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Autore: Napee    07/04/2019    3 recensioni
[CheelaixBroly] [ambientata dopo il film]
***
Broly era gentile dopotutto. Era soltanto stato contaminato dalla cattiveria e da una guerra che neppure lo riguardava.
Broly era una vittima. Non riusciva a vederlo in altro modo.
Una bestia cresciuta nella guerra e nella violenza che si era dovuta adeguare all’ambiente che la circondava per poter sopravvivere.
Era puro, genuino, buono. Non le avrebbe mai fatto del male.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Broly, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 •        Scars

 




La luce stava ormai tramontando su Vampa e la tipica tempesta notturna stava già iniziando a spirare.
La polvere s’innalzava prepotente da quel terreno sterile e angusto, offuscando la vista degli scorci scoscesi che delineavano il panorama.
Cheelai si strinse nelle spalle e sistemò il giaccone che Goku le aveva portato dalla Terra, in modo che le coprisse il collo. Tirò su il cappuccio sulla testa e sperò che i brividi che le correvano lungo la schiena cessassero di torturarla.
Raccolse le gambe al petto e si accucciò maggiormente. Forse, se si fosse fatta un po’ più piccola, avrebbe sofferto meno il freddo di quel pianeta inospitale quanto bizzarro.
Non sarebbe mai riuscita a capire niente di quel posto dimenticato dagli Dei! Non esistevano stagioni, solo una luna enorme e vicinissima scatenava quelle bufere notturne che facevano scendere a picco la temperatura.
Di giorno, caldo e afoso, di notte, gelido e ventoso.
Un’atmosfera strana, certamente, e Cheelai non si stupì quando constatò che effettivamente quel luogo era inabitato.
Solo qualche scarafaggio bazzicava quelle lande desolate e le loro dimensioni erano le più svariate.
Poi c’era quell’essere che Broly aveva chiamato Bha.
Un mostro di pelo gigantesco che viveva nelle viscere del pianeta.
Gli era capitato qualche volta di vederlo e ne era rimasta completamente terrorizzata. Con un solo morso l’avrebbe divorata senza dubbio e poi avrebbe sputato le sue ossa.
Era così paralizzata dal terrore di quella bestia che c’era voluto l’intervento di Broly che, con una velocità sovrumana, l’aveva presa e portata in salvo un attimo prima che quelle fauci enormi si chiudessero su di lei.
Era stata una delle tante volte in cui l’aveva salvata da morte certa in verità. Non conosceva quel posto o le orribili insidie che nascondeva e, più di una volta, si era ritrovata ad urlare il suo nome in preda al panico.
Vivere lì era un problema. Il cibo e l’acqua erano problemi grosso, ma fortunatamente Goku aveva apportato delle soluzioni provvidenziali.
Aveva teletrasportato con sé una donna che non la finiva un secondo di parlare ed un sacco di marchingegno stranissimi.
Non aveva la minima idea di cosa fossero o a cosa potessero servire, però, alla fine, quella donna aveva trasformato la loro grotta in un intricato garbuglio di tubi, fili e grandi macchine.
Era entrata con diffidenza, Cheelai, guardandosi intorno intimorita da tutta quella tecnologia a lei sconosciuta.
La donna aveva iniziato ad investirla letteralmente con un fiume di parole e spiegazioni delle quali, Cheelai, non aveva ben compreso tutto.
L’essenziale però lo aveva colto in pieno: quella donna aveva portato un generatore per la corrente che si autoalimentava con le tempeste notturne ed uno strano arnese che trasformava l’aria in acqua potabile.
E per di più non aveva preteso niente in cambio!
Non avrebbe mai finito di ringraziarla abbastanza. Non le era mai capitata una cosa del genere… nessuno era mai stato così generoso con lei.
Nell’universo, nessuno dava senza ricevere in cambio niente. E quella donna aveva donato loro così tanto che non riusciva neppure a crederci che non avesse preteso un pagamento di qualsiasi tipo.
Aveva reso quel pianeta inospitale, finalmente vivibile. E con le scorte di cibo che le aveva regalato, sarebbero andati avanti per anni interi.
In più, ogni volta che Goku tornava per allenarsi, portava loro sempre qualche specialità del suo pianeta dalle dimensioni colossali che durava loro sempre almeno una settimana.
Non avevano neppure bisogno di dilazionare il cibo. Ogni tanto Broly portava a casa uno di quegli scarafaggioni dal sapore orripilante, ma, grazie a degli strani ingredienti della terra, erano riusciti ad aggiustare il sapore e renderlo quantomeno accettabile.
In fondo, la vita in quel posto non si era rivelata tanto male.
Sicuramente meglio di come si era prefissata inizialmente.
Cheelai si rannicchiò maggiormente su sé stessa. Il freddo della notte le sferzava le gambe con violenza.
Si diede della stupida per non essersi portata altro oltre al giaccone.
Goku e Broly erano ancora a combattere chissà dove e lei era la stupida che aveva deciso di aspettarli.
Non aveva neppure idea di come tornare alla grotta… non conosceva ancora bene il pianeta e, onde evitare di distruggere la loro casa, Goku aveva sempre la premura di allontanarsi molto dalla grotta.
Si diede mentalmente dell’idiota. Si era voluta cacciare in quella situazione per forza.
Goku le aveva detto che non occorreva che li seguisse, tanto non sarebbe successo niente di male.
Ma lei non ne era convinta. Certo, si fidava di Goku e della sua parola, ma aveva visto quello di cui erano capaci sulla Terra.
Aveva visto quanto la potenza di quei Saiyan era devastante e voleva assicurarsi che Broly stesse bene.
Aveva provato alcune volte ad aspettare che tornasse a casa, ma il suo cuore era in continua agitazione e, quando poi si trovava a medicargli le ferite, non riusciva mai a non chiedersi come se le fosse fatte.
