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Autore: LadyPalma    12/04/2019    1 recensioni
AU - Modern setting. L'Azor Ahai è il bar dove nascono e si sviluppano tre improbabili storie d'amore, che avranno come filo conduttore un uccellino di legno appeso alla maniglia della porta, calici di vino rosso e una quantità esorbitante di anelli di cipolla.
Pairings: Sansa/Sandor; Melisandre/Davos; Cersei/Qyburn
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Cersei Lannister, Davos Seaworth, Melisandre di Asshai, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Red Onion - Davos/Melisandre'
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OF WOODEN BIRDS, ONION RINGS AND RED WINE


 
1. First meetings

La porta d’ingresso si aprì e il canto meccanico dell’uccellino il legno attaccato alla maniglia interna segnalò l’arrivo del primo cliente della giornata. La giovane Sansa Stark, da dietro il bancone, alzò lo sguardo dalle brioches che stava sistemando per gettare uno sguardo dapprima all’orologio – solo le 7.33 – e poi al nuovo arrivato – un uomo altissimo, dalla muscolatura massiccia. In quel primo istante, la ragazza lo giudicò attraente e dovette ammettere che gli occhiali da sole, l’informale abbigliamento total black e i capelli lunghi e scuri che gli ricadevano sul volto aumentavano la curiosità che quell’uomo le suscitava. “Buongiorno signore!” salutò con il suo solito tono cordiale e allegro.
Ma il sorriso radioso con cui accompagnò le parole si congelò improvvisamente quando l’uomo si tolse gli occhiali e si scostò  un ciuffo di capelli dagli occhi, rilevando un’orrenda cicatrice. Sansa tentò di contenere la sua reazione, ma il suo primo impulso fu di distogliere lo sguardo, peggiorando inevitabilmente la situazione. Tuttavia, l’uomo non sembrò farci caso e con un tono burbero ordinò brevemente un caffè nero da portare via. Sansa annuì e cominciò in silenzio a preparare la bevanda, non osando alzare lo sguardo. Non per il disgusto verso quel volto, ma per la vergogna della propria reazione.
“Quale nome devo scrivere?” chiese, riuscendo a mantenere la sua voce gentile, dopo aver chiuso il bicchiere d’asporto.
“Mastino”
A dispetto delle sue intenzioni, Sansa si scoprì a sorridere e ad alzare di scatto lo sguardo. “Questo non può essere il suo nome!” E dopo l’iniziale atto di guardarlo involontariamente, decise di fissarlo negli occhi, scuri e profondi, come per rimediare alla precedente totale mancanza di tatto.
“Non quello anagrafico, ma tutti mi chiamano in questo modo” replicò lui, senza sorridere ma non sottraendosi al contatto tra i loro occhi. E fu proprio quel legame visivo che in qualche modo lo spinse a proseguire anche quello verbale. “Credo che in fondo ad ogni essere umano si nasconda l’anima di un animale. A me purtroppo è toccata quella di un cagnaccio”
“Non direi purtroppo. I cani sono degli animali splendidi, fedeli e a loro modo affettuosi” dissentì lei, continuando a sorridere. “Però è una teoria interessante… Io che animali sarei, secondo lei?”
Quella domanda colse l’uomo di sorpresa, ma riuscì anche a strappargli un piccolo sorriso. 
“E’ facile. Tu sei un uccelletto. La tua voce cinguetta più di quell’affare alla porta” rispose poi, indicando l’uccellino di legno il cui suono lo aveva accolto nel locale.
Sansa ridacchiò. Quella risposta le piaceva; del resto era stata proprio lei a scegliere quell’uccellino come segnale. Con la coda dell’occhio vide la proprietaria del locale avvicinarsi verso il bancone e quindi, con leggero imbarazzo, scelse di non aggiungere altro, limitandosi a scrivere il nome – o meglio, il soprannome – sul bicchiere, per poi porgerlo all’uomo.
“Arrivederci, signore”
La bevanda che passava di mano in mano e un sorriso che stavolta non era solo pro-forma.
“Non sono un signore”
I soldi posati sul bancone e un rimprovero bonario.
“Allora arrivederci, Mastino”
“Buon lavoro, Uccelletto”
Un lungo sguardo che sembrava contenere davvero la promessa di rivedersi di nuovo e infine la porta che si chiudeva con l’uccellino di legno che riprendeva a cantare.
“Wow, ho forse appena assistito al primo incontro d’amore tra la Bella e la Bestia?”
La voce di Melisandre la fece riscuotere e il sorriso malizioso che le trovò stampato sulla faccia la fece arrossire all’istante.
“Oh, andiamo Sansa, ti sto solo prendendo in giro! E’ comunque molto meglio del tuo ultimo ragazzo… Com’è che si chiamava? Come uno dei giudici di MasterChef, se non sbaglio…”
“Ramsey, Ramsey Bolton” rispose, non potendo evitare il brivido di paura che provò nel solo pronunciare quel nome.
Mentre osservava la sua datrice di lavoro allontanarsi per pulire i tavoli, si ritrovò però a darle ragione. Il Mastino era molto diverso da tutti i ragazzini per cui di solito si prendeva una sbandata – il possessivo Joffrey, il dolce ma poco etero Loras e il violento Ramsey.
Sì, il Mastino era molto diverso e anche molto più affascinante, cicatrici comprese.
Del resto di cicatrici ora ne aveva anche lei.

