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Autore: DanieldervUniverse    15/05/2019    3 recensioni
Nella città di Cornelia il boss mafioso Caos domina senza timori, finché una comune cittadina di nome Harmony Cosmos non assiste ad un omicidio compiuto di persona dal losco individuo. Per fortuna l'ARMONIA è pronta ad intervenire per proteggerla dagli sgherri del boss...
Genere: Azione, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Amy si svegliò con qualche difficoltà. I suoi sensi erano ancora appannati dal cloroformio e le faceva molto male la testa, come se dopo averla sbattuta contro la porta le avessero anche scosso il cervello come una maracas.
-Riesce a sentirmi, signorina Cosmos?- domandò una voce maschile, delicata ma comunque abbastanza alta da trafiggerle il timpano. Dopo qualche altro secondo cominciò a percepire l’ambiente attorno: il rombo del motore, lo scricchiolio della brandina su cui era sdraiata, le sirene dell’ambulanza, l’aria fredda attorno a sé, e l’odore di ammoniaca.
-Dove sono...?
-In un ambulanza. Va tutto bene, siamo arrivati appena in tempo. Mi dispiace per il ritardo, ho trovato traffico- spiegò ancora l’uomo.
Quando Amy riuscì a metterlo a fuoco notò i suoi entusiasmanti occhi verdi, stranamente profondi e frizzanti, fissi su di lei. Il volto era relativamente giovane, ed era contornato da una massa di capelli neri e lisci che gli davano un aspetto da hippy. Sorrideva, e questo sicuramente la faceva stare più tranquilla, nonostante fosse sola con lui mentre era legata alla brandina. Poi notò che non portava la divisa da operatore dell’ambulanza, ma un completo elegante che lo faceva somigliare ad un agente federale.
-Lei chi è?
-Io sono l’agente di rimpiazzo. Dovevo prelevarla per portarla alla casa sicura- rispose, senza smettere di sorridere -Mi chiamo Laguna Loire, sono il capitano del dodicesimo distretto di polizia di Cornelia.
-Oh, non ha idea del sollievo che provo adesso che sono al sicuro- rispose la donna.
-Prego. Mi scusi, per procedura dovrò farle alcune domande, per accertare la sua identità. È solo una formalità- spiegò Laguna. Tirò fuori un portafoglio, che Amy riconobbe come suo, da cui estrasse la sua carta d’identità.
-Lei è la signorina Harmony Cosmos?
-Signora, veramente.
-Come preferisce, signora. Bel nome, a proposito.
-Grazie. Non me lo dicono spesso.
Lui replicò con un’alzata di spalle, prima di riprendere la routine. Le elencò tutti i dati anagrafici e le chiese a memoria il codice fiscale. Dopo di che rinfilò tutto nel portafoglio e fece scivolare l’oggetto dentro un sacchetto di plastica, sigillandolo.
-Da questo momento in poi cancelleremo la sua identità fuori dall’ambito dell’anagrafe. Nessun indirizzo, parente riconosciuto, o carte di credito rintracciabili- spiegò l’uomo -Oltre un tot è zelo, ma di questi tempi i criminali hanno fin troppi modi di aggirare le difese della polizia.
A questo punto le chiese il PIN del telefono, e dopo ebbe modo di provvedere al blocco della SIM per poi spegnere il cellulare e mettere anche quello in una busta di plastica.
-Riavrò le mie cose?
-Una volta che sarà finita l’indagine.
-È davvero così temibile questo… questo…
-Lord Caos?- finì Laguna.
La donna ammutolì, distogliendo lo sguardo. Solo il nome le faceva gelare il sangue.
-Non credo sia il suo vero nome…- provò a continuare, ma senza successo. Il personaggio del boss mafioso era di per sé avvolto nella leggenda, al punto che molti affermavano che non uscisse mai di casa e, se lo faceva, si copriva il volto con una maschera da diavolo. Ad essere sincera, le uniche immagini circolanti sull’uomo erano piene zeppe di iconografie diaboliche. La preferita del boss, le avevano raccontato, era un gigantesco quadro ritraente un immenso diavolo a quattro braccia artigliate, con la pelle rossa e marrone, la coda da rettile, le ali da pipistrello, due immense corna e infine un ghigno malevolo dipinto sul volto.
-Ormai lo chiamiamo tutti così. Nessuno sa quale sia la sua vera identità, lo scopriremo solo se lo metteremo dentro- le spiegò Laguna, del tutto tranquillo.