Su quel corpo enorme pieno di muscoli, c’erano troppe cicatrici. Molte di più di quante non ne volesse vedere. Broly era una persona buona e pura, era stato piegato all’arte della guerra da suo padre e parte di quei segni erano solo colpa sua.
Come quella sul collo. Quella se l’era procurata grazie al collare che suo padre gli aveva imposto e con tutte le scariche elettriche che aveva preso.
Al sol ripensarci, le tremavano i pugni di rabbia.
Spesso si domandava come sarebbe stato Broly se suo padre non l’avesse piegato alla guerra.
Si chiedeva come sarebbe sbocciato il suo animo nobile se la violenza non l’avesse corrotto fin da bambino.
Perché Broly era gentile e buono. Lei riusciva a vederlo ogni giorno, in quei piccoli gesti grossolani e grezzi, ma pur sempre gentili che le rivolgeva.
Si sentì sollevare da due braccia forti e muscolose. Alzò lo sguardo tranquilla, sicura di incontrare gli occhi di Broly come ogni giorno.
E così fu. Erano velati di preoccupazione ed una smorfia seria gli disegnava le labbra carnose in una linea dritta.
“Che succede?” Chiese lei allarmata facendo per guardarsi intorno.
“Sei ancora qui fuori.” Rispose a denti stretti il Saiyan, stringendola al petto per proteggerla dalla tempesta.
“Ti aspettavo.” Confessò lei stringendogli le braccia al collo.
La sua guancia incontrò presto l’epidermide ingiuriata. Quella cicatrice che le straziava il cuore. Inconsciamente ci depositò un bacio leggero.
“Lo sai che mi preoccupo quando vai ad allenarti con Goku.”
“Non dovresti.” Rispose lapidario prima di alzarsi in volo diretto verso la loro grotta.
Cheelai si accoccolò meglio fra le sue forti braccia e lasciò che il Saiyan la portasse fino a casa volando.
La sua mente vagò pigramente agli ultimi ricordi che aveva collezionato con lui in quei mesi di convivenza.


Ricordava ancora di come fosse estremamente schivo e diffidente nei suoi confronti. A tratti pareva brusco e violento, ma lei sapeva che in realtà non era così. Broly non sapeva semplicemente relazionarsi.
Ricordava ancora quella volta che andarono insieme a caccia di scarafaggi per la cena.
Lei, armata di pistola laser, scout e agguerrita come non mai. Lui, a mani nude che la studiava incuriosito.
Quando avevano trovato finalmente uno scarafaggio bello grosso, Cheelai si era fatta avanti iniziando a sparargli contro a tutto spiano. Solo quando il polverone si fu calmato, si era accorta che l’esoscheletro dell’animale era resistente ed impenetrabile.
Presa dal panico, aveva indietreggiato spaventata fino a che non aveva toccato una roccia altissima e frastagliata con la schiena.
Era in trappola, lo scarafaggio l’aveva costretta in un angolo, sarebbe morta certamente se non fosse stato per Broly che, con una naturalezza disarmante, era piombato sulla bestia e gli aveva tagliato la testa di netto con una sola mano.
Cheelai lo aveva guardato con occhi sgranati dallo stupore, ma colmi di gratitudine per averle salvato la vita.
Le gambe tremanti dell’aliena cedettero improvvisamente sotto al peso di quel pericolo alla quale si era esposta deliberatamente da sola.
Che poi, chissà per quale strano motivo lo aveva fatto?! Era sempre stata una brava guardia. Analitica al punto giusto e scaltra abbastanza da evitare la maggior parte degli scontri perché consapevole della propria stazza non certamente imponente o minacciosa.
Eppure, quel giorno, aveva avvistato la preda e aveva deciso di attaccare subito senza pensarci due volte.
Forse era per via della sua preda che, nonostante la corporatura, non riteneva un essere poi così minaccioso.
O almeno, questo era quello che voleva raccontarsi.
La realtà era più stupidamente folle di quanto volesse realmente ammettere.
Scosse la testa e ricacciò quei pensieri scomodi in una parte marginale del suo cervello.
Broly le tese una mano per aiutarla ad alzarsi e lei l’accettò con piacere.
Il Saiyan aveva mani grandi e forti. Le davano un senso di sicurezza appagante e totalizzante.
Era certa che quelle mani l’avrebbero salvata sempre nonostante il pericolo che stesse correndo.
E forse era proprio quella la fonte del motivo per cui aveva attaccato la bestia senza pensarci due volte.
Lei non voleva essere salvata.
Non riusciva proprio a specchiarsi nella classica donzella in difficoltà bisognosa dell’omaccione muscoloso che accorresse in suo soccorso.
Lei era forte abbastanza da cavarsela da sola, da rialzarsi con le proprie gambe. Era abbastanza intelligente da poter competere con chiunque… allora perché quando c’era Broly di mezzo, si comportava sempre come una scema alle prime armi?
Aveva fatto un sacco di errori da pivellina piombando addosso allo scarafaggio e scaricandogli il caricatore addosso senza neppure constatare se gli stesse realmente creando danno o meno.
Il tutto, solamente per dimostrare qualcosa a sé stessa o forse a Broly stesso, ma ottenendo esattamente il risultato opposto.
Si sentiva così stupida in quel momento, mentre tornavano verso la loro grotta e Broly trasportava con una mano sola, senza alcuna fatica, la loro mastodontica preda. 
Lemo li attendeva sulla soglia, armato con i nuovi prototipi dei pugnali ricavati dall’esoscheletro delle loro prede precedenti.
Li salutò con la mano e, quando Broly poggiò la carcassa a terra, Lemo ci si avventò sopra bramoso di testare I suoi nuovi giocattolini.
Cheelai si offrì di aiutarlo e, proprio in quel momento, Goku si materializzò per allenarsi un po’ con Broly.
Quando i due Saiyan furono lontani, finalmente Lemo azzardò facendo la domanda che più Cheelai temeva.