 
**

All’ingresso, Cersei Lannister riuscì a reprimere uno sbuffo seccato nel sentire lo stupido cinguettare di un uccello che da un paio di settimane turbava, a suo dire, l’atmosfera del suo bar di fiducia. In fila, tentò di nascondere un sorriso divertito vedendo l’ex di suo figlio Joffrey darsi il cambio con la proprietaria al bancone per evitare di servirla. Ma l’unica reazione che le uscì pura ed esplicita fu a pochi passi dalla cassa, quando l’uomo in camice – probabilmente un dottore – che si trovava davanti a lei prese l’ultimo pezzo di red velvet.
“La vuole lei? Gliela lascio volentieri” disse l’uomo in camice, voltandosi verso di lei con un sorriso solo accennato ma estremamente gentile.
Cersei fu inevitabilmente confusa. Sebbene fosse abituata a ricevere le attenzioni degli uomini, nessuno le si era mai rivolto in modo così affabile, senza secondi fini. E specialmente non dopo lo scandalo del suo divorzio con l’ex sindaco della città, Robert Baratheon, che aveva reso il suo nome noto in tutta America probabilmente e non in modo lusinghiero.
“Ma no, si figuri, lei era prima di me in fila. Prenderò… la cheesecake ai frutti di bosco” declinò, cercando di ricambiare il tono gentile e gettando un’occhiata casuale ai dolci esposti.
“Cece, tu odi i frutti di bosco”
Cersei alzò lo sguardo verso Melisandre dietro al bancone e in quel momento desiderò di tutto cuore strangolare la sua migliore amica.
“Allora è deciso. Dia pure a me la cheesecake ai frutti di bosco” disse l’uomo, chiudendo la discussione. “Per favore, da portare via. Ho una visita tra soli quindici minuti”
La bionda decise di cogliere quel dettaglio come pretesto per continuare a parlare con quell’uomo che la buona educazione le imponeva di ringraziare.
“Quindi lei è un dottore?”
“Sì, chirurgo plastico. Dottor James Qyburn” si presentò, tendendole la mano.
“Cersei Lannister, avvocato”
Se, cosa molto probabile, l’uomo aveva riconosciuto la sua identità, ebbe tatto a sufficienza per non darlo a vedere.  La sua mano era lunga e affusolata e la stretta salda e calda.
“Splendido, stavo proprio pensando di farmi qualche ritocco. Ora so a chi rivolgermi”
Mentre Cersei sorrideva per la propria frase, il sorriso sparì improvvisamente dal volto del dottor Qyburn che assunse invece un’espressione seria.
“Non farei mai una cosa del genere. Sono specializzato nel correggere difetti e imperfezioni, non vedo nessuna imperfezione in lei.”
Oltre la cortesia, stavolta si trattava di un effettivo complimento estetico. Eppure il modo in cui la stava guardando faceva passare il tutto come una semplice constatazione e non come un tentativo di flirtare con lei, o peggio ancora come una banale frase di circostanza. Fisicamente non c’era nulla di eccezionale nel dottor Qyburn, anzi oltre a non essere né bello né carismatico, doveva avere anche almeno una quindicina d’anni più di lei. E considerato che lei aveva da poco superato la quarantina, non era poco. Eppure quel
modo di fare quasi vellutato l’aveva decisamente colpita.
“Grazie”
Qyburn si fermò sulla soglia del locale e si voltò indietro per guardarla. “E di cosa, signora Lannister?”
“Di avermi salvato da un pessimo spuntino” replicò con un sorriso che a posteriori avrebbe ritenuto malizioso.
E forse da una pessima giornata – pensò ma non lo disse ad alta voce.
I suoi pensieri si stavano già riannodando verso tutte le seccature che aveva ricevuto fino alle cinque del pomeriggio tra famiglia e lavoro, quando una red velvet e un bicchiere di vino rosso si posarono davanti a lei.
“Che c’è, dopo essertela fatta per anni con tuo fratello, ora ti interessi a uomini dell’età di tuo padre?”
Cersei lanciò un’occhiataccia alla sua amica, prima di cominciare a sorseggiare il vino.
“Ah, sta’ zitta Mel!”

