Sono tornata!!
Lo so, lo so, dovrei aggiornare il resto invece di pubblicare altre
cose, ma proprio non ce la faccio a resistere, questa storia preme
troppo per uscire. Un New Moon alternativo.
Autore: Usagi Kou
Beta Readers: MaryLu
(MalyCullen in EFP)
Personaggi: Edward Cullen, Bella Swan, Famiglia Cullen
Paring: EdxBella
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale
Rating: Arancione
Note: What if? (e se…), long-fic
Riassunto: Questo
è un remake di new moon. Si capisce che
non amo molto quel libro? Allora, in qst storia niente tagli, niente
addii,
niente depressione traumatica. Solo una bellissima festa di compleanno
e un
anno di sorprese, prima tra tutte quella di Natale, in cui Bella e
Edward
avranno la lor prima volta. Bella resterà in cinta, ma con sua
enorme sorpresa
Charlie non si dimostrerà psicopatico spinto, ma anzi, molto
lieto della
notizia, perché lui sapeva che, putroppo, Edward era il vero
amore di sua figlia. Ma la vendetta di Victoria è alle
porte.
Spiando i Cullen e carpendone questo segreto prezioso, si
adopererà per
rovinarglielo. Capeggiando un esercito di Vampiri rapirà Bella e
la terrà
segregata per molto, con l’aiuto dei licantropi, però,
Edward riuscirà a
ritrovarla. Ma i due innamorati si ritroveranno a dover affrontare un
dolore incommensurabile, che nessuno avrebbe potuto prevedere, fino a
che….
Buona lettura!
Prologo – Summer’s End
Bella’s pov.
“Ok, spero per lei, signor Cullen, che abbia un valido e importante
motivo per avermi imposto il supplizio della sfilata di moda, ovviamente con me come modella, della sua adorata
sorella Alice per gran parte della mattina, altrimenti a costo di rimetterci
tutte le ossa del mio corpo, la pesterò a sangue infischiandomene della sua
invulnerabilità!” sbuffai contrariata, incrociando le braccia sul petto
fissando il dio greco che era seduto al mio fianco.
Edward, senza prestare la benché minima attenzione alla
strada, nonostante stesse guidando, scoppiò a ridere di cuore riempiendo
l’abitacolo della Volvo con la sua melodiosa e celestiale risata.
Un po’ della rabbia che mi premeva in corpo scomparve nel
sentire le risate di quel angelo che avevo l’onore di poter considerare solo
mio. Il resto tornò vivida e forte a infuocarmi l’animo, con l’aggiunta dell’orgoglio
ferito visto che non aveva dato peso alle mie parole, ma anzi, ci aveva riso
sopra.
Non che avesse tutti i torti, in effetti; quando te la
prendi con creature mitologiche, in questo caso vampiri, a meno cha anche tu
non appartenga al loro mondo puoi solo che rimetterci. L’avevo provato sulla
mia pelle poco più che tre mesi fa.
Rabbrividii al ricordo raccapricciante e doloroso della mia
quasi morte, ma bloccai quelle emozioni prima che il mio accompagnatore potesse
leggermele negli occhi.
Edward, con un gesto fluido e impeccabile, strinse la mia
mano tra la sua, iniziando ad accarezzarmi la pelle con il pollice. Rabbrividii
al quel suo gesto, e non di freddo – nonostante la sua pelle fosse sempre,
costantemente gelata; erano ben altre sensazioni quelle che sconvolgevano il
mio essere quando ero in sua compagnia.
Non il disgusto, ma l’ammirazione più profonda.
Non la paura che la sua “demoniaca” figura doveva incutermi,
a detta sua, ma l’amore più profondo che quel angelo aveva saputo risvegliare
in me.
Ovviamente, per prendermi in giro diceva che io ero l’unica
creatura che considerava l’istinto di sopravvivenza un optional, e che non avevo
esitato a barattarlo con un senso dell’equilibrio precario e una fortuna da far
invidia a Paperino.
Sciocco vampiro iperprotettivo! Meno male che era il mio
ragazzo, altrimenti da quel dì che gli avrei dato una lezione…. O almeno, avrei
cercato qualcuno che potesse farlo al posto mio, sempre perché il mio attuale
corpo non era forte abbastanza.
“Beh, Miss Swan, non credevo di arrecarle un disturbo così
grande” mi rispose divertito, adeguandosi al mio tono formale “In un mio
barlume, forse, di stoltezza, ho pensato che avrebbe gradito, come ho potuto
constatare dai pensieri della mia diletta sorella minore, passare del tempo con
la sua suddetta migliore amica. Vi chiedo perdono se per una mia colpa le ho
arrecato offesa, e la imploro di perdonare questo sciocco servo vostro”
Tornò a fissarmi con un’occhiata contrita ma, al contempo,
divertita. Sbuffai, mentre mio malgrado un sorriso sbocciava sul mio volto.
“Sei impossibile” decretai “Impossibile e per di più con
credenze e modi di fare di un altro secolo. Ma tu guarda se mi devo sentire
pure in colpa, adesso, dopo essere stata torturata per quattro ore da tua
sorella maniaca di moda!”
“Lo so che ti sei divertita, in fondo” ridacchiò lui; gli
scoccai uno sguardo di fuoco. “Va bene, molto
in fondo” rettificò lui.
“Io adoro Alice, ma non quando mi usa come la sua barbie
personale” dissi “Le voglio un bene dell’anima, però stavolta ha esagerato.
Quattro ore di supplizio per farmi sfilare in costume da bagno, ma guarda te…”
“Le ho chiesto io di farlo” disse con nonchalance.
“Tu cosa?!” esclamai stupefatta “Come ti sei permesso?! Ti
rendi conto del supplizio a cui mi hai costretto?!”
Edward scoppiò a ridere, divertito. “Sei un vampiro morto,
Cullen!” lo minacciai, furiosa.
“Beh, si, data la mia condizione attuale, oserei dire che è
quasi un secolo che non sono in vita” mi sbeffeggiò.
