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Autore: sgnap97    29/03/2019    0 recensioni
«Se l'arte, la sua arte era permanenza, dove era lui adesso? Una bambola rotta come tutte le altre in un cimitero di legna e acciaio. Cosa sarebbe davvero rimasto? Deidara, solo, senza un compagno che avrebbe rimpianto per sempre.»
SasoDei, Missing Moments ep. 27: Sogni Infranti
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akasuna no Sasori, Deidara | Coppie: Sasori/Deidara
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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A Naruto [SasoDei] fanfiction
by sgnap97


 


Just another broken puppet.


 

 

Dalla sua posizione, ancora stordito dal colpo appena ricevuto, Deidara non riusciva a ad avere una visione ampia e chiara di ciò che stesse accadendo. Era riuscito a malapena a sostituirsi con una copia di argilla prima che il colpo del ragazzo si fosse dimostrato letale, e ormai, in quella condizione, senza entrambe le braccia, era costretto a rintanarsi come un topo nella speranza di trovare una finestra di fuga. Eppure, se non era ancora morto lo doveva solo al Jinchūriki che aveva totalmente perso il controllo, preda di una furia animalesca che lo sovrastava senza scampo. Sentiva sulla pelle la pressione di quel chakra mostruoso e mai come allora si ritrovava ad ammettere di essere sollevato di non aver ingaggiato battaglia con il ragazzo in quelle condizioni. Il ninja copia e il suo maledetto Sharingan erano troppo impegnati a cercare di riportarlo alla normalità per preoccuparsi anche di lui al momento.
Non vide subito la ragazzina e la vecchia. Fecero irruzione nel suo campo visivo solo in una seconda parte, quando il suo cuore, resosi conto della situazione, parve fermarsi.
 

«Abbiamo vinto.»

 

No, non era possibile. Se loro avevano quell'espressione vittoriosa sulla faccia, quei mezzi sorrisi che comunque emergevano dal viso stanco dalla battaglia, allora loro... No, no, no, no, no, no, no....

Quella non era una conseguenza contemplabile.

Avrebbe voluto uscire dal nascondiglio e chiedere loro spiegazione, combatterle, togliere loro quel sorriso compiaciuto tramutandolo in un'espressione di dolore e paura. Non poteva fare niente, solo nascondersi, controllare il proprio chakra perché loro non potessero individuarlo. Era impotente, ferito, confuso. Deidara non lo avrebbe ammesso, dando la colpa alla sola confusione, ma aveva paura.

P
er se', per lui.

Paura di non rivederlo mai più e di essere rimasto solo, paura che nessun altro potesse mai più comprenderlo come aveva fatto lui. Erano compagni, si rispettavano. Esisteva il concetto di amicizia in un'associazione criminale? Esisteva il concetto di affetto?

Sarebbe mai esistita la concezione di qualcosa di più?

Sulle prime, l'unica cosa che riuscì a metabolizzare il suo cervello era che Sasori fosse morto da idiota. La rabbia si sovrapponeva al dolore per sedarlo, controllarlo, perché era l'unica speranza che aveva per evitare di impazzire. L'arte è la permanenza nel tempo, l'arte è fare sì che qualcosa permanga in eterno in eterna giovinezza... Stronzate, pure e semplici stronzate dette da qualcuno che si credeva in tutti i modi superiori a lui.

Un idiota, questo era Sasori.

Aveva creato quel suo corpo perfetto da marionetta ponendo il proprio cuore perfettamente in vista dipingendosi un enorme bersaglio che sembrava costruito solamente per attirare colpi.
Un idiota a farsi ammazzare da una ragazzina e da una vecchia. Se solo avesse avuto ancora le mani avrebbe stretto i pugni, li avrebbe premuti sulla testa che pareva scoppiargli dalla confusione.
No... Forse erano soltanto i postumi del colpo che aveva ricevuto.

Faceva cosi' male. Perché faceva tutto cosi' male?

Il petto, la testa, sembravano essere sul punto di scoppiare, come le sue creazioni. Si sentiva oppresso, lo spazio era cosi' insufficiente anche solo per respirare e sembrava stringersi sempre di più, e ancora, ancora fino a schiacciarlo. Era ancora preda di un jutsu ipnotico? Doveva vedere con i suoi occhi, uscire da quell'illusione. Perchè sicuramente era solo un'illusione, un'immagine proiettata dalla sua mente.
Sasori non poteva essere morto.

Perché perdere un braccio sembrava niente in confronto a quel dolore?

L'altro gruppo di ninja della Foglia era l'ennesima seccatura che si sovrapponeva al suo impellente bisogno di correre da lui per sfotterlo di come si fosse lasciato battere da una ragazzina.

Vedere Sasori: questa era la priorità.

Non aveva le forze, l'interesse e la condizione mentale adatta a un nuovo combattimento.
Seminarli non era stato difficile con il suo capolavoro. L'arte è esplosione, un unico frangente e attimo di ammirazione e il nulla, qualcosa che puoi perdere chiudendo gli occhi, ma che lascia il segno eterno sulle carni colpiti, sul terreno.
Mentre fuggiva, il desiderio di mostrare a Sasori le sue esplosioni si faceva impellente, quasi opprimente. Avrebbe accettato i suoi rimproveri sulla sua mancata preparazione, li bramava. Ma più di tutto sentiva il bisogno di sentire la sua voce ovattata e nascosta dalla sua marionetta mentre sogghignava e gli ripeteva per l'ennesima volta che quella non era arte, che lui non ne capiva, ne avrebbe mai capito nulla di arte.

