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Autore: Stria93    20/04/2019    1 recensioni
Reginald ripose il telefono e, ignorando il tuffo al cuore che la vista di Emmanuel gli aveva provocato, si lasciò andare contro lo schienale della sedia incrociando le braccia al petto e accavallando le gambe, scrutando seriamente l'uomo di fronte a sé. - Non si usa più bussare, Signor Swan? E che ne è dell'incantesimo di respingimento che avevo lanciato sulla porta? -
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: Lime | Avvertimenti: Gender Bender
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swan

Il sindaco Reginald Mills sedeva alla sua scrivania nell'ufficio del municipio, esaminando alcune carte con aria annoiata. Non aveva mai sopportato la burocrazia: probabilmente le scartoffie rappresentavano l'unico svantaggio della sua carica di uomo più potente della città, oltre naturalmente al fatto di doversi occupare dei tediosi problemi degli abitanti di Storybrooke che venivano da lui a lamentarsi per ogni inezia, pretendendo una soluzione, come se Reginald avesse il tempo di risolvere le loro piccole beghe.
E così, tra un sortilegio e l'altro, tra un nemico da sconfiggere e un reame da salvare, il sindaco si barcamenava tra le incombenze (e le molte scocciature) dell'ordinaria amministrazione che il suo ruolo comportava.
Oneri e onori. Non era forse così che si diceva?
Reginald impugnò la stilografica ed appose un'ultima elegante firma svolazzante sul modulo che aveva davanti per poi archiviarlo con un sospiro di sollievo che si tramutò in un gemito quando l'uomo si rese conto di essere solo a metà di quel noiosissimo compito, perché una pila di schede alta quanto una delle torri del suo castello nella Foresta Incantata sembrava scrutarlo minacciosamente dall'altro lato della scrivania, aspettandolo al varco. Non aveva idea di quanto tempo gli ci sarebbe voluto per passare al vaglio tutte quelle maledette carte, ma di certo non sarebbe mai riuscito a terminare il lavoro in tempo per l'ora di pranzo, il che era una gran seccatura perché aveva promesso ad Emmanuel che si sarebbero visti da lui per mangiare qualcosa insieme e poi, magari... fare dell'altro.
Ultimamente era davvero un'impresa trovare un momento per incontrarsi in tutta tranquillità: quando non erano entrambi impegnati a spezzare sortilegi e a combattere il cattivo di turno, il Salvatore si dedicava al suo lavoro di sceriffo insieme al padre David, mentre Reginald sbrigava le sue mansioni di sindaco, senza contare il fatto che la loro relazione non si poteva definire esattamente di dominio pubblico e tale sarebbe dovuta rimanere. Dio solo sapeva che scandalo sarebbe scoppiato a Storybrooke se il loro amore fosse venuto alla luce! A Reginald venivano i brividi al solo pensiero, anche se, sotto sotto e in alcuni rari momenti di follia, l'idea di rivelare tutto lo stuzzicava non poco anche solo per il gusto di assistere alle reazioni eterogenee dei suoi concittadini. Probabilmente per i più intuitivi e sensibili non sarebbe stata una gran sorpresa, tuttavia, per la maggior parte della città, si sarebbe trattato del pettegolezzo del secolo!
Le labbra sottili e scolpite di Reginald si distesero in un sogghigno diabolico mentre cercava di figurarsi la delusione sgomenta delle molte ragazze che sbavavano dietro allo sceriffo e cercavano di attirare la sua attenzione, fallendo miseramente ad ogni tentativo.
Ma Emmanuel si era sempre opposto all'ipotesi di rendere pubblica la loro storia, di fare “coming out”, come si usava dire, inoltre l'eccitazione derivante dalla segretezza aggiungeva quel tocco di pepe e adrenalina che non dispiaceva per niente a nessuno dei due.
Non che il loro rapporto mancasse di pepe, in realtà, ma il fatto di non uscire allo scoperto rendeva la faccenda particolarmente elettrizzante e i loro fugaci incontri ancora più passionali e intensi proprio in virtù della rarità con cui avvenivano.
Reginald lanciò un'occhiata torva al plico di fogli che gli avrebbe rovinato l'appuntamento in pausa pranzo con Emmanuel; a malincuore, fece per prendere il cellulare e avvisarlo che avrebbero dovuto rimandare quando un'inconfondibile sagoma massiccia comparve dietro il vetro smerigliato della porta e il Salvatore in persona entrò nel suo ufficio con un sorriso svagato e la stessa disinvoltura che avrebbe usato nel varcare la porta di casa propria.