“Dunque come vanno le cose con Broly?” Chiese fintamente innocente sfoggiando un sorrisetto compiaciuto tipico di chi la sapeva lunga.
“B-bene!” Si affrettò a rispondere lei, tradendosi da sola.
“Quindi state insieme?”
“C-cosa?! No!” Gracchiò presa alla sprovvista. “Siamo solo buoni amici.” Aggiunse dopo con un tono più calmo, convinta di aver dissipato ogni dubbio.
Lemo sorrise divertito. Le aveva appena dato la conferma del contrario, soprattutto per via di quelle guance rossissime che si ostinava a voler nascondere.
“Capisco… peccato però, perché sareste una bella coppia e lui si vede lontano un miglio che ha una cotta per te.” Gettò l’amo conscio del fatto che il pesce non avrebbe certo tardato ad abboccate.
Continuò a studiarla di nascosto mentre affettava e tranciava la carne giallognola e molliccia dello scarafaggio.
Cheelai era arrossita ancora di più se possibile, non riusciva ad alzare lo sguardo dai suoi piedi e andava torturandosi le dita incessantemente.
Se quella non era la rappresentazione di una lotta interiore perfetta, Lemo non sapeva cosa fosse.
“D-da cosa lo avresti capito?” Lemo sorrise. Il pesce aveva abboccato.
Interruppe il suo lavoro meticoloso e si voltò verso di lei, poggiando il corpo all’esoscheletro della carcassa.
“Il fatto che una persona analitica come te non abbia notato tutti i segnali, mi fa pensare che anche tu devi essere cotta a puntino.”
Cheelai accusò la frecciata diretta di Lemo e distolse lo sguardo colpevole.
“Sì, mi piace… e non poco!” Confessò infine sbuffando e mettendo le braccia sui fianchi con fare innervosito.
“Il problema è che non mi piaccio io quando sono con lui…” confessò tristemente sedendosi per terra a gambe incrociate.
Controllò che Broly fosse ormai lontano e non a portata d’orecchio ed infine, con un pesante sospiro, prese il coraggio a quattro mani e si aprì con Lemo.
“Mi rendo conto che il mio comportamento cambia radicalmente… insomma, lo hai notato anche tu, no?”
“Sì…”
“Appunto! Non sopporto questa versione di me così stupida!”
Lemo ascoltò attentamente le lamentele dell’amica e si grattò il mento pensando al suo problema.
Ammesso e concesso che fosse un problema.
Broly e Cheelai si conoscevano da veramente troppo poco tempo e il Saiyan non era affatto un esemplare che socializzava come niente.
Anzi, ci era voluto molto tempo e una certa quanto spiccata dote da osservatore per riuscire a cogliere quelle lievi ed impercettibili sfumature di cambiamento del Saiyan nei confronti dell’aliena.
Era sempre rozzo e sgraziato, ma a lei riservava sempre una cura e un’attenzione che non gli aveva mai visto prima.
Lemo vedeva tutto l’impegno e la buona volontà che Broly impiegava nel rapportarsi con lei.
Con lui, nonostante fossero amici, a stento gli rispondeva, mentre Cheelai riusciva quasi a stabilirci una conversazione cavandogli dalla bocca qualche monosillabo.
Per non parlare di quando toccava a Broly fare le parti del cibo e aveva sempre la premura di mettere nel piatto di Cheelai quei frutti rossi con i semi che le piacevano tanto.
Come avesse fatto Cheelai a non notare certi particolari, per lui restava un vero mistero. Più o meno, in realtà. Aveva capito da solo, ancor prima che l’amica glielo confessasse, che anche lei ricambiava i sentimenti del Saiyan e sicuramente quel suo modo di comportarsi, così diverso dal solito, era dovuto unicamente alla presenza di Broly.
Ma che poteva farci dopotutto?
Era normale che si comportasse diversamente, che facesse errori grossolani, che fosse più superficiale e che non riuscisse a notare quei particolari che, a mente lucida e cuore non palpitante, avrebbe notato sicuramente.
“Forse dovresti darti solo del tempo…” decretò infine ricevendo come risposta soltanto uno sguardo scettico.
“Non guardarmi così, dico seriamente! Forse è solo questione di tempo e poi tornerai la solita di sempre!”
“Spero che sia come dici… oggi stavo per rimetterci le penne con quell’affare!” Concluse infine indicando la carcassa della preda dietro Lemo.
Con un sorriso di ringraziamento, si alzò in piedi e si congedò lasciandolo al suo lavoro.
Si diresse nella sua capsula e, con la testa fra le nuvole, andò in bagno per farsi una doccia.
Forse Lemo aveva ragione. Forse si stava solo incasinando la vita inutilmente.
Non aveva notato il comportamento che Lemo diceva in Broly, ma che senso aveva mentirle su una questione tanto delicata?
Lemo era suo amico, non le avrebbe fatto mai del male, in nessun modo.
Ripensò alla loro caccia, al comportamento del Saiyan nei suoi confronti, ma non vi trovò nessuno dei segnali eclatanti che Lemo gli aveva detto.
Forse quando gli aveva teso la mano per aiutarla a rimettersi in piedi?
Ma no! Quello era solo un gesto gentile!
E Broly era gentile dopotutto. Era soltanto stato contaminato dalla cattiveria e da una guerra che neppure lo riguardava.
Broly era una vittima. Non riusciva a vederlo in altro modo.
Una bestia cresciuta nella guerra e nella violenza che si era dovuta adeguare all’ambiente che la circondava per poter sopravvivere.
Era puro, genuino, buono. Non le avrebbe mai fatto del male.
Anche quella volta sulla navicella di Freezer, quando quel balordo voleva molestarla. Broly non aveva esitato un secondo, nonostante le rimostranze del padre, e l’aveva affrontato per lei.
Nessun altro aveva battuto ciglio. Solo Broly le era corso in aiuto.
Non che lei non fosse in grado di rimettere al suo posto quel bruto. A parole era stata brava, ma fisicamente cosa poteva contro quella montagna di muscoli?
