, stringendolo a mia volta come se volessi impedirgli di andare via. Dopo qualche secondo baciò il mio collo, tornando di fronte a me e passando alle labbra. "Ti amo." affermò serio, con lo sguardo assonnato, spostandomi delle ciocche di capelli dietro l'orecchio. "Ti a..." non riuscì a finire la frase, interrotta da un fruscio proveniente dalla finestra. La luce del sole cessò di esistere, sostituita da un'ombra scura, che adesso rendeva buia l'intera stanza, non permettendomi di distinguere la figura del ragazzo che qualche secondo prima era vicino a me. Dopo di ché il silenzio totale, seguito dalle urla di Brian. "Ab!" mi chiamò Brian, cercando di riportarmi alla realtà "Ab, ci sei?". Misi a fuoco la situazione e scoprì di essere ancora seduta sul pavimento con Brian accanto a me e la sua chitarra su di lui. "Quanto hai capito di quello che ti ho detto?" mi chiese ridendo "Tutto, ti stavo ascoltando." risposi sforzandomi di sorriderli, ancora confusa "Ah sì? E in che città saremo domani?" chiese ancora il riccio, piegando il braccio e mettendo chiudendo una mano a pugno sul suo fianco "Bhè..." fortunatamente, se così si può dire, entrò Roger, salvandomi dall'ennesima figura di merda. "Scusate ragazzi, Bri sono arrivati, dobbiamo andare." dopo di ché il biondo mi rivolse uno sguardo dispiaciuto e uscì dalla stanza, chiudendo la porta. Il sorriso sparì dal volto di Brian, il quale serio ordinò gli spartiti e li prese, alzandosi senza dire nulla. Mise la sua Red special nell'apposita custodia, facendo la stessa cosa con l'altra e infilò quei fogli pentagrammati nello zaino, portandoselo alle spalle. Esitò per qualche istante, vicino il pianoforte, poi puntò alla porta. "Allora ci vediamo." dissi ancora stupidamente, avvicinandomi lentamente a lui. Brian si voltò sorridendo, lasciando che notassi la goccia caduta sulla sua guancia, annuì, poi sì sentì il rumore della maniglia e nel giro di pochi secondi andò via, per sempre, lasciandomi sola in quella stanza che adesso sembrava vuota e fredda. Mi rannicchiai vicino lo stipite della porta e restai lì, senza versare una lacrima, a riflettere.
  
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