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Autore: Nao Yoshikawa    02/04/2019    10 recensioni
Comincia tutto ad un concerto a cui Trunks e Goten decidono di andare. I due non dovranno fare i conti soltanto con nuove scoperte e sentimenti, ma anche con le rispettive famiglie, i cui membri reagiranno in modo diverso di fronte il reale legame che li unisce
Può l'amore separare le famiglie? E la felicità portare disperazione?
Tutto andrà per il meglio. Forse.
O forse no.
«Lo sai cosa? È che sono consapevole del fatto che non dovrebbe essere così. So che dovremmo essere due bravi amici che si vogliono bene e nulla più ma... temo di essere andato un po’ fuori dai piani» ammise sorridendo. «Da bambino non immaginavo che l’affetto nei tuoi confronti sarebbe cambiato. Ma crescevamo e più crescevamo ed io capivo. Ti vedevo cambiare e il mio sentimento cresceva con me, con noi. Peccato che ho mandato all’aria anni di silenzio. Che stupido.»
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bulma, Goku, Goten, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku, Goten/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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«Coraggio, Trunks! Di che cosa hai paura? Abbiamo affrontato di peggio, lo sai anche tu questo.»
Trunks si rendeva conto che, spesso e volentieri, il suo migliore amico tendeva ad essere molto insistente. Ma lui lo era altrettanto, motivo per cui non lo avrebbe assecondato.
«Ho detto di no. Non mi piacciono i concerti. E lo sai.»
«Andiamo, almeno accompagnami!» esclamò Goten. «Vuoi farmi andare da solo?»
«Anche se fosse, dubito che potrebbe succederti nulla di male. E poi immagino già cosa direbbe mio padre “Tsk, perdi tempo con queste sciocchezze da terrestri? Dovresti pensare a cose più importanti!”»
Goten spalancò gli occhi e rise di fronte quell’imitazione così simile all’originale.
«Beh, al sottoscritto le sciocchezze da terrestri piacciono, quindi ci vado. Dai, il mio gruppo preferito sarà qui in città, non posso non approfittarne. E comunque sia, tu verrai con me», chiarì Goten, dandogli le spalle.
«No… ho detto di no…», borbottò Trunks, seppur debolmente. Aveva perso, ovviamente. Forse non era abbastanza duro, ma cosa poteva farci? Goten sapeva come prenderlo, lo conosceva meglio di chiunque altro da quando era bambino. Erano sempre stati un po’ ai poli opposti, ma adesso che erano cresciuti quelle differenze sembravano ancora più marcate. Il suo amico dai capelli neri era gioviale allegro, con una gran voglia di fare e di scoprire. Lui un po’ meno. Probabilmente era la ragione e la calma della coppia.
Della coppia.
Una normale coppia di amici.
«Goten, aspetta» chiamò poi. «Non mi hai nemmeno detto a che ora ci vediamo! Goten? Ah, lasciamo perdere!»
 
Il principe dei Sayan si era ormai rassegnato all’idea che il figlio più piccolo di Kakaroth bazzicasse sempre in casa sua. Dopotutto lui e suo figlio erano uniti da un profondo legame di amicizia. Un legame di amicizia davvero molto  stretto, in effetti. Ora che ci pensava, Trunks non aveva altri amici. E questo era un male. Non era mai un bene legarsi troppo ad una persona. Non sapeva perché, ma il suo sesto senso gli suggeriva di tenere alta la guardia. Dopotutto, Kakaroth e la sua prole portavano sempre e solo guai.
Era appena uscito dal bagno, l’asciugamano ancora intorno al collo. C’era uno strano silenzio, Brà doveva star giocando da qualche parte e… quell’aura!
«Ciao, Vegeta! Me ne stavo giusto andando, buona giornata!» esclamò Goten passandogli accanto come se nulla fosse.
Tsk, perché quell’individuo era sempre in casa sua?! Tale e quale a suo padre quello lì.
Bulma, con addosso un camice bianco, aveva appena lasciato il suo laboratorio per fare un break. Ma l’espressione contrariata del marito, fermo e immobile come se stesse meditando, non poté sfuggirgli. Decise però di ignorarlo.
