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Autore: Ms_Hellion    01/05/2019    3 recensioni
"Sarebbe bastato un taglio. Fino all'osso".
[WARNING: depressione, tentato suicidio]
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Lucifero, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Settima stagione
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SKIN TO BONE



“Isn’t it lovely, all alone?
Heart made of glass, my mind of stone
Tear me to pieces, skin to bone
Hello, welcome home.”





Sam giaceva mollemente sul letto, il viso rivolto verso l’alto, gli occhi assenti impegnati a seguire le crepe sul soffitto.
Era stanco. Ultimamente, era sempre stanco. Aveva smesso di alzarsi dal letto se non per andare al bagno, mangiava e beveva solo quello che Dean e Bobby gli portavano, sebbene non ne avesse voglia. Sapeva che, se non lo avesse fatto, Dean gli avrebbe ficcato il cibo in gola a forza. Perciò mandava giù il minimo indispensabile, a volte lo vomitava, a volte no, e tornava al suo stato catatonico. Ad aspettare che il tempo passasse.
Aveva smesso di intrattenere conversazioni. Rispondeva con monosillabi o non rispondeva affatto. Giaceva in attesa del sonno, che avrebbe portato incubi, ma almeno lì avrebbe ritrovato ciò che conosceva.
Lui gli parlava spesso. Era capace di andare avanti per giorni interi per amor della sua stessa voce, a parlare di niente, o di riminescenze della Gabbia, o di come Sam stesse deludendo Dean e Bobby – Sam, un povero, patetico figlio di puttana, un peso morto, così incasinato da non riuscire neanche ad alzarsi dal letto.
A volte Sam rispondeva, a volte no. In ogni caso, non gli dava mai torto. Lasciava che le parole di Lucifero scorressero su di lui, così fredde e terrificanti e dolorose e vere, e allora, solo allora, Sam si sentiva vivo. Se provava dolore, allora era vivo.
Dean e Bobby, con tutta la loro gentilezza e il loro tepore soporifero, peggioravano la situazione senza saperlo. Ma il freddo pungente di Lucifero riusciva a scuoterlo nel profondo.
Certe volte, il Diavolo si sedeva sul letto accanto alla testa di Sam. Faceva scorrere le dita tra i suoi capelli sudici – no, il ragazzo non si sarebbe alzato per farsi una doccia – sussurrando parole così dolci, così crudeli, e sorrideva al modo in cui Sam sussultava, come il terrore prendeva il posto dell’apatia.
Quel giorno, Lucifero accostò la bocca al suo orecchio.
“Sono io che ti tengo in vita, Sam”, bisbigliò il Diavolo e Sam seppe che era vero. Lucifero lo teneva ancorato alla vita; ma lo teneva anche ancorato all’abisso. “Oh, Sammy. Sammy. Come faresti senza di me?”, sussurrò l’arcangelo, mentre lo toccava con quelle mani così fredde da bruciare. Sam si crogiò nella sensazione. I suoi polmoni si allargavano e restringevano a ritmo del suo respiro oh-così-veloce, il suo cuore batteva oh-così-forte.
A volte, la notte, si svegliava urlando in preda agli incubi. Di solito Dean o Bobby venivano a calmarlo e lui finalmente godeva della loro compagnia, si sentiva caldo, protetto, e grato, così grato – loro lo avevano salvato, erano stati loro a tirarlo fuori, grazie grazie grazie.
Poi Sam si calmava e presto iniziava a desiderare che se ne andassero. E quando loro lo facevano, Lui era lì in un battito di ciglia, con un sorriso tutto zucchero e lame, e Sam era vivo di nuovo.
“Uccidimi”, mormorò.
Lucifero interruppe il suo monologo. “Come, coinquilino?”
Sam distolse lo sguardo dalle sue crepe e incrociò quello di ghiaccio del Diavolo. Deglutì. “Se morissi, tornerei nella Gabbia?”
“Chissà”, fece Lucifero. Si accarezzò il mento, interessato. “Forse sì, forse no. Perché non proviamo?”
Sam tacque un lungo istante. Quindi annuì. “Uccidimi”, bisbigliò.
Lucifero scoppiò a ridere. “Sei serio!” Lo guardò affezionato. “Anche tu mi manchi tanto, ragazzino. Ma non posso fare questo per te. Devi essere tu a farlo”.
Sam deglutì e abbassò lo sguardo. “Io non credo- non credo di poterlo fare”.
Il Diavolo gli rivolse un sorriso comprensivo e gli posò una mano tra i capelli. Sam rabbrividì alla sensazione, ma non si scostò, nemmeno quando il suo ex torturatore spostò la mano sulla sua guancia.
“Certo che puoi, Sammy. Sarà come addormentarsi”, promise. “Proprio come nella Gabbia, alla fine di ogni giorno dopo che avevamo finito. Non era bello lasciarsi andare?”
Sam annuì, esitante. “Portava via il dolore”, disse incerto.
Lucifero sorrise. “Esattamente! Anche adesso potresti liberarti di tutto questo dolore”. Si chinò a bisbigliargli all’orecchio. “Ci sono un sacco di coltelli nel cassetto della cucina. Il fratellone è uscito. È il momento buono, coinquilino”.
“E… E Bobby?”, domandò Sam, dubbioso.
Lucifero fece un gesto come a dire che non importava. “Occupato a fare altro. Non sarà un problema”.
Sam ancora esitava.
“Che cosa c’è, Sammy?”
“Tu mi fai male”, bisbigliò. Distolse lo sguardo, incapace di sostenere più a lungo quegli occhi così freddi. “Se io torno nella Gabbia, poi tu mi fai male. Non so se voglio questo”.
“Oh Sammy!”, sospirò Lucifero con voce compassionevole. Gli accarezzò uno zigomo con tenerezza. “Ma certo che ti farò del male”.
Sam sgranò gli occhi, terrificato.
“È quello che vuoi, Sam. È tutto quello che puoi immaginare. Voglio dire, guardati. Guarda come sei ridotto. Senza di me, la tua vita è vuota. Insensata. Okay, ammetto che non era tutto rose e fiori nella Gabbia, ma almeno quella sofferenza, quella disperazione, erano reali. Tangibili. Ben più di quanto lo sia questa tua cosidetta realtà”.
“Questo è reale”, protestò debolmente Sam.
“E allora perché ti senti così?”, insistette Lucifero. “So che cosa provi. Sono nella tua zucca, ricordi? So che c'è un vuoto dentro di te, e ti sta consumando. Sei grato per la mia voce perché il suono del silenzio ti fa impazzire. Bobby, Dean – c’è un muro tra te e loro. Qualsiasi cosa loro facciano o dicano, non riesce più a raggiungerti. Io sono la tua unica compagnia”.
Sam aprì la bocca. Non ne uscì un suono.
“Ammettilo, Sammy. Hai bisogno della Gabbia. Hai bisogno di me”.
Il mondo si fece sfuocato come i suoi occhi si riempirono di lacrime. Faceva male. Faceva così male.
Trasse un respiro tremante. “Che cosa devo fare?”