Lei non era una guerriera. Non una di quelle tutte muscoli e niente cervello almeno.
Lei era una stratega nata. Usava il cervello per vincere le battaglie e le sfide che il destino le metteva sulla strada.
E forse Broly questo lo aveva capito.
Sotto al getto caldo della doccia, mentre la schiuma le scivolava via dal corpo e dai capelli, Cheelai spalancò gli occhi colta da un’improvvisa rivelazione.
Broly si era accorto della sua intelligenza.
Ripensò nuovamente a quella caccia. Il Saiyan l’aveva lasciata fare guardandole le spalle per tutto il tempo, si era prestato assecondandola nonostante lei stesse sbagliando deliberatamente e nonostante il fatto che a lui sarebbe bastato mezzo secondo per far fuori uno scarafaggio e portarlo alla grotta.
Una domanda però continuava a lampeggiare nella sua testa: perché?
Era stato solo per darle un po’ di importanza?
O forse solo per assecondarla?
D’altro canto, lei non si era premurata affatto di sentire se lui avesse un’idea o meno. Lo aveva considerato solo come un accompagnatore e nulla di più solamente per voler dimostrare che sapeva cavarsela anche da sola.
Che immensa stupidata!
Aveva un’arma di distruzione di massa con sé e non aveva nemmeno lontanamente pensato di chiedergli aiuto. Al contrario, aveva svuotato un caricatore contro quell’animale per nulla.
Un’altra Cheelai, più analitica (e con le funzioni celebrali attive) avrebbe chiesto a Broly di aiutarla e non di accompagnarla per esempio.
Un’altra Cheelai avrebbe focalizzato l’obbiettivo della missione ed avrebbe usato ogni mezzo per raggiungerlo.
L’obbiettivo era portare a casa una preda e non dimostrare qualcosa a qualcuno.
Si sentiva così sciocca e stupida…
Non le piaceva la nuova sé stessa quando c’era Broly.
Non le piaceva una Cheelai che non riuscisse a cavarsela da sola solo perché c’era nei dintorni un Saiyan belloccio.
Uscì dalla doccia e di asciugò il corpo e i corti capelli.
Entrò nella sua camera e indossò una felpona scura che le arrivava fino alle ginocchia.
Goku l’aveva portata per Broly non appena aveva saputo che Vampa erano frequenti le tempeste di notte. Peccato che Broly fosse sempre accaldato anche quando la temperatura scendeva di svariati gradi.
Aveva provato qualche volta ad indossarla, Broly, ma finiva sempre con il togliersela più velocemente possibile perché insopportabile.
Cheelai l’aveva riciclata come suo personalissimo pigiama.
Aveva aggiustato le maniche infinitamente lunghe e sistemato l’orlo. Le stava da schifo.
Si vedeva lontano un miglio che fosse fuori taglia, ma per dormire era l’ideale.
Sentì Lemo che la chiamava a gran voce da fuori. Si affacciò dalla porta e vide Broly che portava dentro alla sua capsula un quantitativo mastodontico di carne.
“Ho finito con la carne, vado a farmi una doccia!” L’avvisò Lemo mentre si dirigeva a grandi falcate verso la sua capsula.
“Intanto vai ad aiutare Broly a cucinare! Stasera ceniamo da lui!” E così dicendo si chiuse la porta alle spalle.
Cheelai imprecò mentalmente fra sé e sé e si voltò verso Broly che la scrutava con insistenza senza proferire parola.
Perfetto. Confusa com’era, non c’era momento peggiore per restare da sola con lui.
“Ti lascio la porta aperta.” L’aveva informata lui, trasportando dentro la carne con uno sbuffo un po’ scocciato.
Almeno, questo era quello che le era sembrato.
Corrugò le sopracciglia confusa. Che diamine aveva quel Saiyan? Non ci avrebbe capito mai nulla di lui, del suo comportamento e di tutti quei segnali di cui parlava Lemo.
Sbuffò anche lei scocciata e si avviò verso la sua capsula.
Broly stava separando le porzioni di carne con il coltello di Lemo e le dava le spalle. Non si era neppure disturbato a voltarsi per lei.
Cheelai lo raggiunse ed iniziò ad aiutarlo nella mansione.
“Hai smesso di smembrare la carne con le mani?” Aveva notato curiosamente. Tenere a freno la lingua non era esattamente il suo forte.
Broly le scrutò silenzioso continuando il suo lavoro.
“Usa i condimenti mentre io divido le porzioni.”
“Hey, guarda che ti ho fatto una domanda!” Non aveva resistito, Cheelai, era esplosa subito in una domanda tagliente e mirata ad innervosire il Saiyan.
Era stanca, tremendamente stanca… non le piaceva essere presa in giro e sentiva di essere un passo indietro a tutti.
“Ti lamentasti dicendo che ti faceva senso.” Rispose Broly con calma, sviando lo sguardo da lei e portandolo di nuovo sul trancio di carne dinanzi a lui.
Cheelai sbatté gli occhi stupita e confusa allo stesso tempo.
Che fosse uno dei mille segnali che Lemo diceva?
“S-sì… ma non occorreva che tu cambiassi…” gracchiò a disagio. Genuinamente a disagio per la prima volta in sua presenza.
Non sapeva bene che fare, cosa dire o semplicemente come muoversi in quel momento.
Si sentiva persa, sentiva la sua intelligenza completamente superflua e inutile in quel momento.
E il rossore eclatante che sentiva salirgli sulle guance non aiutava affatto!
Distolse lo sguardo e si dedicò alle spezie con assidua meticolosità, centellinando le dosi unicamente per sentirsi occupata.
Perché era cambiato?
Era stata una di quelle premure che Lemo diceva?
Sentiva di sì, il suo cuore in subbuglio gli suggeriva quello.
Ma quindi Broly teneva a lei?
Nel modo in cui lei teneva a lui?
E se fosse stato solo un cambiamento per amicizia?