«Oh, Goten è andato via? È così un bravo ragazzo»
«Sì, proprio un bravo ragazzo. Sia chiaro, non mi piace che Trunks e il figlio di Kakaroth passino tutto quel tempo insieme. È strano.»
Bulma inarcò un sopracciglio.
«Beh, ma da che pulpito! Sbaglio o anche tu e Goku passate tanto tempo insieme?»
«Non è assolutamente la stessa cosa. E poi io non lo considero un amico, ma per favore! Con quei due è diverso, stanno sempre appiccicati. E la cosa non mi piace!»
Chissà perché suo marito batteva tanto su quel discorso. Dopotutto, Trunks e Goten erano sempre stati amici sin da bambini. Magari qualcosa era cambiato e lei non se n’era nemmeno accorta?
«Coraggio, non essere paranoico. Sono ragazzi, adolescenti. E perché tu lo sappia, gli adolescenti sono così. La cosa ti mette in difficoltà?» domandò con un sorriso divertito.
«Tsk», Vegeta si limitò a distogliere lo sguardo, senza però rispondere.
I ragazzini erano un conto, ma i maledetti adolescenti con tutti i loro problemi! Certe cose erano molto più difficili che salvare il pianeta o sconfiggere potenti nemici,
Ma nessuno, proprio nessuno, avrebbe potuto convincerlo del fatto che qualcosa sarebbe ben presto accaduto.
 
Trunks era nervoso. Ultimamente gli accadeva spesso e più tentava di non pensarci e peggio era. La colpa era tutta del suo amico dai capelli neri. In verità, Goten non aveva fatto niente di male, era lui quello totalmente incapace di gestire certe cose, certe sensazioni. Era stravolto, confuso, pieno di domande a cui sicuramente non avrebbe trovato risposta.
E avrebbe fatto meglio a tenerle per sé, quelle domande. Non poteva permettersi di rovinare nulla.
Con fare molto sbrigativo uscì da camera sua. Ne avrebbe approfittato dell’assenza dei genitori per raggiungere Goten, onde evitare domande scomode. Alle volte era proprio incapace di mentire.
«Trunks, dove vai?»
Il ragazzo sussultò e poi voltò il capo. La piccola Brà lo guardava con due occhi curiosi e dolcissimi.
«Devo vedermi con Goten. Se mamma e papà  te lo chiedono, dì loro che sono andato ad allenarmi.»
La bambina sgranò le iridi azzurre e poi si lasciò andare ad una risatina.
«Ma questa è una bugia! Vi ho sentiti oggi, voi state andando ad un concerto!»
Era stato colto in flagrante.
«Amh… è che Goten vuole che lo accompagni, per cui… ti prego, cerca di non farti sfuggire nulla! Sai che papà si arrabbierebbe. Puoi farlo per me?» supplicò.
Brà fece finta di pensarci su. In verità avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo adorato fratello.
«Va bene, non dico niente. Ma quando torni dovrai giocare con me. Senza dirmi che “sei impegnato”. Sennò non vale», chiarì muovendo un ditino.
Lui sorrise, scompigliandole i capelli.
«Così sarà, promesso. Adesso vado, ci vediamo dopo», la salutò infine.
Brà rimase lì a salutarlo con la mano, fin quando il ragazzo non sparì del tutto dal suo campo visivo.
 
Sarebbe stato sciocco sentirsi agitato? Probabilmente sì. Ora che ci pensava, quante volte lui e Goten erano usciti insieme così, come due semplici amici? In verità non molto spesso. E questa novità lo elettrizzava e lo agitava in un modo che non sapeva spiegarsi.
Lui e l’amico si videro al calar del sole. Non appena lo aveva visto arrivare, Goten aveva sollevato la mano e lo aveva salutato con calore. Trunks lo vide e osservò la luce morente illuminargli le iridi nere. E il suo cuore perse un battito.
Un’altra volta.
Un’altra dannata volta.
«Oh, sapevo che non mi avresti dato buca!»
«Non avevo altra scelta. Me lo avresti rinfacciato a vita altrimenti. Allora, è lontano questo posto?» sbuffò.