L’ambulanza rallentò fino a fermarsi, e l’agente non mancò di mettere mano alla fondina (che Amy non aveva notato). Ci furono due colpi sordi alla portiera di dietro, e poi il verso di un uccello. Laguna parve rilassarsi e batté due colpi in risposta. Amy trattenne il fiato finché il veicolo non ripartì.
-Siamo arrivati- la rassicurò Laguna.
-Dove? Non siamo in ospedale.
-Oh no. In ospedale è troppo rischioso. L’ho portata alla sede dell’ARMONIA. Agenzia Resistenza Macchinazioni Oppressive e Necessitanti Immediata Assistenza.
-Non trova il nome un po’ stupido?- domandò la donna, cercando di celare il suo crescente attacco di panico.
-Purtroppo non le posso dare torto. Ma quasi tutti i nomi più decenti erano già presi. Abbiamo tirato sull’originalità.
-“Abbiamo”?
-Sono un agente anche io. Mi chiami “Rock”, o “Agente Rock” se preferisce.
In quel momento l’ambulanza si fermò di nuovo, e pochi attimi dopo gli sportelli vennero spalancati di fronte a lei, mostrando due uomini con un completo simile a quello di Laguna.
Uno dei due, quello a sinistra, era sicuramente più alto di un metro e ottanta, e aveva dei lunghi capelli di colore grigio-bianco, ma non non ispidi e sofferenti come quelli di un uomo anziano, bensì lisci e soffici come quelli di un giovane. Sembrava avere non più di vent’anni, e nonostante gli occhiali scuri coprissero gran parte del volto, la pelle diafana e delicata del suo volto risplendeva.
Il suo compagno invece appariva come un gigante, muscoloso e imponente, e portava i lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo dietro la testa. Era decisamente meno delicato, i tratti del volto erano duri e massicci, e sembrava fissarla con disinteresse o fastidio.
-Bentornato Rock- lo salutò il primo, quello più gentile, rivelando di avere una voce soave e rassicurante.
-Piacere di rivedere anche te, Ombra- rispose Laguna, prima di rivolgersi all’altro -Ehi Dragone.
Il biondo annuì in segno di saluto. Ad Amy sembrò una scena ridicola: chiamare “Ombra” un uomo con un viso tale a quello di… Ombra non aveva molto senso; magari il secondo tipo sembrava uno di quegli atleti di salto in alto definiti “Dragoni”, però restava comunque un supporto comico per la scena.
-Lei è Harmony Cosmos. E questi ovviamente sono gli Agenti Ombra e Dragone, ci hanno scortati fino a qui guidando il furgone- spiegò Laguna, portandosi dietro di lei e iniziando a spingere fuori la barella.
-Furgone?- chiese la donna.
-È una lunga storia. Diciamo che per evitare che lei reagisse male alla sistemazione, l’abbiamo addobbato affinché l’interno ricordasse un’ambulanza- spiegò Laguna, spingendola giù dal veicolo, con delicatezza. Dragone rimase vigile mentre Ombra l’aiutava.
-Ma è legale quello che sta succedendo?- insisté la donna, cercando di liberarsi dai lacci.
-Al limite del legale- intervenne una voce femminile. Nel campo visivo di Amy entrò in scena una donna dai corti capelli rosa. Tirò rapidamente fuori il cellulare da una delle tasche del completo (ovviamente identico a quello degli altri) digitò qualcosa e poi si volse verso di lei.
-Sono l’Agente “Fulmine”. Mi permetta di scortarla al quartier generale, signora Cosmos- le disse, concedendole poco più di uno sguardo -Voi altri controllate il perimetro, ci rivediamo al rendenvouz con gli altri.
-Veramente io dovrei…- provò a protestare Laguna, ma si ritrasse di fronte allo sguardo inquisitorio della donna. Amy, dal canto suo, era del tutto smarrita: tutti questi sotterfugi rendevano la situazione troppo sospetta: sembrava finita in un assurdo film di spionaggio.
-Qualcuno mi spiega che succede?- protestò ad alta voce, ma la nuova venuta si limitò a scrollare le spalle e a liberarla dai legacci.
