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Autore: xingchan    07/04/2019    1 recensioni
[Post manga]
Dopo un incontro con due gemelli sfidanti del dojo Tendo, Ranma decide di farsi avanti con Akane. Ma qualcosa va storto, e la causa è proprio la piccola delle sorelle Tendo.
Estratto:
"Perché sì, lo avrebbe fatto. Ormai era troppo vicino a lei con lo sguardo incatenato al suo. Gli occhi di Akane lo trafissero tagliandogli involontariamente ogni via di fuga. Si sentiva esposto, come se fosse nudo, nei guai fino al collo. E non sapeva spiegarsi il perché, ma voleva immergersi, in quei guai, e rimanerci.
Stranamente non gli importava se l'avesse mandato su Marte, se lo avesse riempito di pugni o se gli avesse dato del maniaco. Era troppo euforico per darsi pensiero per questo.
[Lieve OOC]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Don't ask me why





Una lacrima rotolò giù dal suo viso, ma prontamente Ranma la asciugò in fretta.

Stupidastupidastupidastupidastupida!

E stupido era anche lui, che era tornato come un cagnolino bastonato e si era umiliato ancora una volta. Non solo davanti a lei, ma davanti a tutta la famiglia - di cui una parte consistente ormai lo voleva disintegrato.

Era rimasto lì, davanti a quella paperella di legno, senza aver niente per cui scusarsi e con mille improperi rabbiosi nella sua testa.

Già, la rabbia.

Era stata la rabbia a lanciarle addosso quello stupido insulto - quando sapeva che Akane in fondo non voleva assolutamente sposarsi - ed era stata sempre la rabbia a non fargli tener conto delle sue lacrime.

Avrebbe potuto dirle che sapeva che aveva pianto, che c'era qualcosa che non quadrava in quell'assurda faccenda. Ma alla fine Akane non lo avrebbe degnato di alcuna replica, e conoscendola, se avesse insistito avrebbero finito con il litigare. Sarebbero volate parolacce e chissà quant'altro, e questo non avrebbe fatto altro che indispettirla, peggiorando la già precaria situazione.

Certo, d'altro canto tutto questo sarebbe stato più rincuorante rispetto a quel silenzio testardo.

La ragazza sapeva benissimo quale sforzo di volontà avesse impiegato Ranma per tornare indietro e fare quella scenata, ma lei niente, non gli aveva neanche detto di smetterla di infastidirla, o di andarsene.

Che le costava aprire quella dannata porta e dirglielo in faccia? Dirgli che lo detestava, che il fidanzamento l'aveva scocciata o che aveva trovato un altro fidanzato.

Non era certo di incassare un colpo simile senza conseguenze, ma almeno avrebbe messo a tacere quel groviglio di pensieri che gli attanagliava il cervello.

E che poteva sciogliere solo riprovandoci.

No! Non ci torno da quella là!

Già, era facile pensarlo con tutto quel risentimento in corpo, ma per quanto ancora avrebbe resistito all'impulso di incamminarsi verso casa Tendo ed estorcerle almeno una motivazione plausibile per... quello che era successo al balcone?

Mi ha spezzato il cuore. Non posso e non voglio più rivederla. E per cosa, poi? Per farmi del male ancora, come se non ne avessi abbastanza.

Akane Tendo era solo una ragazzina viziata che si divertiva a fare il bello e il cattivo tempo con chiunque, e guarda caso lui era quello che ci rimetteva ma solo perché era quello sempre a portata di mano.

Lo schianto secco di un rametto accidentalmente spezzato con un piede gli indicò che era già in montagna, fuori da Tokyo. Aveva camminato per ore, senza rendersi conto che il sole stava tramontando e che si stava alzando un vento fresco. La prima notte di una lunga serie in solitaria, senza suo padre, a vivere di espedienti e di arti marziali.

Gli anni in casa Tendo erano solo una parentesi, che ora come ora avrebbe solo voluto dimenticare. E Akane ormai faceva parte di un capitolo chiuso della sua vita.

Ma davvero lui sarebbe riuscito a chiuderlo?

Scelse una piccola radura nei pressi di un boschetto, e si mise immediatamente alla ricerca di un po' di rami per accendere il fuoco. Un'operazione che eseguì con movimenti lenti e meccanici, grazie solo alla forza dell'abitudine e a nient'altro. Erano state tantissime le sere durante le quali andava a fare legna prima di stabilirsi dai Tendo, e anche quando era stato via per gli allenamenti con suo padre o con Obaba. Era solo questione di ritrovare la routine di quei giorni.