«No, non molto. Se ci sbrighiamo possiamo arrivare prima che sia totalmente buio.»
«Perché? Non andremo volando?»
«Vuoi attirare l’attenzione?» chiese Goten inarcando un sopracciglio.
Effettivamente, era meglio comportarsi da normale essere umani, anche se Trunks aveva l’impressone che in un modo o nell’altro l’attenzione l’avrebbero attirata comunque.
«Giusto. Va bene, allora sbrighiamoci. E ricordatelo. Sei in debito con me», chiarì infine, passandogli davanti con le mani infilate nelle tasche.
 
Goten non aveva fatto altro che parlare e straparlare durante il tragitto, circa il fatto che era il suo primo concerto e che non ci poteva credere, e poi ancora, che non ci poteva credere e che era il suo primo concerto.
Come poteva un sedicenne comportarsi ancora come un bambino?
Certo, non poteva dire che gli dispiacesse. Anzi, trovava che Goten fosse speciale soprattutto per quel suo modo di essere.
Esattamente come si era aspettato, al di fuori dell’arena dove l’evento si sarebbe svolto, vi era una fila immensa. Come se non bastasse, il corvino aveva perfino comprato, da un venditore ambulante, dei bastoncini dai colori fluorescenti.
«Andiamo, ma cos’è questa roba?» domandò Trunks.
«Beh, è roba che si usa ai concerti. Dai, tu prendi quello verde e io quello fucsia. E stammi vicino, tra poco entriamo.»
«Tra poco? Ci saranno almeno una trentina di…»
«Stiamo arrivandooo!»
«…Persone…»
Lo guardò di sottecchi e gli venne da sorridere. Si completavano così bene. Forse era per questo che lo vedeva un po’ come se fosse la perfetta metà di sé. Un concetto smielato, doveva ammetterlo, ma veritiero.
 
Circa quaranta minuti dopo, i due ragazzi furono finalmente dentro l’arena, strapiena di gente. Trunks si guardava attorno, non sapendo esattamente da che parte andare. E nonostante fosse la prima volta anche per Goten, quest’ultimo sembrava esattamente come muoversi.
«Vieni, andiamo a sederci! I nostri posti dovrebbero essere lì!»
Il corvino lo afferrò per un braccio, trascinandolo con sé.
«D-dovrebbero? Non sei sicuro neanche tu?!» esclamò, rimanendo comunque totalmente ignorato.
Finalmente, dopo aver girato a vuoto come due idioti, i due riuscirono a  sedersi. Trunks stava per tirare un sospiro di sollievo, quando Goten parlò di nuovo.
«Mi sono dimenticato che ho fame.»
«Come fai a dimenticare una cosa del genere? Beh, lasciamo perdere, alla fine ho fame anche io. Tu resta qui, vado io a prendere qualcosa.»
«Sicuro che non ti perderai?»
«No, non mi perdo, mi basterà localizzarti. Quindi resta fermo e non ti muovere!» lo raccomandò. Quello sciocco, alle volte gli dava l’idea di essere un po’ svampito. Dove sarebbe andato senza di lui?
E io dove andrei senza di lui?
Ancora pensieri. Era davvero difficile zittirli. Più tentava di frenarli e più loro tornavano, più prepotenti di prima. Dopo essersi rifornito di snack ad uno dei chioschetti, tornò dall’amico.
Ormai il buio era calato del tutto e le stelle brillavano alte nel cielo.
Da dove erano seduti, c’era una perfetta visuale del palco davanti a loro.
«Ah!» esclamò ad un tratto Goten, con la bocca piena di noccioline. «Ci siamo, ci siamo, sta iniziando!»
«Ma vuoi prima ingoiare? Animale…»
«Trunks! Sono così contento che tu sia con me questa sera!» esclamò eccitato, guardandolo dritto negli occhi. Goten era così spontaneo che  molto spesso diceva le cose senza pensare. E non c’era nulla di male in ciò che aveva appena detto, anzi. Ma quelle parole lo fecero arrossire.
«Dai, non c’è bisogno di ringraziarmi, lo sai» rispose, distogliendo per un attimo lo sguardo.
Poi respirò profondamente.
