Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: mido_ri    06/03/2019    1 recensioni
Allison Harvey, ereditiera di un'azienda di giocattoli di fama internazionale, conosce il ricco e affascinante Kim Seokjin, divenuto intimo collaboratore di suo padre in breve tempo.
Il Signor Kim, però, ha fin troppi riguardi per la giovane Allison, che si ritrova a dover fronteggiare situazioni al limite della sopportazione umana. Perché il Signor Kim la tratta in questo modo? Gode già dei favori del padre di Allison e presto, grazie alla collaborazione con lui, anche la sua azienda sarà all'apice della fama nel continente americano.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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intolerance

 

Dalla mia bocca uscì il verso più duro e gutturale che una ragazza potesse emettere. Non potevo vedere la mia immagine riflessa, ma in quel momento ero più che sicura di avere il viso paonazzo. Strinsi il pugno, facendo accartocciare il piccolo pezzo di carta sotto la pressione del mio palmo, poi riaprii la mano e lo strappai in mille pezzi. Sperai davvero che nessuno mi avesse sentito lamentarmi in quel modo, altrimenti avrei perso anche quel briciolo di femminilità su cui mamma faceva affidamento.

Non potei fare a meno di afferrare il cellulare e digitare il numero di Felix, che ormai ricordavo con molta più facilità rispetto al nome con cui lo avevo salvato in rubrica. La sua voce grave non tardò a farsi sentire e gliene fui immensamente grata, dopodiché iniziai a sbraitare con tutta la ferocia che avevo in corpo, convinta di suonare come un'oca starnazzante alle orecchie del mio amico.

- Frena, frena. Chi diavolo è Jin?

Naturalmente, come mi accadeva spesso, per la foga avevo dimenticato di inserire in un contesto tutto ciò che avevo detto.

- Ci credi se ti dico che non lo so neanche io? È il CEO di non so quale azienda ed è davvero insopportabile.

- Lo credo! Ha cercato di uccidere la mia principessa...

Un brivido attraversò il mio corpo. Ormai ero più che consapevole del fatto che non avrei più tollerato quel soprannome a causa di Kim Seokjin. Tra l'altro, come diavolo facevo a ricordare il suo nome completo?

- Felix, ti proibisco di chiamarmi così.

- Ma... Ti ho sempre chiamato principessa...

Di nuovo quel brivido che mi fece rizzare i capelli sulla nuca.

- Ehm... Sì, ma da oggi ho deciso che mi dà fastidio.

Il biondo sbuffò, la tristezza udibile nella sua voce.

- Ritornando al discorso di prima... Credi che quel tizio stia cercando di uccidermi?

- Con delle noccioline?

- Ma se lo hai detto anche tu!

Potei immaginare Felix alzare gli occhi al cielo.

Ovviamente scherzavo.

- Ma questa cosa avrebbe senso! Insomma, io sono la figlia del CEO dell'azienda di giocattoli più famosa del continente, inoltre il mio cognome è conosciuto anche in Europa!

- Sì, sì, risparmiami la parte che conosciamo tutti.

- Felix! Collabora!

Il ragazzo sbuffò e sentii un cigolio. Probabilmente si stava alzando dal letto.

- Che ne dici di uscire un po'? La roba che c'era nelle flebo deve averti dato alla testa.

Balzai in piedi emettendo un verso simile a uno squittio e mi fiondai verso l'armadio. Non ero per nulla stanca, dopotutto l'effetto di quella reazione allergica non era stato poi così drastico. Ciò che mi aveva buttato giù era stato ben altro.

---

Dopo circa dieci minuti, Felix era già di fronte alla porta della mia camera con un giubbino troppo grande per lui e un'espressione sarcastica stampata in viso. E lo adoravo per essere arrivato così presto.

- Si vede che questa sera non c'è nessuna cena con il CEO delle noccioline.

Mi squadrò da capo a piedi, soffermandosi sulle mie adoratissime Crocks viola.

- Be'? Fino a prova contraria sei tu quello che mi considera una principessa, io non ho mai avuto intenzione di comportarmi come tale.

Gli rivolsi un sorriso forzato e lo spinsi fuori dalla stanza, prima che potesse criticare qualsiasi altro aspetto del mio abbigliamento.