Una volta acceso un piccolo falò, si soffermò a fissare le bende. Ora le ferite non facevano più male: sentiva solo un formicolio che gli dava fastidio. Frugò nelle tasche dello zaino per cercare uno dei pochi unguenti medicinali che soleva portare con sé per ogni evenienza, quando trovò un sacchetto di riso ancora crudo.

Solo in quel momento si rese conto di aver lasciato quasi intatta l'okonomiyaki. Non avendo molta voglia di mangiare, non aveva fatto nessuno sforzo per mandare giù qualcosa. Ma adesso doveva farlo, anche se sentiva lo stomaco orribilmente attorcigliato.

Ad un paio di chilometri avvistò un torrente, dal quale riuscì a riempire un bollitore portatile e un thermos. Una volta tornato indietro, cucinò quel po' che l'organismo gli suggeriva di mangiare, anche se non finì nemmeno il suo pasto.

Preferì invece sdraiarsi sull'erba ad osservare le stelle, incrociando le braccia dietro la testa; e nel turbine di pensieri valutò quanto fosse infelice la vita di Ryoga: quella bussola rotta era sempre in giro per il mondo contro la sua volontà, sperando di poter incappare nel dojo Tendo per potersi infilare nel letto di Akane.

Ranma assottigliò gli occhi, pensando alle implicazioni che avrebbe potuto prendere la situazione nel caso fosse successo di nuovo.

Se quel prosciutto maniaco fosse capitato proprio in quei giorni e avesse saputo che lui ed Akane non erano più insieme, senza alcun dubbio si sarebbe fatto avanti. Avrebbe confessato ad Akane i suoi sentimenti e forse lei avrebbe accettato.

La sola idea gli faceva ribollire il sangue, ma una piccolissima parte di lui gli diceva che Akane non era interessata a Ryoga. Essendo una fan accanita della coppia che quel suino e Akari formavano insieme, e considerando Ryoga solo un amico non c'era il rischio che Akane capitolasse come una pera cotta.

Però Ryoga era sempre gentile con lei, e ad Akane piaceva sottolinearlo quando lui era nei paraggi. Lo faceva per gelosia, era vero, ma erano qualità che Ryoga possedeva davvero. Si sarebbe fatto ammazzare cento volte piuttosto che dare un dispiacere ad Akane.

Va bene, Akane. Fa' come vuoi. Ma io non ci vengo al vostro matrimonio!

Come se il cielo - così luminoso - si facesse beffe di lui, si voltò di fianco. Era stanco di tutta quella situazione, ed era stanco anche al solo pensarci.





***





Miao!

Ranma sobbalzò appena prima di prendere definitivamente sonno, certo di aver sentito un miagolio di quei terribili esseri chiamati gatti.

Un brivido di paura gli percorse la schiena e, mentre scattava a sedersi come una molla impazzita, si rese conto che attorno a lui non c'era niente e nessuno. Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, detergendosi il sudore che nel frattempo gli aveva inondato la fronte. Chissà per quale ragione - mah! - udendo il miagolio di un gatto gli era tornata alla mente quella pazza di Shan Pu. Il solo pensiero che quella lì lo avesse cercato per trovarlo e trascinarlo via con sé era in qualche modo peggiore di essere alla mercé di un gatto.

Rincuorato dalla solitudine, Ranma si concesse un istante per sorridere della sua ingenuità che, nonostante tutto, non lo aveva ancora abbandonato.

Tirò un sospiro e tornò a coricarsi, ma nel momento in cui si guardò distrattamente intorno intravide una palla di pelo farsi leva sul suo braccio e miagolargli con entusiasmo.

Ranma cacciò un urlo, tentando di scacciare via la bestiola con una manata. Sfortunatamente il gatto saltò agilmente per evitare il suo colpo e atterrò direttamente sulla sua faccia con prepotenza. Completamente colto dal panico il giovane si dimenò, e per un attimo il gatto finalmente mollò la presa.

Si sentì improvvisamente libero di quell'intoppo, ma prima che potesse scappare dal suo accampamento di fortuna, sentì un getto d'acqua e istantaneamente un peso gravargli sulla schiena come se qualcuno gli avesse lanciato contro un macigno. Percepì il dolore dell'impatto correre per tutta la sua spina dorsale, ma questo gli permise anche di comprendere che aveva qualcuno addosso che, disgraziamente, era l'ultima persona che voleva vedere in quel momento.

Ranma!”

La vocina sottilmente sensuale di Shan Pu non gli era mai risuonata nelle orecchie in modo così fastidioso prima. Ranma fece per sollevarsi, ma Shan Pu sembrò cambiare posizione mettendosi a cavalcioni, tagliandogli la possibilità di rialzarsi nell'immediato.