Fu una fortuna che il concerto ebbe inizio effettivamente pochi minuti dopo, almeno così l’atmosfera si sarebbe allentata.
E così in effetti fu, almeno in apparenza. Goten si stava divertendo come un matto a sventolare quel bastoncino fluorescente e a cantare  a squarciagola. C’era chi lo avrebbe trovato infantile, ma non lui. Quando era certo che l’amico non lo stesse guardando, era lui allora ad osservarlo con la coda dell’occhio. Non poteva negare in fondo che gli piacesse guardarlo.
Ad un certo punto Goten ebbe la brillante idea di farsi più vicino e circondargli le spalle con un braccio.
«Canta anche tu!»
«Non so cantare! E non conosco le parole.»
«Va bene, allora fai finta! E dillo che in fondo ti stai divertendo»
La sua presa su di lui si fece ancora più stretta. Trunks avrebbe potuto benissimo scostarsi, ma non lo fece. Sentiva che non ci sarebbe stato motivo. Quella vicinanza lo aiutò ad avvertire un certo tremore da parte dell’amico. Forse aveva freddo, nonostante la foga di ogni suo movimento?
«Goten, tu stai tremando.»
«Che? No, non è vero. Sto bene.»
«Ti sento tremare. Beh, la prossima volta dovresti coprirti di più.»
Senza pensarci due volte si tolse la felpa e gliela porse. Anche questo gli era venuto incredibilmente naturale.
«Che devo farci?» chiese ingenuamente l’altro.
«T-tu che dici?! Devi indossarla, naturalmente.»
«A-ah, giusto! Grazie, davvero un pensiero gentile da parte tua. Ma così non sarai tu quello a soffrire il freddo?»
«Credimi, non devi preoccuparti per me», lo rassicurò.
Goten decise di non porgere ulteriori domande e si infilò la felpa nera e bianca di Trunks. E percepì immediatamente il suo profumo.
Il freddo sembrava star passando, almeno in parte. Altrimenti perché le guance gli si sarebbero colorate di rosso?
Fu allora che Trunks capì che forse, almeno un pochino, poteva anche sciogliersi. Dopotutto quando era con Goten finiva sempre così. Lo trascinava in un mondo bellissimo.
Il concerto era andato avanti e il corvino sembrava a dir poco euforico. La musica era alta, c’erano grida, rimbombi, i cuori sembravano essersi alleggeriti.
«Io voglio un bis! Facciamo un tris anzi!» esclamò ad un certo punto Goten, smanioso, agitando le braccia.
«Ehi, calma furia scatenata»
«Non posso stare calmo. Perché sono felice. Felice di essere qui, di essere qui con te! Grazie per avermi accompagnato! Tu sei… senza ombra di dubbio… il migliore. Ti adoro!»
Quella leggerezza del cuore aveva permesso a Goten di mettere da parte  un po’ del suo auto controllo. E allora l’aveva agito, lo aveva fatto naturalmente, così com’era naturale respirare o parlare. Aveva poggiato le mani sulle guance di Trunks e gli aveva donato un bacio.
Un bacio semplice, quasi uno schiocco sulle labbra, eppure quel gesto tanto semplice aveva generato una vera e propria esplosione di emozioni.
Goten si scostò molto più lentamente di quanto si fosse avvicinato. Aveva recuperato un po’ di lucidità.
«Oh, cazzo. Trunks, mi dispiace. I-io non lo so perché l’ho fatto, forse mi sono lasciato andare troppo e… oh, che cretino! Sei arrabbiato con me, vero? Va bene, puoi darmi un pugno, ma solo uno, eh?»
Aveva preso a parlare e a straparlare come al suo solito, non accorgendosi neanche dello sguardo dell’amico. Trunks era arrossito, era in imbarazzo, ma non era solo questo. Quel bacio aveva smosso qualcosa in lui.
Mi sono sforzato tanto e alla fine è stato tutto inutile. Oh, al diavolo tutto. In fondo non sono stato io a cominciare.
«T-Trunks? Perché mi guardi così?»
Gli si avvicinò quasi con fare minaccioso. Goten si aspettava di ricevere un pugno, un insulto, qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa meno che quello.