Magari si stava solo illudendo e basta…
Un Saiyan forte e potente che si interessa ad una cervellotica aliena saccente? Suvvia, un bel racconto per i bambini!
“Per te va bene.” Rispose Broly dopo attimi interminabili di silenzio.
Cheelai si voltò a guardarlo confusa. Aveva perso il filo del discorso, ma quelle sole parole decontestualizzate gli avevano fatto venire le palpitazioni.
“Cambiare, intendo.” Specificò Broly vedendola assente e in silenzio.
Cheelai annuì e gli regalò un sorriso tirato prima di tornare a dedicarsi alle spezie.
Avrebbe dovuto dire qualcosa?
Ovvio che avrebbe dovuto almeno spiccicare mezza frase, ma perché dalla sua bocca non usciva niente?
Si sentiva così stupida in quel momento che avrebbe preferito tramortirsi piuttosto che continuare così.
Quello era indubbiamente uno dei cambiamenti di cui parlava Lemo. Broly le aveva appena detto che era cambiato per lei, solo per lei.
Il suo core martellava furioso contro la cassa toracica al solo ripensarci.
Possibile che lei piacesse a Broly?
Come lui piaceva a lei?
Portò una mano alle labbra e si mordicchiò l’unghia del pollice confusa.
Solo dopo, quando il fuoco piccante delle spezie divampò nella sua bocca, si rese conto dell’immensa stupidaggine che aveva appena fatto.
Imprecò a mezze labbra ed iniziò a lacrimare furiosamente.
Broly si voltò verso di lei confuso e sgranò gli occhi vedendola in quello stato.
Che si fosse ferita?
Come aveva fatto a farsi male?
Mille domande si affacciarono nella sua mente. Non sapeva che fare né come farlo.
Cheelai seguitava a lacrimare senza sosta con la lingua fuori dalla bocca e agitarsi come un’ossessa alla ricerca di qualcosa che lui proprio non riusciva a capire cosa.
Le si avvicinò frontalmente, l’acciuffò delicato per le spalle e, quando fu finalmente ferma, le asciugò le lacrime con le mani.
“Che succede?”
“Acqua!” Berciò lei bruscamente riprendendo ad agitarsi senza sosta.
Broly aprì il frigo agitato spaccando l’anta dai cardini e le passò una bottiglia a caso.
Cheelai ci si avventò sopra furiosamente e ne tracannò il contenuto in pochi secondi.
“Ma che avevi?” Chiese Broly divertito, ridacchiando sommessamente fra sé e sé.
“Ho mangiato per sbaglio del peperoncino…” Confessò lei mortificata dalla vergogna.
Poteva esistere momento peggiore? Probabilmente no.
Si diede mentalmente dell’idiota. La sua stupidità in presenza di Broly stava raggiungendo vette altissime e ottimi risultati.
“È per questo che sei così rossa?” Chiese lui innocentemente e Cheelai non poté che annuire. Meglio fargli credere una cosa de genere piuttosto che la verità!
Broly le si avvicinò con calma e posò le mani fredde sulle sue guance.
“C-che stai-…”
“Non stai meglio con le mie mani fredde sul viso?”
Cheelai arrossì ancora e gettò gli occhi innamorati in quelli del Saiyan dinanzi a lei.
Come potevano mani così delicate, portare la morte ovunque lui andasse?
Come poteva distruggere ogni cosa, un essere che la guardava con quegli occhi come se fosse la cosa più preziosa che avesse mai visto?
All’improvviso, le parole di Lemo avevano un senso. Quei cambiamenti li vedeva anche lei.
Non seppe dove trovò il coraggio o l’audacia per compiere quel gesto così intimo.
Non osò mai domandarselo in verità.
Ma quando chiuse gli occhi e si alzò sulle punte dei piedi tendendo le lebbra e queste trovarono presto quelle di Broly.
Sentì il suo cuore sfarfallare impazzito nel petto e capì che aveva soltanto passato la giornata ad interrogarsi su una domanda di cui aveva la risposta proprio sotto al naso.


Ricordava anche la prima volta che aveva visto davvero il segno che suo padre aveva lasciato su di lui.
Era una sera come un’altra, soltanto il rumore del vento tempestoso che spirava fuori dalla grotta riempiva il silenzio della notte.
Dopo la cena, Lemo si era ritirato nella sua capsula relativamente presto. Prima del solito.
Cheelai non ci aveva fatto troppo caso e, mentre lavava le ultime stoviglie rimaste, Broly aveva rassettato la stanza ed era salito in quella che era divenuta da poco la loro camera.
Era incredibile come fossero evolute velocemente le cose fra loro. Non c’era stato bisogno di parole o confessioni strappalacrime. Entrambi non erano tipi da struggenti parole d’amore.
I fatti contavano molto di più.
Da quando Broly l’aveva baciata, c’era voluto davvero poco tempo prima che iniziassero a passare più tempo possibile insieme.
Lemo era diventato il loro più grande sostenitore e non gli pesava affatto lasciargli soli per pomeriggi interi o indossare i tappi alle orecchie di notte.
“Perché in questa grotta i rumori sono amplificati!” Aveva spiegato esausto una mattina lamentandosi e provocando un diffuso rossore sulle guance della ragazza.
Broly aveva sorriso vagamente soddisfatto di quel commento.
E probabilmente quella sera non era diversa. Lemo aveva deciso di ritirarsi prima del previsto per lasciarli soli dato che ultimamente le visite di Goku erano raddoppiate e Broly spariva dalla mattina alla sera, rientrando in casa quando lei già dormiva.
In effetti, ora che ci pensava, Cheelai a stento ricordava l’ultima volta che lei e Broly avevano passato del tempo insieme. Solo loro due, senza interruzioni di sorta.
Lanciò lo strofinaccio ed il piatto che stava asciugando nel lavello e si precipitò in camera decisa a raggiungere il suo Saiyan.