Sta' fermo! Ho saputo, sai? Akane ha finalmente capito che non è alla tua altezza! Non è meraviglioso?” disse cinguettando felice, mentre a Ranma salì una sorta di conato di vomito, insieme ad una sostanziosa dose di sangue al cervello.

Eccone un'altra contenta!

Come diavolo hai fatto a trovarmi?”

Ho utilizzato il mio fiuto da gatta” spiegò lei. “Si è rivelato molto utile, non credi anche tu?!”

Per niente, anzi!”

Provò nuovamente a rialzarsi, e nel momento in cui Shan Pu se ne rese conto allentò la presa, permettendogli soltanto di rotolare di fianco. Ranma lo fece - tutto, pur di liberarsi di lei - ma prima che potesse sollevarsi la ragazza lo inchiodò a terra con entrambe le mani. La ragazza sfoggiò un sorriso trionfante, cominciando a carezzarlo con un dito lungo la linea del volto, proseguendo con esasperante lentezza sul collo per poi finalmente fermarsi al colletto alla cinese della camicia.

Ranma aggrottò le sopracciglia, sentendo del sudore freddo colargli lentamente fino alla nuca. Ma non disse niente. O almeno, finché la sua mente completamente congelata non registrò il lieve sentore delle dita di Shan Pu che armeggiavano con il primo alamare: prima che potesse sfilare il bottone dall'asola Ranma le fermò i polsi, pensando che avrebbe potuto liberarsi senza farle male soltanto se avesse ribaltato le posizioni. Approfittando della presa ferrea delle cosce della ragazza sui suoi fianchi, il ragazzo rotolò con lei rapidamente, fino a ritrovarsi sopra il corpo della cinesina.

Oh” esclamò lei, più divertita che autenticamente sorpresa dalla quella mossa inaspettata anche per lui “vuoi farlo così?”

Nonostante la conoscesse da tempo, per un istante Ranma si scoprì spaventato da quella intraprendenza. Va bene, doveva aspettarsi il fatto che Shan Pu avesse cercato di accoppiarsi o di fargli fare qualcosa di assolutamente avventato e stupido, ma che arrivasse ad avere la concreta intenzione di fare sesso con lui come se niente fosse approfittando della situazione - da soli - era decisamente troppo anche per lui.

Non riuscirai ad incastrarmi” ringhiò soltanto. Avrebbe voluto ripetere a lei ciò che aveva detto ad Ukyo riguardo ad Akane, ma se non gli aveva creduto la sua amica di infanzia, come avrebbe potuto farlo Shan Pu? D'altronde, sicuramente qualcuno le aveva riferito l'accaduto, e chi altri poteva essere oltre a quella iena di Nabiki?!

Si sollevò con poco sforzo, cercando di racimolare le sue cose per andarsene. Non che sarebbe riuscito a far perdere le sue tracce, specialmente se Shan Pu usava il fiuto della sua forma maledetta per seguirlo, ma contava che quel suo rifiuto valesse perlomeno a lasciarlo in pace.

Non puoi farci niente, Shan Pu” sentenziò Ranma caricandosi nuovamente lo zaino in spalla. “Non posso darti quello che cerchi.”

Cominciò ad allontanarsi con i nervi tesi pronti a scattare nel caso lei gli si fosse avventata contro, ma sembrava che la ragazza avesse perfino smesso di respirare. Ranma fu tentato di sbirciare, ma prima che potesse concretizzare quell'intenzione Shan Pu emise un mugugno indispettito, come una bambina di cinque anni che non era riuscita ad ottenere il giocattolo che desiderava.

Il ragazzo sospirò, pensando a quanto fosse stato in qualche modo fortunato che quella matta non avesse reagito in modo significativo, e proseguì per la sua strada nonostante non fosse nel pieno delle forze. Il suo corpo gli ricordò il riposo mancato con un sonoro sbadiglio appena qualche metro di percorso, ma siccome il cielo era già sul punto di albeggiare decise di guadagnare altro terreno. Incontrare un altro dei suoi amici sarebbe stato deleterio oltre che tremendamente insopportabile per lui: avrebbe finito per colpire qualcuno, scaricando tutta la sua frustrazione accumulata passando alle mani, e Ranma questo voleva assolutamente evitarlo.

Accelerò il passo non dando credito al terreno diventato fangoso e scosceso, e a costo di incespicare si insinuò repentinamente al limitare di una fitta boscaglia. Ranma riacquistò la sua positivà - addentrandosi in un luogo del genere avrebbe fatto perdere le sue tracce più facilmente - ma ad ogni passo che faceva, sapeva che l'avrebbe allontanato sempre di più da Akane.