---

Contrariamente a come mi aspettavo, Felix non menzionò affatto ciò che era accaduto la sera precedente, ma mi portò in giro come se fossi stata la sua sorella più piccola; mi offrì addirittura un gelato alla fragola, anche se c'era un forte vento e le nuvole grigie minacciavano la città all'orizzonte.

- Cavolo, sono i miei.

Il biondo strinse gli occhi e fece il broncio mentre cercava di infilare il cellulare in un tasca del giubbotto.

- Sono tornati?

- Già, e vogliono sapere perché non ero a casa ad aspettarli.

Lo costrinsi ad andare dai suoi genitori nonostante i suoi tentativi di riaccompagnarmi a casa. 
Mi strinsi nelle spalle e rabbrividii, di lì a poco avrebbe cominciato a piovere.

Infatti, neanche due minuti dopo, mi ritrovai zuppa d'acqua come se qualcuno mi avesse messo un soffione in testa. Imprecai e sbattei i piedi a terra, rifugiandomi sotto il portico di un enorme palazzo, che fino a pochi mesi fa era ancora in costruzione. Appoggiai la testa al portone e sospirai, la mente che vagava alla ricerca di un modo per ringraziare il mio migliore amico. Negli ultimi tempi ci pensavo moltissimo: lui non esitava a starmi dietro in qualsiasi momento e a tirarmi su il morale, nonostante io continuassi a correre da una parte all'altra per via degli affari dei miei genitori. Odiavo dover essere già immersa in quel mondo sebbene fossi ancora una diciassettenne. Avrei tanto voluto fermarmi e dedicare un po' di tempo a Felix. Forse l'unico motivo per cui non mi aveva mandato a quel paese era perché non voleva stare solo. Già, perché anche lui non aveva alcun altro legame a parte il nostro. Ma scacciai via quel pensiero scuotendo la testa. Era impossibile che stesse con me soltanto perché non aveva nessun altro, la nostra forte amicizia andava avanti dal primo anno delle scuole medie. 
Il rombo di un tuono mi destò da quei pensieri, facendomi sobbalzare e squittire come un topo in trappola. Odiavo essere zuppa d'acqua piovana e, soprattutto, odiavo ritrovarmi nel bel mezzo di un temporale senza un ombrello. 
Gettavo costantemente occhiate nervose al display del cellulare, con la batteria quasi a terra. La pioggia non sembrava avere la minima intenzione di darmi tregua, neanche il tempo di prendere un taxi per farmi accompagnare a casa. 
Sbuffai e cominciai a sbattere i piedi a terra freneticamente per far diffondere un po' di calore nelle mie gambe intorpidite. Guardai per l'ennesima volta lo schermo del telefono, che però si spense definitivamente sotto i miei occhi.

- Grandioso!

Pensai a quanto fosse triste essere fuori casa da sola; era in momenti come quelli che sentivo maggiormente la mancanza di qualche amico in più. Non potevo certamente fare uno squillo a Felix ogni volta che mi sentivo giù e farlo correre a consolarmi. Ma mi si scaldò il cuore pensando a quanto sarebbe stato divertente averlo lì in quel momento; mi avrebbe intrattenuto con le sue battute da padre con la crisi di mezza età e probabilmente si sarebbe messo a saltellare sotto la pioggia, ridendo come un bambino. 
Misi il broncio e mi appiattii ancora di più contro il portone, perché a causa del vento la pioggia aveva cambiato direzione e mi finiva letteralmente in faccia. I miei nervi non erano mai stati molto saldi e non avrei resistito ancora a lungo. Ora che anche il mio telefono mi aveva abbandonato, ero completamente esclusa da qualsiasi tipo di rapporto umano.
All'ennesima folata di vento che mi schizzò un litro d'acqua in faccia, cominciai a imprecare contro il cielo oscurato dalle nuvole, tanto nessuno mi avrebbe sentito con il fragore dei tuoni. E in ogni caso non c'era nessuno in giro. Ero l'unica idiota sotto la pioggia.

- Hai bisogno di una mano, principessa?

Per una frazione di secondo il mio cervello mi tirò un brutto scherzo, registrando quella frase come se fosse stata pronunciata con la voce di Felix. Ma dentro di me sapevo benissimo che non poteva essere così. Felix in quel momento era a casa. E c'era soltanto un'altra persona che osava chiamarmi così.