Quella era la loro occasione per passare un po’ di tempo assieme e, cascasse Vampa, non se la sarebbe fatta scappare! Al diavolo le stoviglie, ci avrebbe pensato il giorno dopo!
Entrò nella camera come una furia, spalancando la porta e cercandolo avida con lo sguardo.
Broly la guardò incuriosito mentre si sfilava la parte superiore dell’armatura.
“Cosa?” Chiese lui corrugando le sopracciglia confuso.
“Stiamo insieme!” Rispose lei andandogli in contro, convinta di aver fornito le informazioni necessarie al suo ragazzo.
Broly l’accolse fra le sue braccia senza discutere. Non capiva cosa fosse appena preso a Cheelai, né tantomeno perché fosse piombata in camera come una furia, ma se poteva stringerla un po’ fra le braccia, gli andava bene anche non sapere cosa muovesse il suo comportamento strampalato.
Lasciò che lei gli passasse le braccia intorno al collo e allora la sollevò senza fatica trasportandola verso il letto.
Le loro bocche s’incontrarono in una danza vorace e umida che lasciò entrambi senza fiato.
Il profumo della sua pelle era inebriante, la morbidezza e il calore che quel piccolo e verde corpicino gli trasmetteva, lo lasciava ogni volta senza fiato.
Cheelai… la sua Cheelai…
L’unica persona nell’universo che lo aveva amato quando era un mostro incontrollabile.
L’unica persona nell’universo che aveva visto del buono in lui.
L’unica persona nell’universo che gli sarebbe stata sempre accanto.
I vestiti vennero abbandonati blandamente a terra.
I sospiri ansanti si mescolarono fra loro in un tripudio di gemiti e parole d’amore.

La stanza era avvolta nell’oscurità. I capelli di Broly sparsi sul cuscino gli incorniciavano il viso come un’aureola.
Era bello come un Dio…
Cheelai sorrise a quel pensiero: Broly era il suo personalissimo Dio della guerra. Letale e bellissimo.
Distesa sul sul petto di marmo, contemplava la vastità del buio imperscrutabile dei suoi occhi, mentre il Saiyan le carezzava blandamente la schiena nuda.
Solo le lenzuola coprivano i loro corpi stanchi dagli occhi indiscreti del resto de mondo.
Le iridi della ragazza si spostarono sulla sua guancia bronzea, dove una cicatrice spessa e profonda gli segnava la pelle.
Allungò la mano e la carezzò dolcemente per tutta la lunghezza, seguendone il percorso con la punta delle dita.
Broly le prese la mano e spinse il viso sul palmo verde della ragazza. Le baciò il polso e le rivolse un sorriso sereno.
“Il tuo corpo è pieno di cicatrici.” Constatò lei spostando lo sguardo sull’epidermide del Saiyan e trovando sempre nuovi segni.
“Combatto, Cheelai.” Rispose lui con semplicità. In effetti era ovvio che quel corpo fortissimo portasse le cicatrici di una vita di battaglie.
Una vita che forse non aveva desiderato. Una vita alla quale era stato costretto…
La giovane scosse la testa e avvicinò le labbra alle sue.
Le dispiaceva per lui. Le dispiaceva per quella vita che gli aveva imposto la sua razza guerriera.
“Lo so…” bisbigliò piano in risposta poggiando la fronte contro quella dell’amato.
Le loro mani iniziarono a scivolare leggiadre sui loro corpi.
Broly invertì le loro posizioni e la sovrastò divorandola di baci.
Sì, lui combatteva. Sempre.
Le labbra di Cheelai scesero sul collo del guerriero ed incontrarono il freddo metallo del suo collare.
Un moto di nausea la costrinse a desistere ed interrompere quel momento d’intimità.
“Fermo! Fermo!” Sbraitò senza fiato. Le lacrime già le pizzicavano gli occhi.
Broly si ritrasse allarmato issandosi sulle ginocchia.
“Che succede?”
“Il collare!” Spiegò lei in preda al panico.
Aveva completamente dimenticato il collare che suo padre gli aveva imposto con forza. Il segno del controllo sulla sua vita.
Il simbolo della sua sottomissione.
Come poteva averlo dimenticato? Si sentiva immensamente meschina in quel momento. Perché non glielo aveva ancora tolto?
Perché Broly non se l’era ancora strappato via?
“Cosa?... che ha?” Chiese ancora lui più confuso, cercando di guardarsi il collo muscoloso e imponente.
“È ancora al suo posto…” rispose lei abbracciandosi il busto e coprendo i seni prosperosi agli occhi del Saiyan.
Si sentiva inspiegabilmente a disagio sotto allo sguardo di quegli occhi che l’avevano ammirata un numero incalcolabile di volte.
Sentiva di aver parlato troppo, come se quel collare segnasse una traccia invisibile. Un argomento scomodo, un tabù che entrambi non avevano mai affrontato.
Suo padre era questo in effetti. Da quando erano tornati su Vampa, non avevano mai parlato di lui e Broly non aveva mai versato una lacrima per la sua morte.
“Perché non lo hai tolto?” Bisbigliò quella domanda a disagio.
“Non posso.” Rispose semplicemente lui, carezzando il metallo tiepido che gli adornava il collo.
“È agganciato direttamente alla mia colonna vertebrale e non posso toglierlo da solo senza morire.”
Cheelai rabbrividì udendo quelle parole ed il senso di nausea s’intensificò.
Quale genitore avrebbe mai fatto una cosa del genere al figlio?
“S-stai dicendo che…” le tremava la voce. Tremava tutto il suo corpo.
Provò a cercare un po’ di fermezza schiarendosela, ma il terrore della sua deduzione la faceva stare male.
“N-non puoi toglierla s-senza… spezzarti-…”
“L’osso del collo. Sì.” Concluse per lei il Saiyan scrutandola con sospetto.
“Cheelai, cos-…” non riuscì a terminare la domanda che la vide correre verso il bagno con una mano premuta sulle labbra e l’altra a tenersi lo stomaco scosso dai crampi.