Nella casa regnava il silenzio, disturbato solo dal lieve russare di Bobby. L’uomo si era addormentato con la testa su un libro – probabilmente durante una ricerca su qualsiasi cosa Dean stesse cacciando in quel momento.
Una vita di caccia permise a Sam di girargli attorno con furtività, senza allertare i sensi allenati del vecchio cacciatore.
Perdonami, Bobby. Vorrei tanto che le cose fossero andate diversamente.
Andò dritto al cassetto dei coltelli. Scelse il suo, lungo e sottile, e soprattutto affilato. Se ne assicurò facendo scorrere distrattamente il pollice sulla lama.
Guardò il sangue con aria sognante. Si sentiva intontito. Era come camminare nella nebbia – ma sapeva, presto la sua mente si sarebbe schiarita.
Sarebbe bastato un taglio. Fino all’osso.
“Basta con questa inutile, patetica vita, Sammy”, disse la voce allettante del Diavolo. “Vieni da me. Mi prenderò cura di te”.
Sam deglutì. “Basta”, concordò in un bisbiglio.
Rimpiangeva solo di non aver potuto dire addio a Dean. Oh, Dean sarebbe stato distrutto. Non avrebbe mai capito perché il suo fratellino avesse fatto una simile scelta. Non lo avrebbe mai perdonato.
Una singola lacrima rigò la sua guancia. Portò il coltello alla gola e-
La porta d’ingresso si aprì.
“Ciao Bobby, sono a cas-”
Dean si pietrificò. I suoi occhi colsero la scena in pochi secondi – Sam, il coltello alla gola, Bobby addormentato.
Prima che Sam potesse prendere una decisione, gli fu addosso. Gli piegò il polso, forzandolo via dall’arteria carotidea, e gli strappò il coltello di mano.
Sam reagì. Lottò per riprendere il coltello, tentò di gettarsi sulla lama, ma il suo corpo era debole, fiaccato dall’inerzia e dal digiuno e fu atterrato senza difficoltà.
Bobby, svegliato dal frastuono, accorse a dare man forte a Dean, e insieme lottarono per immobilizzare il più giovane dei Winchester.
“Ragazzo, calmati...”
“Sammy, smettila! Smettila!”
“LASCIAMI”, urlò Sam, colpendo Dean con un pugno.
Ma Dean non lo lasciò. Dean non lo lasciò.
Lo strinse a sé in una morsa d’acciaio, mentre Sam si dibatteva e colpiva lui e Bobby e urlava e urlava, urlava il suo dolore e la sua angoscia, urlava di ucciderlo, di farla finita, urlava fino ad avere rauca la voce.
Le urla si ruppero in un pianto disperato. Tra le parole che uscivano dalla bocca di Sam c’erano basta e uccidimi e vuoto.
Il cuore già crepato di Dean si frantumò in tanti minuscoli frammenti. Di getto, abbracciò il suo fratellino.
“Va tutto bene, Sammy”, disse. Prima di accorgersene, piangeva a sua volta. “Andrà tutto bene”.
Sam ricambiò l’abbraccio – con forza, con disperazione, come se Dean fosse l’ultimo appiglio che gli impediva di essere trascinato sott’acqua.
Faceva male. Faceva così male.
Si ricordò di essere vivo.
   
 
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