Mi voltai di scatto con gli occhi sgranati per la paura, ma mi ritrovai di fronte soltanto un petto enorme, rischiando di sbattervi la fronte. Alzai la testa, dal momento che quell'uomo era più alto di me. I suoi occhi erano neri come la pece e lucidi per via del vento. Le sue labbra carnose erano piegate in un sorriso indecifrabile. Nella mano sinistra stringeva il manico di un ombrello, nell'altra una tessera magnetica. Sembrava essere appena tornato dal lavoro, dal momento che indossava un abito elegante, molto simile a quello che aveva indossato la sera della cena.

- S-signor Kim...

Avrei voluto inchinarmi e gridargli che mi aveva salvato la vita, ma il ricordo del pacco di noccioline riemerse nella mia mente, facendomi quasi uscire il fumo dalle orecchie per la rabbia. Incrociai le braccia e serrai la mascella. L'uomo, che aveva già allungato l'ombrello verso di me per ripararmi dagli schizzi d'acqua, assunse un'espressione leggermente perplessa, ma non si scompose.

- Non ho bisogno di nulla. Adesso vado a casa.

Tirai su con il naso a mo' di bambina indispettita e mi avviai sotto la pioggia, mentre il sangue continuava a ribollire nelle mie vene. Non mi voltai a guardare l'uomo, ma ero più che certa che fosse sconvolto dal mio comportamento. 
Effettivamente non c'era motivo per cui quel gesto avrebbe potuto significare una vittoria per me, ma avrei fatto di tutto pur di non dare soddisfazioni a quell'uomo.

Mentre battevo i piedi a terra freneticamente nel tentativo di arrivare a casa al più presto, la mia mente continuava a ritornare a ciò che era accaduto poco prima. Com'era possibile che non mi fossi accorta che Kim Seokjin si era avvicinato? Chissà da quanto tempo era rimasto lì a fissarmi e ad ascoltarmi imprecare. Dovevo essere risultata davvero ridicola quando avevo gridato per la paura dopo essermi accorta di lui. Ma, cosa più importante, come avevo fatto a non rendermi conto di essere davanti al palazzo della EnJINe
Era l'azienda del signor Kim, che suo padre aveva fatto costruire appositamente per lui nel centro di New York. Ma non mi aspettavo che si trovasse in una delle strade meno frequentate, dove io e Felix eravamo soliti andare insieme. Eppure lui e mio padre ne avevano parlato tutta la sera fino allo sfinimento. Di lì a poco una nuova marca di auto avrebbe fatto il suo debutto nel continente americano e, visti gli allacci della famiglia Kim, anche in Asia. 
Mi morsi un labbro con forza. Se solo avessi letto la scritta a caratteri cubitali sulla facciata dell'edificio avrei evitato tutto quel casino e mi sarei riparata nella pasticceria di fronte.

---

- Tesoro, non hai fame stasera?

Lasciai cadere la forchetta nel piatto e mi alzai facendo strisciare la sedia sul pavimento. In quel momento non m'importava niente delle buone maniere, il mio sistema nervoso non aveva ancora smaltito la precedente rabbia. E forse non lo avrebbe mai fatto. Non sapevo neanche perché odiassi Kim Seokjin così tanto, al punto che neanche cinque minuti dopo mi ritrovai seduta sul letto a porre la stessa domanda a Felix, mentre muovevo i piedi sotto la borsa dell'acqua calda. Mi ero sicuramente beccata la febbre. Fortuna che al mio rientro, mia madre non era lì per farmi la ramanzina, quindi avevo avuto il tempo di asciugarmi per bene.

- Ally, sarò molto diretto. Quel Kim Qualcosa ti piace.

- Cosa?!

Scoppiai in una risata isterica che terminò in una tosse di cui io stessa mi stupii.

- Ricordi la tua cotta in prima media?

- Quell'idiota di Johnny! Ricordami ancora come faceva a piacermi!

Appunto. Hai sempre questa tendenza a odiare le persone che ti piacciono.

- Ma io non ti odio!

- Non intendevo in quel senso.

Forse Felix poteva aver avuto ragione con Johnny, ma era da pazzi pensare che Kim Seokjin sarebbe potuto anche lontanamente entrare nelle mie grazie.