 
**
 
“Ecco qui la sua ultima porzione di anelli di cipolla” Melisandre proclamò, calcando percettibilmente l’aggettivo.
Poteva tranquillamente affermare che nei due anni dall’apertura del suo bar, l’uomo che le stava di fronte era uno dei soggetti più strani che vi avessero messo piede. Non che fosse un uomo dall’aspetto eccentrico, ma era rimasto almeno cinque ore seduto da solo al tavolo in fondo al locale con il laptop davanti, ordinando di continuo porzioni di anelli di cipolla. Finora lo aveva solo osservato di tanto in tanto da dietro il bancone scambiando qualche battuta in proposito con Sansa, ma adesso a un quarto d’ora dalla chiusura lei era rimasta l’unica lavorante, mentre gli ultimi clienti rimasti erano appena usciti.
“Pensavo di aver trovato un locale tranquillo per lavorare, ma se posso permettermi, la Ragazza Rossa, è molto più gentile di lei, dato che trovo abbastanza maleducato far notare la quantità di cibo assunta da un cliente”
“La Ragazza Rossa?”
“Sì, la sua cameriera. Lei invece è chiaramente la Donna Rossa” rispose l’uomo con un tono vagamente divertito, indicando con il capo prima la divisa del locale e poi i capelli. E nel farlo la guardò per la prima volta in faccia rivelando un luccichio divertito negli occhi azzurri, a dispetto della serietà dell’espressione. “Devo pur riferirmi in qualche modo a lei, non sapendo il suo nome”
Melisandre alzò un sopracciglio, ma scelse di non commentare. Del resto non poteva essere d’accordo con lui, dato che per tutto il pomeriggio e tutta la serata non aveva fatto altro che riferirsi a quello sconosciuto come l’Uomo delle Cipolle. Intanto, nel momento di silenzio, lo sguardo dell’uomo aveva lasciato il volto della donna per fissarsi insistentemente al di sotto del collo.
“Melisandre è un bel nome. E fa pensare al rosso in qualche modo”
L’iniziale irritazione di Melisandre per quel ben poco volato fissare si tramutò improvvisamente in autentica sorpresa. Forse era la prima volta nella sua vita che incontrava un uomo che le fissava il petto non per guardarle le tette, ma per scoprire il suo nome sulla piccola targhetta della divisa.
“E lei invece, si chiama qualcosa tipo Cavaliere delle Cipolle o ha un nome effettivo?”
Lui ridacchiò leggermente per quell’originale soprannome. “Davos. Davos Seaworth”
Nell’udire quel nome, Melisandre spalancò letteralmente gli occhi.
“Lo scrittore di romanzi? Non credevo che-“
“Che uno scrittore potesse essere senza dita?” la interruppe lui, alzando in aria la mano destra dove tutte le dita, ad eccezione del pollice, erano chiaramente delle protesi. “Devo ringraziare l’esistenza delle tastiere e la bravura del dottor Qyburn”
“In realtà intendevo dire che non credevo uno scrittore di storie su pirati e sirene scrivesse in un bar. Me lo immaginavo più su una barca”
Fu il turno di Davos di rimanere sorpreso e finalmente le sue labbra si curvarono in un sorriso.
“E così la Donna Rossa ha letto i miei romanzi?”
Prima che lei potesse replicare, restringendo notevolmente la portata reale del suo apprezzamento per i suoi scritti, sulla parete un uccellino uscì dall’orologio a cucù in cui era bloccato, iniziando a gridare la fine della giornata lavorativa. Un’altra diavoleria di Sansa che richiamò Melisandre al suo intento originario.
“Quando dicevo che si trattava dell’ultima porzione mi riferivo semplicemente al fatto che mancava poco alla chiusura”
L’uomo lanciò un’occhiata all’orologio al polso e apparve contrariato. “Ma sono solo le dieci. Di solito i bar restano aperti più a lungo”
“Non l’Azor Ahai. Non so se lo sa ma la notte è oscura e piena di terrori”
Stavolta Davos ridacchiò apertamente per l’assurdità della frase e ancor di più per la solennità con cui era stata pronunciata. Era un uomo affabile e aveva varie amicizie, ma non gli capitava da tempo di trovarsi così a proprio agio con una persona appena conosciuta, specialmente una donna. Forse fu per questo che si ritrovò improvvisamente a tentare di prolungare quell’incontro.
“Senta, non credo di riuscire a finire questi anelli di cipolla entro breve tempo e di certo lei non può mandarmi via prima… Quindi perché non mi fa compagnia?”
Melisandre considerò la proposta per qualche secondo e alla fine si sedette davanti a lui.
“Perché no?”
Mentre si sedeva di fronte a lui, lanciò un’occhiata per tutto il locale e sorrise tra sé e sé. Se il karma esisteva, quella sera doveva essersi preso una vacanza. Fu grata che non c’era più nessuno nel locale che potesse prenderla in giro, come aveva fatto lei con Sansa e Cersei durante la giornata.








NDA: Questa storia è stata concepita nella mia mente questa mattina sull'autobus verso l'università e non c'era modo di mandarla via. Spesso trovo difficoltà a scrivere storie con più coppie contemporaneamente perchè inevitabilmente ho la coppia preferita che stimola maggiormente la mia ispirazione. Non è questo il caso: sono tre coppie (di cui molto improbabili lo so) che mi incuriosiscono esattamente allo stesso modo (Davos e Melisandre sono la mia OTP, ma il distacco è minimo). Spero davvero che possa piacervi l'idea, perchè mi sono divertita davvero tanto a scrivere questo capitolo e mi piacerebbe scrivere presto i successivi, approfittando della strana congiunzione astrale di pausa della scrittura della tesi + entusiasmo per l'inizio di GOT + vacanze pasquali. Un saluto a tutti e al prossimo capitolo!
   
 
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