Stavo per rispondergli male ma lui mi anticipò con un
sorriso. “Dai, perdonaci. Anzi, perdonami. Solo che oggi vorrei che tutto si
svolgesse nel più perfetto dei modi”
Placai la calma, sorpresa. “Di che parli?” domandai mio
malgrado curiosa “Tutta quest’estate è stata la migliore della mia esistenza…
anzi, la mia esistenza è stata magnifica dal giorno in cui ti ho incontrato.
Non devi sforzarti di rendere tutto ancora più perfetto. Mi basta… solo averti
sempre al mio fianco, per essere felice”
Spostai lo sguardo dal suo, improvvisamente troppo intenso,
arrossendo furiosamente. Non ero mai stata un tipo sentimentale, ma con lui riuscivo
a provocarmi il diabete da sola, come mi diceva Emmett ridendo, felice che al
mio fianco il suo fratellino fosse finalmente felice.
Era più forte di me. Con lui non riuscivo a mentire (non che
fossi una campionessa nell’arte della menzogna), non riuscivo a celargli il mio
stato d’animo, le mie emozioni, i miei timori. Mi confidavo con lui su tutto,
perché Edward era il solo in grado di capirmi pienamente e di sopportarmi in
tutti i momenti. L’unica cosa che gli era preclusa era la mia mente.
Ma alle volte sentivo anche il suo bisogno di essere
rassicurato. Di avere la conferma, come spesso gli chiedevo io, che sarei stata
sempre e solo sua. Che non l’avrei lasciato mai. Perché, come me – anche se non
potevo capire proprio come gli passasse per la testa; ero io quella fortunata, non lui – non riusciva a capacitarsi di avermi
trovato.
Di essere finalmente completo.
“Non merito di avere un angelo simile al mio fianco…”
sussurrò rapito, portandosi la mia mano alla bocca e baciandone il dorso.
Avvampai. “I-io me lo ripeto ogni giorno… eppure tu non ti
sei ancora stufato di me” borbottai
“Non potrei mai!” disse, serio e deciso come non mai “Non mi
è possibile rinunciare a te, Bella, né d’altro canto ho la benché minima voglia
di farlo. Voglio restare con te per sempre”
“Se davvero questo è il tuo desiderio non dirlo, fallo e
basta” lo implorai voltandomi a guardarlo.
In risposta si chinò su di me e premette le sua labbra
morbide e delicate sulle mie.
Adoravo i suoi baci, anche se piuttosto casti e
superficiali, ma in quel momento mi resi conto che:
- Edward mi stava baciando;
- Edward non prestava la minima attenzione alla strada;
- Se non prestava attenzione e una macchina ci avesse preso in pieno, altro che eternità insieme! Sarei morta sul colpo, e addio Bella!
“AAAAAH,
Lui mi guardò corrugando la fronte contrariato – non era da
me rifiutare un suo bacio, anzi, di solito era lui che si tirava indietro.
“Con tutto ciò che dovrebbe terrorizzarti di me, ti terrorizza
la mia guida” sbuffò tornando a fissare la strada “Che mi riesce alla grande,
aggiungerei. Guarda: senza occhi e senza mani!”
E sorridendo abbassale palpebre e staccò le mani dal
voltante.
“AAAAAH!! A MATTO!!!” esclami terrorizzata prendendo in mano
il voltante “Ma chi ho per ragazzo? Un pirata della strada, incosciente e
pericoloso! Poi osa anche farmi la predica se vado a giocare con i vampiri
sadici, quando è la sua guida per prima a causare la mia morte!”
Non credo abbia prestato molta attenzione, altrimenti la sua
risata sarebbe stata congelata e sostituita da un’ondata di colpa. Mai capirò
come possa pensare certe eresie. Invece, la sua risata angelica continuò,
mentre le sue mani sostituirono le mie sul volante.
“Amore, sei buffissima!” rise.
“Guarda. Avanti”
sibilai, furiosa.
Sghignazzando senza freni, spostò lo sguardo sulla strada.
“Posso sapere, di grazia, dove mi stai portando?” chiesi
acida.
“Non senti gli indizi?” chiese lui con un sorriso.
“Essendo io ancora una fragile umana priva dei tuoi sensi
sviluppatissimi, no caro mio, non li sento gli indizi” replicai aspra.
“Allora chiudi gli occhi, e aspetta” sussurrò ipnotico,
sgretolando le mie resistenze e facendomi diventare il suo burattino.
Gli obbedii, ripensando a tutto ciò che quella magica estate
ci aveva portato.
Oltre un mese di premure, attenzioni e cure da parte di
Edward, che ancora si sentiva in colpa per il mio scontro con James, seguito da
due mesi di puro divertimento e romanticismo passati in villeggiatura con i
Cullen, in una delle loro villette completamente restaurate da Esme. Era stata
davvero un’estate magica.
Non avevo trascorso che poche ore separata dal mio amore, e
in più mi sentivo a tutti gli effetti un membro della famiglia Cullen. Alice
era diventata a tutti gli effetti la mia migliore amica, oltre che consulente
di moda (autoproclamatasi tale) e una sorella di cui avevo sempre sentito la
mancanza; Esme e Carlisle mi consideravano già la loro nuova figlia acquisita,
e non sapevano l’orgoglio e la gioia che la loro considerazione di me mi
portava; Emmett ormai era il fratello maggiore che mai avevo avuto, e Jasper…
beh, Jasper era un fratello maggiore decisamente più discreto.
Contro tutte le aspettative possibili e immaginabili, io e
Jasper eravamo diventati ottimi amici. Lui mi insegnava a giocare a scacchi, mi
insegnava i primi rudimenti del baseball e qualche volta mi accompagnava anche
a fare shopping con sua moglie, mentre io lo aiutavo ad abituarsi alla presenza
degli umani e facevo tutto il possibile per non fargli pesare la mia vicinanza.
Ormai eravamo davvero amici, e non era più una sorpresa trovare me, lui ed
Emmett sul divano, davanti alla tv o a scontrarci in giochi di società e alla
play station.
L’unico neo, però, rimaneva la flebile sopportazione che Rosalie
aveva di me. Durante quest’estate aveva fatto di tutto per mostrarsi, credo,
gentile con me, ignorandomi o tentando di impormi poco la sua presenza. Non
riuscivo a capire perché si comportasse così, ma sia Edward che Emmett mi
avevano rassicurato.