- Felix, stai delirando.

- Non c'è nulla di strano nell'avere una cotta per un uomo ricco, affascinante e ricco.

- Hai detto ricco due volte.

- Davvero?

Potevo percepire dell'ironia nel suo tono, ma dopo così tanti anni di amicizia avevo imparato a ignorarlo.

- E comunque non c'è nessun motivo al mondo per cui potrebbe piacermi quel... Quell'uomo.

- Te li ho appena elencati.

- Ha provato a uccidermi!

- Ma è ricco!

Sbuffai e riattaccai. Avrei chiesto a Felix scusa di persona l'indomani. In quel momento volevo soltanto raggomitolarmi fra le coperte senza a pensare a quel Kim o a qualsiasi uomo asiatico, ricco e tremendamente affascinante.

"Oddio, l'ho pensato davvero"

Mi sbattei il cuscino in faccia e presi a cazzotti il materasso più volte, poi mi misi seduta a gambe incrociate cominciando a recitare come un mantra di non avere una cotta per Kim Seokjin. Insomma, non lo conoscevo neanche! E aveva provato a uccidermi con delle noccioline tostate. Cosa che non dovevo assolutamente dimenticare.

---

- Hey, All-

- Scusami! Lo sai che ti adoro e non ti farei mai soffrire!

Stritolai Felix in un abbraccio in grado di frantumare le ossa.

- Ahi... Tranquilla. Ti ricordo che sono sopravvissuto alla fase Johnny. Supererò anche questa.

Il biondo si beccò una gomitata nelle costole. Soltanto dopo quella scenata mi accorsi che c'era anche Vernon accanto a lui.

- Oh... Ehm... Ciao, Vernon.

In qualche modo me la cavai con un sorriso forzato, pronta a uscire di scena e ad andare a lezione.

---

Forse se avessi smesso almeno per un attimo di chiedermi cosa avesse a che fare l'azienda di mio padre con un'azienda che progettava auto, mi sarei resa conto del fatto che la professoressa mi stava chiamando da un quarto d'ora.

- Ally!

Felix, il mio compagno di banco salvavita mi pizzicò un braccio, facendomi ritornare alla realtà.

- M-mi scusi... Io...

- Hai la faccia tutta rossa, sicura di stare bene?

Prima che potessi inventare una scusa poco credibile, il biondo mi precedette inventando che avevo la febbre. In realtà quello della sera precedente era stato un falso allarme, ma gliene fui comunque grata e accettai di farmi accompagnare in infermeria. 

- Allora?

Allora cosa?

Felix si fermò all'inizio del corridoio e si mise a braccia conserte, costringendomi a fermarmi.

- Ti conosco come le mie tasche. Sai che odio dimostrarti troppo spesso quanto ti voglio bene, ma odierei ancora di più vederti soffrire per mano di quell'uomo. Ally, sai meglio di me quanto siano superficiali e approfittatori gli uomini che lavorano a contatto con tuo padre, ormai ho perso il conto di tutti gli idioti che ci hanno provato con te soltanto per poter fare affari con lui.

- Felix, io...

- Ma non ti sei mai lasciata abbindolare dalle loro parole inutili e non hai mai dato una possibilità a nessuno di loro. Ed è per questo che ti ammiro. Quindi, per favore, non lasciare che una persona qualsiasi butti giù il muro che hai costruito con così tanta pazienza. 

Rimasi a bocca aperta. Felix non era mai stato così sincero con me, nonostante mi avesse dimostrato il suo affetto in diversi modi nel corso degli anni. E lo conoscevo abbastanza da comprendere che non c'era bisogno che rispondessi facendo un discorso altrettanto elaborato e toccante, aveva bisogno soltanto di una risposta positiva.

- S-sì... Sta' tranquillo. Ho chiuso con quel tipo.

Felix mi abbracciò in quel suo modo goffo che mi faceva sentire sempre al sicuro, nonostante tutto. Poi si spostò leggermente indietro per potermi guardare negli occhi e accennò un sorriso.

- Non sentirti responsabile, non è colpa tua se quel tizio è piombato nella tua vita senza prenotazione.