Reginald ripose il telefono e, ignorando il tuffo al cuore che la vista di Emmanuel gli aveva provocato, si lasciò andare contro lo schienale della sedia incrociando le braccia al petto e accavallando le gambe, scrutando seriamente l'uomo di fronte a sé. - Non si usa più bussare, Signor Swan? E che ne è dell'incantesimo di respingimento che avevo lanciato sulla porta? -
- Oh, quello! - fece lo sceriffo agitando una mano come per scacciare una mosca molesta. - Forse avrebbe potuto tenere fuori qualche nano fischiettante o i miei cari genitori, ma non poteva certo funzionare con me. Aggirarlo è stato un gioco da ragazzi, o forse... volevi che riuscissi ad entrare? Perché, scusa se te lo dico Reginald, ma non mi sembra che tu ti sia impegnato particolarmente nello scagliare quell'incantesimo da quattro soldi. -
Reginald sostenne lo sguardo insinuante di Emmanuel senza che il suo piglio fintamente infastidito vacillasse sotto l'influsso di quell'adorabile sorrisetto beffardo e pieno di promesse.
Era un gioco che facevano spesso: Emmanuel punzecchiava Reginald e lui si fingeva irritato mettendo su un atteggiamento distaccato e formale.
Il sindaco approfittò di quell'attimo di silenzio per ammirare lo sceriffo con tutta calma perché, nonostante conoscesse alla perfezione la sua fisionomia e ogni singolo tratto del suo corpo, quell'attività era sempre fonte di estremo piacere: Emmanuel Swan era un uomo prossimo ai trent'anni, alto e prestante con due spalle notevoli ma sempre pronte ad accogliere dolcemente il profilo del suo volto quando vi si appoggiava a mo' di cuscino, aveva gli occhi verde chiaro come sua madre e i capelli spettinati color dell'oro che gli incorniciavano il bel viso dal mento un po' squadrato ricoperto da un'ispida barbetta bionda che gli faceva il solletico ogni volta che le loro bocche s'incontravano.
Indossava una giacca di pelle bordeaux, dei jeans neri, particolarmente attillati per la gioia del sindaco, e un paio di anfibi stringati ormai logori che avevano visto tempi migliori ma che Emmanuel si rifiutava categoricamente di sostituire. La stella di metallo a sei punte, il distintivo che lo identificava come sceriffo di Storybrooke, brillava dalla cintura come ammiccando sfacciatamente verso Reginald per attirare la sua attenzione proprio su quella zona.
- Come mai sei qui? Perché immagino ci sia una ragione ben precisa per questa tua irruzione nel mio ufficio. -
Emmanuel si finse offeso. - Ma che accoglienza calorosa! E io che avevo solo voglia di vederti. Bell'ingrato che sei, Regg. -
Regg. Il sindaco detestava quel diminutivo e sapeva perfettamente che lo sceriffo vi faceva deliberatamente ricorso quando voleva prenderlo in giro o provocarlo.
- Non è ingratitudine, Emmanuel. È che ti conosco e so sempre quando hai in mente qualcosa. -
Lentamente, Reginald si alzò dalla poltrona da ufficio di pelle nera che avrebbe potuto rivaleggiare con quella del Presidente nella Stanza Ovale a Washington, fece mezzo giro della scrivania e si mise mezzo seduto, una gamba poggiata a terra e l'altra lasciata a penzolare nel vuoto, le mani bianche e curate in grembo una sull'altra.
Emmanuel si passò rapidamente la lingua sulle labbra, godendosi la visione del suo innamorato: Reginald aveva la pelle chiarissima, quasi diafana, che contrastava meravigliosamente con i suoi occhi bruni e con i capelli corvini. Era più basso e più esile di Emmanuel ma la sua corporatura longilinea e proporzionata gli conferiva una classe innata e disinvolta che il Salvatore, nonostante le sue origini regali, non possedeva e che veniva esaltata dal fatto che il sindaco vestisse sempre con completi giacca e cravatta di alta sartoria. Quella mattina, aveva optato per una suit antracite con la giacca abbottonata per metà, camicia bianca immacolata e una cravatta nera e sottile che, Emmanuel notò con piacere, era stata allentata e lasciava intravedere parte del collo di Reginald, mettendone in evidenza la sporgenza del pomo d'Adamo.