“Rose non è abituata ai cambiamenti” mi aveva detto Emmett
“Dalle tempo. Ti assicuro che già le piaci”
Sospirai; era l’unica cosa che mi restava da fare, a parte
affrontarla a brutto muso. E non volevo questo perché molto probabilmente me la
sarei inimicata ancora di più.
Feci per parlare quando un odore che tanto mi era mancato in
quei mesi mi riempì i polmoni. Quel odore pungente, aspro e dolce insieme,
portatore di sogni e ricordi lontani, di una Bella diversa ma che di sicuro non
rimpiangevo. Quel odore familiare, eppure sempre così distante ed effimero.
L’odore del mare.
Spalancai di scatto gli occhi, spingendomi contro il
finestrino. Davanti a noi, una sottile
linea blu si andava allargando man mano che ci avvicinavamo.
“Ti piace?” chiese Edward con un sorriso.
In risposta mi buttai praticamente addosso a lui e lo baciai
con trasporto, sentendo la sua risata sulle mie labbra.
“Amore, non dovevo tenere gli occhi fissi sulla strada?”
rise lui staccandosi da me e bloccandomi i polsi; ovviamente, per i suoi canoni
ero stata troppo impulsiva.
“Grazie, grazie, grazie!” esclamai abbracciandolo forte
“Questa è... è… non trovo le parole, grazie!”
“Speravo che ti piacesse” disse Edward tornando a fissare la
strada “Stanotte non hai fatto altro che ripetere mare, mare… spero che ti accontenterai della spiaggia più piovosa
d’America. Di più… non posso fare…”. Strinse tra le mani il volante,
sicuramente rimproverando quella sua condizione di vampiro.
“Smettila, Edward!” dissi arrabbiata “Non rovinarmi il
momento. E comunque, anche se andassi ai Caraibi, senza di te non avrebbe
senso. Mi pare di avertelo già detto: senza di te, anche il Paradiso
assumerebbe le fattezze dell’Inferno”
Mi rivolse uno sguardo riconoscente che mi fece avvampare.
“Ehm, si, insomma… ehi, non avrai oltrepassato il confine di
“Sta tranquilla, Bella, non ho infranto il patto” mi
rassicurò “Siamo parecchio lontani sia da Forks che dalla riserva. È un angolo
di spiaggia praticamente deserto, nascosto dalla scogliera ai suoi lati”
Sorrisi e posai la testa sulla sua spalla. “Che farei senza
di te…”
“Già, me lo chiedo anche io”
“Te l’ho già detto che a volte sei pesante?”
“E te l’ho già detto che quando metti il broncio sei adorabile?”
Sorridevo come una bambina, correndo a piedi nudi avanti e
indietro per il bagnasciuga, giocando con le onde come facevo da piccola.
Edward, che stava
sistemando gli asciugamani sulla sabbia, rise divertito dalla mia esuberanza.
Non ci feci caso e mi voltai continuando a giocare sulla sottile linea dove
oceano e terra si univano.
Mi chinai notando una meravigliosa conchiglia bianca dalle
sfumature rosee, a spirale; affascinata, la raccolsi tra le mani, bagnando i
lembi del mio vestito leggero. L’accostai all’orecchio e tentai di sentirne il
rumore del mare.
“Senti?” chiesi, notando Edward che mi era arrivato alle
spalle. Gli portai la conchiglia all’orecchio mentre i suoi occhi mi fissavano
intensamente. “Riesci a sentire il mare?”
Lui sorrise e chiuse gli occhi, concentrandosi; la sua mano
raggiunse la mia, carezzandola lievemente.
“Uhm… sai che non lo
so?” rispose con un sorriso “Forse potrei confondermi con il rumore stesso
delle onde che muoiono ai nostri piedi, o forse è vero che il corpo delle
conchiglie racchiude l’animo del mare…”
Tornò a fissarmi in volto, mentre io lo guardavo rapita. Mi
sfiorò la fronte con un bacio.
“Perché non la portiamo a casa?” propose “Magari possiamo
ripetere l’esperimento stasera. Altrimenti, sarà sempre un bel ricordo”
Annuii, entusiasta, e il suo sorriso si estese.
“Ti va ti raccoglierne qualcuna?” propose. I miei occhi
brillarono; mi conosceva troppo bene. Annuii vigorosamente e lui rise; mi prese
gentilmente dalle mani la conchiglia e con delicatezza la ripose in un
secchiello rosso che portava al braccio.
“E quello?” chiesi divertita.
“Alice” rispose solo.
“Non per offenderti ma sembri la versione maschile di
Cappuccetto Rosso”
“Ah si, eh?” ghignò con un luccichio negli occhi, prima
posare il secchiello per terra e di iniziare a rincorrermi a velocità umana.
Ridendo, corsi lungo la spiaggia cercando di scappare dalle
sue grinfie (per una volta il mio equilibrio non si era dissolto), ma alla fine
mi lasciai prendere. Le braccia di Edward si chiusero intorno ai miei fianchi,
stringendomi al suo petto.
“Ok, ok, più che Cappuccetto Rosso sei il lupo cattivo”
annaspai tra le risa.
“Mi offendi ancora, Bella?” disse lui annusando i miei
capelli “Se continui così dovrò punirti…”
E le sue dita percorsero velocemente i miei fianchi,
facendomi il solletico.
“Ok, basta, stop!” risi “Le conchiglie! Te le ricordi le
conchiglie? Dobbiamo raccoglierne tante!”
“Uhm… dammi qualcosa in cambio, prima” mormorò percorrendo
il mio collo con le labbra.
Mi voltai verso di lui e gli diedi un bacio sulla guancia.
Il mio sorriso preferito illuminò il suo volto.
“Pensavo ad altro…” disse malizioso.
“Non finché non mi aiuterai a raccogliere le conchiglie!”
dissi risoluta.
Mi baciò di nuovo la fronte e poi mi sorrise, iniziando a
guardarsi intorno. La mattinata trascorse in fretta, tra i miei gridolini
entusiasti quando trovavo qualcosa di particolare e le spiegazioni accurate di
Edward sul mondo marino.
Era… bello. Niente mostri, vampiri, ragazzi impiccioni,
amici invadenti, padri ficcanaso…
Eravamo solo noi due. Solo due ragazzi profondamente
innamorati l’uno dell’altra, felici.
