Shield.
“Non sono arrabbiato. Davvero, Myc non sono arrabbiato”. Ti guarda per un solo attimo per poi posare lo sguardo sull’erba ancora bagnata. Incrocia le gambe ma appena le ginocchia ricominciano a sanguinare si porta una manica della camicia vicino agli occhi.
Lo stringi più forte e passi una mano tra i suoi capelli, freddi e umidi.
Ma fai un respiro profondo.
Basta non essere come mamma, ti ripeti.
Calma. Calma e pazienza.
“Va bene, Sherlock… ma lo sai che anche se tu lo fossi, ne dovresti comunque parlare, mh? Ma ora guardami negli occhi”. Sposta leggermente la testa sulla tua spalla socchiudendo le palpebre. Ha sempre ritrovato questi abbracci rassicuranti e non ti sorprendi quando porta una mano al centro del tuo petto per sentire il battito del tuo cuore sotto il palmo della sua mano.
Non cambia nulla. Tu sei lì e ci resterai per tutto il tempo in cui ne avrà bisogno.
Non è giusto che sia così. Ha solo quattro anni e sta attraversando più inferni di qualsiasi altra persona.
“Passerà”, ti ha detto zio Rudy al telefono quando gli hai detto che nel cuore della notte le urla non stavano terminando. Che Sherlock non migliorava. “Dovete essere forti, forti e coesi.”
Quando ha staccato, sei rimasto con la cornetta tra le mani. Quella notte hai pianto anche l’anima.
Guardi la sua schiena rannicchiata contro il tuo petto. Il tuo piccolo cacciatore di draghi. Con il pollice inizi a disegnare cerchi concentrici sulla sua spalla e ti culli nei vostri respiri sincronizzati.
Solo voi due.
Ed è per un minuto, un piccolo, prezioso istante, che il mondo cade ai vostri piedi. Scivola dalle vostre spalle troppo piccole e potete respirare.
Sherlock sbuffa contro la tua spalla e con un filo di voce, soffocato dal tuo maglione, ti dice: “Myc, Eurus è strana. M-mi fa p-paur…”. Preme il viso contro di te, spaventato per un mondo che si sta rivelando così grande.
Ma tu sarai il suo scudo, non avrà più nulla da temere.
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