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Autore: queenjane    10/05/2019    2 recensioni
Una piccola raccolta sulla affascinate figura di Lucrezia Borgia, dal prologo " i ricordi tornavano, come un corteo, ora lento, ora triste, allegro, come i versi o le musiche che poeti o compositori le dedicavano, da meretrice, ora che era duchessa di Ferrara, era diventata una delicata musa assisa in Parnaso..." Buona lettura.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Ferrara, Annus Domini 1519.

Lucrezia tese la  testa sul cuscino, un solo esausto movimento, le avevano somministrato gli ultimi riti, la sua ultima bambina pareva già destinata a entrare nel coro negli angeli, che l’avevano battezzata, lei era quasi morta.
Ma non ancora.
Non moriva.
Duro affare, vivere, come morire, il destino di tutte le creature mortali.

Era bionda, delicata .. sopravissuta a molti parti e aborti, vari fidanzamenti e trattative, oltre che matrimoni, da ultimo era diventata duchessa di Ferrara, una Este, cognata di Isabella Gonzaga.
Lunghe le sue chiome, che le avevano tagliato, per recare sollievo ora.
Un tempo, quelle ciocche, dorate, come oro battuto e cesellato, con riflessi di rame e bronzo, mutevoli come le foglie autunnali erano stati uno dei suoi vanti,
Lei, illegittima, anche se era la figlia di un papa, Alessandro VI, Alessandro come il  condottiero macedone, il più grande conquistatore di tutti i temp.
 E si concesse di rievocare, stracci di pensieri e ricordi ballavano nella sua mente persa tra la febbre che la divorava, il sangue perso..

Lucrezia Borgia, figlia del cardinale omonimo, che veniva dalla Spagna, sorella di Cesare, il Valentino, suo motto “Aut Cesar, aut nihil” e di Juan e Jofrè, sua madre Vannozza Cattanei dai molteplici talenti, meretrice del papa, sposa apparente di quattro mariti, era diventata ricca e faconda.

Chi lontano, chi morto, ai tempi Savonarola aveva gettato i suoi strali su Rodrigo Borgia, già cancelliere dei Pontefici, nipote di un Pontefice, poi Pontefice lui stesso, goloso di vita e arte, sentina di vizi e virtù, la amava tanto, sua bionda figlia che celebravano la felice, voluta coincidenza che la Santa Caterina di Alessandria, dipinta dal Pinturicchio, negli appartamenti vaticani fosse lei..
 
NO.
Sì.

Non importava, aveva freddo e nausea, nonostante l’alta temperatura,  era il tempo estivo o la febbre che la divorava.. E girò la testa sul cuscino, i ricordi tornavano, come un corteo, ora lento, ora triste, allegro, come i versi o le musiche che poeti o compositori le dedicavano, da meretrice, ora che era duchessa di Ferrara, era diventata una delicata musa assisa in Parnaso.
Che ironia.
Trionfale, come quando aveva lasciato Roma diretta a Ferrara, dopo le nozze per procura, nel 1501, cadeva la neve, Alessandro VI si era sporto da ogni finestra per vedere la sua figura che si allontanava, assisa su un candido cavallo, un presagio, in quella vita non si sarebbero rivisti, aveva confidato a Burcardo, il cancelliere tedesco che annotava tutte le cronache vaticane.
Così era stato, nel 1503, lui era morto nel glorioso mese di agosto, forse per un colpo, forse per veleno, dopo una cena nelle vigne romane, undici anni dopo essere diventato Papa, vicario di Cristo.
Era stata bella un tempo, lontana e splendente come un fiocco di neve.
   
 
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