Solo Edward e Bella.
“Ehi…” mormorai ammirata, prendendo da sotto l’acqua il mio
trofeo.
Rigirai tra le mani
quella meraviglia, ammirandone le sfaccettature: era una conchiglia
completamente nera, attraversata però da una colata bianco perlacea che partiva
da una sommità laterale e si allargava diagonalmente verso la base, dividendosi
in piccoli ruscelletti astratti; la rigirai ancora e notai che l’interno era
madreperlaceo, e illuminato dai raggi timidi del sole rivelava le sue mille sfaccettature.
Era bellissima.
“Cosa?” chiese Edward, a qualche metro da me
Lo fissai e poi corsi verso di lui, felice. Perplesso, lui
allargò le braccia per permettermi di trovarvi rifugio, e io ridacchiai.
“Che cos’hai trovato?” domandò curioso.
In risposta gli misi la conchiglia la collo, e sorrisi tra
me e me.
“Perfetta!” mormorai esultante, prima di alzare lo sguardo e
incrociare i suoi occhi “Dai, vieni, torniamo in spiaggia!”
Si lasciò trascinare volentieri verso i teloni, tenendomi
forte
“Posso sapere che cosa stai cercando?” domandò cortese.
“Qualcosa… che sicuramente tua sorella ha visto che mi sarebbe
servit… AH –AH! Bingo!” esclami, tirando fuori un piccolissimo cestino.
“Che c’è li dentro?” chiese avvicinandosi più a me.
“Ah, è vero. Tu non sei normale, non puoi saperlo” dissi
saccente.
“Ehi, io sono un normalissimo vampiro centenario” mi ribeccò
lui sorridendo.
“Si, ma sei un uomo”
replicai facendogli la linguaccia “Figuriamoci se sai come si usano ago e
filo!”
Mi rivolse un’occhiata perplessa e, sghignazzai alla vista,
colpevole. “Uno a zero per te” borbottò. “A che ti serve?”
“Mia madre mi ha insegnato a fare le collane con le
conchiglie” spiegai sorridendo “Sai, era uno dei suoi tanti hobby del momento.
Mi ha incuriosito e le ho chiesto di insegnarmelo”
Il suo sguardo d’oro liquido si accese di comprensione e, ne
fui lieta, di sorpresa; era così difficile fargli un regalo o un qualcosa che
potesse piacergli… era un vampiro centenario e ricco; non avevo poi molte cose da offrirgli, né da comprargli.
“Tu vuoi…?” domando in un sussurro.
“Ah, ah! Sshh!” lo interruppi “Guarda e impara”
“Attenta a non bucarti” disse lui.
“Guarda, signor malfidato, che io sono la regina del ricamo”
dissi “Ma che ne vuoi sapere, tu, che cambi guardaroba una volta alla
settimana”
“Alice. Tutto parte da lei”
“Si, si, sempre colpa degli altri…”
Facendo molta, mooolta attenzione, presi l’ago più grosso e lo
puntai sulla sommità della mia conchiglia. Esercitai una leggera pressione,
diminuendo immediatamente quando pensavo che la conchiglia potesse rompersi.
Edward, al mio fianco, osservava ogni mio movimento attentamente. Finalmente,
con una leggera spinta, riuscii a bucare quella preziosa conchiglia senza
distruggerla. Mi lasciai scappare un “Evviva!” di trionfo, ma subito ripresi il
lavoro. Feci passare l’ago per tutta la sua lunghezza tre volte nel foro,
allargandolo, prima di riporlo nell’astuccio. Presi il filo che Alice mi aveva
dato e lo feci passare attraverso il buco. Per sicurezza ne misi due, non si
può mai sapere. Feci tre piccoli nodi in modo da saldare il ciondolo e poi
ammirai la mia opera, soddisfatta.
“Finito?” chiese Edward. Sorrisi e mi voltai verso di lui,
mettendoglielo al collo e legandoglielo dietro.
“Ecco!” dissi soddisfatta “Avevo ragione, era la tua
conchiglia”
Lui chinò il mento per osservarla e poi alzò gli occhi
d’ambra verso di me; felicità e commozione si perdevano in quelle pozze
luminose. Arrossii. Lui mi prese il volto tra le mani gelate e lo accostò al
suo, regalandomi un bacio dolcissimo e senza tempo.
“Ti amo” alitò suo mio viso, baciandomi piano le palpebre
“Come ho fatto cento anni senza di te…”
Il suo volto d’angelo si illuminò di un sorriso radioso
mentre si separava da me.
“Posso provare?” chiese entusiasta.
Annuii, contenta della sua felicità. “Attento a non
pungerti” lo presi in giro.
Neanche mi ascoltò,
preso com’era dall’euforia. Cercò nel secchiello e ne estrasse una conchiglia
rosata, dalle sfumature che nascevano dal crema del centro al fucsia della
base.
In neanche tre minuti ce l’avevo al collo, con lui che mi
fissava felice.
“Ti piace?” domandò leggermente ansioso
La osservai. “È più comune, molto più comune della tua”
dissi con un sorriso “Ma ha una sua originalità che
Mascherò una risata. “Guarda il suo interno” suggerì divertito.
Perplessa, feci come mi aveva ordinato, e rimasi a bocca
aperta: l’interno era completamente in madreperla, come la sua, sfavillante di
sfaccettature differenti.
La sua mano prese la mia e iniziò a giocarci, mentre io lo
fissavo. Lui chinò il capo; sembrava in imbarazzo.
“Si, forse hai ragione” mormorò “Può sembrare comune e
uguale a molte altre dall’esterno, ma l’interno svela la sua vera natura. È
unica, inimitabile ed estremamente bella, perfetta da ogni angolazione”. Alzò
il capo, lanciandomi un’occhiata timida “Come te”
Ormai il colore delle mie guance aveva raggiunto tonalità
mai viste prima dall’uomo.
“Respira, Bella” mi ordinò con dolcezza. Ubbidii docilmente,
mentre due lacrime scivolavano dalle mie guance. Subito mi strinse a sé,
asciugandomele.
“Ti ho mortificata? Scusami” sussurrò cullandomi.