- Oh, qualcuno è arrabbiato perché un uomo ricco e affascinante - e ricco - ha saltato la fila?

Felix mise il broncio, ma non mi diede torto.

- È un gesto molto scortese. Un uomo importante come lui non dovrebbe trascurare queste cose. 

Scoppiamo a ridere entrambi, incuranti del fatto di essere soli nel bel mezzo di un corridoio durante l'orario di lezione.

---

Appoggiai gli auricolari sul tavolo, continuando a canticchiare la canzone anche se non sentivo più la base. Prima di rifugiarmi in camera per studiare, avevo deciso di fare una breve fermata in cucina per prendere qualcosa da sgranocchiare. Ma i miei progetti crollarono rovinosamente quando mia madre mi si parò davanti con entrambe le braccia rivolte in fuori.

- M-mamma? È la giornata mondiale degli spaventapasseri o stai cercando di dirmi qualcosa?

Ma la donna si limitò a chiudere le braccia e a emettere un lungo sospiro.

- Tesoro, scusami. Pensavo che fossi tuo padre.

- Ho così tanti peli sulla faccia?

Aprii l'anta del mobile in alto in cui mia madre era solita nascondere le merendine. Mi alzai sulle punte dei piedi e spinsi la mano in fondo fino a percepire la superficie di vetro del barattolo di Nutella. Un brivido percorse la mia schiena. Era sempre un momento così dolce e allo stesso tempo sensuale.

Sospirai con fare sognante e mi allungai ancora di più per poter afferrare il barattolo. 
Ormai il mio cervello si era disconnesso e si rifiutava di elaborare la voce di mia madre che mi entrava da un orecchio e usciva dall'altro. Ma una parola mi riportò alla realtà mentre ero intenta a mordere il mio toast alla Nutella. Anzi, un nome. Cominciai a tossire, ritrovandomi subito la mano della donna che mi sbatteva sulla schiena. Appoggiai il toast sul piano da cucina e mi diedi dei colpi sul petto con il pugno chiuso.

- Tesoro! Ma cosa ti è successo? Quante volte ancora devo dirti che bisogna mangiare lentamente?

- Cosa hai detto riguardo a quella cosa?

Quale cosa?

- K-K... Il signor...

Non riuscivo neanche a pronunciare quel nome, ero troppo sconvolta.

- Oh, sì! Vorrei tenere tuo padre alla larga dal salotto, sai, fra poco è il suo compleanno e il Signor Kim mi sta aiutando a organizzare un party nella sala più grande della nostra azienda, inaugurata la settimana scorsa!

Mamma batté le mani come una foca emozionata e mi diede un ultimo colpo sulla schiena.

- Party... Il Signor Kim e il nostro salotto...?

Mia madre alzò gli occhi al cielo, come se fosse la cosa più strana del mondo non capire ciò di cui stava parlando.

- Il Signor Kim è in salotto e non voglio che tuo padre scopra cosa stiamo organizzando, è una festa a sorpresa! A proposito, fammi uno squillo quando papà torna da lavoro, d'accor-

Ma la donna non fece in tempo a finire di parlare, perché sbiancai nel giro di pochi secondi. Kim Seokjin si trovava nel mio salotto e stava amorevolmente aiutando a organizzare la festa di compleanno di mio padre che si sarebbe tenuta nella nostra azienda e a cui lui avrebbe sicuramente partecipato. 
Fui costretta ad aggrapparmi al piano da cucina, pensando in un primo momento che l'attacco di tosse fosse dovuto al mio livello di sconvolgimento mentale, ma realizzai che mi sbagliavo quando vidi mia madre scattare verso di me, facendo cadere a terra il mio adorato barattolo di Nutella, che si frantumò in mille pezzi. Assistei alla sua morte come se quel barattolo fosse stato il mio più caro amico, per un attimo pensai a Felix e i miei occhi si riempirono di lacrime. Ma il mio cervello mi ordinò di smettere di paragonare il mio migliore amico a un barattolo di Nutella e a concentrarmi su ciò che stava accadendo intorno a me: mia madre aveva un'aria preoccupata e chiamava il mio nome con tono disperato; mi teneva il volto con entrambe le mani con così tanta forza che rischiava di spezzarmi la mascella. Gemetti per farle capire che la persona in pericolo di vita non ero io, ma lei continuò a fissarmi imperterrita.