Cheelai vomitò tutta la cena che avevano consumato nel water. Le piastrelle gelide le ghiacciarono le gambe ed il freddo che sentiva sia dentro che fuori, le riempì la schiena di brividi.
Broly la raggiunse con una coperta e si sedette al suo fianco, sorreggendole la testa ogni volta che i conati scuotevano il suo piccolo corpicino.
“G-grazie…” arrancò lei balbettando.
Il Saiyan la strinse a sé sistemandole la coperta sulle spalle ed avvolgendoci il suo corpicino verde.
Era gelida fra le sue braccia. I brividi la scuotevano nel profondo e la stanchezza le impediva di tenere gli occhi aperti.
La sua Cheelai…
Sentì il peso di quel collare in quel momento esatto.
Se la sola presenza di quello strumento (ormai ridotto a mero ornamento) la faceva stare così male, allora non aveva motivo di tenerlo ancora con sé.
Era una decisione facile da prendere. Se Cheelai stava male vedendolo, lui se ne sarebbe sbarazzato senza pensarci due volte.
Non appena percepì il respiro della sua amata farsi più regolare, la portò a letto e la coprì con cura.
Si vestì alla svelta, depositò un bacio fra i suoi capelli candidi ed uscì dalla loro capsula.

Il mattino seguente, Cheelai aprì gli occhi confusa e frastornata.
Non aveva riposato affatto bene e, nonostante lo stomaco vuoto, sentiva ancora la nausea sconvolgerle le viscere.
Acciuffò la felpa scura che era stata di Broly e se la infilò alla veloce.
Le gambe le tremavano malferme. Si sentiva incredibilmente debole quella mattina, come se il sonno di tutta quella notte non l’avesse nemmeno sfiorata.
Raggiunse la cucina e guardò la dispensa piena di cibo con un senso di pienezza immotivata.
Avrebbe fatto meglio a mangiare qualcosa, ma il solo pensiero di mettere cibo sotto ai denti le faceva attorcigliare lo stomaco ancora di più.
Richiuse il pensile con un gesto annoiato del braccio e andò a farsi una doccia veloce.
Si vestì comodamente ed uscì alla ricerca di Broly e Lemo.
Non si sentiva in forma come ogni giorno e aveva tutta l’intenzione di starsene nella grotta con Lemo a vederlo mentre cercava di ricavare armi impossibili dagli esoscheletri degli scarafaggi.
“Lemoooo!” Lo chiamò cantilenando, entrando nella sua capsula senza preavviso.
Apena aprì la porta, i suoi occhi furono calamitati dagli schizzi di sangue dispersi per tutto il pavimento.
Sgranò gli occhi preoccupata e si strinse una mano a schermarsi il naso e la bocca.
La nausea che già sentiva forte e chiara s’intensificò ulteriormente e Cheelai rischiò di vomitare l’anima su quel pavimento.
“Lemo! Broly!” Li chiamò in preda al panico iniziando a girare per la stanza preoccupata.
Il tavolo bianco intonso era divenuto il piano di lavoro di un macellaio.
Fece per entrare in camera spalancando la porta, ma Lemo uscì qualche secondo prima che lei irrompesse all’interno.
“Non urlare, Broly sta riposando.” Spiegò tranquillamente fermandola sulla soglia.
Cheelai notò subito i guanti di Lemo pieni di sangue. Un conato le scosse le membra e la testa iniziò a girarle vorticosamente.
Mille domande le si affacciavano alla mente. Domande orribili che mai avrebbe pensato di porsi e le risposte plausibili la terrorizzavano ancora di più.
“C-cosa è-…”
“Niente di grave, stai tranquilla, Broly sta bene è solo stanco.” La rassicurò il ragazzo sfilandosi frettolosamente i guanti sudici.
“È venuto da me stanotte, ha voluto che gli togliessi il collare elettrico che-…”
“No, Lemo, è collegato alla sua colonna, potrebbe-…”
“Lo so, Cheelai, me lo ha detto.” La interruppe lui con tono pacato e calmo. Poggiò una mano sulla spalla della ragazza e con l’altra estrasse il collare dalla tasca dei suoi pantaloni.
“È andato tutto bene. Non poteva riuscirci da solo senza uccidersi, occorreva che qualcuno gli smontasse l’impianto che aveva nel collo.” Aggiunse infine mostrandole il pezzo incriminato.
Il marchingegno sembrava ispirato alle zampe degli scarafaggi che popolavano Vampa. Sei zampette metalliche grondanti sangue erano disposte come una pinza e si erano aggrappate alle ossa de suo amato per tutto quel tempo.
“Voglio vederlo.” Esordì infine Chellai dopo minuti interminabili di silenzio in cui i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dal collare.
“È in camera mia, ma fai piano e cerca di non svegliarlo…” furono le parole con cui Lemo si congedò lasciandoli soli.
Cheelai entrò nella stanza in punta di piedi. Non le sembrava neppure di camminare. Non riusciva a sentire nemmeno le gambe.
Le parole di Lemo, quel collare fra le sue mani, tutto quel sangue… sentiva il suo corpo completamente svuotato, come se di lei non fosse rimasto altro che l’involucro.
Si avvicinò al letto dopo un tempo che le parve infinito. Ad accoglierla, gli occhi scuri di Broly incorniciati da profonde occhiaie che la fissavano in attesa.
Disteso prono, il Saiyan aveva i capelli legati scompostamente con una crocchia. La sua schiena era piena di sangue secco e rappreso, mentre sul collo svettava una fasciatura bianca sterile macchiata di sangue fresco.
“Sei sveglio…” Constatò lei con un filo di voce, spostando lo sguardo da un posto all’altro della stanza completamente colta dal panico.
“Lemo ha detto che devi riposare.”
“Come posso dormire se tu gridi?” Domandò retorico Broly con un sorrisetto stanco a distendergli le labbra.