Scossi il capo, abbracciandolo. “No. Mi sono commossa… come
una stupida” mormorai tirando su con il naso.
Ridacchiò. “Non sei una stupida, e io ti adoro proprio
perché sei ipersensibile”
Rimasi tra le sue bracci a ancora un po’, lasciandomi
cullare, chiudendo gli occhi e concentrandomi solamente su di lui, su di noi.
Avrei voluto rimanere lì per sempre.
“Ti va di fare un bagno?”
Aprii gli occhi e li assottigliai, studiandolo. Lui mi
rivolse lo sguardo più innocente del mondo, e ciò mi insospettì ancora di più.
“Scusami?” dissi.
“Ti ho chiesto se ti andrebbe di fare un bagno” ripeté
pazientemente “Sapevo che si usava così: quando si va al mare, di solito si fa
un bagno. O no?”
Avvampai. “N-non hai tutti i torti…” balbettai, facendo
morire la protesta in un mormorio.
Ridacchiando, mi baciò la guancia e poi si alzò di scatto,
allontanandosi da me.
“Beh, io un bagnetto me lo faccio” disse allungando le
braccia verso il cielo, allegro come poche volte lo avevo visto.
E, sempre fissando il mare con sguardo luminoso, iniziò a
sbottonarsi lentamente la camicia.
Sgranai gli occhi, imbarazzata e… eccitata, a quella vista.
Il mio cuore iniziò a galoppare velocemente, mentre le mie guance raggiungevano
nuove vette del colore.
E quel maledetto sogno proibito narcisista e crudele di un
vampiro lo aveva percepito benissimo, e si gustava il momento, sogghignando.
Rallentò – e lo fece apposta, quel grandissimo infame! – la
velocità dei gesti e lasciò cadere a terra la camicia leggera con un movimento
sensuale. Avrei dovuto chiedere ad Alice se Edward avesse mai lavorato in un
streap club, una volta tornati. Ghignando, allungò le braccia al cielo e si
stiracchiò allegro.
Ammirai il suo splendido torace completamente in trance; i
pettorali scolpiti, la tartaruga degli addominali, le braccia muscolose e
flessuose, le gambe toniche... marmo bianco, ecco di che cosa era fatto. Il
più perfetto degli angeli nato da un cuore di diamante e roccia.
Era bellissimo, e io lo stavo letteralmente violentando con
lo sguardo. E lo sapevamo entrambi.
“Posso permettermi di suggerirti di farmi una foto?
Durerebbe di più, sai?” ghignò allegro, voltandosi verso di me con un sorriso
affabile.
Arrossì, imbarazzata e offesa, scatenando così la sua ilarità.
Un secondo dopo mi ritrovai il suo volto angelico a pochi centimetri dal mio,
che mi fissava divertito. Il mio cervello and in tilt.
“Scusa. Ma sei così carina quando sei in imbarazzo” e si
lasciò andare a un’altra risata leggera “E poi...”
Mi rivolse uno sguardo intenso, dolce, accarezzandomi le
guance dolcemente e molto delicatamente, come a saggiarne la morbidezza. “Sono
felice di... non essere l’unico, tra noi... a provare quel tipo di attrazione”. E mi rivolse un sorrisetto malizioso.
Avvampai ancora di più. “Ma... hai problemi di vista, per
caso?” balbettai distogliendo lo sguardo “Io? Ma te stai fuori... domani ti
porto dall’oculista, vediamo se possono fare qualcosa...”
Sbuffò. “Primo, domani c’è scuola. Le brave bambine non
saltano il primo giorno dell’ultimo anno di liceo. Secondo, la mia vista è
perfetta. E non mi piace che ti sminuisca in quel modo, e lo sai” mi disse “Tu
sei bella, amore, anzi, bellissima. Non trovo neanche le parole per descriverti
che meraviglioso angelo sei ai miei occhi. E quanto mi irrita il fatto che tu
non te ne accorga”
“Ma tu... tu sei di parte...” soffiai, senza voce. Ero
completamente incantata dalle sue parole.
Alzò gli occhi al cielo. “Vuoi che faccia firmare una
petizione a scuola?” esclamò “Sai quanti... irritanti ragazzini aspettano solo
che io mi allontani cinque secondi da te per prendere il mio posto?”
“Geloso?” lo provocai.
“Si. Sono terribilmente, esageratamente geloso di te” disse
con una punta di durezza nel tono dolce. Le sue braccia mi trassero a sé,
mentre si sedeva e mi accarezzava i capelli “Fosse per me, seguirei il mio
istinto e ti rapirei, portandoti lontano da tutti. Ti terrei isolata, lontano
da ogni sguardo all’infuori del mio, da ogni compagnia tranne che la mia, per
potermi beare almeno in minima parte della voglia che ho di te. Sei la mia
magnifica ossessione”
“Allora fallo” sospirai incantata.
Lui mi regalò un sorriso radioso. “Per me non ci sono
problemi. Però, gentilmente mio fratello mi ha ricordato che il sequestro di
persona è ancora punibile secondo
Scoppiai a ridere, baciandogli la guancia. “Povero il mio
vampiro! Tutte a te, eh?”
“Già. Proteggimi tu dalle ingiustizie del mondo” si lagnò,
stringendomi a sé e posando il capo sul mio cuore.
Gli carezzai i capelli, ridacchiando. “Bimbo, lui! Così
indifeso e incompreso. Dimmi, fragile creatura della notte, cosa posso fare per
allietare la tua esistenza così scura e spaventosa?”
“Uhm...”. Accidenti; quel tono non aveva nulla di buono.
Infatti, quei dannati occhi d’oro ora mi fissavano maliziosi e furbi.
“Potresti... concedermi l’onore di bearmi della tua incantevole figura ridente circondata
dal blu del mare, mentre gioca con le onde”
Arrossii. “T-tutto pur di farti felice” deglutii imbarazzata.
Mi rivolse un sorriso radioso, baciandomi leggermente le
labbra.
Mi alzai e mi voltai, togliendomi piano le scarpe quando la
sua voce mi richiamò.
“Bella?”
“Si?”