Trunks era di nuovo sulle sue labbra e non sembrava intenzionato a staccarsi. E d’altro canto, il corvino non ne aveva né voglia né motivo.
Non aveva idea se si potesse o meno morire di felicità. Ma se davvero era possibile, allora era quello ciò che si provava: le vertigini, il batticuore, la sensazione di cadere con la certezza che quella braccia non lo avrebbero comunque lasciato andare.
Perché era successo? Quando erano diventati questo?
Non lo sapevano. E non aveva importanza.
 
Avevano fatto più tardi del previsto, ma non era di quello che Trunsks si preoccupava. Effettivamente aveva svuotato un po’ la mente, riusciva solo a pensare al fatto che tra lui e Goten fosse calato un silenzio più che imbarazzante. Per forza, dopo ciò che era successo. Ma cosa poteva farci?
Goten aveva iniziato, ma lui aveva proseguito, quindi si poteva dire che fosse colpa di entrambi.
Uscirono dall’arena stanchi. Il corvino aveva ancora addosso la felpa dell’amico, adesso avvertiva di nuovo freddo.
Cosa avrebbero dovuto dire in un caso come quello? Non succedeva tutti i giorni che due amici di infanzia si scambiavano dei baci molto sentiti.
Non dall’oggi a domani.
Oh, ma chi volevano prendere in giro? Sapevano entrambi che non si trattava di una cosa recente. Lo sapeva Trunks, che fino a quel momento aveva solo fatto finta di non capire. Ma in verità aveva sempre saputo, gli era solo servita una spinta.
«Beh… per quanto ancora vogliamo fare finta di niente?» domandò infatti ad un tratto.
Goten non lo guardava, teneva la testa china.
«Cosa dovrei dire? Sei stato tu»
«Io? Mi risulta che sia stato tu a cominciare.»
«B-beh, non è colpa mia! È stata una cosa così spontanea che mi è venuta naturale. Piuttosto, perché hai ricambiato? Cosa c’è, ti piaccio?»
«Ed io?» domandò fronteggiandolo.
«La smetti di rispondere alle mie domande con altre domande?»
«No, non posso. E non dirmi cose come “facciamo finta di niente”, perché non ci penso proprio. Gradirei sapere cosa passa per la testa del mio migliore amico.»
Solo a quel punto Goten sollevò lo sguardo. Migliore amico.
Perché tacere? Dopotutto era abbastanza stupido, considerando il loro approccio di poco prima.
«Lo sai cosa? È che sono consapevole del fatto che non dovrebbe essere così. So che dovremmo essere due bravi amici che si vogliono bene e nulla più ma... temo di essere andato un po’ fuori dai piani» ammise sorridendo. «Da bambino non immaginavo che l’affetto nei tuoi confronti sarebbe cambiato. Ma crescevamo e più crescevamo ed io capivo. Ti vedevo cambiare e il mio sentimento cresceva con me, con noi. Peccato che ho mandato all’aria anni di silenzio. Che stupido.»
Trunks lo osservò per qualche istante.
«Effettivamente sei proprio stupido. Se avessi parlato prima, mi sarei evitato anni di inutili complessi. A saperlo prima, sarei stato più tranquillo.»
«Cosa intendi?»
«Tu che pensi? Ti ho baciato anche io. Forse perché anche io provo quello che provi tu. Non capisci? Proviamo le stesse cose.»
Goten lo fissava con un’espressione un po’ da stupido. Come avrebbe risposto a quella sua dichiarazione?
«Capisco. Wow, questa è forte. Davvero forte.»
Tipico di lui…
«Già. Ebbene, cosa vogliamo fare? Vuoi continuare a far finta che niente sia successo?»
«Vuoi chiedermi di diventare il tuo ragazzo?»
Questo era fin troppo imbarazzante
«N-non ho mai detto questo.»
«Peccato, perché ti avrei detto sì.»
«Aspetta, cosa?!»
Quello scemo sapeva proprio come fargli perdere la testa. Ma com’era successo? La mattina stessa si erano svegliati ed erano ancora amici, adesso si erano scambiati baci, dichiarazioni. Trunks gli andò dietro.