-Si muova rapidamente e faccia tutto quello che le dico, se ci tiene alla vita- disse, costringendola a mettersi in piedi e a venirle dietro. Si trovavano all’ingresso di un parcheggio privato, principalmente vuoto fatto salvo per i mezzi di qualche residente, e la donna puntò dritta verso destra, costeggiando il marciapiede e ignorando il fatto che la luce fioca dei lampioni in quel punto difficilmente permetteva di camminare spediti come lei richiedeva. Amy rischiò di inciampare più volte.
-Dove diavolo mi sta portando?- protestò, alzando la voce abbastanza da costringere l’altra a fermarsi e tapparle la bocca con una mano, in modo piuttosto violento.
-Al Santuario dell’ARMONIA. È il modo con cui chiamiamo il quartier generale. Per favore, ora smetta di fare domande finché non l’avremo portata in un posto sicuro. Fino ad allora, nessuna presa di iniziativa da parte sua sarà tollerata- le bisbigliò Fulmine, aumentando la pressione sul suo polso ad ogni parola. Il dolore non fece esattamente demordere Amy, ma l’altra non attese repliche e riprese a trascinarla con veemenza. Pochi passi dopo la donna si fermò davanti ad una porta quasi mimetizzata nel muro, e tirò fuori un paio di chiavi senza mai lasciare il polso di Amy. Una volta chiusa la porta alle loro spalle Fulmine la trascinò giù, lungo una scala che scendeva due piani più in basso, fino ad un secondo parcheggio: le aspettavano quattro individui in motocicletta che formavano un quadrato attorno ad una macchina nero brillante. Avevano tutti il casco e la tuta da motociclista; l’unica cosa che li distingueva erano le varie altezze. Amy ebbe a malapena il tempo di cogliere tali dettagli che si ritrovò spinta dentro.
-Tutto a posto. Appena ci danno il via libera possiamo andare- disse Fulmine, entrando dopo di lei.
-Perfetto, allora possiamo andare- disse pacatamente una nuova voce maschile. Dall’interno la macchina pareva più grande, con abbastanza spazio dalla parte del passeggero per permettere due file di posti l’una davanti all’altra. Seduto di fronte alle due donne c’era solo un uomo: aveva un’aura calma e autoritaria, e il suo volto era nobile e asciutto; portava i capelli bianchi che ricadevano precisi e ordinati attorno al capo, ed era l’unico a non portare occhiali da sole o altre forme d’impedimento che nascondessero la totalità del suo volto. Mentre la macchina e le moto partivano con un fiero rombo, l’uomo si protese verso Amy con la mano.
-Sono l’agente Guerriero, al vostro servizio. Mi scuso per la rigidità della mia collega, a volte la paranoia fa dimenticare le buone maniere.
Amy spostò più volte lo sguardo dalla mano all’uomo, ma alla fine decise di respingerla.
-Cos’è tutta questa pagliacciata?- domandò, ignorando le buone maniere.
-Un’operazione di copertura, ordinata dal Capitano Loire. È tutto un suo piano- spiegò con calma Guerriero.
-Non ha senso- continuò Amy, scoccando un’occhiataccia a Fulmine, che finse di non vederla.
-Immagino di sì. Francamente avrei evitato tutta questa segretezza, ma il Capitano sa quello che fa- continuò Guerriero, per nulla turbato o infastidito.
-Quando non pensa alle farfalle che gli frullano in testa- commentò Fulmine, acidamente.
-Forse è un po’ svampito, ma è senza dubbio un grande poliziotto- le rispose con una punta di rimprovero l’uomo, prima di tornare a rivolgersi ad Amy -Ad ogni modo, comprendo la confusione. Cercherò di rispondere alle sue domande per quanto possibile da adesso.
-Allora cominci a spiegarmi perché mi avete sottratto alla polizia- replicò la donna, incrociando le braccia sul petto. In quel momento la radio gracchiò mentre una voce trafelata urlava nel microfono.
-Qui agente Tempesta! Problemi in arrivo!
-La polizia è infiltrata- rispose Guerriero, tirando fuori un paio di caricatori da mitra pesante -Non mi sorprende che ci abbiano già trovati. Signora Cosmos, si metta il giubbotto anti-proiettile e stia giù.
Amy si ritrovò addosso il suddetto giubbotto prima ancora che l’uomo avesse finito di parlare.


-Sono sorpreso di quanto facilmente i suoi fedeli raccolgano le informazioni, Ex-Death- disse Garland, picchettando sulla scrivania.