Cheelai arrossì leggermente e prese posto al suo fianco, sedendo per terra con le gambe incrociate per poter essere alla sua stessa altezza.
Poggiò la guancia verdastra sul materasso e gli sorrise di rimando.
La nausea e il malessere in generale si erano un po’ acquietati, si sentiva ancora strana e debole, ma la sola presenza di Broly la faceva già sentire meglio.
“Perché te lo sei voluto togliere soltanto adesso?” Chiese Cheelai con tono sommesso.
Portò una mano fra i capelli di Broly ed iniziò a carezzarlo con dolcezza.
“Non mi importava del collare, Cheelai.” Iniziò il Saiyan chiudendo gli occhi e godendosi le carezze con cui la sua amata lo coccolava.
“Non fino a ieri sera, quando ho visto che effetto ti ha fatto vedermelo indosso.”
“Non dovevi farlo per me, ma per te.” Spiegò lei facendosi più vicina e già sentendo le lacrime pungerle gli occhi.
“Per me non significava niente. Tu invece significhi molto e se posso fare qualcosa per farti felice, perché no?!” Aveva risposto Broly, con una semplicità ed una serenità disarmante. Aveva riaperto gli occhi soltanto per poter sbirciare la reazione di lei, per potersi beare del suo sorriso felice e delle sue guance arrossate, ma invece i suoi occhi incontrarono soltanto lacrime salate che rigavano guance verde pallido.
Lacrime di gioia scesero a lungo dai suoi occhi e I singhiozzi riempirono la camera silenziosa per diversi minuti prima che il sonno cogliesse entrambi.


Rientrarono nella grotta che la notte era calata da molto. Il buio avvolgeva gli anfratti più insidiosi della loro casa, mentre i neon ronzanti illuminavano loro il cammino verso la capsula.
Broly la teneva in collo stringendola a sé con premura, avanzando silenzioso verso la soglia.
Lemo si era ritirato da un pezzo e, se tendeva l’orecchio, il Saiyan riusciva a percepire il suo russare ovattato.
“Guarda che posso camminare…” Protestò Cheelai sbadigliando sonoramente prima di accoccolarsi meglio fra le braccia del suo amato.
“Rischieresti di addormentarti camminando.” Rispose lui sprezzante, forse un po’ troppo dato che la sentì irrigidirsi subito.
“Sei arrabbiato?”
“No, non davvero…” rispose Broly sbuffando stancamente.
Sorresse Cheelai con una mano soltanto e con l’altra aprì la porta della capsula.
Una volta entrati, la depositò a terra e lei gli si parò dinnanzi con fare irritato. Mani sui fianchi morbidi e sguardo offeso.
“È perché ho aspettato che finissi con Goku?” Chiese lei a bruciapelo, scrutandolo attentamente.
Il Saiyan sbuffò un sorrisetto sarcastico e la superò dirigendosi verso il frigo.
“Direi più perché sei rimasta fuori con la tempesta.” Rispose Broly aprendo lo sportello e iniziando a togliere dal frigo un quantitativo esuberante di cibo. Depositò ogni portata sul tavolo, prese un piatto anche per Cheelai e si sedette a mangiare.
La ragazza lo imitò, piluccando il cibo controvoglia.
Non aveva fame, non in quel momento. Un vago senso di nausea le occludeva lo stomaco e quel piccolo battibecco che stavano avendo non aiutava affatto a farle venire l’appetito.
“Dovresti mangiare di più.” Constatò Broly squadrandola con sguardo critico.
“Dovresti allenarti di meno con Goku, lo sai che mi fa stare in ansia, non ti sei ancora ripreso de tutto da quando Lemo ti ha tolto il collare.”
“Sto bene, non preoccuparti.” Rispose lui a bocca piena, deglutendo l’ingente boccone prima di continuare.
“E Goku lo sa, ci va piano infatti.”
“Ma io non riesco a non preoccuparmi per te comunque.” Ribatté lei sbuffando, nascondendo malamente una punta di acidità nel suo tono.
Broly la guardò sorridendo con la bocca piena.
Le guance erano arrossate dalla rabbia, i capelli candidi sconvolti dal vento e quell’espressione imbronciata che la faceva sembrare una bambina.
Sperava che loro figlio prendesse quell’espressione tenera da lei.
“Non guardarmi così…” borbottò lei arrossendo, cercando di mantenere la sua espressione arrabbiata comunque.
Perché non riusciva ad essere seria quando lui la guardava con quel suo sorriso innamorato?
“Perché?” Chiese Broly alzandosi dal suo posto per raggiungerla e sedersi accanto a lei.
Con una mano arraffò un altro piatto e ingurgitò altro cibo. Con l’altra mano carezzò dolcemente la pancia tondeggiante di Cheelai.
La ragazza sbuffò un sorriso divertito e poi si accoccolò intorno al braccio muscoloso del Saiyan.
“Volevo fare l’arrabbiata ancora un po’.” Confessò lei prendendo un altro morso dal suo piatto.
“Sono stata male tutto il giorno…”
“Anche io quando ti ho vista poco fa nel bel mezzo della tempesta.” Rispose Broly guardandola di sottecchi. Lei si irrigidì improvvisamente e si ritrasse tornando eretta sulla sedia. Sulle sue labbra comparve un sorrisetto colpevole e birichino che Broly trovò adorabile.
“Ho fatto una stupidaggine… scusa.” Constatò lei guardandolo da sotto in su. Gli si avvicinò lentamente e lo abbracciò forte stringendolo, come poteva, fra le sue braccia.
Broly rispose all’abbraccio e le schioccò un bacio sulla fronte.
Cheelai sapeva far sparire nel nulla ogni minimo segno di rabbia o irritazione. Era il suo dono speciale, forgiato esattamente per lui, come se fossero stati creati per completarsi a vicenda.
Non c’era niente da perdonare. Non ci sarebbe mai stato qualcosa che non fossero in grado di perdonarsi a vicenda.
  
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