Sentire la sua voce, non voleva niente di più.
 

***


Quello che era stato il loro nascondiglio e la loro casa nelle ultime 72 ore era distrutto dal suo stesso soffitto, crollato su se stesso con miriadi di pezzi di roccia che facevano da perfetto macabro contorno al cimitero di marionette. Perché di cimitero si parlava. L'arte di Sasori era permanenza infinita di un corpo oltre la morte, oltre la decomposizione. La sua arte adesso giaceva a terra, morta, inanimata, priva del controllo dei suoi fili. Erano troppe le marionette a terra, i pezzi sparsi, il legno infranto. Erano troppe le armi, i segni della battaglia.
Gli occhi chiari di Deidara correvano nel cercarlo a terra, in aria, guizzando spasmodicamente da un corpo all'altro alla ricerca dei suoi capelli rossi e di quelle fattezze da ragazzino che tanto avidamente si era deciso a tenere. Fu difficile trovarlo, fu difficile capire quale fosse il suo corpo. Sulle prime si lasciò ingannare dalla marionetta morta e intrappolata in un jutsu di contenimento. Si ritrovò a fissare gli occhi vuoti, e il corpo finto ciondoloni sulla parete, le armi rese inutili, inefficaci, nonostante il loro veleno letale.

Troppo vuoto.

Era convinto che il Maestro fosse di gran lunga più forte di quanto non fosse lui, che le sue tecniche fossero... Dovette buttare giù in gola il groppo che gli opprimeva la carotide.

Da quando era diventato così difficile respirare?

«Sasori – danna...»

Quella bambola morta non era che un semplice fantoccio. Morto. Inesistente. Non era più Sasori.

Lo era mai stato?

Eppure Deidara nemmeno nel dolore poteva negare a sé stesso il fascino della morte: era ciò che gli accomunava entrambi in un qualche modo. Un corpo divorato da un'esplosione o quello perfetto, eternamente giovane e libero dallo scorrere del tempo che ne avrebbe inevitabilmente danneggiato le forme.

Immobile, anche nella sconfitta.

Monito eterno di disfatta. Lo avrebbero visto tutti, sputando sulla sua forza, ricordandolo cosi', come un fantoccio perdente inchiodato a un muro di una caverna.
I suoi occhi azzurri vagavano sulle marionette a terra, abbandonate, accalcate una sull'altra o a pezzi. Mani prive di dita o di braccio che ancora stringevano spasmodicamente le spade, teste mozzate o spezzate che sembravano fissarlo con i loro occhi gialli vuoti e spenti. Quel posto spettrale dava i brividi.

Era per questo che tremava?

Il corpo di Sasori, uno dei tanti, giaceva a terra, pieno di spade che perforavano la schiena insensibile al dolore. Due lame intrecciate nell'unico punto sensibile rimasto. Non che Sasori avesse un vero e proprio cuore, Deidara sapeva che si portava quella parte nel petto con il rimpianto di non essere ancora riuscito a completare la sua trasformazione in marionetta. Eppure l'immagine, per quanto inutilmente poetica era proprio quella.

Il Maestro Marionettista trafitto al cuore.

Un attimo congelato nell'eternità nella morte.

Ironico, sembrava che Sasori si fosse messo di impegno per incarnare anche nella morte la sua idea di arte proprio per sbattergliela in faccia.
Peccato che il dolore fosse troppo forte per ammirarla. Peccato che la morsa al cuore fosse reale, violenta. Se l'arte, la sua arte era permanenza, dove era lui adesso? Una bambola rotta come tutte le altre in un cimitero di legna e acciaio. Cosa sarebbe davvero rimasto? Deidara, solo, senza un compagno che avrebbe rimpianto per sempre.

Senza un compagno.

Senza una guida.

Se solo avesse avuto le braccia non avrebbe resistito alla tentazione di raccogliere quel corpo per stringerlo al petto. Non avrebbe resistito a piangere.
E Sasori non lo avrebbe mai perdonato.

«Idiota.»

Non sapeva nemmeno se lo stesse dicendo a sé stesso o a lui. Perché si preoccupava del suo giudizio? Era morto, non poteva più dirgli niente. Non poteva nemmeno più parlare.

«Ti avevo detto di non mettere così in vista il tuo punto debole.»

Le gambe gli cedettero e Deidara si ritrovo' in ginocchio, squassato dai singhiozzi in mezzo a centinaia di marionette che non potevano sentirlo.
 

Si era innamorato di una marionetta.

 


ANGOLO DELLA KUNOICHI

Passiamo sopra il fatto che definirmi kunoichi mi fa alquanto ridere perchè sono una delle persone più antisportive sulla faccia della terra. Eccomi qui. Sì. Dopo circa 5 anni da quando seguivo Naruto a scrivere una fanfic su questo fandom. Sto riguardando lo Shippuden a una velocità allarmante, e non riesco a capire come mi emoziona come la prima volta che lo guardai. Questa fic (più che fic ammasso di parole) è nata ovviamente appena concluso l'episodio 27, così, di getto. Ci ho messo un pochetto per sistemarla e renderla pubblicabile, spero che vi piaccia... Ammetto di non essere emotivamente stabile quando si parla di SasoDei che considero una delle mie OTP da sempre. 


Non so se ci sono ancora persone che leggono le fic su Naruto, nel caso... spero che apprezziate e che mi facciate sapere un vostro parere. 

Sicuramente a presto, 
sgnap.

  
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