- Ally! Ma cosa diavolo ti salta in mente?! Non sai che nella Nutella ci sono le noccioline?

Il mio cuore perse un battito.

- Ma io... 

Non potevo crederci. Stavo davvero per separarmi dalla mia unica fonte di gioia.

- Mamma... Ma...

- Adesso capisco perché ogni volta che mangi quella roba soffri di mal di stomaco! A furia di farlo la tua intolleranza è peggiorata! Lo sai che potrebbero esserci delle conseguenze più gravi di un po' di gonfiore?

Ripensai alla sera della cena in cui la mia faccia si era gonfiata come un palloncino, a tal punto che pensavo di poter prendere il volo. Mi accasciai a terra ancora di più e sospirai rumorosamente. Mia madre aveva ragione: sapevo di avere una leggera intolleranza alle noccioline, ma non mi era mai importato più di tanto. E ora eccomi, costretta a dire addio a ciò che c'era di più caro al mondo.

- Signora Harvey? Tutto bene in cucina?

A sentire quella voce, mi si gelò il sangue nelle vene. Distratta dalla mia recentissima delusione amorosa, avevo trascurato un piccolo particolare: Kim Seokjin era nel mio salotto. Prima che l'uomo potesse anche solo intuire la mia presenza, mi alzai da terra e mi catapultai nella mia stanza alla velocità della luce. Chiusi la porta con un tonfo e vi appoggiai le spalle; avevo il fiatone e la tosse non si era ancora decisa a darmi un attimo di tregua. Eppure non ero del tutto sicura che quel pericolo fosse scampato: il Signor Kim non era stupido, aveva sicuramente compreso che era successo qualcosa, e mia madre, come suo solito, gli avrebbe spifferato tutto, con tanto di secondo attacco allergico.

---

- Ti rendi conto?!

Sbattei la testa sul tavolo della mensa e mi lasciai sfuggire un sonoro lamento di disperazione.

- Ally... Sai...

- Non cominciare con i tuoi discorsi moralistici! Lo so che potrei spalmare anche la marmellata sui toast, ma non è assolutamente la stessa cosa! La Nutella è insostituibile.

Mi rimisi seduta in modo composto e con le braccia conserte, riducendo gli occhi a due fessure per comunicare a Felix quanto fossi in disaccordo con le sue teorie. Infatti il ragazzo alzò le mani in segno di resa e riprese a mangiare il suo cibo.

"Meglio così. Sono problemi che devo risolvere da sola"

Tirai fuori il cellulare con l'intenzione di cercare un elenco di salse dolci spalmabili che potessero soddisfare i miei bisogni da adolescente con il cuore infranto, ma prima che potessi attuare il mio piano, una notifica balzò sullo schermo del dispositivo, che vibrò nel mio palmo. 
Era un messaggio da parte di mia madre, cosa che accadeva molto raramente.

mom

allison.quando torni a casa sei pregata di spiegrmi cosa sno tutti questi scatoloni dvanti al portone!!

Ciò che lessi catturò così tanto la mia attenzione, che non feci neanche caso agli orrori grammaticali presenti in quel messaggio.

"Scatoloni? Che diavolo... Oh, merda"

Mi alzai di scatto facendo strisciare la sedia per terra. Molti ragazzi seduti ai tavoli circostanti si voltarono a guardarmi con fare sorpreso, compreso Felix, che lasciò annegare il suo cucchiaio nella zuppa.

- Ally, che cavolo ti prende?

Il mio cervello mi imponeva di mantenere la calma, di sedermi e di ignorare il tutto, ma non ero mai stata una persona molto paziente né moderata.

- Io... Devo andare.

Felix scrollò le spalle e si portò il cucchiaio zuppo alla bocca.

- D'accordo. Salutami il Signor Kim!

Lo fulminai con lo sguardo prima di cominciare a correre verso l'uscita e saltare nel primo taxi che mi passò davanti.

Era davvero più forte di me, non potevo rimanere a scuola con la consapevolezza che quel qualcuno aveva agito di nuovo. Non c'era stato neanche bisogno di ulteriori indizi per comprendere cosa fosse successo: mi restava soltanto da scoprire cosa ci fosse in quegli scatoloni.

  
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