- In realtà, - riprese lo sceriffo, senza smettere di mangiarsi il sindaco con occhi avidi, - stavo andando in centrale e quando sono passato davanti al municipio ho avuto come una sensazione, uno strano presagio. -
Reginald sollevò un sopracciglio. - Un presagio, eh? Di che genere, sentiamo. -
- Del genere che stavi per darmi buca e annullare il nostro appuntamento di oggi. -
- Ma davvero? - Reginald rimase impassibile; era sempre stato bravo a dissimulare i propri sentimenti nonostante Emmanuel riuscisse a leggergli dentro con sorprendente chiarezza come se, per lui solo, la sua anima fosse un libro aperto.
- Oh sì, mio caro. E allora ho pensato di anticiparti e venire a trovarti quassù di persona per accertarmi che non stessi per tirarmi un bidone. -
Reginald si strinse nelle spalle. - E se anche fosse? Che cosa avresti intenzione di fare? Arrestarmi? -
Gli occhi di Emmanuel scintillarono di malizia. - Per quanto l'idea di metterti delle manette ai polsi non mi dispiaccia per niente, avevo pensato a qualcosa di più discreto che far finire dietro le sbarre nientemeno che il sindaco della città. -
- Discreto? - ripeté Reginald, cercando di dominare l'eccitazione nella propria voce. Conosceva bene lo sguardo che Emmanuel gli stava rivolgendo in quel momento e aveva l'impressione che di lì a poco sarebbe avvenuto qualcosa di decisamente piacevole... anche se, forse, non proprio conveniente.
Lo sceriffo annuì e fece schioccare le dita; la porta d'ingresso dell'ufficio si chiuse di scatto e venne sigillata dalla magia.
- Ecco, così nessuno potrà venire a disturbarci. -
Con un movimento fulmineo, lo sceriffo raggiunse il sindaco, ancora seduto sulla scrivania, e premette le sue labbra su quelle di lui. Reginald gemette, circondò il biondo con le gambe e le sue mani s'insinuarono con urgenza sotto la giacca e la maglietta di Emmanuel, posandosi sugli addominali caldi e scolpiti del giovane.
Nel frattempo, lo sceriffo gli aveva tolto la cravatta e sbottonato la camicia fino all'altezza dello sterno, senza curarsi troppo del fatto che un paio di bottoni fossero saltati via dalle cuciture. Il petto nudo di Reginald si alzava e abbassava in sincro con il ritmo del suo respiro ansimante.
Le sue mani si spostarono sulla schiena di Emmanuel, dopodiché scivolarono sotto i jeans e le sue dita afferrarono le natiche dello sceriffo spingendo il suo corpo ancora di più contro il proprio.
- È una delle cose che mi sono sempre piaciute di te. - sussurrò lo sceriffo all'orecchio del sindaco facendogli il solletico con la barba, - Non perdi tempo e punti dritto a quello che vuoi. -
- Sì, - replicò Reginald con voce lasciva, - E in genere ottengo sempre ciò che voglio. -
- E, dimmi, Maestà... che cosa vuoi adesso? -
Per tutta risposta, il sindaco affondò le unghie nei glutei di Emmanuel che gli scoccò uno sguardo ardente e distese le labbra in un sogghigno ironico. - La mia spada è al vostro servizio, mio re. -


Circa venti minuti più tardi, l'ufficio del sindaco era irriconoscibile.
Pareva che il tornado che aveva portato Dorothy a Oz si fosse abbattuto sull'intera stanza: il pavimento di marmo era ricoperto di fogli e articoli di cancelleria, la poltrona presidenziale era rovesciata a terra, i quadri e le stampe alle pareti erano tutti storti e la scrivania aveva diverse ammaccature in più punti.
Emmanuel e Reginald erano sdraiati a terra abbracciati e completamente nudi, avvolti in una tenda damascata che era stata accidentalmente strappata dalla finestra. I loro vestiti giacevano in un angolo, dimenticati dai loro proprietari troppo occupati l'uno dall'altro nell'impresa comune di demolire l'ufficio.
- Sai, signor Swan... se questo è il risultato, forse dovrei pensare di darti buca più spesso. -

  
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