Mi rivolse uno sguardo a metà tra i malizioso e il
divertito. “Se hai difficoltà... posso sempre aiutarti io. Quel vestito sembra
una minaccia, per te. Non vorrei che ti ritrovassi a soffocare per la stof...”
Rossa, gli tirai i sandali, che schivò con una risata.
“Scemo!” gli urlai contro.
Ridendo, mi baciò la fronte, per correre verso il mare. In
verità vidi solo l’infrangersi delle onde dopo il suo tuffo. Scuotendo il capo,
afferrai i lembi del mio abito e lo tolsi con un gesto veloce, gettandolo a
terra accanto ai pantaloni del mio Edward.
Sospirai per calmarmi e mi diressi lentamente verso la
distesa d’acqua. Raggiunsi il bagnasciuga lascando che i miei piedi venissero
lambiti dall’acqua, e scrutai l’orizzonte in cerca di Edward, il quale, mi
accorsi, non era ancora riemerso.
“Edward?” lo chiamai “Edward dov... AAAAAAHHH!”
Mi sentii sollevare da due braccia fredde e bagnate e, con
la sua risata cristallina nelle orecchie, mi ritrovai immersa nell’acqua.
Annaspando, riuscii (con il suo aiuto) a ritornare in
superficie, tossendo e sputando a destra e a manca.
“Brutto... idiota!” gli gridai contro colpendogli il braccio
“Ma ti sei rimbecillito del tutto?! Cos’è, i cento anni iniziano a far
sentir...”
Ma mise a tacere le mie proteste con un bacio,
abbracciandomi forte. La mia ira scemò come dissolta dal vento, e gli arpionai
il collo con le braccia. Quando si separò da me, sempre tenendomi abbracciata,
posò la fronte contro la mia, ad occhi chiusi, strusciando il profilo del naso
contro il mio.
“Non vale però” sospirai con un sorriso assecondando i suoi
movimenti “Non riesco ad arrabbiarmi come dovrei, con te. Soprattutto se bari
così...”
“Eh, eh, lo so” ridacchiò, per poi gemere scendendo con il
naso lungo il mio collo “Se il tuo profumo con l’acqua è buonissimo, con
l’odore del mare diventa... mmm”
“Ti da fastidio?”
“No. È... afrodisiaco” disse, percorrendo il mio collo con
le labbra.
Arrossii. Mi sembrava così strano avere quell’effetto su di
lui.
Si staccò da me e mi fissò a lungo.
“Come sei bella...” mormorò rapito, spostando una mia ciocca
di capelli dietro l’orecchio “Che creatura incantevole ho qui davanti...”
“M-mi s-stai incantando p-perché io ti perdoni lo sc-scherzo
del tuffo a tradimento, v-vero?” balbettai in trance.
Mi sorrise furbo, tornando a fissarmi. “Ebbene sì” annuì.
“Brutto... sta lontano da me!” esclamai spingendolo lontano.
Assecondò i miei movimenti e cadde in acqua, facendomi scoppiare a ridere
divertita. Che scemo!
“Cosa? Lei mi offende in cotale modo, allontanarmi dalla sua
persona? Non posso permetterlo!” esclamò riemergendo con un sorriso, mentre io
iniziavo ad schizzarlo, ridendo.
Anche lui si mise a giocare con me, e la mattinata trascorse
in fretta, tra giochi, risate e nuotate infinite: Edward sembrava così a suo
agio, così felice mentre scherzava con me come un qualsiasi ragazzo
diciassettenne. L’unica cosa che dimostrava la sua “diversità” era l’innata
capacità di immergersi a tempo indeterminato senza bombole d’ossigeno, mentre
io dovevo nuotare con il boccaglio.
Sorridendo, mi lasciai cadere in acqua, aprendo braccia e
gambe a stella e chiudendo gli occhi. Le sua mani mi sostennero la schiena, e
mi parve di vederlo sorridermi attraverso le palpebre chiuse. Sempre ad occhi
chiusi, alzai le braccia e le mossi, cercandolo. Lo sentii ridacchiare e le sue
braccia mi strinsero, avvicinandomi a sé.
Gli misi le mani attorno al collo, stringendomi a lui,
sentendo per la prima volta la sua pelle nuda premere contro
“Ma che bambina viziata che ho” ridacchiò strofinando il
naso contro il mio.
Gli presi il viso tra le mani e feci per baciarlo... quando
lui mollò la presa su di me e mi fece cadere in acqua come un sacco di patate,
ridendo.
Quando riemersi, pronta all’ennesima guerra di spruzzi, il
sole fece capolino tra le nuvole.
Edward si voltò nella sua direzione, mentre i raggi del sole
rendevano la sua pelle scintillante di minuscole migliaia di diamanti, che
insieme alle gocce che scendevano dispettose sulla sua pelle creavano un
magnifico gioco di luce e arcobaleni.
Mi si bloccò il respiro alla vista di quella creatura
divina. Era... stupefacente, bellissimo.
Un angelo.
Mi avvicinai a lui lentamente, fino a circondarli la vita
con le braccia; poggiai la fronte tra le sue spalle, strusciandola piano sulla
sua pelle, per poi lasciavi un bacio. Le sue mani si posarono sulle mie,
delicate.
“Sei bellissimo, lo sai?” mormorai divertita.
“Uhm, me lo avevano accennato” ridacchiò.
“E sei anche tanto, tanto narcisista”
“Ammettilo: mi ami solo perché sono bellissimo”
“Ovvio!” risi.
Si voltò e mi afferrò per la vita, facendomi sbattere contro
di lui. “Ma come? Solo per la mia bellezza stai con me?”
Annuii, e lui mi lasciò, portandosi melodrammaticamente le
mani al cuore. “Ah, il mio cuore! Sento che si è spezzato! La mia unica ragione
di vita non mi ama veramente... addio, vita crudele e mondo spietat...”
Lo misi a tacere con un bacio, stringendolo forte a me; le
sue labbra si tirarono in un sorriso mentre mi afferrava la vita con un
braccio, portando l’altro dietro il mio collo, quasi a non volermi lasciare
andare.
Le nostre labbra si muovevano lente, delicate, in perfetta sincronia.
Era uno dei suoi soliti baci casti ma a loro modo dolcissimi, quindi fui
piuttosto sorpresa quando sentii mordicchiarmi leggermente il labbro inferiore.