Si fermò di colpo, aggrottando le sopracciglia al pensiero della mano di Akane sulla sua bocca. Doveva smetterla di pensare a lei, o avrebbe dovuto avviarsi direttamente al manicomio più vicino. Continuò a camminare seguendo il movimento continuo della sue gambe, ma poi si ricordò dell'unico modo che davvero lo aiutava a scaricare la tensione: allenarsi.

Cercò un posticino che gli sembrasse adatto - una landa desolata delimitata solamente da alcuni alberelli in lontananza - e posando il suo pesante zaino a terra, si mise alla ricerca della sua tenuta da combattimento. Cominciò seriamente ad innervosirsi mentre rovistava al suo interno, nella tasca principale e in quelle più piccole, e più cercava e si rendeva conto di non riuscire a trovarlo, più la rabbia cresceva. Provò perfino a srotolare il sacco a pelo, ma il ji sembrava letteralmente volatilizzato.

Infine, quando dovette constatare per forza di cose che non aveva il ji con sé, Ranma si sentì morire. Non bastava aver perso la sua fidanzata, ma ora aveva perso anche il suo ji, ciò che era a conti fatti la sua seconda pelle, quello che esternamente lo contraddistingueva quale maestro di arti marziali indiscriminate della scuola Saotome.

No! No! No!

Dove poteva averlo messo?!

Non me lo ricordo!

Ripescò con la mente negli ultimi ricordi, tentando di capire dove diamine avesse messo quel maledetto ji; e con rammarico ricordò di averlo tolto proprio perché era stracciato e sporco di sangue, e di averlo dato a Kasumi affinché lo facesse ritornare ai vecchi splendori.

Il ji era ancora a casa dei Tendo, e quando era tornato per parlare con quella strega non aveva tenuto in considerazione di chiedere alla maggiore delle sorelle di restituirglielo. Chissà per quale motivo immaginava Kasumi nell'atto di rammendarglielo con le stesse lacrime che Akane non avrebbe mai fatto vedere a nessuno dei componenti della sua famiglia.

Ranma cacciò dalle labbra un sospiro esausto, e con calma si sedette a terra a gambe incrociate.

Comprarne un altro era assolutamente fuori discussione, dal momento che i soldi a sua disposizione erano inferiori alla cifra necessaria a causa dell'acquisto dell'anello per Akane; e sinceramente non poteva neanche tornare al dojo Tendo come se niente fosse successo.

Kasumi! Scusa se ieri ho fatto un casino infernale ché a momenti ti scoperchiavo la casa, ma mentre pensavo a quella pazza di tua sorella ho scordato di chiederti il mio ji! Per favore, potresti rendermelo?”

Si diede uno schiaffo sulla fronte. Ritornare non solo sarebbe stato patetico, ma anche controproducente. Lasciando da parte quegli scalmanati dei loro genitori e di Nabiki - che si era dimostrata manesca come Akane - come avrebbe potuto sbattere loro in faccia il suo muso un'altra volta e fare finta di niente?

A chi avrebbe potuto chiedere, allora? Di certo a nessuno dei Tendo, Kasumi compresa: l'unico modo per parlarle era per telefono, ma come poteva essere certo che sarebbe stata lei a rispondere per prima? Suo padre era da considerarsi all'interno della cerchia delle persone che lo volevano morto, quindi niente da fare.

Ma certo! La mamma!

Le labbra di Ranma si allargarono in un sorriso stanco: era così abituato a non considerare la sua presenza che non l'aveva presa in considerazione prima. Lei avrebbe potuto far sapere ai Tendo del ji senza essere attaccata con grida e minacce, magari glielo avrebbe preso per suo conto e lui avrebbe potuto riappropriarsene con calma.

Il problema era tornare al centro abitato e recarsi a casa sua, dal momento che la donna non aveva un telefono suo. Da quando le sue spasimanti hanno distrutto casa Saotome Nodoka aveva provveduto alle sue necessità primarie, e il telefono non era rientrato nella categoria. A dirla tutta, sua madre non sapeva ancora niente, e sarebbe stato doveroso informarla che il fidanzamento era rotto e che avrebbe fatto meglio a dire “ciao ciao” ad Akane.

Avrebbe dovuto ripercorrere tutta la vicenda, e le avrebbe spezzato il cuore con quella storia, ma pazienza.











NDA

Mi scuso infinitamente per aver aggiornato soltanto adesso, e con un capitolo così corto, spero solo che riesca a fare qualcos'altro nelle tempistiche umane. A presto, spero.

   
 
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