-La Nube Oscura non conosce confini, possiamo trovare chiunque nella nostra rete. Ma i nostri servigi non vengono a gratis- rispose il santone, avvolto dalla testa ai piedi nel suo abito grigio, non lasciando intravedere nemmeno gli occhi attraverso i due fori tondi nel cappuccio a punta.
-Lord Caos manterrà la parola- replicò Garland -Intanto concentriamoci sulla crisi attuale.
-Non sarà certo più facile liberarci di lei ora che l’ARMONIA è coinvolta- sibilò Mateus, seduto comodamente a sinistra di Garland assieme alla sua partner Artemisia -Se qualcuno avesse seguito il mio piano…
-Blah blah blah, piano qui piano là. Se non si fa quello che dice il bambino inizia a fare i capricci!- replicò Kefka, scimmiottando il rivale. Il clown era estremamente inquietante anche per gli standard dei collaboratori di Caos. Era un vero è proprio matto. Per contro Mateus sembrava un biondo uomo d’affari con una passione per i nobili del 18esimo secolo, al punto da portare un monocolo sull’occhio destro. Kefka e Mateus erano i due opposti: il primo era un sociopatico fuori di testa che aveva mascherato la sua banda di psicopatici e assassini come una cooperativa che aiutava i bisognosi a riprendersi dalle dipendenze, reclutando i più disperati e squilibrati tra le sue file; il secondo era il proprietario del casinò Pandemonium, riciclava i soldi dei maggiori boss mafiosi della città e faceva da tramite per le ambasciate. Caos li aveva reclutati entrambi per i suoi scopi, ed entrambi ne avevano ampiamente beneficiato.
-Per favore- intervenne Garland, battendo il pugno sul tavolo per interrompere la discussione nascente -Non siamo riusciti a prendere la signora Cosmos prima che ARMONIA la prendesse sotto la sua ala, e questo ormai è un dato di fatto. Ma non si ripeterà di nuovo.
-E adesso come pensa di porre rimedio, signore?- intervenne Artemisia. Teneva una mano saldamente posata sulla spalla di Mateus, come a trattenerlo per evitare che si facesse sfuggire una qualche frase di troppo. Era una donna avvenente, e nonostante l’età avanzata sembrava fin troppo cosciente del potere della sua sensualità, specie con i vestiti che portava.
-Dobbiamo prendere tempo. Attaccare ad ondate mentre attendiamo la data dell’udienza ci farà solo sprecare uomini: l’ARMONIA e i suoi agenti sono ossi duri e letali, perderemmo troppe vite. Per il momento consiglio di concentrarci sul giudice e gli avvocati della parte avversa. Non vanno toccati, il sindaco Solidor è stato molto insistente su questo. Ma girerà la testa dall’altra parte se teniamo un profilo basso. Dobbiamo fare piccoli attacchi precisi e diretti, aumentare il senso di paranoia e costringerli a fare un errore. Dobbiamo avere occhi e orecchie in tutta la città. Cornelia deve essere nostra.
-Kam’Lanaut e Zenos yae Galvus non ci permetteranno di invadere i loro territori per i nostri propositi. Si opporranno- replicò Mateus -Ci servirà prima un’offerta di pace.
-Quello è compito tuo mi pare- rispose secco Garland -Dobbiamo fare le cose con il giusto ordine. Per stanotte è successo quello che è successo, domani è un altro giorno.
-Parole esaltanti leader! E cosa dovremmo fare adesso!? Giocare a Monopoli fino a domani!?
Un colpo di fucile fece calare il silenzio nella sala. Garland realizzò che il suo bicchiere era andato in mille pezzi, senza che lui lo realizzasse. Pochi attimi dopo nella sala fece l’ingresso un uomo alto e dai lunghi capelli argentei. Aveva un fucile da cecchino in mano, ed era totalmente vestito in un lungo impermeabile di pelle nera.
-Tu devi essere Sephiroth- constatò ad alta voce il braccio destro di Caos. Per tutta risposta il nuovo arrivato ricaricò un altro colpo in canna.-Cambio di piani ragazzi- disse Garland -Dobbiamo coprire la presenza del nostro nuovo amico finché non sarà pronto a colpire. Concentratevi sugli agenti, non permettetegli di realizzare che il nostro nuovo amico Sephiroth è arrivato in città.


AN: Signore e signori, questa è un’altra One-Shot di prova. Godetevela e fate tutte le vostre cose belle con lei. Alla prossima. Ciao.

  
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