Gemetti piacevolmente sorpresa e aprii di scatto gli occhi;
Edward fece lo stesso, separandosi da me e rivolgendomi un sorriso.
“A piccoli passi” disse.
Sbuffai, divertita, per poi nascondermi nell’incavo del suo
collo lasciandomi cullare da lui.
“Tu” lo accusai “Soffri di disturbi da personalità multipla.
Prima fai tutto il narcisista <<Io
sono bello e voi no, io sono il meglio e voi no>>, e un secondo dopo
inizi a farti le paranoie come un adolescente in crisi”
Ridacchiò divertito, mentre io ispirai il suo incantevole
profumo, reso più forte dall’acqua marina.
“Uhm...” mugugnai estasiata “Comunque, avevi ragione”
“Si. Su cosa, in particolare?”
“L’acqua del mare rende molto migliore il tuo profumo”
dissi, per poi baciargli piano il collo.
Il suo abbraccio si fece più stretto, facendo aderire i nostri
corpi; mi posò un baciò sulla fronte.
“Dai, ora andiamo ad asciugarci, ti va?” propose allegro,
prendendomi per mano.
Tornammo alla spiaggia e ci stendemmo sui teloni, godendoci
il tiepido sole di fine estate.
Pranzammo (io almeno; Edward continuò a giocare per tutto il
tempo con i miei capelli) e nel primo pomeriggio decidemmo di creare altre
collanine per la nostra famiglia. Parlammo di tutto e di niente, godendoci ogni
parola e ogni silenzio inespresso, amano la presenza dell’altro.
A volte era così facile pensare di amare con comune
diciassettenne.
A lavoro finito, Edward si stese sul telo portandomi con sé,
facendomi sdraiare al suo fianco.
Usai il suo braccio come cuscino e mi strinsi a lui, mentre
il mio pesonal vampire mi accarezzava
placidamente il braccio.
“A cosa pensi?” mi chiese quando ormai il sole stava calando
“Mi sembra ancora così strano non riuscire a leggerti. L’unica con cui vorrei riuscirci”
“A nulla in particolare” sospirai ad occhi chiusi “Solo... a
quanto sono fortunata. E a quanto ti amo”
Sorrise. “Questa è davvero una bella cosa” disse lui.
“Lo spero. E tu?”
Lui mi sorrise e, lentamente, sciolse il mio abbraccio per
spostarsi con le labbra dalla mia guancia al mio collo, e poi giù verso la
clavicola, arrivando a posarsi con il capo sul mio cuore, che aveva accelerato
paurosamente dall’inizio della sua marcia.
Ne ascoltava rapito il battito, l’espressione serena e appagata.
Sorridendo, portai un braccio a cingergli le spalle, mentre
con l’altro inizia ad accarezzarli i capelli; il suo sorrise si estese, e portò
le sue mani ad accarezzarmi lentamente una spalla e un fianco.
“A quanto sia stata splendida questa giornata... a quanto tu sia splendida. A quanto ti ami, a
quanto sia fortunato... a quanto ti voglio per me e a tante altre cose che ti
riguardano”
Le sue carezze si arrestarono lentamente, mentre la sua
espressione serena veniva sostituita da una tormentata e angosciata.
“Come sono egoista” sussurrò addolorato “Sono un essere
spregevole. Come posso... mettere fine a una cosa così bella?”
Portò timidamente una mano tra i miei seni, accarezzando la
pelle sopra lo sterno, dove batteva il cuore. “Sono solo un mostro” ringhiò
furioso con sé stesso.
“Smettila!” esclamai tristemente, chiudendo gli occhi.
Strinsi spasmodicamente le mani intorno alle sue spalle, attirandolo
sopra di me, sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi.
La decisione era state presa, era anche riuscito a ottenere
un anno in più. Perché non riusciva ad accettarlo?
“Smettila, Edward, basta! Tu... come puoi... un mostro...
sai benissimo che non è vero!” dissi senza poter impedire a due lacrime di
scivolare sulle mie guance “Non riesco a sopportare l’idea... che tu ti
consideri un mostro, quando non lo sei affatto. Non riesco a credere che tu non
abbia un’anima. Sai che non è vero. Se non l’avessi non saresti qui con me. Non
sapresti soffrire, ridere, amare. E poi... non voglio che tu ti senta in colpa.
È una mia decisione quella di diventare come te; non mi basterà una vita per
amarti, anzi, non credo che non mi basterà neanche l’eternità. Tu, è vero, non
hai avuto scelta, ma se Carlisle non ti avesse morso...”. Chiusi gli occhi, cercando
di immaginare la mia vita senza di lui; rabbrividii di terrore e lo abbraccia
forte “Non ti avrei mai trovato. E chi lo sa, magari ora starei qui con qualcun
altro. Magari Mike...”
Un ringhiò gli partì dal petto mentre le sue braccia si
chiusero intorno a me, possessive.
“Se quest’anno osa anche solo pensare a te, gli stacco un
arto. Lui e tutti i suoi compagni” minacciò arrabbiato.
“Non preoccuparti. Di certo non sono quei quattro ragazzini
ad attirarmi” dissi.
“E se arriverà qualcun altro?” chiese, stringendomi nel suo
abbraccio; sembrava quasi terrorizzato. “Se dovessi conoscere qualcuno di...
umano?” gemette l’ultima parola “Se ti dovessi stancare di me? Sarebbe giusto.
Tu meriti una vita serena, normale. Meriti di crescere, di... ci sono cose che
io non potrò mai darti, nemmeno e soprattutto se tu diventassi come me. Privarti
di questo... mi sembra un atto orribile, mostruoso”
Una sua mano iniziò a percorre la mia guancia con le dita
affusolate. Sentì sotto le sue dita bianche il mio calore, segno che ero
arrossita. Scese, lentamente, lungo le mie labbra, il mio mento, giù per il
collo, fino a raggiungere il suo volto vicino al mio cuore.
“Ti ucciderò” si lamentò “Ti costringerò a un dolore
inimmaginabile. Ti priverò della vita, segregandoti nell’oscurità, rubandoti il
tuo battito, il tuo calore... non potrai più arrossire”
“Ma ti potrò amare” mormorai dolcemente, tornando ad accarezzargli i capelli
“Fino alla fine dei tempi, ti amerò incondizionatamente, con tutta me stessa.