«Ma la cosa non ti crea nessun problema?»
Goten strabuzzò gli occhi.
«Non vedo perché dovrebbe. Ti conosco meglio di chiunque altro. Alla fine non cambierà tanto… no, non è vero, cambierà tutto. Ma non ho nessun problema.»
Trunks si indicò.
«Anche se sono un uomo proprio come te?» sussurrò. L’amico lo fissò come se avesse avuto un folle davanti. Quel piccolo dettaglio non sembrava disturbarlo per niente.
«Ma a me tu piaci indipendentemente da tutto. Penso che questa cosa vada un po’ oltre il sesso di una persona. Non credi?»
Proprio come immaginava. Goten possedeva un’anima bellissima, in fondo era quello ciò che lo aveva conquistato. Si rese conto di essersi fatto dei problemi inutilmente. E allora sorrise.
«Sì… lo credo anche io. Ti accompagno a casa?»
«No, io accompagno a te. E in cambio mi tengo la tua felpa.»
«Scommetto che non hai mai avuto intenzione di ridarmela.»
Goten rise.
«Indovinato.»
 
Soltanto quando fu arrivato a casa, Trunks ritrovò coscienza di sé. Lui e Goten erano davvero quello che comunemente si sarebbe definita una coppia? In verità non c’era stata alcuna domanda e forse non ce ne sarebbe stato nemmeno motivo. Era stato tutto abbastanza esaustivo.
Avrebbe dovuto capirlo prima. Avrebbe dovuto comprendere prima dei sentimenti in comune che avevano. E invece non c’era riuscito. Ma meglio tardi che mai. Adesso era tutto un grande punto interrogativo. C’erano troppe domande che si poneva, aveva tanti dubbi ma provava anche tanta gioia.
Cos’era quella sensazione di leggerezza? E quella sensazione di felicità così ingiustificata?
L’amore, deve essere questo l’amore. Sto iniziando a chiedermi se fosse destino. Se magari era così se dovevo scoprirlo. Con te. Il più improbabile. Ma l’unico.
Davvero bizzarro alle volte il destino, eh?
Si avvicinò alla sua camera e fece per entrare. Ma la sua sorellina lo aveva atteso tutta la sera e non appena lo aveva sentito rientrare, gli era andato dietro.
«Sei tornato!» esclamò con le mani poggiate sui fianchi.
«Sssh, non urlare» sussurrò Trunks. «Sì, sono tornato. Hai detto a nessuno dove sono andato?»
La bambina scosse il capo.
«Io mantengo sempre le mie promesse. Piuttosto tu, avevi detto che avresti giocato con me una volta tornato!»
Trunks alzò gli occhi al cielo. Aveva talmente tante cose a cui pensare e altrettante da metabolizzare, che l’ultima cosa che voleva era mettersi a giocare. Ma lo aveva promesso a Brà. E poi voleva evitare di farla arrabbiare, altrimenti addio alla copertura.
«E va bene», sospirò.
Brà chinò la testa di lato.
«Ma che fino ha fatto la tua felpa?»
«…Com’è che vuoi giocare?»
 
Nota dell’autrice
Questa storia inizialmente non doveva essere così. L’idea che la carissima Harriet mi aveva dato era “Trunks e Goten vanno ad un concerto all’insaputa dei loro genitori”. Ed io ho pensato: “Okay, dai, posso scrivere una OS di genere comico”.
No. Perché il mio cervello è andato ed è finita così. Dovrebbe essere una mini long, e dico dovrebbe perché neanche io mi fido tanto. Chi mi conosce sa che sono una fujoshi incallita e che Dragon Ball non è esente da questa mia passione (lo è meno rispetto ad altre, ma lo è comunque).
Quindi ho mantenuto l’idea di base del concerto ma… c’è stato un risvolto leggermente diverso. Sì, sicuramente Vegeta sarà molto felice quando lo scoprirà. Ma davvero tanto. Comunque sia, voglio un po’ vedere come me la cavo a gestire i personaggi e a metterli in queste situazioni che alla sottoscritta piacciono tanto. Spero che questo primo capitolo, abbastanza allegro in effetti, vi sia piaciuto ^^
   
 
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