Non sarò più calorosa di te, come ora, ma avrò la tua stessa temperatura. Non
dovrai più temere di uccidermi con una carezza, non dovrai più controllarti
quando sei con me; lo so quanto ti sforzi, sempre, per non farmi male, quanto il
mio sangue sia una sofferenza per te, e non sai quanto mi detesto per
costringerti a fare tutti questi sacrifici”
“Bella...”
Gli posai una mano sui capelli e tornai ad accarezzarli. “Un
bambino. Ecco cosa sei. Un bambino che si è trovato all’improvviso in un gioco
a cui non voleva giocare. Non devi per forza fare sempre la cosa giusta. Sei un
uomo, in fondo; più forte, più veloce e più straordinario del normale, questo
si, ma pur sempre un essere umano. Per di più, diciassettenne, un’età
difficile. Qualche volta penso che dovresti piantarla di fare il prode
cavaliere e essere un po’ più egoista”
Si staccò da me e mi fissò stupefatto, il colore vermiglio
del sole che si rifletteva nelle sue iridi color topazio, rendendole due pozze
luminose.
“Ma come fai?” soffiò senza voce.
Gli sorrisi. “Dico solo quello che penso” gli sorrisi
“Qualche volta... la tua schizofrenia è dettata dalla tua insicurezza, credo.
Quello che mi fa soffrire è che, per proteggere me, sacrifichi te stesso.
Vorrei... che qualche volta ti confidassi con me, su qualsiasi cosa. Non voglio
essere sempre io quella che ha i problemi. So che ce li hai anche tu. Se non
posso risolverteli, vorrei almeno poterti sollevare il morale. Magari ti senti
solo? Ti trascuro? Ti devo coccolare di più?”
Un secondo dopo non ebbi più modo di pensare coerentemente
perché le sue labbra si mossero veloci e febbrili su di me. Portò le mani al
mio viso e mi accarezzò le guancie, stendendosi su di me, attento a non pesarmi
addosso, continuandomi a baciare con un impeto che non aveva mai avuto.
Per la prima volta fui costretta io ad allontanarlo, a causa
del mio maledetto bisogno di prendere aria.
Ci fissammo negli occhi, ansanti; i suoi rilucevano di eccitazione,
di amore.
Semplice, profondo e incommensurabile amore.
“Ti amo” mormorò baciandomi le palpebre, percorrendo poi
tutto il mio viso “Ti amo, ti amo... Dio, quanto ti amo! Non ti merito, ma non
posso fare a meno di te. Tu non puoi capire... la mia magnifica ossessione,
ecco, forse così rendo l’idea del tuo effetto su di me”
Gli presi il viso tra le mani e lo baciai piano, con
dolcezza, gustando il suo sapore zuccherino, unico e così suo. Lo baciai
ancora, e ancora, mordicchiandogli le labbra, piano, attenta alle sue reazioni.
Ma lui sembrava tranquillo, sicuro, tanto da ripetere i miei gesti, causandomi
un attacco cardiaco dietro l’altro, oltre che sospiri imbarazzanti.
Rabbrividii inconsapevolmente, e Edward si staccò; ah, ecco,
mi sembrava che il suo maledetto senso di protezione fosse scomparso.
“Hai freddo” disse piano, con voce bassa e terribilmente
eccitante. Notai con piacere che non riusciva a distogliere lo sguardo dalle
mie labbra “Forse dovremmo tornare...”
Un lamento di protesta mi uscì dalle labbra e storsi il
naso, infastidita. Lui ridacchiò, baciandomi la punta del naso.
“Andiamo, bimba!” disse alzandosi. In un lampo si era già rivestito
di tutto punto, lasciandosi la camicia aperta; la conchiglia nera spiccava in contrasto
con la sua carnagione lattea.
Mi sorrise e mi tese una mano. Sbuffando, mi alzai e mi
rivestii in fretta, mentre lui metteva a posto i teli.
“Bella” mi chiamò, mentre io mi perdevo a contemplare il
mare.
“Si?” risposi, senza distogliere lo sguardo.
Lo sentii avvicinarsi a me, silenzioso, mettendosi accanto a
me e fissando la distesa d’acqua.
“Voglio che mi prometti una cosa” disse serio.
Sospirai, votandomi a guardarlo. Lui portò lo sguardo nel
mio, e annegai nelle sue pozze d’oro, intense e profonde.
“Io... so che ti ho promesso, quest’estate” iniziò
titubante, prendendomi le mani tra le sue.
“Edward, non cambierò idea” ribattei testarda “L’unica cosa che
voglio è passare con te l‘eternità. Fine”
“Lo so. E credimi, anche se non sembra, egoisticamente lo
voglio anche io. Più di ogni altra cosa” ammise.
“E allora fa prevalere l’egoismo!” sbottai.
Ridacchiò, tornando poi serio. “Io ti ho promesso che, alla
fine di quest’anno scolastico.... ti avrei trasformata” sentii la sua
difficoltà nel pronunciare quella semplice frase “E manterrò fede alla mia
promessa, ma... a una condizione”
Alzai la guardia. “Dipende”
“Mi devi giurare che, durante quest’anno, valuterai
attentamente i pro e i contro di questa cosa” disse “Dovrai riflettere bene
sulla tua trasformazione. A fine anno, ti domanderò se vuoi ancora diventare
come me. Dovrai essere sincera, Bella. Dovrai pensarci seriamente. E io
rispetterò le tue decisioni, qualsiasi esse siano”
“Allora prepara i canini, perché aspetto il mio morso” dissi
decisa. Fece per parlare ma lo precedetti “Io ci h già riflettuto bene, Edward.
E sono pronta. Sono pronta perché so che dopo il dolore, dopo il periodo di assestamento,
dopo tutto questo, ci sarai tu. Tu ed io. Per sempre. E non mi interessa
nient’altro”
E per non fargli ribattere, mi alzai sulle punte e ci
godemmo insieme quell’ultimo bacio di quella giornata magicamente normale.
Si, le cose stavano per cambiare.
Ma questa volta, sarebbe stato in meglio.